A Traiano successe il figlio di suo cugino, Adriano, originario della Spagna. Uno dei primi atti di Adriano fu quello di rinunciare alle recenti conquiste di Traiano e di ripristinare i vecchi confini dell'Impero. Le ragioni di questa scelta erano che essi avevano raggiunto i limiti massimi che potevano dare forza al potere di Roma o essere tenuti in soggezione senza continue e costose operazioni militari. I popoli che occupavano le nuove conquiste erano resistenti e bellicosi, sparsi in un paese facile da difendere e certi di lottare costantemente contro un giogo straniero. Adriano si dimostrò costantemente attivo nel viaggiare per l'Impero, per controllarne personalmente l'amministrazione e la protezione. Visitò la Britannia, dove stroncò le incursioni dei Caledoni e costruì una linea di opere fortificate, nota come Vallo dei Pitti, che si estendeva da un mare all'altro I resti di questa grande opera sono ancora visibili e corrispondono quasi al confine moderno tra Inghilterra e Scozia. Visitò anche l'Oriente, dove gli Ebrei stavano creando gravi problemi, e completò il loro abbattimento. Al suo ritorno in città, l'imperatore si dedicò al suo abbellimento. Diverse sue opere, più o meno complete, rimangono ancora oggi. La più famosa di queste è il Mausoleo (Tomba) di Adriano, oggi conosciuto come Castel Sant'Angelo. Adriano era afflitto da una salute cagionevole, soffrendo di molte malattie dalle quali non riusciva a trovare sollievo. Per questo motivo, e per assicurarsi una successione adeguata, associò a sé nel governo Tito Aurelio Antonino, imponendogli di adottare Marco Annio Vero e Lucio Vero. Nel 138, poco dopo la stipula di questo accordo, Adriano morì, lasciando l'Impero a Tito Antonino.
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Il suo nome per intero era Tito Aurelio Fulvo Boionio, e fu figlio di Aurelio Fulvo ed Arria Fadilla. Nacque il 19 di settembre dell’anno 86 dell’era volgare, sotto il regno di Domiziano, a Lanuvio, città del Lazio.
I suoi antenati, dal lato paterno, erano di Nemauso, ora Nîmes, nella Linguadoca in Gallia. Visse i suoi primi anni a Lorium, città situata sulla riva del Tevere, sotto la cura dei nonni paterno e materno T. Aurelio Fulvo ed Arrio Antonino, consolari. Giudicando dal carattere che avrebbe sviluppato poi, pare che egli fosse stato educato con cura, secondo i principi della filosofia stoica, che egli certamente appoggiò anche come imperatore.
Per via delle molte relazioni di famiglia e le grandi ricchezze ereditate, fu rapidamente innalzato alle successive dignità di questore pretore e console. Il suo cuore, peraltro, pendeva per la vita di campagna. Quando Adriano affidò l’amministrazione dell’Italia a quattro uomini di grado consolare, diede ad Antonino quella parte in cui si trovavano i suoi stessi possedimenti. Durante il suo consolato, ed il suo seguente governo della provincia dell’Asia come proconsole, vi furono, come narra il suo credulo biografo, molti strani presagi circa il suo futuro innalzamento a imperatore.
Tornato a Roma, fu spesso consultato da Adriano intorno agli affari pubblici e finalmente fu adottato dall’imperatore come suo successore, a patto che egli stesso adottasse Marco Antonino, figlio del fratello di sua moglie, e Lucio Vero, figlio di Elio Vero, che era stato adottato da Adriano, ma colto da morte prematura.
Fu quindi il braccio destro dell’imperatore nel governo del mondo romano, e alla morte di Adriano, nell’anno 138, divenne lui stesso imperatore col titolo di Antonino Augusto, al quale nelle medaglie si aggiunse, non si sa bene perché, il nome di Pio. Forse per la sua spiccata religiosità, o forse perché per tutta la vita conservò una profonda devozione per il suo predecessore, Adriano.
Secondo me lo chiamarono “Pio”, per non soprannominarlo “il Noioso”, perché stando almeno alle fonti, la sua vita, a parte l’attività di imperatore, è così piatta e monocorde, che difficilmente qualcuno potrebbe appassionarsi alla sua figura leggendone la biografia.
Purtroppo l’unica storia della vita di questo imperatore, la sua biografia lasciataci da Giulio Capitolino, autore della Historia Augusta, è del tutto mancante di precisione e di una qualche disposizione cronologica, cosa che potrebbe aiutarci a portare un adeguato giudizio sugli affari pubblici del suo regno. Sembra che dopo il suo innalzamento al trono egli non abbia più mai lasciato l’Italia e che i suoi ufficiali mantenessero la tranquillità nelle provincie e difendessero i confini dalle aggressioni.
