Introduzione
Mamma mia! è il titolo di un musical, anzi di un jukebox musical (come sono chiamati quei musical o quei film musical che non usano canzoni originali nel corso della trama, ma hit già conosciute e popolari) basato sui celeberrimi e storici successi discografici del noto gruppo rock svedese degli anni ’70 e ’80: gli ABBA.
Dal musical è stato tratto anche un film di successo (che ha avuto un sequel) con un cast stellare: Meryl Streep, Pierce Brosnan, Colin Firth e altri, e narra le vicende sentimentali di una ragazza, Sophie, e della madre, Donna, sullo sfondo di una bellissima isola nel Mediterraneo: Kalokairi in Grecia (inutile che prendiate l’Atlante o meglio Wikipedia: l’isola in questione non esiste).
Ecco, questo è uno dei tanti esempi di come appaia oggi la Grecia nell’immaginario collettivo: un’ambita meta turistica e perché no? Anche Romantica.
Le splendide spiagge sulla costa e le isole come Creta e Rodi attirano ogni anno, in estate soprattutto, milioni di vacanzieri e visitatori da tutto il mondo.
Sebbene una vacanza in Grecia sia soprattutto un’occasione appunto per il relax, il divertimento e il benessere, nel classico giro turistico non possono mai mancare le consuete visite alle antiche città di Atene, Delfi, Olimpia e Corinto per visitare gli antichi edifici, i monumenti, le rovine, le statue e i musei, dai quali talvolta usciamo solo con una grossa confusione in testa e pieni di informazioni che forse dimenticheremo quasi subito. È una cosa che si fa sempre quando si va in vacanza in un paese straniero: pranzi, cene e discoteca, ma diamo a tutto un senso pure un po’ culturale però!
Moussaka e Feta da gustare nei ristoranti quindi, ma anche i selfie davanti al Partenone, e poi di nuovo il sole, il mare e la bellezza: ci sono quasi tutti gli elementi per un perfetto spot televisivo.
In realtà la Grecia, come ogni altro paese considerato al di fuori dei cliché turistici, è molto più di questo, e in special modo lo è la Grecia Antica.
Questa penisola, quasi 2000 anni fa, fu teatro di grandi eventi, epiche guerre e battaglie, grandi amori e smodate passioni, esperimenti politici fatti per la prima volta al mondo, scoperte scientifiche mirabili, enormi progressi del pensiero e molto, molto altro ancora.
Ci stiamo avventurando quindi in un viaggio appassionante alla scoperta di quello che a ragione è stato chiamato “il miracolo greco”; un viaggio totalmente diverso da quelli che vengono solitamente venduti dalle agenzie ai turisti.
Un viaggio nella storia e nella civiltà ma anche nella natura umana, vista nella sua incarnazione più autentica e meravigliosa, ma anche in quella più abietta ed esecrabile; e poi di nuovo, alla fine, perfino avvolta in una dimensione eroica e consegnata alla memoria e alla gloria eterne.
Un viaggio alla scoperta di quello che noi siamo ancora oggi – noi uomini occidentali – di quello che siamo stati e delle meraviglie che abbiamo costruito, come dei delitti e degli errori che abbiamo compiuto e che continuiamo ostinatamente a ripetere.
Alla scoperta di tutto quello che abbiamo irrimediabilmente perduto e di quello che, forse per riuscire a salvare noi stessi e la nostra umanità e civiltà, potremmo invece tornare ancora ad essere…
I greci e il loro posto nella nostra storia
Alcuni buoni motivi per conoscere e amare gli antichi greci:
Gli antichi greci hanno inventato la democrazia, la forma di governo nella quale la maggior parte del mondo vive ancora oggi. Ok, d’accordo, cominciare a tessere le lodi degli antichi iniziando a parlare di politica forse non è un buon inizio, ma se oggi noi siamo qui a mandare degli accidenti di ogni sorta a chi ci governa, è perché siamo liberi di farlo, liberi di esprimerci; e tutto questo è cominciato, per la prima volta nella storia del mondo, con i greci.
