www.greciaroma.com

ROMA IN GUERRA: L’ARTIGLIERIA

Reading Time: 14 minutes

«

Il Vallo di Adriano (latino: Vallum Aelium) è una fortificazione costruita principalmente in pietra e legno, nell'Inghilterra settentrionale, all'incirca all'attuale confine con la Scozia. Prende il nome dall'imperatore romano Publio Elio Traiano Adriano, che ne ordinò la costruzione. È la prima di due fortificazioni costruite in Gran Bretagna, la seconda è la meno conosciuta Mura Antonini perché i suoi resti sono oggi meno evidenti. Iniziata nel 122 e completata nel 126, è la più vasta struttura di questo tipo costruita nella storia dell'Impero Romano.
»

Rievocazione storica: https://leg8.fr/armee-romaine/artillerie-antique/
Rievocazione storica: https://leg8.fr/armee-romaine/artillerie-antique/

Le macchine da guerra

I Romani usavano massicciamente l’artiglieria, ben prima della scoperta della polvere da sparo: si doveva usare la sola forza delle braccia e la torsione o tensione delle corde. Questa è una parte del loro armamentario, ed era particolarmente adatta alla guerra d’assedio:

Ricostruzione di Gastafete,Museo di Saalbourg, foto: https://leg8.fr/
Ricostruzione di Gastafete,Museo di Saalbourg, foto: https://leg8.fr/

Le prime macchine da lancio, senza molle di torsione

Gastrafeti

Il gastraphetes è in un certo senso l’antenato della balestra ma con un sistema di otturatore e un grilletto per lo sparo che continueranno ad essere utilizzati anche sulle macchine a torsione. La posizione orizzontale del calcio è spiegata dal suo sistema di armamento. Gastra in greco significa pancia: l’utilizzatore dei gastrafeti infatti, si appoggia sul ventre per piegare l’arco.

Rapidamente, le dimensioni di questo tipo di macchine aumentarono fino a raggiungere i limiti di resistenza dei materiali, il che spiega l’invenzione delle molle di torsione.

L’Arcuballista

Infine, a differenza delle macchine precedenti che risalgono al IV o addirittura al III secolo aC, l’arcuballista è successivo perché citato da Vegezio nel suo trattato. Potrebbe essere descritto come il diretto antenato della balestra il cui nome deriva direttamente (arcus e balista). Di questa macchina sappiamo molto poco se non che era molto meno potente di un piccolo scorpione, e quindi era forse usata più per la caccia.

Gastraphes di Zopiros o Petrobolo (lanciatore di palle di pietra) IV secolo a.C. Disegno da https://leg8.fr/)
Gastraphes di Zopiros o Petrobolo (lanciatore di palle di pietra) IV secolo a.C. Disegno da https://leg8.fr/)
Arcoballista dal Museo del bassorilievo di Puy en Velay
Arcoballista dal Museo del bassorilievo di Puy en Velay

Le macchine con molle a torsione

Gli ingegneri di Filippo II di Macedonia e più in particolare il suo architetto Polyeidos, inventarono intorno al 340 a.C. il principio della molla a torsione che si sarebbe presto imposto perché permetteva di ottenere una potenza apprezzabile senza arrecare danni alle macchine. I romani si resero poi conto che le proprietà di potenza, solidità ed elasticità dei tendini degli animali utilizzati per gli archi compositi potevano essere sfruttate in modo diverso per una migliore efficienza. Esistono diversi modi per classificare le macchine da lancio dell’antichità: in base al loro periodo di utilizzo, alle loro specificità tecniche, al loro impiego ecc.

La cosa più semplice sembra, in un primo momento, differenziarli in base ai proiettili utilizzati; emergono così due categorie principali: lanciatori di proiettili e lanciatori di munizioni più pesanti, simili alle palle di cannone.

I lanciatori di proiettili

Si possono a loro volta suddividere in due categorie: catapulte del tipo euthytone (dal nome della macchina d’assedio greca, una struttura in legno monoblocco rinforzata con metallo) e baliste con frecce del tipo palintona, munite solo di un telaio metallico molto più leggero di quello in legno.

Le prime sono le più antiche: l’oxybeles greco e il suo cugino di primo grado lo scorpione romano (Scorpio) sono i pezzi dell’antichità più diffusi e conosciuti. Qualunque sia la loro grandezza, la loro architettura rimane identica; le dimensioni della macchina corrispondono al volume del proiettile come spiegato dall’ingegnere romano Vitruvio nel capitolo X del volume X della sua opera “De Architectura”.

