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ARES: TOTAL WAR

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La guerra è il padre di tutte le cose

Ares è causa dei mali della guerra, dal cui i Latini dell’epoca più arcaica, che lo chiamavano Marte, trassero il nome Mares, cioè uomini, perché solo gli uomini venivano arruolati in guerra. Corrisponde al Mawrth dei Galli, che proviene a sua volta dal mawrther celtico-scitico, che significa assassino (mwrdwyr in lingua celtica), da cui anche il nome del terzo giorno della settimana: mawrth, in bretone meurth, che in latino era il dies martis.

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Ares-Marte (Mamer  presso gli antichi Sabini) aveva diverse identità tra cui: Belo; secondo Diodoro Siculo, inventò le armi e fu il primo a organizzare la tattica militare, perché mise le truppe in ordine di battaglia: dice Igino che “a questo antico re di Babilonia fu dato il nome appunto di Belo, perché fu il primo a muovere guerra contro gli esseri viventi. Secondo altri era da identificarsi anche con un antico re dell’Egitto (sempre di nome Belo) o di Assiria (l’associazione è forse col semitico Ba’al, che fu assimilato anche a molte altre divinità) ; un’altra versione propone la sua assimilazione con un mitico, re di Tracia, famoso per il suo coraggio e le sue conquiste, per cui questo popolo bellicoso gli accordava gli onori del dio della guerra sotto il nome di Marte Iperboreo.

C’è chi addirittura vede una connessione tra queste divinità e il dio Odin (Odino, il germanico Wotan) per via di possibili contaminazioni dovute a ipotetiche migrazioni di popoli Traci fino al Nord Europa. Ma le ipotesi sono varie e si sono fatte anche per un altro dio della mitologia norrena: Thor

Il Marte dei Latini si unì a Rea Silvia (Ilia), la madre di Romolo Remo, e alcuni credevano si trattasse dello stesso Amulio, fratello di Numitore.

Infine, il nome di Ares-Marte è stato esteso a quasi tutti i principi guerrieri, riconoscendo ad ogni popolo l’onore di avere un Ares o Marte contemporaneamente ad un Eracle o Ercole: così i Galli Teutonici lo chiamarono Hesus; gli Sciti lo adoravano sotto la figura di una spada (detta acinace in greco) e i Persiani lo chiamavano Verethragna.

Ares, il greco

Marte e Cupido, Bertel Thorvaldsen 1810. Thorvaldsen Museum, CopenhagenAres, dio della guerra, figlio secondo Esiodo, di Zeus ed Era, era sempre accompagnato dai suoi due figli Deimos e Phobos, cioé Paura e Terrore ( Metus e Pavor o Terror e Formido, secondo i latini,) – l’uno o l’altro come l’auriga del suo carro  – e da sua sorella Eris, personificazione della Discordia (la Bellona dei latini), la stessa che causò la guerra col Pomo della Discordia.

Secondo una versione latina del mito, attestata per la prima volta da OvidioHera-Giunone, invidiosa del fatto che Zeus avesse generato Pallade Atena dalla sua testa, decise di fare un viaggio in Oriente alla ricerca di mezzi per diventare madre senza l’aiuto del marito. Stanca del lungo cammino, si fermò a riposare presso il tempio della dea Flora, che le chiese il motivo del suo viaggio: dopo averlo saputo, questa le mostrò un fiore che cresceva nei campi di Olena e al solo tocco del quale veniva prodotto l’oggetto desiderato. Ovviamente la dea desiderava un figlio e fu esaudita.

Hera affidò l’educazione del figlio a Priapo (che secondo altre versioni sarebbe invece uno dei figli del dio), uno dei Titani o a qualcuno dei Dattili, divinità minori del monte Ida, figli di Rea (erano perciò detti Dáktyloi Idaĩoi) dal quale apprese la danza pirica e gli altri esercizi preliminari necessari alla guerra: per questo Luciano di Samosata scrive che in Bitinia la decima delle spoglie era dedicata ad Ares.

Imprese (e sconfitte)

Tra le avventure principali di questo dio si possono citare l’uccisione di Alirrozio: questo figlio di Poseidone si era innamorato di Alcippe, figlia di Ares; ma non ne fu ricambiato, e quando Alirrozio la rapì e le usò violenza, Ares, adirato contro quello scellerato, gli tolse la vita.

Poseidone disperato per la morte del figlio, convoca Ares in giudizio: i dodici grandi dei si riuniscono in consiglio per decidere questa importante questione ad Atene, e Ares dovette difendersi con fierezza, finché non venne assolto: il luogo dove si tenne questo processo fu chiamato Areopago (Αρειος πάγος, collina di Ares), una rupe situata presso l’acropoli di Atene, che diverrà poi il più antico tribunale di Atene sui delitti di sangue. Secondo la Cronaca di Páros, il processo al Dio avvenne sotto il regno di Cranao, 1532 anni prima di Cristo.