Gli antichi greci non si facevano mai gli affari loro, ma proprio mai mai! No, non voglio con questo dire che fossero dei gran pettegoli e dei precursori della moderna stampa di gossip o scandalistica.
Intendo dire che si chiedevano continuamente il perché di ogni cosa; non si accontentavano di un “boh!” oppure di un “è così perché è così” come risposta.
Socrate, uno dei più grandi filosofi greci, di cui poi faremo meglio la conoscenza, martellava tutti i suoi interlocutori con un unico interrogativo implacabile per indurli alla ricerca e al pensiero:
ti estì? – che cosa è? I greci dunque si ponevano continuamente delle domande; e non domande qualsiasi, ma quelle più importanti: dall’origine del Cosmo al destino dell’uomo, dalla comprensione di un fenomeno naturale al gigantesco problema della Verità; dalle questioni sul Bene, il Bello e il Giusto all’osservazione della Natura, e tutto questo molti secoli prima del National Geographic!
I Greci hanno inventato i Giochi Olimpici e in generale lo sport come lo intendiamo noi oggi. Quindi, la prossima volta che vai allo stadio con indosso la sciarpa e il cappellino con i colori della tua squadra, quando agiti lo striscione dagli spalti insieme ai tuoi amici tifosi, quando maledici l’arbitro o l’allenatore o il giocatore che non passa la palla, quando esulti per il goal del tuo campione o gioisci per la vittoria andando a farti una grandiosa bevuta con i tuoi compagni (oppure torni a casa con la faccia da funerale per la sconfitta) beh, ogni volta ricordati che tutto questo lo devi agli antichi greci…più o meno. Forse qualcuno si domanderà “Ma perché, i greci conoscevano forse già il gioco del calcio?” …ogni cosa a suo tempo, poi vi racconterò…ogni cosa a suo tempo…
I Greci avevano delle divinità che erano qualcosa a metà strada tra delle rockstar e dei supereroi. Erano bellissimi (beh, non proprio tutti tutti), avevano strabilianti superpoteri, erano eternamente giovani e immortali, non facevano assolutamente nulla dalla mattina fino alla sera (se non trastullarsi coi mortali), facevano l’amore quanto, quando, come e con chi gli pareva e ancora oggi sono molto popolari nell’iconografia, nel cinema, nella letteratura, nei fumetti.
Sono stati i primi miti pop, molto “cool,” e questo secoli o millenni prima che esistessero la DC Comics, la Marvel, i Beatles, i Rolling Stones, James Bond ecc.
I Greci hanno inventato il concetto di eroe. Alzi la mano chi non abbia mai sentito parlare degli spartani: NESSUNO!
Come si fa a non conoscere gli spartani e a non esaltarsi al solo evocarli? Chi non conosce grossomodo la storia di Leonida e del sacrificio dei suoi 300 valorosi? Chi non ha mai visto nessuno dei due film tratti dal fumetto di Frank Miller o non ha letto la graphic novel di Miller stesso? Quanti hanno un tatuaggio di uno spartano sul braccio o sulla coscia? Quanti hanno un vestito da carnevale da spartano? Quante squadre di calcio o football o chissà cosa, si chiamano “Spartani”, “Spartans” o roba del genere? Chi non ha mai provato un brivido al sentir pronunciare la mitica battuta “QUESTA È SPARTA”?
I Greci hanno inventato il Teatro, da cui discende anche il Cinema. Quindi quando la sera non sai che fare e vuoi un alternativa alla discoteca o il pub e puoi dunque proporre alla tua/tuo consorte, alla tua ragazza/tuo ragazzo o ai tuoi amici: “Ma se questa sera andassimo al Cinema (o a Teatro)?”, beh sappi che anche questo lo devi più o meno agli antichi greci (questo vale anche se resti a casa a guardare da solo o in compagnia delle serie o dei film su Netflix o simili).
