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TARQUINIO PRISCO: ARRIVANO GLI ETRUSCHI

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Anco Martio è stato il leggendario quarto re di Roma. Succeduto a re Tullo Ostilio. Secondo i romani avrebbe regnato dal 639 al 616 a.C. Nipote del re Numa Pompilio, espanse Roma, fece scavare il fossato dei Quiriti e ordinò la costruzione del ponte Sublicio e del porto di Ostia

Tarquinio Prisco (a. 616-578)

Anco Marzio, morì dopo 34 anni di regno, lasciando tre figli minorenni sotto la tutela di Lucio Tarquinio o Tarquinio il vecchio, il cui vero nome era Lucumone (in realtà lucŭmo -onis, è una voce di origine etrusca, ed era il nome di una carica, quella di magistrato supremo della confederazione etrusca), destinato come aio o precettore dei figli dell’ultimo re; egli aveva preso nome appunto di Tarquinio, da Tarquinia, sua città natale. Suo padre era un certo Demarato, ricco mercante di Corinto in Grecia, che per via di alcuni torbidi rivolgimenti politici era fuggito in Etruria ; qui prese dimora, nella città di Tarquinia, e vi sposò una donna del luogo

Ebbe appunto un figlio di nome Lucumone (detto poi Lucio Taquinio o Tarquinio il vecchio come abbiamo ricordato prima), il quale anche lui sposò una donna di una famiglia distinta di Tarquinia, di nome Tanaquil. La sua nascita la sua professione ed il suo paese, erano però oggetto di disprezzo da parte dei suoi concittadini (forse era più invidia in realtà) e di ostacolo per lui a salire agli onori nella società civile, dunque sua moglie lo persuase a stabilirsi a Roma, dove il merito personale era il solo titolo di distinzione.

Mentre era sulla strada per l’Urbe, vicino ad una delle porte della città, un aquila – secondo gli storici – librandosi sopra a la sua testa, gli levò il cappello e volando per qualche momento intorno al suo carro, lo rimise sul capo dello stesso Tarquinio. Tanquil o Tanaquilla, sua moglie, esperta nella scienza degli auguri, presagì che egli un giorno avrebbe portato la corona. Questa forse fu la causa della sua ambizione che lo spinse sempre ad ottenerla.

Giunto a Roma, lo straniero entrò nelle grazie di re Anco, mutò il nome in quello di Lucio Tarquinio e prese parte al governo e alle guerre, dando prove di senno e di valore. Morto Anco, e costituito Tarquinio come tutore dei figli del monarca da poco scomparso, fu il Senato a governare secondo il costume. Tarquinio impiegò tutti i propri sforzi per allontanar dal trono i figli di marzio, e per farsi eleggere in vece loro.

Per giungere al suo scopo, il giorno dell’elezione riuscì a mandarli fuori Roma, e in un discorso preparato nel quale egli dichiarava il suo amore verso il popolo, ricordò come egli si fosse tanto speso per Roma, esaltando le proprie cognizioni nell’arte del governare, e finendo col proporsi lui stesso come Re. Niente in queste sue parole poteva essere messo in dubbio, cosi egli seppe ottenere per sé i suffragi del popolo romano. Fu eletto re, mostrandosi veramente degno di tale dignità.

Anno 138 dalla Fondazione di Roma

Tarquinio tuttavia aveva ottenuto il trono con gli intrighi e non con equità. Nel principio del suo regno per ricompensare i suoi alleati, aggiunse altri cento membri al Senato, portando cosi a trecento il numero dei Senatori. Ma queste pacifiche disposizioni, furono ben presto interrotte dalle scorrerie degli inquieti vicini, in modo particolare da quelle dei Latini, sui quali egli aveva già trionfato e che aveva ridotti a chiedere la pace.

Il nuovo re rivolse quindi le armi questa volta contro i Sabini, i quali, essendosi di nuovo sollevati, avevano passato il Tevere: li attaccò con vigore e mise in rotta la loro armata, Molti di quelli che erano sfuggiti alla furia dell’esercito romano, rimasero annegati mentre tentavano di attraversare il fiume. Le loro armature e i loro cadaveri ondeggiantl sull’acqua, la cui corrente li portava in Roma, annunziarono alla città la vittoria prima dell’arrivo dei corrieri incaricati di portare la notizia.