Alla morte di suo figlio Ascalafo nell’assedio di Troia, Ares corre a vendicarsi, ma Atena lo fa retrocedere dal campo di battaglia e lo costringe a riprendere il suo posto, nonostante la sua furia.

Figuracce con Diomede, I Titani e Atena

Ma quando gli dei si mescolarono ai guerrieri, la violenta Eris, la Contesa, eccitò i due popoli. E Atena gridava, accanto al fossato, fuori le mura, a volte lungo le sponde fragorose del mare. E gridò anche Ares, come una tempesta nera, dalla cima della rocca di Ilio, eccitando i Troiani, o lungo le belle colline del Simoenta. Così gli Dei beati si impegnarono in una violenta mischia tra i due popoli. 
(Omero, Iliade, XX)

Nella guerra di Zeus contro i Titani, Ares fu fatto prigioniero da due giganti Oto ed Efialto, detti Aloadi, e liberato da Hermes dopo tredici mesi. L’Iliade racconta che questi Aloadi lo avevano rinchiuso in una giara di bronzo. Secondo un antico commentatore dell’Iliade, la sua prigionia avvenne per aver egli causato la morte di Adone, posto sotto la responsabilità degli Aloadi. Viene consegnato ad Hermes quando ormai era allo stremo delle sue forze. Questa è probabilmente la spiegazione eziologica per dare un fondamento ad una festività che si celebrava ogni 13 mesi, durante la quale era consenta ogni tipo di licenza e i conflitti erano sospesi.

Diomede lancia la sua lancia contro Ares. John Flaxman

Nella guerra di Troia, Marte  era schierato con i Troiani e combatteva con Ettore; Atena glielo rinfaccia sempre, dimostrandogli altrettanto spesso, la scarsa simpatia che nutre per lui…

O Marte… Marte insaziabile dio,

che godi ad andartene in giro, lordo di sangue umano

E adori radere al suolo le città…

(Omero, Iliade, V)

Diomede uno dei combattimenti che lo affrontarono, si coprì di gloria immortale, dato che Atena lo proteggeva, e riuscì a far uscire dalla mischia Ares. 

Poi il dio della guerra torna a combattere a Troia, e uccide un gran numero di eroi: mentre si accingeva a spogliare Perifante, che aveva appena ucciso, arrivò Diomede; Ares gli scaglia un dardo, ma Atena, come si è detto, dirige l’asta di Diomede contro il divino avversario, in modo tale che questi venne ferito al ventre: in quel momento, egli scoppia in un grido simile a quelli di diecimila guerrieri, e avvolto in una fitta nube, fuggì verso l’Olimpo per mostrare la sua ferita a Zeus che lo rimprovera aspramente. Tuttavia, Ebe lava la sua ferita e Peone, medico degli dèi, la guarisce. 

E il Dio fu ferito, e la lancia, tirata indietro, strappò la sua bella pelle, e il feroce Ares emise un urlo forte come il grido di diecimila guerrieri che si precipitano nella mischia. E il terrore colse gli Achei e i Troiani, tanto fu fragoroso il grido di Ares risuonò tra combattimenti. 

(Omero, Iliade, Canto XX)

Marte, Facciata ovest della Cour Carrée, Palazzo del Louvre, ParigiNella corso della stessa guerra, come indicato, combatté contro Atena; quando su volere di Zeus fu stipulata una tregua, egli sedeva sul colle della Callicolone, ​​nella Troade, presso il fiume Simoenta, – lo stesso dove lui medesimo aveva chiamato alla battaglia i Troiani e che, ancor prima, era stato anche il luogo della contesa delle tre dee Era, Atena e Afrodite nel giudizio di Paride – con gli altri dèi della sua fazione, che erano riuniti in Consiglio: nel momento in cui il combattimento riprese, Ares conficcò la sua lancia nell’egida di Atena, ma ella prese un sasso che scagliò contro la nuca del dio con tale violenza che egli cadde in ginocchio. Afrodite voleva aiutarlo, ma fu gettata a terra anche lei, sempre da Atena.

Ares, che infrange di scudi, attaccò, per primo, Atena. E gli disse queste parole oltraggiose, brandendo la sua lancia di bronzo:

– Zecca molesta! Perché stai spingendo gli dèi in battaglia? Hai un’audacia insaziabile e uno spirito sempre violento. Non ti ricordi più che hai scatenato contro di me Diomede, che hai guidato la sua lancia e hai ferito il mio bel corpo? Penso che espierai tutti i mali che mi hai causato!