In realtà ci sarebbe anche la Filosofia, ma dato che potrebbe far riaffiorare brutti ricordi (è probabilmente, insieme alla Matematica, una delle materie più odiate dagli studenti del Liceo; e con l’aggravante che la Filosofia nessuno ha ancora capito a che cosa serva e quindi perché la si dovrebbe pure studiare), per questo motivo evito di parlarne… almeno in questo momento.
Meme da Facebook ispirato al celebre film del 2007 “300”, diretto da Zack Snyder, adattamento cinematografico dell’omonima graphic novel di Frank Miller, con il famoso grido “Questa è Sparta”. A destra un altro meme, sempre ispirato dallo stesso film, con il motto spartano in greco antico: “
Ἢ τὰν ἢ ἐπὶ τᾶς · (Ē tān ē epi tās) ” ~ “Con lo scudo o sullo scudo” ~ che voleva dire più o meno:
“o torni vincitore dalla battaglia riportando il tuo scudo, oppure muori e ritornerà a casa il tuo corpo, portato dai tuoi compagni sopra lo scudo”.
Frase che veniva detta dalle madri spartane ai loro figli prima di andare a combattere, per ricordare loro il loro coraggio e il loro dovere verso Sparta e la Grecia.
– “Un oplita non poteva sfuggire al campo di battaglia a meno che non gettasse via lo scudo pesante e ingombrante. Pertanto, “perdere lo scudo” significava diserzione. (Plutarco, Moralia, 241) –
Greci e romani: a chi dei due dobbiamo più invenzioni?
Gli antichi romani hanno dato indubbiamente dei contributi enormi al progresso con le loro invenzioni: il riscaldamento centralizzato, le grandi strade di collegamento (antenate delle nostre odierne autostrade), gli acquedotti, i bagni pubblici, il diritto, i tribunali e i processi come li intendiamo oggi, i giornali, i centri commerciali, il calcestruzzo e molte altre cose.
Ma i Greci sono stati altrettanto determinanti e anzi, alcune invenzioni che passano per romane sono in realtà di origine greca o comunque perfezionamenti di invenzioni greche. Il denaro, la democrazia (di cui abbiamo già parlato), il teatro (idem), i primi veri e propri orologi, la storiografia, la commedia, la notazione musicale, la sveglia, il faro, la psicoanalisi (Freud s’ispirò al grande tragediografo greco Sofocle per elaborare la sua teoria psichica detta il Complesso di Edipo e trasse dallo scrittore, guarda caso sempre greco, Artemidoro e dal suo testo “Onirocritica” le idee per scrivere il suo saggio “L’Interpretazione dei sogni”); e poi ancora i reggiseni, i distributori automatici, la doccia a gettone, il planetario, i mulini ad acqua, la vite idraulica, la prima rudimentale macchina a vapore, il cannone, il teatro delle marionette, le portaerei (costruirono delle navi catamarano enormi con vasti ponti, mosse da 4.000 rematori, che sembrano davvero essere le antenate delle attuali navi da guerra supertecnologiche), l’odometro (no, non è una macchina per rilevare gli odori, è un dispositivo per misurare le distanze)…è tutta roba greca!
Con i greci è nata la civiltà come la intendiamo noi, uomini di oggi, che viviamo tutti insieme nelle nostre grandi metropoli (altro nome di origine greca) continuando e sviluppando un modello di società che ha avuto la sua prima incarnazione in Grecia, e solo grazie ai greci (e successivamente ai Romani che hanno perfezionato e ulteriormente diffuso quel paradigma) si è poi sviluppato in tutta Europa e quindi nel mondo, comunque si voglia giudicare questo fatto.
Vale dunque la pena di conoscere un po’ più da vicino questo popolo affascinante e grandioso che continua ad ispirarci ancora oggi.
Grecia, una nazione. Ellade, un popolo
Oggi la Grecia è una nazione in tutto e per tutto, con specifici confini politici oltre che geografici. È uno stato membro della Comunità Europea, che ha adottato, tra l’altro, la moneta unica, l’Euro.