Queste conquiste furono seguite da molti altri successi riportati sopra i Latini, ai quali egli tolse molte città senza tuttavia sconfiggerli definitivamente. Il dominio romano si estese dunque dalla parte dell’Aniene e verso il corso superiore del Tevere. Tarquinio condusse quindi una guerra dall’esito felice anche contro le città etrusche. Forzati dunque i nemici a sottomettersi, intraprese molte opere pubbliche contribuendo alla crescita e allo splendore di Roma.

Riforme civili

Tarquinio il Vecchio consulta Atto Nevio l’Augure
Sebastiano Ricci, 1690

Le imprese guerriere del sovrano di origine greco-etrusca, non furono infatti superiori alle sue opere civili. Dopo la distruzione di Alba e di altre città latine, la popolazione romana era cresciuta sempre di più, ed era dunque necessario riformare i vecchi ordinamenti della cittadinanza, regolando la condizione della nuova società; ma i disegni d’innovazione pensati da Tarquinio, come ad esempio modificare numero e nomi delle centurie dei cavalieri, cozzarono con l’opposizione delle vecchie classi privilegiate, come è indicato nella leggenda di Atto Navio augure, che si opponeva alla riforma per motivi religiosi.

In quell’epoca la reputazione degli Auguri era notevolmente accresciuta, e anche il re riteneva che fosse suo interesse alimentare la superstizione del popolo, perché in effetti ne aumentava al tempo stesso anche l’obbedienza. Tanaquilla sua sposa, aveva grandi conoscenze nell’arte degli indovini, ma nessuno poteva stare alla pari con Atto Navio, augure celebre in Roma già da lungo tempo.

Tarquinio, desideroso di accrescere l’esercito e mal sopportando l’autorità dei sacerdoti, che dovevano essere interpellati prima di intraprendere ogni azione, consultò un giorno Atto Navio, il quale appunto aveva fama di poter predire il futuro più di chiunque altro lo avesse preceduto.

È ancora una volta l’archeologo Carandini a illustrarci la scena : 

“Tarquinio, come tutti i re, governava sedendo nel Comitium, situato nell’angolo settentrionale del Foro, al cospetto dei rappresentanti dei 30 rioni o curiae: i comitia curiata che concedevano l’imperium. Il Comitium era una piazzetta di forma triangolare (590 metri quadrati) delimitata da tre podi (suggesta). Al vertice del triangolo era la curia Hostilia, dove si riuniva il Senato; uscendo da questa curia a sinistra era il podio del Tribunal, dal quale il re governava e amministrava la giustizia; a destra era il podio della Graecostasis, riservato alle delegazioni straniere; alla base del triangolo, di fronte alla Curia Hostilia, era il podio da cui parlavano gli oratori, congiunto al santuario di Vulcano (Volcanal), dal 338 a.C. chiamato Rostra perché ornato dai rostri di navi vinte. Il Comitium del VI secolo a.C. è stato reso più monumentale agli inizi del V secolo a.C., ma nella sostanza ha conservato la forma originaria.”

(da “Qui Roma rese onore a Romolo (non c’è la sua tomba)” – Andrea Carandini – Corriere della Sera 11/3/2020)

Navio ​​dichiarò che l’augurio doveva determinare se il piano di Tarquinio poteva essere eseguito, il che spinse quest’ultimo a chiedere, beffardo, se il sacerdote poteva conoscere cosa lui stesse pensando in quel momento: in pratica lo sfidò ad una prova di lettura del pensiero. La domanda era ambigua e Tarquinio voleva cogliere l’occasione per screditare gli auguri, ma Navio, salì come di consueto per le scale chiamate Gemoniae sull’Arx e prese gli auspici, mentre Tarquinio rimase seduto in attesa nel Comitium sul Tribunal.

