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MEMORIE DI ADRIANO

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A Nerva successe Traiano, il cui carattere ha la sua più sicura garanzia nell'amore e nella venerazione dei suoi sudditi; e si dice che, molto tempo dopo, il più alto elogio che si potesse tributare a un sovrano fosse quello di essere "più fortunato di Augusto e migliore di Traiano". Traiano era un soldato e, se gli mancavano le raffinatezze di una vita pacifica, era comunque un padrone saggio e deciso. Aggiunse all'Impero la Dacia, il paese compreso tra il Danubio e il Tibisco, i Carpazi e il Prut. Questo territorio si romanizzò a tal punto che la lingua dei suoi abitanti oggi si basa su quella dei loro conquistatori di quasi diciotto secoli fa. In onore di questa campagna in Dacia fu eretta la famosa Colonna di Traiano, tuttora esistente. Traiano annesse all'Impero anche l'Arabia Petraea, che offriva un'importante via di comunicazione tra l'Egitto e la Siria. La sua invasione della Partia, tuttavia, non portò alcun vantaggio permanente. Durante il regno di Traiano l'Impero romano raggiunse l'apice della sua potenza; ma i primi segni di decadenza cominciarono a manifestarsi nella sofferenza finanziaria di tutta l'Italia e nel declino dei contadini liberi, che nel secolo successivo furono ridotti a una condizione di vera e propria servitù della gleba.
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L'imperatore Adriano
L’imperatore Adriano

Adriano Publio Elio Imperatore romano. Nacque in Roma il 24 di gennaio dell’anno 76 dell’era cristiana,  829 dalla fondazione dell’Urbe. Suo padre lo lasciò orfano all’età di dieci anni, sotto la tutela di Traiano e di Celio Paziano, cavaliere romano. Cominciò a servire assai giovine negli eserciti, e prima della morte di Domiziano era già tribuno di una legione. Fu la persona scelta dall’esercito della Mesia inferiore a recare la notizia della morte di Nerva a Traiano che doveva succedergli nell’impero.

Traiano peraltro non lo guardò con occhio molto favorevole, e Adriano, accortosi di non essere nelle grazie dell’imperatore, cercò di guadagnarsi l’affetto dell’imperatrice Plotina, per opera della quale ottenne in sposa Sabina, pronipote dell’imperatore e sua erede naturale. Questo fu probabilmente il primo passo verso la sua futura grandezza e verso il trono. In qualità di questore accompagnò Traiano nella maggior parte delle sue spedizioni, e si segnalò specialmente nella seconda guerra contro i Daci.

Fu poi successivamente tribuno della plebe, pretore, governatore della Pannonia e console. Levato l’assedio di Atra nell’Arabia, Traiano, che già gli aveva dato il governo della Siria, gli lasciò anche il comando dell’esercito, e finalmente, accortosi che la morte s’avvicinava, si dice che lo avesse finalmente adottato come figlio. Adriano, che allora si trovava ad Antiochia, ricevuta la notizia di queste disposizioni, e della morte di Traiano, si dichiarò imperatore il giorno 11 di agosto dell’anno 117.

Adriano imperatore

Adriano in visita a un laboratorio di ceramica della britannia romana, Lawrence Alma Tadema, 1884
Adriano in visita a un laboratorio di ceramica della britannia romana, Lawrence Alma Tadema, 1884

Rivestito appena della dignità imperiale, egli stipulò una pace con i Persiani, ai quali cedette gran parte delle terre conquistate dai suoi predecessori; e, fosse per generosità o per fini politici, rimise al popolo romano tutti i debiti stanziando una somma totale di 900 milioni di sesterzi (una cifra enorme), e facendo bruciare tutti i documenti e gli obblighi relativi a tali oneri affinché il popolo non avesse timore di essere ancora chiamato a rendere conto di essi.

Si coniarono medaglie in commemorazione di questo condono, nelle quali egli viene rappresentato con una face in mano per appiccare il fuoco a tutte le obbligazioni che aveva annullato. Visitò diverse  province e non tornò a Roma se non nell’anno 118, cioé quando il senato gli decretò un trionfo e lo onorò col titolo di padre della patria; ma egli rifiutò entrambi questi riconoscimenti e volle che fosse invece l’immagine di Traiano quella ad essere portata in trionfo al posto suo. Nessun principe viaggiò più di Adriano, non essendovi quasi nessuna provincia nell’impero egli che non abbia visitato.

