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SETTE MOGLI PER UN SOLO ZEUS

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Nonostante tutto il suo prestigio di Re degli dèi e dell’universo, Zeus aveva la reputazione di essere uno dei seduttori più insaziabili e attivi della mitologia greca. Uno sciupafemmine di proporzioni davvero olimpiche.

Nessuna dea, ninfa o donna mortale poteva resistere alle sue avances, il che portò il dio dei fulmini a contrare diversi matrimoni, che tuttavia non lo distolsero da ulteriori scappatelle e altri love affairs.

Le mogli di Zeus sono numerose e furono fonte di ispirazione per diversi racconti. Ecco un riassunto dei molti matrimoni di Zeus, come descritti nella “Teogonia” di Esiodo.

Zeus aveva sette mogli immortali, i cui nomi erano Metis, Temi, Eurinome, Demetra, Mnemosine, Leto o Latona ed Era.

Metis

Metis

Fu la sua prima moglie, una delle Oceanine o ninfe del mare. Era la personificazione della prudenza e della saggezza. Una prova convincente delle sue capacità, la diede quando riuscì a far bere a Crono la pozione che lo costrinse a rigurgitare tutti i propri figli, che per timore di essere spodestato lui aveva ingoiato quando erano in fasce.

Dotata del dono della profezia, predisse a Zeus che uno dei loro figli avrebbe avuto il sopravvento lui. Al fine, quindi, di scongiurare la possibilità che questa predizione si adempisse, il dio ingoiò l’Oceanina prima che nascessero loro una prole. Dopo quest’atto, sentendo poi dei violenti dolori alla testa, mandò a chiamare Efesto e gli ordinò di aprirla con un’ascia. Il fabbro dell’Olimpo obbedì all’ordine di Zeus e subito dal cerebro del Re degli dèi ne scaturì, con un grido fragoroso, potente e marziale, un bellissimo essere, vestito di un’armatura dalla testa ai piedi. Questa era Atena (Minerva), dea guerriera armata e nume tutelare della Sapienza.

Temi

Temi

Figlia di Urano e Gea. Fu anche lei sposata con Zeus, dal quale ebbe come figlie le Ore, Eunomia, Dike (associata poi ad Astrea), Irene e le Moire.

Nei poemi omerici, Temi è la personificazione dell’ordine delle cose stabilito dalla legge, dal costume e dall’equità, per cui è descritta come colei che presiede nelle assemblee degli uomini e come colei che convoca, su ordine di Zeus, le riunioni plenarie degli dèi. Vive nell’Olimpo ed è in rapporti amichevoli con Era.

È anche descritta come una divinità profetica e si dice che fosse il nume tutelare dell’Oracolo di Delfi, in successione a Gea e prima che fosse ceduto ad Apollo. Lo Pseudo-Apollodoro nel Libro II, 5, della sua Biblioteca, quando racconta di Eracle che stava percorrendo la sua strada attraverso il paese degli Illiri, finché giunse al fiume Eridano, dove trovò delle Ninfe, dall’autore dette figlie di Zeus e Temi.

Esse gli indicarono il luogo dove Nereo (il solo che potesse rivelare all’eroe dove si trovasse il giardino delle Esperidi) giaceva addormentato. Anche le Esperidi sono chiamate figlie di Zeus e Temi. Sulle monete viene spesso rappresentata somigliante nella figura ad Atena e tiene una cornncopia e una bilancia.

Eurinome 

Eurinome

Una delle Oceanine e la madre delle Cariti o Grazie. Era una delle dee della prima generazione, figlia di Oceano e Teti.

Prima del regno di Crono, governò, insieme ad Ofione, sui pendii innevati dell’Olimpo e sui Titani. Crono e Rea la espulsero e usurparono i troni di Ofione e di lei stessa. Ofione ed Eurinome si rifugiarono in mare. Lì, accompagnato da Teti, Eurinome accolse Efesto quando fu portato d’urgenza dall’Olimpo.

Insieme a Zeus, fu madre delle Cariti, Aglaia, Eufrosine e Talia, e anche, secondo alcune tradizioni, del dio fluviale Asopo.

Ad Eurinome era consacrato un antichissimo tempio sulle rive di Figalia, un santuario che sorgeva in mezzo a una foresta di cipressi. La statua raffigurante Eurinome aveva la parte superiore femminile e in basso dalla vita in giù, era a forma di pesce.