Il sacerdote, espletati i riti, poi tornò da lui e rispose audacemente che egli era a conoscenza dei pensieri del monarca (pensava che il re avesse in mente il raddoppio delle tribù dei cavalieri), e aggiunse che ciò che Tarquinio si proponeva di fare era perfettamente possibile. “Davvero?”, disse il re, “Io in verità stavo pensando di farti tagliare con un rasoio questa pietra che serve per affilarlo, per vedere se ci riesci.”  La folla presente si mise subito a ridere. “Sarà un taglio netto”, fu la risposta dell’augure che non si scompose, “ma si può fare, guarda!” disse davanti a tutti, nella curia Hostilia, e la schiettezza dell’affermazione fu eguagliata solo dall’affilatura della lama, che, impugnata dall’augure, tagliò in effetti l’oggetto in due con la stessa facilità con cui si taglia un panetto di burro, invece che una pietra di granito (un evento prodigioso, se si considera che perfino a morra cinese il sasso batte le forbici; ma si sa, preti e sacerdoti sanno sempre come imbrogliare le carte e uscirne sempre vittoriosi). “Una rasatura perfetta sotto ogni profilo”: era lo slogan di un vecchio spot pubblicitario, e chissà se Tito Livio, che ci narra l’episodio, non avesse già all’epoca iniziato a fare pubblicità occulta.

Tuttavia, questo rimprovero di Navio fu letteralmente il più tagliente di qualsiasi altro di quelli che avrebbero potuti essere rivolti al re (tanto che il povero Navio pare che si fosse tagliato accidentalmente pure la mano nel gesto): la folla esplose in un boato di stupore e gioia; Il vecchio Atto Navio era il favorito dagli dei che lo avevano aiutato a compiere, davanti a tutti, quel prodigio.

Tarquinio dovette incassare il colpo e l’imbarazzo, tanto che da allora in poi egli ebbe sempre il massimo rispetto verso i sacerdoti, e da quel momento a Roma non s’intraprese alcuna cosa senza aver consultato prima gli Auguri e senza aver ottenuta la loro approvazione. Il re si dovette accontentare invece di alcune riforme minori. Diciamo che in questa primordiale lotta per le investiture, un punto a suo favore lo aveva segnato il clero.

Tanaquil, dipinto di Domenico Beccafumi, (1519)

“E Atto tagliò con il rasoio la cote. Cote, cioè la pietra che rappresenta il fulmine, e il rasoio, cioè il ferro pure questo simbolo del fulmine, furono sepolti nel Comizio, protetti dal puteal. Tarquinio ritirò il suo progetto e onorò l’augure, ma quando questi sparì senza lasciar traccia, i figli di Anco Marzio dicevano, per indignare il popolo, che l’augure era stato fatto toglier di mezzo dal re. Atto era il prototipo degli auguri romani, e il racconto surriferito è un mito etiologico di origine sacerdotale, per spiegare un gruppo di vetusti monumenti. Lo Schwegler vi vedeva adombrata la lotta fra l’antica comunità teocratica romana e la nuova monarchia dei Tarquinii. (Fonte: Treccani.it)”

Come si può vedere, anche il re era convinto che Atto Navio fosse il prediletto dagli déi, tanto prediletto che trovò forse il modo di spedirlo all’altro mondo, proprio presso i numi di cui era il beniamino.

Il legame fra pietra (ricordiamo che nell’antichità erano oggetto di venerazione gli aeroliti, cioè le pietre meteoriche piovute dal cielo, che sono costituite prevalentemente da silicati di ferro – e il rasoio è appunto di ferro – e di magnesio) il rasoio e il fulmine è confermato anche dallo studioso Albert Schwegler, secondo il quale il puteal indicava originariamente che quel luogo era stato colpito da un fulmine e la leggenda di Navio ricorda la prima lotta della storia tra lo stato e il clericalismo.

Tarquinio non era pago della semplice autorità regale, voleva possedere anche la sovranità vera e propria. Ad esempio a imitazione dei Re di Lidia, prese ad indossare una corona d’oro e a sedere su di un trono d’avorio, si munì di uno scettro coronato di un aquila e vestì degli abiti di porpora.

Forse lo splendore di questi ornamenti reali suscitò l’invidia dei figli dell’ultimo Re, che per 37 anni erano stati sottoposti tranquillamente alla tutela di Tarquinio. Il loro risentimento fu ancora maggiore, quando egli adottò Servio Tullio, suo genero, da lui dichiarato suo successore.