Come tutte le nazioni indipendenti, possiede una propria bandiera, un proprio governo ecc. e come ogni altra nazione, i propri cittadini possiedono, ad esempio, un passaporto che ne attesta la nazionalità fuori dei confini patri (o meglio della UE) e molte altre cose.
Essere greco nell’antichità era invece tutta un’altra cosa.
Significava innanzitutto parlare una sola lingua, quella che più tardi nella loro storia sarà chiamata Koinè (o “Koiné dialektos κοινὴ διάλεκτος “lingua comune”, o Koiné Elleniké, κοινὴ ἑλληνική “[lingua] greca comune”); ma già quando verrà chiamata così saremo arrivati ad una fase di decadenza (poi lo vedremo), perché si intenderà la lingua greca come una impersonale “lingua comune” appunto, utilizzata da diversi popoli, sotto una certa area di influenza o di dominio di natura politica, culturale ed economica (come più tardi sarà il Latino ed oggi è l’Inglese).
Ma un tempo parlare greco significava avere appunto il greco come lingua madre.
E non solo. Significava adorare gli stessi dèi dell’Ellade (altro nome con cui si designa la Grecia), condividerne usi e costumi, leggi e istituzioni oltre alle forme di governo. E significava essere formati alla stessa tradizione spirituale, cioè conoscere i poemi omerici come dei libri sacri (l’Iliade e l’Odissea, attribuiti appunto all’aedo, cioè al poeta itinerante, Omero, di cui parleremo in seguito); non dunque come dei semplici testi epici, come li vediamo oggi, ma come è per noi invece la Bibbia tanto per intenderci, cioè come un testo sul quale, per secoli, si sono basati la religione, la cultura e l’educazione dei popoli occidentali, anche se – e questa è una differenza fondamentale – i greci non conobbero mai un’autorità religiosa assoluta che governasse la loro esistenza, né mai l’avrebbero accettata.
I barbari
I greci chiamavano tutti i non-greci “Barbari” (in greco: βάρβαρος, bárbaros). Il termine, come molti vocaboli ellenici, fu adottato dalla lingua latina come barbarus, barbaro appunto, e noi evoca l’idea delle orde degli Unni di Attila o dei Visigoti e dei Vandali (nome quest’ultimo, che nella lingua italiana è rimasto a designare chi causa danni consistenti ai luoghi e alle cose, per ignoranza o per indole violenta). Noi siamo familiari cioè con un significato di questo vocabolo appartenente ad un’epoca successiva, in cui indicava appunto tutte le popolazione non-latine e non-greche che invasero i confini dell’Impero Romano nella sua epoca più tarda , provenendo dall’Asia o dal Nord Europa, e che alla lunga ne causarono la caduta.
Ma originariamente la parola designava gli stranieri che non parlavo greco o che non lo parlavano correttamente o che comunque non lo avessero come lingua madre (barbaro in greco vuol dire appunto “balbuziente”; “bar-bar” era il suono che a un greco sembrava di udire ogni volta che uno straniero tentasse di parlare nella sua lingua).
D’altronde la tendenza a distinguersi dagli altri popoli considerando sé stessi come superiori, è un fenomeno antichissimo nella storia dell’umanità e ad ogni latitudine: gli antichi indiani definivano sé stessi col termine Ario cioé Uomo (“L’Uomo” per eccellenza) e la stessa cosa avviene fra i Bantu nell’Africa subsahariana e fra gli Eschimesi.
Insomma, il senso del termine “barbaro” non è molto lontano da quello che durante il colonialismo (anche se nel caso dei greci dobbiamo escludere il contesto appunto “coloniale”), i britannici, i francesi, gli americani e tutti gli occidentali in genere, utilizzavano per designare le popolazioni africane, quelle asiatiche e le native americane, col nome di “selvaggi” (quindi un senso neppure lontano da quello romano-latino, con la sola differenza che, come abbiamo visto, in questa ultima accezione era riservato solo alle popolazioni extra impero che ne invadevano i confini).