Così parlò, e colpì l’orribile egida frangiata d’oro, che non teme neppure il fulmine di Zeus. Fu lì che il sanguinario Ares colpì la dea con la sua lunga lancia. E quest’ultima, indietreggiando, afferrò con la sua mano potente una roccia nera, aspra, immensa, che giaceva nella pianura, e che gli antichi avevano messo a segnare il confine di un campo. Colpì al collo il terribile Ares e gli spezzò le forze. Ed egli cadde, coprendo con il suo corpo sette acri di terra, e i suoi capelli si immersero nella polvere, e le sue armi rimbombavano cadendo sopra di lui.

E Pallade Atena rise e lo insultò fieramente con parole alate:

– “Sciocco, che combatti contro di me, non sai che mi vanto di essere molto più potente di quanto tu non sia? È così che le Erinni vendicano tua madre per averti punito, nella sua rabbia, per aver abbandonato gli Achei per salvare gli insolenti Troiani.”

Detto così, distolse lo sguardo dei suoi splendidi occhi. Ed ecco, Afrodite, figlia di Zeus, che conduce per mano, fuori dalla mischia, Ares che respira appena e raccoglie il suo spirito. E la dea Era dalle bianche braccia, vedendola, disse ad Atena queste parole:

– “Atena! Figlia tempestosa di Zeus, vedi questa cagna che tira fuori dalla mischia Ares, flagello dei vivi? Inseguila!”

Detto questo, Atena, piena di gioia, si gettò su Afrodite e, colpendola con la mano forte al petto, le fece piegare le ginocchia e il cuore.

Così rimasero Ares ed Afrodite, stesi ambedue sulla terra fertile; e Atena li insultò con queste parole:

– “Perché non sono così, tutti gli alleati dei Troiani che combattono gli Achei corazzati! Perché non hanno tutti l’audacia di Afrodite che, sfidando la mia forza, ha salvato Ares! Avremmo smesso da un pezzo di combattere, dopo aver saccheggiato l’alta cittadella di Ilio!”

Così parlò, e rise Era, la dea dalle bianche braccia…

(Omero, Iliade, Canto XX)

Figuraccia anche a letto

Poche sono le avventure amorose attribuite a questo dio, e la più famosa fra di esse, non ebbe per lui un esito onorevole. L’amore fra Ares e Afrodite fu infatti scoperto da Helios (Sole)Efesto (marito della stessa Afrodite e da lei più volte reso cornuto) allora li intrappolò entrambi, nell’atto dell’amplesso, con delle reti invisibili, tese e forgiate da lui stesso e chiamò tutti gli dèi a vedere e deridere i due fedifraghi, esponendoli nudi al pubblico ludibrio.  Per la vergogna Ares se ne fuggì in Tracia e Afrodite a Pafo. Per questa sua disavventura Ares trasformò Alectrione, il suo prediletto, in un gallo, per non averlo avvertito dell’arrivo di Helios.

Marte e Venere sorpresi da Vulcano, 
Louis Jean François Lagrenée

Sembra che il culto di Ares fosse poco esteso presso i Greci. Pausania non cita alcun tempio di questo dio: nomina solo due o tre sue statue, specialmente quella che esisteva a Sparta che era legata con corde affinché il dio non li abbandonasse nelle guerre che dovevano sostenere.

Marte

Marte era adorato dai popoli latini: i romani lo consideravano il Dio protettore del loro impero, motivo per cui quando i Consoli si preparavano per una campagna militare, dopo aver fatto suppliche e voti nel tempio, toccavano solennemente la lancia del dio dicendo ad alta voce, “Mars vigilia! Marte veglia sulla salute dell’impero!” Detto tempio era quello di Marte Gradivo, situato fuori le mura di Roma. L’altro tempio di Marte Quirino, dio della pace, era all’interno della città.

Nell’apoteosi di Romolo, fu dato a questo primo re di Roma il nome di Quirino, epiteto di Marte, per via della leggenda che Augusto costruì intorno a lui dopo la battaglia di Filippi, in Macedonia, chiamandolo col nome di Mars Ultor, cioè Vendicatore; gli dedicò un tempio magnifico e in esso il senato si riuniva per deliberare sulla guerra e concedere  il trionfo.