Era insopportabile per loro che uno straniero fosse a capo del regno, che essi pensarono di poter tramutare da elettivo in ereditario e di raccoglierlo per sé stessi. Decisero quindi di disfarsi del Re e giunsero a pagare due assassini per farlo. Questi due killer andarono dunque a Palazzo e chiesero di parlare al Re sotto il pretesto di ottener da lui, giustizia, ma poi, giunti in sua presenza, lo afferrarono e lo uccisero con un colpo di scure, e tutto ciò avvenne all’interno della sua corte.

I Littori che vegliavano sopra la persona del Re, arrestarono i sicari mentre cercavano di fuggire. Furono quindi messi a morte, ma i figli di Anco, i quali erano i veri mandanti del delitto, si salvarono con la fuga. Così mori Tarquinio sopranominato Prisco per distinguerlo da uno dei suoi successori che portò il medesimo nome. Egli aveva 80 anni di età e ne aveva regnati 38.

Opere pubbliche

Sotto il regno di Tarquinio, Roma si ampliò e si abbelli; le parti basse della città, negli avvallamenti dei colli, zone spesso inondate e malsane, furono prosciugate e bonificate mediante condotti di spurgo e di scarico, che imboccavano nel gran canale detto Cloaca Massima, opera di meravigliosa solidità visibile ancor oggi. Nella bassura fra il Palatino, il Quirinale e il colle Saturnio fu eretto il Foro, circondato da numerosi edifici:  fu disegnata e incominciata la costruzione del tempio a Giove sul colle Saturnio, dove durante la costruzione fu rinvenuta una testa umana. La cosa fu vista come un presagio e ne fu tratto il vaticinio che Roma sarebbe stata appunto a capo del mondo (Caput mundi); il colle da allora si disse Capitolino (Capitolium, Campidoglio).

Il Circo Massimo

Ben Hur
Scena dal film Ben-Hur ,1959, regia di William Wyler con Charlton Heston.

Sicuramente state pensando tutti alla spettacolare e celeberrima scena della corsa delle bighe nel film Ben-Hur del 1959.

Tarquinio istituì i Ludi Magni, che erano un grande evento sportivo, e per l’occasione fece costruire uno stato apposito: il Circo Massimo. La posizione del Circo era tra il Palatino e l’Aventino: essendoci un pendio su entrambi i lati, il luogo era perfetto come arena per eventi spettacolari. Nei primi tempi il circo era costituito da materiali portati dagli stessi spettatori da casa; un po’ come se uno oggi si portasse allo stadio la propria poltrona o il proprio divano.

Ne uscivano fuori ovviamente delle impalcature raccogliticce, che bastava poco a far crollare, causando incidenti e vittime fra la folla, cosa che accadeva spesso.

Grondplan Circus Maximus
Pianta del Circo Massimo

Tarquinio Prisco, desideroso di dare una sistemazione più stabile al pubblico di tifosi e sportivi romani, fece appunto costruire uno stadio capace di contenere 150.000 persone, e che per la sua vasta superiorità in termini di dimensioni rispetto ad altri edifici simili, indovinate un po’? Ottenne la qualifica di Massimo. Le gradinate erano molto ampie dunque, e su una vasta arena si svolgevano le corse dei carri – la Formula Uno dell’epoca – o i gladiatori combattevano per saziare gli appetiti sanguinari del principe e del popolo.

L’antico Stadio era circolare solo ad una delle estremità e la fila dei sedili era interrotta da una sorta di struttura, che si suppone comprendesse la tribuna d’onore e il salotto del sovrano; mentre, dalla parte opposta, c’era un’altra postazione che interrompeva la fila di sedili: era l’angolo dell’editor spectaculorum – il manager responsabile dei giochi.

Si dice che Tarquinio abbia fatto erigere il Circo Massimo per commemorare la sua vittoria sui Latini.

Albero genealogico dei Tarquini

Tanaquil: la prima first Lady

the dinner party judy chicago

Mentre la figura di Tarquinio Prisco, a parte l’episodio di Atto Navio, di cui esiste un quadro di Sebastiano Ricci, non ha ispirato molto la letteratura e l’arte, Tanquil, la Lady di Ferro, moglie e poi vedova del sovrano, che giocherà un ruolo centrale nell’adozione e nell’ascesa al trono di Servio Tullio, ha suggestionato diversi autori fino ad oggi.