Il termine barbaro infatti anche per gli elleni (cioé sempre i greci) si caricò col tempo di numerosi significati aggiuntivi: ideologici, razzisti, xenofobi…
Se si può fare un paragone (che non è perfettamente calzante, come quasi tutti i paragoni, ma serve a intendere meglio), si può pensare a come per secoli le popolazioni europee, durante il Medioevo, hanno designato sé stesse di fronte ai Musulmani: “Cristiani” appunto. Come a dire che pur appartenendo a popoli che abitavano a migliaia di chilometri l’uno dall’altro, essi appartenevano ad un’unica Chiesa (almeno fino alla scissione Anglicana e poi a quella Protestante) e ad unico Credo (oltre che a condividere un’unica lingua, il Latino, ma esso era più la lingua della liturgia e dei dotti che un autentico elemento di unione spirituale).
Un altro paragone, forse più forzato, è quello che si può fare con il periodo della Guerra Fredda fra Occidente e Russia comunista. Gli anglosassoni soprattutto, designavano sé stessi col nome di “mondo libero” e lo estendevano a tutti i paesi del blocco del Patto Atlantico, mentre usavano la parola “comunista” per indicare con disprezzo tutti coloro che invece aderivano al Patto di Varsavia. “Comunista” infatti era sinonimo di sostenitore del totalitarismo e di un’ideologia considerata contraria ai valori, allo stile di vita e agli interessi di tutto l’Occidente. Dal canto loro, i sovietici designavano con i termini altrettanto spregiativi di “capitalista” e “imperialista”, tutti coloro che appartenevano al blocco del Patto Atlantico, per motivi uguali e simmetricamente opposti a quelli che invece animavano questi ultimi. Ma anche per i greci era un po’ così. Ad esempio, pur avendo loro grande rispetto e ammirazione per i persiani (e lo stesso avveniva con gli egizi), li consideravano pur sempre dei “barbari”, perché oltretutto avevano un modello di monarchia assoluta che non sarebbe mai stato accettato da un greco, il quale riteneva di essere un uomo libero. Una eccezione saranno, fino a che non prenderanno il sopravvento, i macedoni: pur essendo un popolo di lingua e tradizioni greche, il grande oratore Demostene definì il loro re, Filippo II, “il barbaro” appunto.
Tuttavia, pur evocando come si è già detto, connotazioni xenofobe e razziste, la parola “barbaro” usata per differenziare i non-greci dai greci e per rimarcare la superiorità di questi ultimi sui primi, rivelava anche la profonda unità spirituale di fondo degli elleni, il loro appartenere ad un unico éthnos, anche se nel corso della loro storia si vedranno continuamente conflitti tra popolazioni greche.
È ancora come quando, ai giorni nostri, si parla di “Nazione Europea” (anche se questo termine è sentito un po’ meno vincolante) e quando il presidente USA o quello della Gran Bretagna parlano di “Nazione Anglo-Americana”, o meglio ancora, quando parliamo di mondo Arabo oppure di America Latina: in tutti questi casi definiamo vastissime aree geografiche, ciascuna composta da stati differenti, ognuno di essi con confini politici ben definiti e con proprie leggi, ma che condividono tutti quanti la stessa lingua (tranne che in Europa), la stessa storia, le stesse tradizioni e la stessa fede religiosa.
Essere definito “Musulmano” per molti arabi è motivo di orgoglio, e così è lo stesso per un sudamericano quando si qualifica come “Latino”. La stessa cosa era per gli antichi elleni.
I greci conosceranno anche la costituzione di leghe “panelleniche” nella loro storia (vedremo che alcune in fin dei conti non erano poi così tanto “pan“), ma saranno in larga parte delle alleanze militari e politiche (a volte molto fragili) e poco altro.
A proposito, piccola divagazione: pan è una parola greca che significa “tutto” e che usiamo come prefisso di altre parole ancora oggi per designare una totalità. Ad esempio: pan-acea, pan-americanismo, pan-cosmismo, pan-demia, pan-gea, pan-logismo, pan-teismo, e anche pan-orama ha la stessa radice; è composto dalle due parole greche “pan-” e “hórama” ‘vista’.