Nel 120 fu nella Gallia, di là passò nella Bretagna con l’intento di sottomettere i Caledoni che facevano continue scorrerie in quelle province. Al suo arrivo, essi si ritirarono verso settentrione. Adriano però avanzò fino a York, dove rinunciò alla progettata conquista non appena ebbe udito la descrizione che di quel paese gli fecero alcuni vecchi soldati che avevano militato sotto Agricola.

Sperando però di contenere i Caledoni allargando i loro confini, diede loro tutte le terre che si trovano fra i due stretti ed il fiume Tyne; e nello stesso tempo, per assicurare le province romane dalle loro scorrerie, fece costruire la famosa muraglia che ancora porta il suo nome.

Il Vallo di Adriano

Il vallo di Adriano in costruzione in un disegno
Il vallo di Adriano in costruzione in un disegno

Il Vallo di Adriano (latino Vallum Hadriani) è una fortezza in pietra fatta costruire dall’Imperatore Adriano su tutta la larghezza della Gran Bretagna (all’epoca provincia romana della Britannia), e fa parte del “Limes”, la linea fortificata che negli stati odierni di Gran Bretagna e Germania, difendevano i confini settentrionali dell‘Impero Romano. Il Vallo di Adriano era la seconda di tre di queste fortificazioni costruite in tutta la Gran Bretagna, la prima fu il Gask Ridge e l’ultima il Vallo Antonino. Tutti e tre furono costruiti per prevenire le incursioni militari delle tribù dei Pitti (antichi abitanti della Scozia) nel nord, per migliorare la stabilità economica e fornire condizioni di pace nella provincia romana della Britannia nel sud, e per delimitare fisicamente il confine dell’Impero. Il Vallo di Adriano è il più famoso dei tre, e rimane il meglio conservato e visibile ancora oggi.

Oltre al suo uso come fortezza militare, si ritiene che le porte attraverso le mura fossero utilizzate anche per consentire la tassazione commerciale. Gran parte del muro esiste ancora, e può essere percorsa a piedi soprattutto nella parte centrale. Il muro è l’attrazione turistica più popolare nell’Inghilterra settentrionale, dove è spesso conosciuto semplicemente come il muro romano. È diventato un patrimonio culturale mondiale dell’UNESCO nel 1987 e nel 2005 è stato raggruppato con il confine germanico in un patrimonio culturale mondiale dell’UNESCO congiunto e transnazionale “Confine delle province romane di Britannia, Germania Superior e Raetia”.

Il Vallo di Adriano era lungo 80 miglia romane (117 chilometri), la sua larghezza e altezza dipendevano dai materiali da costruzione disponibili nella zona. Il Vallo di Adriano si estendeva a ovest da Segedunum a Wallsend sul fiume Tyne fino alla costa del Solway Firth. Il Muro si trova completamente nel suolo inglese e a 15 chilometri a sud del confine con la Scozia.

La costruzione iniziò probabilmente nel 122 e fu in gran parte completata dopo otto anni. Ai lavori parteciparono i soldati delle tre legioni romane occupanti.

Negli anni successivi alla morte di Adriano nel 138, il nuovo imperatore, Antonino Pio abbandonò le mura, ma le lasciò occupate in un ruolo di supporto, e iniziò la costruzione di una nuova muraglia 160 chilometri più a nord della Scozia, le Mura Antonine. Antonino Pio non poté conquistare le tribù settentrionali e quindi, quando Marco Aurelio divenne imperatore, lasciò il Vallo Antonino e occupò nuovamente il Vallo di Adriano nel 164. Rimase occupato dalle truppe romane fino al loro ritiro dalla Gran Bretagna nel V secolo. A poco a poco il Muro cadde in rovina.

Sistemate così le faccende della Britannia, tornò a Roma dove fu onorato del titolo di restauratore della Britannia, come riportano in alcune medaglie. Andò poco dopo nella Spagna, nella Mauritania e poi in Oriente, dove sedò i tumulti sollevati dai Parti. Dopo aver visitato tutte le province dell’Asia, tornò ad Atene nel 128 dove passò l’inverno e fu iniziato ai misteri di Eleusi.

