I Satiri erano una razza di spiriti dei boschi che evidentemente personificavano la vita libera, selvaggia e sfrenata della foresta. Il loro aspetto era insieme grottesco e ripugnante; avevano nasi larghi e piatti, orecchie appuntite e piccole corna che spuntavano dalla fronte, una pelle ruvida e ispida e piccole code di capra. Conducevano una sfrenata vita di piacere, si dedicavano alla musica e si lanciavano in danze selvagge; erano formidabili bevitori di vino e cadevano spesso nel sonno più profondo che segue sempre alle pesanti bevute. Non erano meno temuti dai mortali che dalle gentili ninfe dei boschi, che evitavano sempre i loro rozzi divertimenti.
Proprio come le Ninfe rappresentavano il lato femminile della vita della natura nelle sue varie forme, così i Satiri rappresentavano quello maschile. Erano quindi i geni dei boschi, delle acque, dei monti e formavano insieme con le Ninfe e con le Baccanti il corteo di Dioniso.
L’immaginazione popolare li concepiva come esseri sensuali, procaci, maliziosi; e conforme a questa loro bestiale natura, attribuiva anche alla loro figura un che di bestiale: naso rincagnato appunto, capelli arruffati, orecchie caprine e una piccola coda da cavallo o da capra, ma per il resto le loro fattezze erano umane.
Vivevano abitualmente nei boschi e sui monti, cacciando, danzando e suonando (i loro strumenti erano la zampogna, il flauto, il tamburello e le nacchere), inseguendo le ninfe, facendo un gran baccano e bevendo in compagnia di Dioniso.
La danza dei Satiri era detta sicinnide. Il popolo riteneva i Satiri piuttosto ostili, più che amici nei confronti degli uomini; si diceva assalissero all’improvviso le mandrie e uccidessero le bestie, che molestassero le donne e che in forma di spiriti o folletti, spaventassero la gente.
I Satiri erano figure al seguito di Dioniso e Sileno, loro capo, che era il tutore del dio del vino. I Satiri più antichi erano chiamati Sileni appunto e sono rappresentati nella scultura antica come più vicini alla forma umana.
Oltre ai comuni satiri, gli artisti si dilettavano a raffigurare anche satiri fanciulli, come giovani folletti, che scorrazzavano per i boschi in una meravigliosa varietà di atteggiamenti buffi. Questi fanciulli particolari assomigliano molto ai loro amici e compagni, i Panisci.
Nelle campagne era consuetudine che i pastori e i contadini che assistevano alle feste di Dioniso, si vestissero con pelli di capre e di altri animali e sotto questo travestimento, si concedessero ad ogni sorta di scherzi ed eccessi ludici, proprio come facevano i Satiri.
A Roma venivano identificati con delle antiche divinità italiche, i Fauni, che avevano i piedi di capra e tutte le altre caratteristiche identiche ai Satiri.
Nell’arte
I Satiri ebbero una ben notevole importanza nella letteratura greca, perché la loro presenza nelle feste Dionisio, diede occasione alla creazione di quel genere drammatico che fu denominato « Il dramma dei Satiri » (satyricum drama ) o dramma satiresco; nel quale sotto la maschera di Satiri appunto, venivano messi in parodia gli Dei e gli Eroi celebrati dall’Epopea e dalla Tragedia, rilevando i lati più comici delle loro leggende o quelli che più facilmente si potevano volgere al riso.
Il Ciclope di Euripide è un bel esempio di una di queste composizioni, che il popolo in Grecia preferiva alla serietà della tragedia. Di drammi satirici, detti anche « Satiri », ne vennero composti altresì anche nella età alessandrina, per esempio da Timone di Fliunte, non più in verità per rappresentarli ma semplicemente per la lettura.
Oltre che in questi speciali componimenti, anche altrove i Satiri sono menzionati spesso sia dai Greci che dai Latini ; questi ultimi li designavano per lo più coll’epiteto di « capripedi » alludendo ai piedi di capra che la immaginazione popolare attribuiva loro.
Alle arti figurative i Satiri offrirono molto spesso ispirazione. In qualunque scena di paesaggio, di vendemmia, in qualsivoglia scena bacchica dovevano essere presenti un certo numero di Satiri, colti nei più svariati atteggiamenti.
In antico erano rappresentati barbuti e vecchi, anche deformi, ma a poco a poco, specie per opera della giovane scuola attica, prevalse un tipo di Satiro più giovane e più bello.
Talvolta venivano raffigurati come occupati in esercizi musicali; tale ad esempio è il Satiro dei Musei Capitolini a Roma che è appoggiato ad un tronco e tiene nella mano destra un flauto; si crede che sia copia di un capolavoro di Prassitele.
Altre volte sono rappresentati come guardiani del piccolo Dioniso, ora danzano con le Menadi in atteggiamenti bacchici , ora raccolgono l’uva, la torchiano, bevono vino e si abbandonano a una festosa ebbrezza.
Molte statue di Satiri si trovano in vari Musei d’Europa, ricordiamo il così detto « Fauno Barberini » della Gliptoteca di Monaco, un Satiro ebbro vinto dal sonno, forse originale greco; ricordiamo anche il Fauno danzante di Villa Borghese a Roma, il Satiro in bronzo del Museo Archeologico di Napoli e un’altra statua ai Musei Capitolini di Roma che è in rosso antico.
Anche le pitture murali di Pompei presentano frequenti rappresentazioni di Satiri.
(Libera rielaborazione e adattamento da E. M. Berens. “The Myths and Legends of Ancient Greece and Rome”, 1880 e da Mitologia classica illustrata, Felice Ramorino, 1897)