Uno degli avvenimenti più rivelanti di politica estera avvenuti sotto il regno di Antonino, è l’aiuto che egli diede agli abitanti di Olbiopolis o Olbia, colonia greca del Ponto, sulle rive del Boristene, contro una nazione chiamata Taurosciti, probabilmente un orda nomada del Dnieper e del Don.
Mori, a Lorium nell’anno 161, a settantacinque anni d’età, settanta secondo Capitolino e gli succedette Aurelio Antonino comunemente detto Marco Aurelio, l’imperatore filosofo. Antonino sposó Annia Faustina, figlia di Annio Vero dalla quale ebbe quattro figli, tra i quali Faustina che divenne moglie di Marco Aurelio.
La condotta della moglie d’Antonino diede occasione di scandalo, ma il buon imperatore era abbastanza tollerante da sopportare ciò che non poteva impedire. Alla morte di lei, nel terzo anno del suo regno, l’imperatore in senato le tributò il solito omaggio degli onori divini. Nel Foro Romano esiste tuttora un tempio eretto ad Antonino e Faustina.
Antonino creò anche un ordine di fanciulle che erano dette Faustiniane, in onore dell’estinta imperatrice. Questa istituzione è commemorata in medaglie, che esistono ancora oggi, con l’iscrizione di puellæ faustinianæ.
Il carattere generale del governo di Antonino fu benefico e giusto, ed il mondo romano non ebbe forse mai un signore più indulgente ed amabile.
Si circondò di un consiglio di amici eletti, senza il cui parere non prendeva decisioni di alcuna sorta. Essi lo aiutavano a stendere i decreti imperiali, le formæ, che dovevano avere statuto di legge. Pur nel suo alto stato, l’imperatore conservava il semplice carattere della sua vita di prima, continuando a frequentare i suoi amici come fosse uno della loro stessa condizione, e facendo uso del suo illimitato potere, sempre al servizio dei suoi concittadini (che lo avevano investito di tale autorità), più che come un signore assoluto dell’impero.
Il filosofo stoico Apollonio, fu appositamente chiamato dalla Calcide a sovrintendere all’educazione di Marco Aurelio. Antonino fornì salari e titoli onorevoli ai professori di retorica e di filosofia in tutte le province, ma privò di ogni appoggio i funzionari poco capaci o che non avevano dato un concreto contributo allo Stato; l’imperatore infatti non amava chi veniva stipendiato col denaro pubblico senza che questi avesse fatto nulla per accrescere l’erario.
Il popolo e i soldati partecipavano della munificenza che la politica o la generosità dell’imperatore distribuiva loro. Egli forniva aiuti finanziari in tempi di carestia e intratteneva il popolo riempendo l’anfiteatro di animali di ogni paese, alcuni dei quali, molti romani li videro per la prima volta: L’elefante, la iena, l’antilope, il coccodrillo, l’ippopotamo e la tigre. In un’occasione ben cento leoni furono fatti uscire in un punto preciso nell’anfiteatro.
Il suo regno fu pacifico, nonostante una serie di disordini militari che afflissero l’Impero durante il suo governo in Mauritania, Giudea e in Gran Bretagna contro i Briganti, sebbene nessuna di queste insurrezioni sia da considerarsi di alcuna importanza. Si ritiene che la sollevazione in Gran Bretagna abbia portato l’imperatore a erigere il Vallo Antonino sul Firth of Forth e sul Firth of Clyde, sebbene sia stato presto abbandonato. Fu uno dei pochi imperatori che affrontò le crisi del suo governo senza lasciare l’Italia, occupandosi di questioni di guerra provinciali tramite governatori o tramite lettere come quella al re dei Parti, che bastò da sola a far desistere quest’ultimo dall’invadere l’Armenia. Questo suo stile di governo fu molto lodato dai suoi contemporanei e dalle generazioni future.
Sotto il regno di Antonino i giureconsulti Umidio Vero, Salvio Valente, Volusio Meziano, Ulpio Marcello e Diaboleno furono incaricati di migliorare le leggi. Uno dei regolamenti dell’impero di politica igienica, fu che non si seppellissero più cadaveri nella città. La politica di Antonino verso cristiani fu mite, ma non è abbastanza provata l’autenticità di un rescritto che tenderebbe a mostrarlo addirittura tollerante. Antonino era di statura alta e di bell’aspelto, secondo le descrizioni del suo biografo, e le sue medaglie ci mostrano che alla sua morte fu onorato del titolo di divus ed ebbe tutti gli omaggi tributati agli ottimi imperatori.
Secondo la moda del tempo, un sacerdote speciale, durante i giuochi pubblici, un tempio ed un collegio di altri sacerdoti, furono destinati a perpetuare la memoria di uno dei migliori principi che la storia rammenti.
Se egli non vada debitore di tanta buona reputazione anche nei secoli successivi, solo alla storia a lui molto favorevole scritta da Capitolino ed alla mancanza generale di altri documenti, è una questione storica difficilmente risolvibile.
(Liberamente tratto da Nuova enciclopedia popolare, 1841)
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