Quindi questo tipo di macchina può essere realizzato in diverse dimensioni.

Lo “Scorpio Minor”

È in realtà una versione portatile del suo corrispettivo più grande. Lo scorpione o scorpio (un lanciatore di frecce) era un pezzo di artiglieria neurobalistico romano apparso nel 50 a.C. dC, e costituito da una versione moderna e più piccola della balista sviluppata nell’antica Grecia.

Scorpio Minor, foto da https://leg8.fr/
Scorpio Minor, foto da https://leg8.fr/

Lo Scorpione (Scorpio)

Un po’ più imponente, tanto che sappiamo che servivano tre soldati per farlo funzionare. Di probabile origine greca (sviluppato a partire dall’armi a ripetizione come il Polybolos, almeno tre secoli più vecchio e inventato dal greco Dionisio di Alessandria) poi adottato e utilizzato su larga scala dalle legioni romane, fu descritto dettagliatamente da Vitruvio, con il l’ultima grande innovazione che fu la cheiroballista. A differenza di un arco che funziona torcendo le braccia, lo scorpione utilizzava un sistema di molle a torsione per ottenere una potenza molto elevata per le braccia e quindi un’elevata velocità di espulsione delle frecce. Quest’arma, notevole per la sua precisione e potenza, era particolarmente temuta dai nemici dell’Impero Romano.

Scorpio, foto da https://leg8.fr/
Scorpio, foto da https://leg8.fr/

Il Polibolo (Polybolos)

Riproduzione di un Polybolos, dal museo di Saalboug
Riproduzione di un Polybolos, dal museo di Saalboug

Infine, c’erano scorpioni ancora più grandi che venivano spesso usati sulle navi e che sparavano dei dardi contro le galee nemiche. Si tratta tuttavia di un’arma molto particolare che probabilmente potrebbe non essere mai andata oltre la fase “sperimentale”: il vero antenato della mitragliatrice. 

Il polybolos (in greco πολυβόλος, da πολύς, polys “molti” e βάλλω, ballo “lanciare“) era una ballista di origine greca attribuita all’inventore Dionisio di Alessandria. Filone di Bisanzio descrisse il polybolos come una catapulta che poteva sparare molte volte senza ricaricare appunto come le moderne mitragliatrici. Filone lasciò una descrizione dettagliata dell’ingranaggio che abilitava il meccanismo a catena, l’applicazione più antica di questo meccanismo, grazie al quale i proiettili erano posto nel grilletto.

Le baliste a freccia

Balista a freccia
Balista a freccia

Apparse più tardi, probabilmente nella seconda metà del I secolo d.C., le baliste o ballistae con frecce mantengono lo stesso principio di funzionamento delle altre, ma ne modernizzano alcune parti, in particolare il telaio che diventa interamente metallico, ma paradossalmente molto più leggero del vecchio telaio in legno rinforzato con metallo, tipico degli scorpioni classici.

Questo nuovo tipo di macchina, più leggera, meno ingombrante, offre anche un campo visivo molto più comodo. A questo aggiungiamo che la nuova architettura dell’arma permette anche una rapidissima sostituzione di una molla di torsione se essa dovesse danneggiarsi. Sulla colonna Traiana sono presenti rappresentazioni in bassorilievo solo di queste nuove armi.

Lanciatori di munizioni pesanti

Chiamati lithobolus dai greci o petrobole dai romani, questi lanciatori di palle di cannone si dividono in due categorie:

Balista

Il sistema della ballista è paragonabile a quello degli scorpioni, cioè due molle di torsione poste verticalmente in un telaio; ciascuna molla agisce su un braccio, le due braccia sono collegate da una corda d’arciere munita di tasca per il proiettile.

Carrobalista

Carrobalista - dettaglio di un bassorilievo della colonna Traiana
Carrobalista – dettaglio di un bassorilievo della colonna Traiana

Montate su un carro, queste baliste diventano una vera e propria artiglieria leggera mobile e vengono chiamate carroballistae.

Ballista, foto https://leg8.fr/
Ballista, foto https://leg8.fr/

L’onagro (onager)

Sebbene abbiamo pochissime fonti scritte su questa macchina la cui architettura particolare, essa è piuttosto nota ai più. È una macchina a getto dotata di un’unica ed enorme molla di torsione posizionata orizzontalmente a raso da terra e che aziona un unico braccio propellente alla cui estremità c’è un cucchiaio di legno o un sistema di imbracatura che amplifica la forza di espulsione del proiettile.