Nel 1519, il pittore Domenico Beccafumi la ritrae in un dipinto ora conservato alla National Gallery di Londra e reca un’iscrizione:

«Con la mia preveggenza ho creato due re: prima mio marito, poi il mio servo.»

Ma anche in tempi più recenti ci si è ricordati di lei. Tanaquil è infatti una delle 1.038 donne presenti  (con il nome  associato a Hatchepsout, regina d’Egitto) nell’opera d’arte contemporanea  The Dinner Party (1979) di Judy Chicago artista femminista statunitense.

Considerata la prima opera d’arte femminista epica, rappresenta una storia simbolica delle donne nella civiltà. Ci sono 39 coperti elaborati su un tavolo triangolare per 39 donne famose mitiche e storiche. Sacajawea, Sojourner Truth, Eleonora d’Aquitania, L’imperatrice Teodora di Bisanzio, Virginia Woolf, Susan B. Anthony e Georgia O’Keeffe sono tra gli ospiti simbolici.

Col nome di Gaia Cyrilla, viene citata nel De mulieribus claris o De claris mulieribus (Le donne famose), opera in lingua latina di Giovanni Boccaccio del 1362, che raccoglie le biografie di 106 donne famose.

Secondo Rufio Festo, quando arrivò a Roma, Tanaquil cambiò il suo nome in Gaia Caecilia (da qui il Gaia Cyrilla di Boccaccio), anche se alcuni storici romani tramandano il suo nome come Caia Cecilia o Caia Cirila. Questo nome è all’origine mitica dei riti nuziali romani: ricordata come abile tessitrice nell’arte della lavorazione della lana, la regina Gaia era così ammirata dai romani del suo tempo che qualsiasi sposa che fosse entrata nel suo palazzo reale avrebbe dovuto annunciato di chiamarsi “Gaia” quando richiesto. È interpretato come un presagio della futura frugalità delle donne, rappresentativo dello stile di vita semplice del suo tempo. Plinio il Vecchio scrive che le fu dedicata una statua, come Gaia Caecilia, nel tempio di Sanco Semone.

Tanaquil è stata oggetto anche di un libro di Johann Jakob Bachofen, dal titolo Die Sage von Tanaquil (1870).

Nel prossimo episodio – > :

Servio Tullio, sesto re di Roma era anche lui di origine etrusca. Era figlio di una principessa che divenne schiava di re Tarquinio il Vecchio, primo re etrusco di Roma. La donna si chiamava Mastarna. Durante la sua infanzia, Mastarna fu notata dalla regina Tanaquil, perché sopra la sua testa sarebbe apparsa una fiamma (segno di un destino eccezionale, secondo i presagi). Mastarna ricevette poi la stessa educazione dei figli di Tarquinio e sposò una delle figlie del re. Quando Tarquinio viene assassinato, Tanaquil convince i romani a scegliere Servio Tullio come re.

Gli storici romani considerano Servio Tullio il creatore di una riforma molto importante: la distribuzione dei cittadini romani secondo il censo, in 5 classi e 193 centurie. A seconda dei mezzi, gli uomini dispongono di un equipaggiamento militare più o meno completo ed efficiente. I più equipaggiati sono i più esposti nelle battaglie. In cambio, vengono dati più diritti politici nella gestione della città.

Servio Tullio avrebbe concesso ai plebei terre sottratte al demanio pubblico (ager publicus). Questo gli valse l’appoggio delle classi popolari e il malcontento delle famiglie benestanti di Roma. Egli iniziò la costruzione di una cinta muraria che racchiude i sette colli che formano il sito originario di Roma.

Servio Tullio ebbe una fine atroce. Assassinato a seguito di un complotto organizzato da sua figlia Tullia che aveva sposato Tarquinio il Superbo, uno dei figli di Tarquinio il Vecchio. Di ritorno dalla sala riunioni del Senato dove suo marito era stato appena proclamato re, Tullia incontrò per strada il cadavere di suo padre e col suo carro ci passa sopra.

(Libero adattamento e riduzione da Storia romana: dalla fondazione di Roma alla caduta dell’Impero d’Occidente. Iginio Gentile, 1885, e da Compendio della storia romana dalla fondazione di Roma fino alla caduta dell’impero romano in Occidente del dott. Goldsmith, 1801, con successive aggiunte, aggiornamenti e integrazioni)

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