Di là passò in Sicilia, soprattutto per vedere il monte Etna, osservare i suoi fenomeni e godere del bello ed ampio panorama della sua cima. Tornò a Roma nel principio del 129, e secondo alcuni ripassò nello stesso anno in Africa, e poi nuovamente in Oriente. Fu in Egitto nell anno 132, rivisitó la Siria nell’anno seguente, tornò ad Atene nel 134 e a Roma nel 135.

Adriano verso i cristiani e gli ebrei

La prima moneta emessa dalla Zecca di Aelia Capitolina intorno al 130/132 d.C. Rovescio: Colonia Ael[ia] CAPIT[OLINA] COND[ITA] (
La prima moneta emessa dalla Zecca di Aelia Capitolina intorno al 130/132 d.C. Rovescio: Colonia Ael[ia] CAPIT[OLINA] COND[ITA] (“La fondazione della Colonia Aelia Capitolina”)

La persecuzione contro i Cristiani fu molto violenta sotto il suo regno; ma fu finalmente sospesa in seguito alle rimostranze di Quadrato, vescovo di Atene e di Aristide, entrambi filosofi cristiani, i quali presentarono all’imperatore alcuni libri in favore della loro religione. La definitiva sottomissione della Giudea e la lotta contro le comunità religiose ebraiche e il loro culto, sembra che fosse diventata estremamente aspra, sotto il suo regno, arrivando a far proibire lo studio della Torah e di seguire gl’insegnamenti della legge ebraica. Le fonti a lui avverse, dicono che, in segno di spregio, avesse innalzato sul Calvario un tempio a Giove (in realtà esso fu edificato non sul Golgota, ma sulle rovine del Tempio di Salomone – il Secondo Tempio, considerato sacro dagli Ebrei), e che pose una statua di Adone nella mangiatoia di Betlemme (in realtà si trattava di un boschetto sacro consacrato a questa divinità; sembra poi che questo luogo fosse stato indicato come il sito dove avvenne la nascita di Gesù solo successivamente ad Adriano. Pare forse da Elena, madre dell’imperatore Costantino. Comunque il luogo doveva essere già una zona sacra per la tradizione ebraica, quando vi fu consacrato il boschetto), e fece intagliare delle immagini di porci sopra le porte di Gerusalemme (queste immagini sono riportate in alcune monete. Tuttavia, Se erano anche sulle porte, ora sono andate perdute e comunque secondo alcune testimonianze il luogo era un altro:  “All’esterno della porta di Giaffa l’imperatore Adriano fece scolpire un maiale… per gli ebrei… a indicare che erano soggetti al potere di Roma… ma attualmente quel maiale non è più visibile… “ Padre Elzear Horn, XVIII secolo; frate della comunità francescana di Gerusalemme (1724-44) da Ichnographiae locorum et monumentorum veterum terrae Sanctae, citato da Jack Friedman nel suo libro The Jerusalem Book of Quotations: A 3,000- Year Perspective, 2007 pag. 115-116).

La rivolta di Simon Bar Kokheba

Simon bar Kokhba (particolare dalla Knesset Menorah, Gerusalemme)
Simon bar Kokhba (particolare dalla Knesset Menorah, Gerusalemme)

Nonostante la devastazione e la rovina in cui i Romani avevano gettato il Paese durante la prima guerra giudaico-romana, 60 anni dopo si verificò un’altra ribellione ebraica, nonostante l’opposizione di parte del clero. Bar Kokhba organizzò un esercito, istituì uno Stato ebraico indipendente nella terra di Giudea, progettò di ricostruire il Tempio e fece coniare la moneta.

I Romani, di fronte a una forza ebraica altamente unificata e motivata, erano completamente impreparati. L’annientamento di un’intera legione romana con i suoi ausiliari costringe Roma a inviare non meno di dodici legioni, che rappresentano tra un terzo e la metà dell’intero esercito romano, per riconquistare la provincia ribelle.

In inferiorità numerica e con gravi perdite, i Romani decisero di praticare la tattica della terra bruciata, che decimò la popolazione della Giudea e ne minò gradualmente il morale e la determinazione a continuare la guerra. Bar Kochba si ritirò nella fortezza di Betar, a sud-ovest di Gerusalemme, ma alla fine i Romani la conquistarono e massacrarono tutti i suoi difensori nel 135. Dopo la sconfitta di Bar Kokhba, Gerusalemme fu rasa al suolo, vietata agli ebrei, e sul suo sito fu costruita una nuova città romana, Ælia Capitolina.

