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LA GUERRA DI TROIA – 24 – LE ARMI DI ACHILLE

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Achille è pazzo di dolore quando viene a sapere della morte di Patroclo e giura di vendicarsi di Ettore; anche sua madre Teti è addolorata, sapendo che Achille è destinato a morire giovane se uccide Ettore. Achille è invitato ad aiutare a recuperare il corpo di Patroclo ma non ha l'armatura. Immerso in un brillante splendore da Atena, Achille si trova vicino alle mura achee e ruggisce di rabbia. I Troiani sono spaventati dal suo aspetto e gli Achei riescono a portare via il corpo di Patroclo. Polidama esorta nuovamente Ettore a ritirarsi in città; di nuovo Ettore rifiuta, e i Troiani si accampano nella pianura al calar della notte.
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Teti mantenne fedelmente la sua promessa ad Achille. Dopo essere salita in cima all’Olimpo, trovò il dio dei fabbri impegnato nella sua fucina, un laboratorio così magnifico che era una meraviglia per gli dei stessi.

Efesto acconsentì volentieri a realizzare l’armatura come chiese Teti, perché lei era stata sua amica e lo aveva protetto nella sua infanzia, quando sua madre Hera lo gettò dal cielo in mare. Hera lo fece perché Efesto non era un bambino di bell’aspetto. Era, infatti, così brutto che sua madre non poteva sopportarlo, e così lo cacciò fuori dall’Olimpo. Ma Teti e sua sorella Eurinome lo accolsero tra le loro braccia mentre cadeva, e per nove anni lo allattarono e si presero cura di lui nel palazzo del padre sotto le onde del mare. Volentieri, quindi, Efesto si mise al lavoro su richiesta della sua vecchia protettrice. 

Iliade, Clément Gontier
Iliade, Clément Gontier

Nella sua bottega c’erano immense fornaci e aveva in deposito materiale prezioso in abbondanza. E prima fece uno scudo, grande e massiccio, sul quale incise le figure della terra e del cielo, del sole, della luna e delle stelle, con molti altri bei disegni. 

Vi disegnò poi numerose scene di vita umana, rappresentazioni di guerra e di pace, di battaglie e di assedi, di mietitori nei campi della vendemmia, di pastori che pascolano le loro greggi, di vendemmiatori che raccolgono l’uva; e scene di festa con musica,canti e balli. Omero dà una lunga e splendida descrizione di questo meraviglioso scudo. 

Quando Efesto ebbe finito, forgiò una corazza più luminosa del fuoco, schinieri di metallo e un elmo con cresta d’oro. Poi depose la magnifica armatura ai piedi di Teti, e la dea la portò via e la portò al campo greco al mattino presto per presentarla a suo figlio.

Grande fu la gioia di Achille nel vedere la bella armatura e la meravigliosa fattura delle sue varie parti. E ora si affrettò a prepararsi per la battaglia. Per prima cosa percorse la spiaggia di tenda in tenda, chiamando con un potente grido i suoi fratelli capi di radunarsi. Quando furono tutti insieme, rivolse parole amichevoli ad Agamennone, esprimendo dolore per la contesa tra loro e dichiarando che la sua ira era ormai finita.

Achille e Agamennone fanno pace

Anche Agamennone pronunciò parole di pace e di amicizia, e tutti i capi si rallegrarono del fatto che ormai l’ira di Achille, che aveva arrecato tanti guai ai Greci, si fosse finalmente placata. Poi le truppe consumarono il pasto mattutino e, dopo essersi rifocillate con cibi e bevande, si avviarono verso il campo. Achille, indossata la sua armatura luminosa, montò sul suo carro, al quale erano aggiogati i due destrieri immortali e veloci, Xanto e Balio.

Efesto e i Ciclopi forgiano lo scudo di Achille, Pinacoteca Capitolina, Palazzo Conservatori, Roma
Efesto e i Ciclopi forgiano lo scudo di Achille, Pinacoteca Capitolina, Palazzo dei Conservatori, Roma

E qui accadde una cosa meravigliosa. Quando l’eroe parlò ai due cavalli, chiedendo loro con voce forte e terribile di farlo tornare sano e salvo dalla battaglia, e di non lasciarlo morto nella pianura, come avevano fatto con Patroclo, Xanto, al quale Hera aveva, per il momento, data la facoltà di parlare, rispose alle parole del suo padrone, dicendo che non era per colpa sua e del suo compagno se Patroclo era stato ucciso, ma era stato per via dell’interferenza di Apollo. Avvertì anche Achille che l’ora della sua morte era vicina.

Ma Achille conosceva già il suo destino ed era pronto ad affrontarlo con coraggio.

(Libera riduzione e traduzione da Michael Clarke, The Story of Troy, 1897)

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Zeus revoca il divieto all'interferenza degli dei che ora possono favorire liberamente entrambe le parti. Achille, ardente di rabbia e di dolore, uccide molti nemici. Avanzando contro i Troiani davanti a lui, Achille spinge la metà di loro nel fiume Scamandro e procede a massacrarli, riempiendo il fiume di morti. II dio di quelle acque, furibondo per la carneficina, affronta Achille ma viene respinto dalla tempesta di fuoco di Efesto. Gli dei combattono tra loro. Le grandi porte della città si aprono per accogliere i Troiani in fuga, e Apollo conduce Achille lontano fingendosi un Troiano.

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