Onagro, foto https://leg8.fr
Onagro, foto https://leg8.fr

Le Armi per lancio di proiettili pesanti

La catapulta

Soladtini da collezione, riproduzione di una catapulta
Soladtini da collezione, riproduzione di una catapulta

Tutti o quasi conosciamo le catapulte: sono meccanismi d’assedio che utilizzano una specie di cucchiaio per lanciare un oggetto (sassi e altro) a grande distanza, evitando così possibili ostacoli come muri e fossati. Furono forse creati dai Greci, durante il regno di Dioniso I,come arma di guerra.

Ricostruzione animata di una catapulta

Il nome deriva dal greco καταπάλτης, composto da κατά “sotto, contro” e πάλλω “vibrare”. In origine la parola catapulta si riferiva a un lanciatore di pietre, mentre balista si riferiva a un lanciatore di frecce, ma nel corso degli anni i due termini hanno cambiato significato.

Tipologia

Le catapulte possono essere classificate in base al concetto fisico utilizzato per immagazzinare e rilasciare l’energia necessaria al lancio. Le prime catapulte furono quelle a tensione, sviluppate all’inizio del IV secolo a.C. in Grecia.

Un arto in tensione spinge il braccio di lancio, come una balestra gigante. In seguito furono sviluppate catapulte a rotazione, come l’onager e la balista, la catapulta più sofisticata. I primi due hanno un braccio con un telaio di supporto per il proiettile.

La parte inferiore del braccio di lancio è inserita in corde o fibre che vengono attorcigliate, fornendo la forza per spingere il braccio stesso.

Queste catapulte si distinguono per il fatto che l’innesco ha un’estensione del suo albero. La balista, che, sebbene più complessa, è stata inventata per prima, ha due bracci che fanno ruotare due molle parallele e spingono un singolo proiettile che si trova su una barra direzionale tra le molle; l’intera macchina poggia su un asse universale per rendere più flessibile la mira.

 

Le armi di sfondamento

L’ariete

Ariete romana
Ariete romana

L’ariete è un’antica macchina da guerra ampiamente utilizzata nel mondo antico e nel Medioevo per sfondare le mura o le porte di castelli, fortezze e insediamenti fortificati.

Era costituito da un robusto tronco di frassino o di un albero di legno resistente, con una fronte di ferro o di bronzo che generalmente aveva la forma di una testa di ariete. Esistevano varie forme di arieti, a seconda del luogo e delle persone che li costruivano. Si può dire che furono i precursori dei carri da combattimento.

L’Ariete portatile

Quando era importante conquistare rapidamente un insediamento nemico, un semplice stratagemma era quello di tagliare un albero robusto, potarne il tronco, attaccarvi dei manici e usare l’albero per distruggere un cancello o parte delle mura.

Sebbene fosse molto pericoloso tenere in mano l’ariete, quest’arma poteva essere messa in azione poche ore dopo l’arrivo dell’esercito sui bastioni.

L’ariete portatile era particolarmente efficace negli attacchi a sorpresa e contro le fortificazioni più deboli. Era ampiamente utilizzato dagli eserciti che attaccavano e da coloro che non potevano rimanere a lungo fuori da una città durante un assedio prolungato.

Ariete portatile romana, foto: www.imperium-romana.org

(Libera traduzione da https://leg8.fr/armee-romaine/artillerie-antique/, con integrazioni e aggiunte)

La battaglia iniziale del film “Il Gladiatore”

Quanto è realistica e accurata la ricostruzione della Battaglia contro i Germani che occupa buona parte delle sequenze iniziali del celeberrimo film Il Gladiatore di Ridley Scott con Russell Crowe?

Nel suo libro The Romans For Dummies del 2007, l’autore, lo studioso Guy De la Bédoyère, non ha dubbi e scrive:

La migliore battaglia romana visibile in un film è contenuta nei primi minuti del film Il Gladiatore (2000). In quelle sequenze puoi vedere soldati romani dall’aspetto autentico incrostati di sporcizia, dopo anni di campagna sulla frontiera tedesca, completi di artiglieria, arcieri e che si trovano a fronteggiare un nemico barbaro armato di ascia. È incredibilmente realistico, anche se, in effetti, è stato tutto girato appena fuori Londra.