Pur avendo inflitto una cocente sconfitta alla Giudea, la vittoria romana non ebbe il sapore di un trionfo: Adriano, quando si rivolse al Senato, non esordì con il tradizionale “Io e il mio esercito stiamo bene”, e rifiutò l’ingresso trionfale a Roma, unico caso riportato nella storia di Roma. Come imperatore, Adriano ribattezzò la provincia romana della Giudea in Siria-Palestina, per distinguerla dalla Siria, e utilizzò il nome dei Filistei, al fine di umiliare la popolazione ebraica e cancellare una parte della loro storia ribattezzando la Terra di Giudea con il nome dei suoi nemici.

Nel 1960, nella grotta di Nahal Hever, vicino al Mar Morto, è stata ritrovata una parte della corrispondenza di Bar Kokhba, che ha fatto luce sulla sua rivolta. Queste lettere sono ora esposte al Museo d’Israele. Questa corrispondenza è stata oggetto di uno studio accademico nel 2005 e nel 2006 che rivela che Bar Kokhba non era legato all’essenismo, al sadduceismo, al farisaismo o alla Quarta Filosofia e che rivela la natura carismatica del potere di questo leader della rivolta.

 

Morte di Adriano

Busto di Adriano, Musei Capitolini
Busto di Adriano, Musei Capitolini

Alla fine si ammalò di idropisia, dalla quale venne così tormentato che ne fu vicino ad impazzire dal dolore. Gli furono inviati un gran numero di medici, e fu proprio a tutti costoro che egli attribuì le cause della sua morte imminente. Si spense a Baia a 63 anni, dopo averne regnati ventuno. I versi latini che egli compose poco tempo prima di morire, indirizzati alla sua anima in tono di affettuosa leggerezza, sono stati soggetto di molti studi, traduzioni ed imitazioni:

Animula vagula blandula
Hospes comesque corporis
Quæ nunc abibis in loca
Pallidula rigida nudula
ut soles dabis jocos?

Piccola anima, vaga, delicata
Ospite e amica del corpo
Dove abiterai ora
Pallida, rigida, nuda
Senza i tuoi soliti giochi?

Rimangono tuttora alcuni frammenti delle sue poesie ed alcuni suoi versi in greco. Scrisse pure una storia de suoi tempi, in fronte alla quale però, invece del suo nome pose la firma di Flegone, suo liberto e persona assai dotta. Aveva molto ingegno e una memoria tenace; si segnalò in varie discipline della letteratura e della scienza.

Ritratto di un imperatore

C’era in lui una strana mescolanza di vizi e di virtù. Di natura sospettoso, invidioso, crudele e lascivo fu tuttavia affabile, cortese e liberale, ma anche capriccioso, instabile nei suoi affetti ed impetuoso nella sua collera; quindi gli amici ne diffidavano, i nemici lo temevano.

Sotto il regno di Adriano si eseguirono varie opere atte ad immortalarne la memoria. Fra le altre si possono citare in particolare la celebre Villa Adriana, il castello di Sant’Angelo, detto già Mole Adriana, che egli destinò ad essere il proprio mausoleo, e il ponte sul Tevere.

L’editto perpetuo che egli promulgò, rimane uno dei monumenti più importanti della giurisprudenza romana. Con quest’editto, compilato sotto suo ordine dal celebre giureconsulto Salvio Giuliano, si radunò in un solo corpo, tutto ciò che vi era di migliore negli antichi editti dei pretori, e si stabilì in questa parte una legislazione uniforme e non più soggetta ad essere, come in passato, mutata all’entrare in ufficio di ciascun pretore.

Adriano architetto

Villa Adriana a Tivoli
Villa Adriana a Tivoli

Adriano deve essere considerato il vero artefice della ricostruzione del Pantheon a Roma. Eretto originariamente da Agrippa sotto il regno di Augusto, il Pantheon fu in realtà ricostruito con la sua splendida struttura a cupola, e una vasta facciata tutta nuova a frontoni, sostenuta da colonne di granito egiziano. Anche l’iscrizione originale di Agrippa, risalente al 25 a.C., fu riprodotta senza aggiungere una parola su ad Adriano. Il Pantheon è ammirabile ancora oggi Roma praticamente intatto, in quanto utilizzato come chiesa nel Medioevo. Adriano costruì anche il Tempio di Venere e un nuovo mausoleo, che oggi è Castel Sant’Angelo (trasformato in fortezza nel Medioevo).