Demetra

Demetra

Figlia di Crono e Rea, la dea dell’agricoltura. Viaggiò lungo tempo con Dioniso, insegnando l’agricoltura agli uomini. Avendo Ade rapita Persefone, sua figlia, accese dei fuochi sul monte Etna per cercarla. Giunta alla corte di re Celeno, insegnò a Trittolemo, figlio del sovrano, l’arte di ben coltivare la terra, e si prese cura di allevare l’altro rampollo della casa reale: Demofoonte, che ella nutriva del suo latte e che immergeva nel fuoco per renderlo immortale, cosa che non le riuscì, perché fu scoperta da Metanira, sua madre, che temeva per il piccolo.

In un’altra occasione, per difendere Trìttolemo, Demetra trasformò Lineo re di Sicilia, in lince, come pure certi pastori di Licia in rane, perchè l’avevano disprezzata. Ciò potrebbe indicare come l’agrìcoltura aborrisca i luoghi paludosi.

Continuando il suo viaggio, incontrò Aretusa alla quale chiese notizie della sua Persefone;  questa Ninfa le rivelò che era stato Ade a rapirla, quindi la dea scese negli inferi. Da Zeus ottenne che le fosse restituita la figlia, purché la fanciulla stessa non avesse ancora gustato alcun frutto nei Campi Elisi.

Ma il demone Ascalafo affermò averla vista mangiare sette grani di melagrana dei giardini di Ade. Demetra, per vendetta, mutò Ascalafo in gufo, e Zeus per consolarla decise che Persefone avrebbe dimorato con lei sei mesi dell’anno e glia altri sei con Ade. Demetra aveva molti titoli e le si offrivano le primizie dell’agricoltura.

Chi osasse svelare i suoi misteri, poteva essere punito anche con la messa a morte. Era rappresentata con una falce in una mano, e con alcune spighe e papaveri nell’altra; il capo coronato e la veste ornata sempre di spighe e papaveri. Le si sacrificava il maiale, e veniva chiamata col nome dei luoghi ove aveva i culto. Talvolta la si confonde con Cibele

Mnemosine

memnosine

Figlia di Urano e Gea. Divinità della Memoria. Venne presa in sposa da Zeus, celato sotto forma di pastore, e giacque con lei per nove notti consecutive, da cui sono nate “nove giovani donne della stessa vocazione, dedite solo al canto”, fu dunque la madre delle nove Muse, le quali nacquero sul monte Pieria. A Lebadea, in Beozia, c’era una “fontana della memoria” (Mnemosine), accanto alla “fontana dell’oblio” (Lete) le cui acque dovevano essere bevute da coloro che andavano a consultare l’oracolo della città.

Diodoro Siculo, scrive: “fra le Titanidi dicono che Mnemosine scoprì gli usi del potere della ragione, e che diede una designazione ad ogni oggetto che ci circonda, un significato ai nomi che usiamo per esprimere ciò che vogliamo comunicare a qualcuno. Alla dea è anche attribuito il potere di portare le cose alla memoria e al ricordo (mneme) che gli uomini possiedono, ed è da questo potere che le ha ricevuto il nome”.

Leto o Latona

Leto o Latona

Leto o Latona era figlia di Ceo e Febe. Era dotata di una bellezza meravigliosa, e fu teneramente amata da Zeus, ma ebbe in sorte una vita niente affatto felice, perché Era, essendo estremamente gelosa di lei, la perseguitò con inveterata crudeltà e mandò contro il terribile serpente Pitone – uno spaventoso mostro che era sorto dalle acque viscide e stagnanti che erano rimaste sulla superficie della terra dopo il diluvio di Deucalione – per terrorizzarla e tormentarla ovunque andasse. 

Ma Zeus, che aveva assistito con profonda compassione alle sue estenuanti peregrinazioni e le sue angosciose vicissitudini, decise di crearle un luogo di rifugio, per quanto umile, dove potesse sentirsi al sicuro dagli attacchi velenosi del serpente. 

La condusse quindi a Delo, un’isola galleggiante nel mar Egeo, che fece stazionare fissandola con catene adamantine nel fondo del mare. Qui diede alla luce i suoi figli gemelli, Apollo e Artemide (Diana), due dei più belli degli immortali.

Secondo alcune versioni della storia di Leto, Zeus la trasformò in una quaglia, affinché potesse così eludere la sorveglianza di Era, e si dice che ella avesse ripreso poi la sua vera forma solo quando arrivò all’isola di Delo, che mutò il nome in Ortigia (dal greco, da ὄρτυξ = “quaglia” appunto). Alcun però attribuiscono questa leggenda alla figura di Asteria, sorella di Latona, che fu anche essa amata da Zeus.