Ares, dio della guerra

I Salii di Marte, erano sacerdoti che custodivano e conducevano in processione i dodici scudi sacri, anciles. A Marte furono sacri il ​​toro, il cinghiale e l’ariete. Alcuni popoli gli sacrificarono dei cavalli, come a Roma, ad esempio, col cosiddetto cavallo di ottobre (October Equus), usanza che si faceva risalire al mitico cavallo di Troia. i Lusitani offrivano invece a questa divinità capre, cavalli e anche prigionieri di guerra: i Greci e i Cariani, immolavano a lui i cani, i popoli dell’Asia minore e gli Sciti, i loro asini.
Il gallo era a lui dedicato, oltre che ad Atena o Minerva, perché è il simbolo del coraggio guerriero. Fra le piante, gli era consacrato il dente di cane.

Immagine di Ares-Marte

Ares-Marte, a volte visto come una delle divinità infernali, è rappresentato, in qualche occasione, sotto la figura di un vecchio armato di elmo. Nei monumenti antichi appare in un modo abbastanza uniforme: un uomo armato di elmo, lancia o lancia e scudo, nudo, con un abito militare, o anche con un mantello; a volte con la barba, ma di solito senza di essa.

Marte Gradivo in atteggiamento di uomo che compie grandi passi, talvolta porta sul petto un’egida con la testa di Medusa, così come appare Marte Vincitore mentre porta un trofeo.

Epiteti

I poeti lo raffigurano armato di una corazza, nella quale sono rappresentati vari mostri: la Furia e l’Ira adornano il suo elmo, Fama insieme a Furore camminano davanti a lui: i destrieri che trainano il suo carro sono chiamati Fuga e Terrore.
Dei vari soprannomi di Marte si segnalano questi:
Alloprosallo, Afneo, Afnio, Azizus, Bellicosus, Belliger, Bellipotens, Bellosus, Bisulto, Camulo, Cæcus, Corytaïx, Enialio, Gradivo, Gynæcothoeas, Mamercus, Manners, Mainertus, Marmessus, Marspiro, Mavor, Netto, Quirino, Salisubsulo, Terita, Ultore.

I Romani e gli altri popoli latini gli diedero l’epiteto di Pater e anche Sylvestris, invocandolo, dice Catone, per la conservazione dei frutti del campo.
Gli antichi Sciti raffiguravano Marte con una sciabola storta mezzo arrugginita, e sacrificavano uno dei loro nemici in suo onore, irrorando la sua divinità con quel sangue: i sacrifici annuali venivano fatto con buoi e cavalli.

I Galli annoveravano anche Marte nel numero dei loro divinità inferiori, adorandolo con una spada sguainata, di cui deponevano il simulacro su un altare nelle loro foreste: offrivano al dio le spoglie dei loro nemici, che raccoglievano a mucchi e lasciavano abbandonate nei campi. I primi romani raffiguravano Marte con una lancia.

In un sarcofago scolpito a bassorilievo, databile tra il 160 e il 180 d.C., ora conservato a Roma, in Palazzo AltempsWinckelmann nel 1767 riconobbe la scena, e la riprodusse in un disegno, dell’adulterio di Afrodite-Venere, narrato prima:  vi si vede Efesto-Vulcano che sorprende Afrodite-Venere, sua moglie e Ares-Marte, catturati con la rete invisibile, della cui scena si rendono testimoni gli dei (oltre a tutti quelli più famosi, ci sono anche Attis e Luna, un puttino, Sonno, Tellus e anche l’eroe Ercole) che rimproverano aspramente i due colpevoli, lasciando questi pieni di vergogna.

Gli dèi olimpici non lo amavano per niente…per esempio il padre, Zeus, non gli rivolge certo parole d’affetto

fazioso incostante, e a me fra tutti

i Celesti odïoso….

(Iliade, V)

E Apollo

Marte! Distruttore di città e assassino!

Solo in mezzo al sangue tu esulti…

(Iliade, V)

Armonia: la figlia più famosa

Armonia, secondo Igino, era figlia di Ares e Afrodite, moglie di Cadmo ebbe un figlio di nome Polidoro e quattro figlie: Agave, Autonoe, Ino e Semele.

Gli dei, eccetto Hera, assistettero alle loro nozze, portandole molti doni, tra cui fu la famosa collana data da Erifila e una veste macchiata di sangue, dono di Efesto che, per vendicarsi dell’infedeltà della sposa Afrodite, volle che tutti i figli di Armonia fossero condannati al delitto o al disonore. In effetti perirono tutti, e Armonia con il marito furono espulsi da Tebe, ed emigrarono verso l’Illiria dove si trasformarono in serpenti. Armonia importò in Grecia i primi rudimenti di musica.

Ares, Villa Adriana, Tivoli

(Libera traduzione e adattamento da Mitología universal: Historia y aplicación de las ideas religiosas y teologica de todos los siglos di Don Juan Bautista Carrasco, Madrid 1864 , con successive aggiunte e integrazioni)

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