Ricostruzione del Mausoleo di Adriano (a sinistra) e l'attuale Castel Sant'Angelo a destra
Ricostruzione del Mausoleo di Adriano (a sinistra) e l’attuale Castel Sant’Angelo a destra

A Tivoli, Adriano fece costruire la sua vasta villa di 65 ettari, oggi nota come Villa Adriana. Un complesso di edifici, ognuno dei quali progettato personalmente da Adriano, e che riflettono i suoi interessi o riproducono i luoghi che aveva visitato in tutto l’Impero. Qui trascorse la maggior parte dell’ultimo periodo della sua vita. 

Antinoo

Antinoo ritratto come Bacco
Antinoo ritratto come Bacco

Il nome di Antinoo è spesso associato a quello di Adriano. Per i suoi detrattori, esso bastava da sè ad oscurare la gloria di Adriano, perché vedevano in lui solo un giovane che lo accompagnava in tutti i suoi viaggi, dopo essere stato lungamente complice delle sue vergognose dissolutezze. Per noi moderni è una figura che ci rende Adriano molto più vicino a noi: lui, cinquantenne, si era perdutamente innamorato di un ragazzo. L’omosessualità non ci scandalizza, almeno non più allo stesso modo di un tempo; la vicenda di un uomo di mezza età che insegue la gioventù, ci fa forse un po’ pena e al tempo stesso ci rende più umano un personaggio, vissuto in un’epoca dove la speranza di vita era bassa e si conviveva costantemente con l’idea della morte. Quello che può disturbarci ancora parecchio, è la pedofilia che sta alla base di tutta questa vicenda, per quanto anche su questo tema, la morale antica, greca e romana, avesse una posizione diametralmente opposta alla nostra.

Ma il mistero di Antinoo rimase le oscure circostanze della sua morte: si annegò volontariamente nel Nilo per allontanare dal capo dell’imperatore una disgrazia che gli era stata predetta? O fu oggetto di un delitto di palazzo, motivato dalle invidie della corte per il favore di cui godeva da parte dell’imperatore, con tutto ciò che questo comportava, anche a livello materiale? Oppure Adriano non lo amava più, perché stava uscendo dall’età puberale. O ancora Antinoo stesso, non sopportava più di essere l’oggetto dell’adorazione, anche sessuale, di un vecchio?

Ma in realtà le fonti riferiscono che l’amore, almeno quello intellettuale, di Adriano per Antinoo fosse pienamente ricambiato (è però anche difficile se non impossibile respingere il più potente sovrano del mondo).

Tutte queste domande forse non troveranno mai risposta, e la figura e la morte di Antinoo rimarranno per noi avvolte per sempre nel mistero (e forse è perfino giusto che così debba essere), così come in parte la figura dello stesso Adriano.

Dopo la morte di AntinooAdriano, fece innalzare altari e statue in suo onore, e diede il suo nome perfino ad una stella.

Adriano e Antinoo, incisione di Paul Avril
Adriano e Antinoo, incisione di Paul Avril

Adriano: luci e ombre?

Dotato di alcune delle qualità dei buoni principi, ma secondo le fonti classiche macchiato anche dalla maggior parte dei vizi dell’animo, Adriano porta nella storia un nome glorioso e allo stesso tempo oscurato da tenebre che solo negli ultimi secoli abbiamo cominciato un pò a diradare. Feroce persecutore dei cristiani e degli ebrei, invidioso e vendicativo, tanto da arrivare a far esiliare e assassinare, almeno così si dice, l’architetto di corte Apollodoro di Damasco per averlo aspramente criticato (anche Adriano era un valente architetto).

Ma al tempo stesso come abbiamo visto, colto, sensibile, tenero, valoroso, geniale…un uomo del suo tempo e allo stesso troppo avanti per esso. Non un presidente come Nerva, non un Re Sole come Traiano. Adriano è il più moderno dei classici, da odiare o da amare, uomo del Novecento o del nuovo millennio, imprigionato nel secondo secolo dell’era cristiana. Pieno di dubbi, incertezze, difetti, e allo stesso tempo uomo di ingegno e di valore; antisemita e pedofilo, poeta, architetto, pensatore, re, soldato… adorabile ed esecrabile, Adriano è tra noi; non li si può tenere a lungo chiuso nelle sale polverose di un museo

Antonino il Pio, suo successore, ne ottenne l’apoteosi ed impedì la rescissione dei suoi atti che il Senato era sul punto di decretare.

