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Diomede fu tra i nove guerrieri achei che si fecero avanti per combattere Ettore in un unico duello. Quando tirarono a sorte per sceglierne uno tra quei guerrieri, gli Achei pregavano "Padre Zeus, fa' che la sorte ricada su Aiace, o sul figlio di Tideo, o su Agamennone". Aiace venne per combattere Ettore Ideo dei Troiani venne per un negoziato di pace e si offrì di restituire tutti i tesori rubati da Paride e altro ancora, tutto tranne Elena. Nel concilio acheo, Diomede fu il primo a parlare: "Non ci sia intesa, né con un tesoro, né con la restituzione di Elena, perché anche un bambino può vedere che il destino dei Troiani è vicino". Queste parole furono applaudite da tutti e Agamennone disse: "Questa è la risposta degli Achei".
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L’inutile ambasciata ad Achille
A questo punto, umiliato da queste continue e disastrose sconfitte e vedendo il pericolo che minacciava l’esercito, Agamennone inviò un’ambasciata ad Achille, supplicandolo urgentemente di venire in aiuto dei suoi connazionali in questa loro ora di pericolo, offrendogli di restituirgli Briseide, oltre ad offrirgli la mano di sua figlia, con sette città in dote.
“Io (Agamennone) ho sbagliato e non lo nego.
Quell’uomo invero è uguale a un esercito,
Zeus lo predilige e lo onora così tanto,
Da umiliare il popolo acheo per amor suo.
Io allora, cedendo al mio umore ribelle
Ho sbagliato. Lasciate che ora io lo plachi, se posso,
Con doni di inestimabile valore.”Omero, Iliade, Libro IX
Ma l’ostinata determinazione dell’orgoglioso eroe non si mosse; e quantunque ricevesse i messaggeri di Agamennone, la sua risoluzione di non prendere più parte alla guerra rimase incrollabile. L’esito della guerra per i Greci, volgeva sempre di più verso la sconfita.
Gli ambasciatori vennero ricevuti con grande rispetto. Achille si alzò dal suo trono e li accolse come guerrieri e amici. Quindi furono loro offerti cibi e bevande e dopo che si furono saziati, Ulisse (Odisseo) espose l’oggetto della loro visita. Descrisse il pericolo che correva l’esercito greco, minacciato di distruzione dal terribile Ettore e dai suoi eserciti vittoriosi. Poi raccontò dei molti doni che Agamennone gli aveva offerto, e poi con parole sincere pregò Achille di mettere da parte la sua ira e di venire in soccorso dei suoi concittadini nel loro grande pericolo.
Ma l’ira del figlio di Peleo non poteva essere placata così. Rispose ad Ulisse con un lungo discorso, raccontando i suoi servigi durante la guerra, e lamentandosi amaramente dell’ingratitudine e dell’egoismo di Agamennone.
“Dodici città ho con la mia flotta devastate
E con i miei Mirmidoni ne ho prese d’assalto
Undici su questa fertile costa troiana.
Molte preziose spoglie ne ho riportato,
E all’Atride Agamennone le ho donate.
Egli, bighellonando tra la sua flotta, se le prese tutte;
Poche ne ridistribuì e molte se le tenne per sé”.Omero, Iliade, Libro IX
Quanto alle scuse fatte ora da Agamennone, l’eroe irato dichiarò che non poteva avere fiducia in un uomo che lo aveva ingannato, né avrebbe accettato i doni offerti.
“Anche se è uno spudorato, non osa guardarmi in faccia.
Non voglio fare accordi, né compiere azioni
Insieme a lui: mi ha ingannato e offeso una volta,
E ora non può più incantarmi con belle parole.
Una volta mi è bastato. Ora lo lascio al suo destino,
A perire. Zeus da cui tutto proviene
L’ha gettato nella follia. Odio i suoi doni; e tengo
In totale disprezzo chi mi vuole comprare”.Omero, Iliade, Libro IX
(Libera riduzione e traduzione da Michael Clarke, The Story of Troy, 1897)
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Ettore riuscì a mandare Dolone, un buon corridore a spiare il campo Acheo. Sulla strada per l'accampamento di Troia, Diomede e Ulisse scoprirono che Dolone si avvicinava e Diomede gettò la sua lancia contro di lui gli ordinando di fermarsi. Dolone fornì loro diverse informazioni preziose. Dopo ulteriori interrogatori, Diomede e Ulisse appresero che tra i vari alleati, i Traci erano i più vulnerabili perché erano arrivati per ultimi e dormivano separati dagli altri all'estremità del campo. Avendo rivelato informazioni di valore, Dolone si aspettava di essere condotto prigioniero sulle navi. Invece Diomede gli tagliò la testa con la sua spada, senza dargli il tempo di supplicare per la sua vita.