Ritornando all’unità spirituale sentita dai popoli ellenici di cui stavamo parlando, al contrario di quelle cui abbiamo accennato poco prima, essa non era legata a nessuna istituzione politica esistente allora.
Forse ancora più che nella attuale UE, nei greci antichi era davvero forte il senso di appartenere ad una vera comunità.
Le colonie greche
Ma perché ai Greci non bastava, o meglio, non era vincolante il vivere in una stessa area geografica per sentirsi appunto una comunità e dunque una nazione? Perché per via della conformazione del loro territorio (a breve ne parleremo più diffusamente), si presentò loro assai presto l’esigenza di stabilirsi anche in altre terre, lontane dalla Madre Patria. Ma dovunque andassero a cercare miglior fortuna, portavano con sé la loro lingua appunto, i loro dèi, le loro usanze, la loro cultura, i loro costumi, custodendoli e tramandandoli di generazione in generazione.
I greci chamavano apoikìa, cioé appunto “emigrazione”, questo processo che spinse intere masse di loro compatrioti ad abbandonare la terra natia.
La città madre, al momento della partenza, forniva ai futuri coloni tutto l’occorrente per il viaggio e per la fondazione della nuova comunità una volta arrivati a destinazione: navi, mezzi di sussistenza, armi e informazioni per la navigazione.
Una volta sbarcati sulle nuove coste e creata la nuova polis però, i coloni costituivano una comunità del tutto indipendente dalla patria d’origine, anche se rimanevano intatti i legami linguistici appunto, insieme a quelli religiosi, culturali, di costume ecc.
Venivano istituiti rapporti commerciali anche con la terra di provenienza, ma rispetto a questa, la nuova città era politicamente del tutto autosufficiente e simile ad uno stato straniero, con libertà di decidere i propri governanti, le proprie leggi, fondare altre colonie, stipulare alleanze con chiunque e a proprio esclusivo interesse; e fare la guerra, anche contro la madre patria se fosse stato necessario.
Insomma, vigeva per queste colonie quasi una sorta di non scritta Dottrina di Monroe (quella che porta il nome di uno dei primi presidenti degli Stati Uniti, James Monroe, che nel 1823 disse “l’America agli americani”, senza ingerenze dunque da parte delle potenze europee), che imponeva alla Grecia continentale di “farsi gli affari propri” per quel che riguardava le colonie (vedremo che questa regola non scritta verrà più volte infranta, ad esempio quando Atene tenterà la conquista della Sicilia).
Le cosiddette “colonie greche”, almeno quelle dei tempi più antichi, non hanno nulla a che vedere con il Colonialismo come lo intendiamo noi oggi, con la sua valenza negativa. Non era il colonialismo dei “Conquistadores” spagnoli, ma somigliava più a quello dei Padri Pellegrini che arrivarono nel Nord America agli inizi del XVII secolo, e che non erano dei soldati, ma privati cittadini inglesi di fede cristiano-puritana dediti all’agricoltura.
Anche durante la massiccia immigrazione dall’Italia verso gli Stati Uniti, tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, i nuovi arrivati portavano e tramandavano nel Nuovo Mondo (almeno all’inizio), la loro lingua, i loro costumi e mantenevano i legami con la Madre Patria.
Anzi, è proprio il fenomeno dell’emigrazione italiana nel mondo che può costituire un ottimo paragone con quello delle colonie greche.
Mentre in molti territori del mondo oggi si parla inglese, francese, spagnolo o portoghese perché si tratta di ex domini territoriali controllati militarmente ed economicamente (ed imponendovi la propria lingua) da queste nazioni europee – e dalle quali poi dette colonie si sono emancipate attraverso processi di indipendenza spesso sfociati in vere e proprie guerre – nel caso invece della massiccia presenza di comunità di origine italiana presenti negli Stati Uniti, in Argentina e Brasile, in Australia e in Europa (Germania, Francia, Svizzera ecc.), questa è stata unicamente generata dall’emigrazione di massa dall’Italia appunto, in cerca di miglior fortuna altrove.