Era

Era

La moglie principale di Zeus e regina del cielo, figlia di Crono e di Rea o Cibele. Divenne così gelosa dello sposo, che non cessava mai di persegnitare le altre amanti di Zeus e i figli che da quelle nascevano. Procurò mille traversie ad Eracle e ad altri figli di Zeus; ma vedendo che con lui non riusciva a spuntarla, si ritirò per molto tempo a Samo, finché Zeus finse di volersi sposare con Platea, figlia di Asopo, la cui statua fece condurre sopra un carro. La dea Era, irata abbattè la statua, poi, venuta a conoscenza dello scherzo di Zeus, ne rise e si riappacificoò con lui.

Dopo la sconfitta degli Dèi, ribellatisi a Zeus, a cui essa prese parte, fu sospesa in aria con un paio di catene –  fatte da Efesto per vendicarsi d’essere stato da lei concepito in modo così deforme – e alle quali erano appesi due pesanti incudini, avendo essa le mani legate con una catena d’oro, che anche gli Dei tutti insieme non potevano sciogliere. Efesto solo la liberò, quando gli fu promessa Afrodite in moglie.

Orgogliosissima, Era non perdonò mai a Paride il giudizio sfavorevole dato sulla sua bellezza, da cui il suo intervento nella guerra di Troia e le persecuzioni ad Enea. Consegnò ad Argo mostro dai cento occhi, una giovenca che era in realtà la ninfa Io, amata da Zeus, e nascosta sotto quelle sembianze per sfuggire all’ira della regina degli dèi. Argo la tenne in prigionia, allora Zeus ordinò ad Hermes di liberarla, impresa che questi portò a termine uccidendo Argo. La dea Era prese i cento occhi di Argo e li pose sulle piume del pavone, uccello a lei sacro.

Avendo saputo che Zeus aveva fatto generato Atena senza unirsi ad alcuna dea o mortale, generò anch’essa Ares o Marte battendo col piede la terra. Presiedeva ai matrimoni ed alla nascita dei bambini. Godeva di un particolare culto soprattutto a Samo e a Cartagine. I titoli di Era sono: Argiva, Calendàre, Caprivora, Cinzia, Citerónia, Egèria, Gamélia, lllitia, Laicinia, Lucina, Moneta, Regina, Saucia, Telchìnia ecc. conduceva un cocchio portato da pavoni .

Matrimoni allegorici

Nel racconto dell’unione di Zeus con la maggior parte delle sue mogli immortali, viene sempre trasmesso un significato allegorico. 

Il suo matrimonio con Metis, che si dice che avesse superato sia gli dèi che gli uomini nella conoscenza, rappresenta il potere supremo alleato della saggezza e della prudenza. 

La sua unione con Temi caratterizza il legame che esiste tra la maestà divina e la giustizia, la legge e l’ordine. 

Eurinome, in quanto madre delle Cariti o Grazie, rappresentava gli influssi benefici e dispensatori di armonia della grazia e della bellezza, mentre il matrimonio di Zeus con Mnemosine caratterizza l’unione del genio con la memoria.

(Libera rielaborazione  e adattamento da E. M. Berens. “The Myths and Legends of Ancient Greece and Rome”, 1880 con integrazioni da Dizionarietto della mitologia greca e romana di Alessandro Fabre, 1899 e da Harry Thurston Peck. Harpers Dictionary of Classical Antiquities., 1898.)

Le amanti mortali di Zeus, non meno delle sue mogli immortali, sono state fonte di ispirazione per poeti, pittori e scultori, per molti secoli. Per intrattenere tutte queste sue relazioni clandestine, il re degli dèi faceva spesso ricorso a travestimenti, se non vere e proprie metamorfosi e raggiri di ogni tipo. Questi sotterfugi erano necessari per diversi motivi: in primo luogo voleva sfuggire alla gelosia di sua moglie, Era o Hera; poi, in qualità di signore dell'Olimpo, doveva mantenere la massima discrezione, poiché il suo rango, divino oltre che regale, non gli permetteva di esporre la sua persona troppo direttamente; in ultimo, gli dèi non potevano rivelarsi palesemente nel loro divino aspetto ai mortali, poiché questi ultimi non potevano reggere la vista di tanto splendore e potevano rimanerne folgorati nel senso letterale del termine. Le più note amanti mortali di Zeus sono: Antiope, Leda, Europa, Callisto, Alcmene, Semele, Io e Danae

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