Memorie di Adriano

Copertina dell'edizione italiana del romanzo, Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar
Copertina dell’edizione italiana del romanzo, Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar

Memorie di Adriano è il titolo di un romanzo della scrittrice franco-belga Marguerite Yourcenar, che narra in prima persona la vita e la morte dell’imperatore Adriano. Scritto tra il dicembre 1948 e il dicembre 1950, fu inizialmente pubblicato a puntate sulla rivista francese La Table Ronde. Nel numero di luglio 43 fu pubblicata la prima parte (Animula vagula blandula) alle pagine 71-84; Varius multiplex multiformis , l’altro capitolo, è uscito nel numero 44, corrispondente al mese di agosto, e alle pagine 94-118; la terza puntata, Tellus stabilita, venne pubblicata il mese successivo, sul numero 45, alle pagine 36-59; in tutti i casi con la firma M.A. Data la buona accoglienza ricevuta dall’edizione a puntate, il romanzo completo fu pubblicato in Francia dalla casa editrice Plon e fu messo in vendita il 5 dicembre 1951.

L’imperatore romano in realtà scrisse effettivamente delle proprie memorie, ma queste sono andate perdute. Margueritte Yourcenar ha visto ciò come un incoraggiamento a “ricostruire” i suoi diari. L’impulso per l’opera le venne leggendo un’osservazione fatta da Gustave Flaubert in una lettera a Madame Roger des Genettes in cui scriveva di “un’epoca (il II secolo) in cui gli antichi dèi erano dimenticati e Cristo era ancora sconosciuto ai più; così l’uomo era solo”. Questo tema, l’uomo veramente indipendente, affascinò la Yourcenar, che descrisse anche la tensione interiore vissuta dell’imperatore, tra il suo lato edonista e quello stoico. Un conflitto interiore che si rifletteva anche nel modo di vivere della scrittrice. La preferenza della Yourcenar per Adriano, collocato nel II secolo, in un periodo di pace relativa (armata) sotto la Pax Romana, si spiega per diverse ragioni. Il periodo storico in cui visse l’imperatore, evocava parallelismi con la situazione contemporanea di stabilità controllata del secondo dopoguerra, la cosiddetta Pax Europea, ora garantita dalla rivalità e dall’equilibrio delle due superpotenze: Stati Uniti e Urss.

In quest’opera, l’imperatore adottivo sessantenne Adriano del II secolo, gravemente malato, semper in omnibus varius (sempre incostante in ogni cosa), racconta la sua vita al suo giovane successore di 17 anni e nipote adottivo Marco Aurelio. Il romanzo è scritto come una lunga lettera e inizia in modo molto confidenziale con il saluto: Mio caro marco. Il vecchio imperatore medita sul suo passato, descrivendo i suoi trionfi e le sconfitte, le sue costruzioni architettoniche (Villa Adriana), il suo amore per l’arte e i suoi sentimenti per Antinoo, morto giovane. Adriano racconta anche dei suoi tentativi, durante il suo regno, di ordinare il mondo, in quel momento sotto la Pax Romana: dominatore ma fedele alla propria missione, che è considerata da lui storica. Conoscenza, intuizione e senso del dovere costituiscono il tono generale della narrazione.

Questo romanzo, scritto in uno stile conciso, con una redazione precisa, con frasi ben formulate e ben equilibrate, riflette assai bene la mentalità di Adriano.

Il libro contiene nella prima pagina i famosi versi latini attribuiti a questo imperatore.

Da questo romanzo, nel 1989, fu tratto lo spettacolo teatrale di Giorgio Albertazzi, “Memorie di Adriano” per la regia di Maurizio Scaparro, più volte poi rappresentato anche negli anni successivi.

(Da Nuova enciclopedia popolare, 1841 con aggiunte e integrazioni anche dalle versioni multilingua di Wikipedia)

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Tito Aurelio Antonino Pio (138-161). Antonino, nativo della Gallia, aveva cinquantadue anni quando salì al trono. Il nome Pio gli fu conferito dal Senato a causa dell'affettuoso rispetto che aveva dimostrato per Adriano. Era un uomo di nobile aspetto, fermo e prudente, e sotto di lui gli affari di Stato si svolsero senza problemi.

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