Tornando agli Antichi Greci, questi erano, allo stesso modo, in realtà sparsi un po’ dovunque per tutto il Mediterraneo e oltre: Asia Minore (nell’odierna Turchia) e lungo l’intera costa del Mar Nero, nelle Isole dell’Egeo, nel Nord Africa, in Sicilia e nel Sud d’Italia (ma anche qualche cosina al Centro e al Nord), in Spagna e perfino in un pezzetto della Francia: la colonia di Marsiglia.
A nessuno di oggi verrebbe in mente di considerare tutti costoro un’unica nazione, e invece a quell’epoca essi erano tutti annoverati come greci ed essi stessi rivendicavano ciò con orgoglio (questo non vuol dire, come abbiamo già detto, che non si potevano fare guerra tra di loro; anzi, come vedremo più avanti, quasi tutte queste colonie saranno spesso in conflitto l’una contro l’altra, in uno stato di competizione continua e di alleanze più o meno precarie, un po’ come nel Medioevo e nel Rinascimento sarebbe avvenuto trai i Comuni, Le Signorie, le Repubbliche e in generale gli stati italiani).
Cosa serviva per essere un vero greco
Riepilogando, per essere considerati dei greci doc, bisognava soddisfare i seguenti requisiti fondamentali:
● Essere di madrelingua greca.
● Adorare gli dèi greci.
● Mangiare il cibo che consuma un greco
(per noi italiani, con la nostra tradizione culinaria famosa nel mondo,
non dovrebbe essere un aspetto troppo difficile da capire).
● Appartenere ad una comunità con regime politico affine a quello delle grandi poleis greche, le città-stato:
Democrazia secondo il modello Ateniese, Oligarchia secondo quello Spartano. La monarchia, soprattutto di stampo orientale, non era considerata degna dei greci, che si ritenevano, come già detto, comunque degli uomini liberi (vedremo che alcune colonie greche costituiranno un’eccezione, perché adotteranno la tirannide, come Siracusa, pur continuando ad essere considerate una popolazione greca).
● Avere i poemi omerici come proprio libro sacro, conoscere i versi dei grandi poeti greci, conoscere e frequentare la grande tragedia attica (l’Attica, come vedremo, era la grande regione della Grecia con capitale Atene, città delle arti per eccellenza). Lo storico greco Plutarco, ad esempio, racconta un aneddoto secondo il quale, dopo la sconfitta nella spedizione in Sicilia, i prigionieri ateniesi che avessero dimostrato di conoscere a memoria i versi del grande tragediografo Euripide, venissero rilasciati dai soldati siracusani.
Inoltre, i greci del mondo antico non si qualificavano tra di loro come greci; essi rivendicavano questa appartenenza solo di fronte agli stranieri veri e propri (i barbari di cui abbiamo parlato prima); quindi si dichiaravano greci davanti ad esempio ai persiani, agli egizi, ai romani… Ma per gli altri greci, gli elleni si distinguevano invece solo per la loro città di appartenenza. Se eri di Atene eri appunto solo un Ateniese, non un greco-ateniese; se eri di Sparta eri ovviamente uno Spartano, se provenivi da Tebe eri semplicemente un Tebano, se eri di Corinto…beh, a questo punto dovrebbe essere chiaro, no? (Tranquilli, non ho omesso gli ultimi quasi che non volessi far capire di non sapere come si chiamassero gli abitanti di Corinto: non si dice corintii e neppure corintiani: loro erano semplicemente i corinzi! Ok?)
Nel prossimo episodio – > : Conosceremo la geografia della Grecia Antica: la Tessaglia , l’Acarnania e l’Epiro ; le regioni della Grecia centrale come la Focide , l’Etolia , la Beozia (la regione di Tebe ) e l’Attica (con capitale Atene ); il Peloponneso e la Laconia (la regione di Sparta), le isole e molto altro ancora…