In realtà non tutti sono d’accordo con questa affermazione. J. Matthew Melton, professore al College of Arts & Sciences della Lee University di Cleveland, Tennessee, negli, USA ad esempio, è di tutt’altro avviso, e in una discussione su Quora.com (https://www.quora.com/How-accurate-was-the-battle-scene-in-the-beginning-of-the-movie-Gladiator-How-did-the-Romans-really-fight-in-war), pur apprezzando nel complesso il film, ci fornisce la sua analisi delle scene contenute nella prima parte, da un punto di vista rigorosamente storico e filologico. Ecco il suo interessante intervento: 

La scena della battaglia iniziale dal fil Il Gladiatore, (2000)
La scena della battaglia iniziale dal film
Il Gladiatore, (2000)

“Uso la scena di questo film nella mia classe di studi umanistici per mostrare agli studenti diverse cose. Rappresenta alcuni elementi in maniera meravigliosamente corretta, ma molti sono sbagliati in maniera anche ridicola.

Per quanto riguarda lo stesso Massimo Decimo Meridio, non esiste un personaggio simile nel periodo storico preso in considerazione (circa 180 d.C.). Sembra essere una figura vagamente basata su un paio di generali romani.

Nella seconda guerra marcomannica (raffigurata appunto nel film Il Gladiatore) c’era in effetti un generale, di nome Marco Valerio Massimiano, che sembra aver vinto l’ultima grande battaglia prima della morte dell’imperatore Marco Aurelio, ma sappiamo molto poco della sua vita.

Massimo è chiaramente basato sul personaggio di Lucio Quinto Cincinnato, un eroe dei primi giorni dell’antica Repubblica Romana, il George Washington di Roma. La città americana di Cincinnati prende il nome proprio da lui, in onore della Società di Cincinnato, un gruppo di ufficiali dell’esercito continentale americano che, come Cincinnato stesso, tornarono alle loro fattorie dopo la Guerra d’Indipendenza.

Rilievo dalla colonna Aureliana, Roma
Rilievo dalla colonna Aureliana, Roma

George Washington, spesso chiamato infatti il Cincinnato americano, fu anche il primo presidente di questa società. Probabilmente Ridley Scott pensava che il pubblico americano in particolare avrebbe sentito inconsciamente la vicinanza con l’ideale del contadino generale.

Marco Aurelio aveva solo 58 anni quando morì, forse a causa di una pestilenza che stava devastando l’Europa in quel momento, anche se lo storico romano Cassio Dione afferma che i medici amici del figlio di Aurelio, Commodo, potrebbero aver favorito il suo decesso.

Nelle sue ultime settimane di vita, Aurelio era così malato che non poteva rivolgersi pubblicamente ai soldati come faceva normalmente, e vedeva solo gli ufficiali in privato. Richard Harris, a 70 anni, era troppo vecchio per il ruolo, ma sicuramente rese bene la fragile costituzione di Aurelio all’epoca. Tutte le chiacchiere del film sul ritorno a Roma della Repubblica sono vere e proprie sciocchezze.

Nella battaglia stessa, l’esercito romano è mostrato in modo abbastanza accurato, così come le tribù germaniche, sebbene la Colonna Aureliana a Roma che mostra il conflitto, rappresenti una gamma più ampia di armi e armature. La maggior parte delle truppe regolari sembra indossare la cotta in maglia, imbracciando lo scudo detto Parma o Parmula, quello a bordo tondo piuttosto che il famoso scutum quadrato. Ma i pretoriani e altre unità d’élite probabilmente avrebbero ancora indossato l’armatura a lorica segmentata e avrebbero portato appunto lo scutum. Vedi questa illustrazione di Angus McBride.

Illustrazione di Angus McBride
Illustrazione di Angus McBride

La cavalleria romana indossava principalmente una cotta di maglia e portava lance o giavellotti. E, al contrario di quel che si vede nel film, non avevano staffe, come anche altri hanno notato. C’erano buone probabilità poi che Aurelio usasse ausiliari germanici per la sua cavalleria durante la II guerra marcomannica piuttosto che i romani come avviene nella pellicola.

Il cane è un’aggiunta meravigliosa alla scena e può essere considerato un elemento di accuratezza. Massimo che si ferma a guardare un uccello, che segnala la primavera, è anche questo un altro bel tocco, e ha tutto uno stile molto romano: essi erano sempre alla ricerca di buoni presagi.

Dettaglio dalla colonna Aureliana
Dettaglio dalla colonna Aureliana

L’accampamento romano fortificato è quasi perfetto nella sua rappresentazione. Scott sembra intenzionato a mostrare il talento romano per l’ingegneria. Le formazioni romane e l’avanzata sono in generale abbastanza vicine alla realtà storica, sebbene le linee fossero usualmente schierate su tre file, anziché due come nel film.

Dopo di che, le cose vanno a rotoli. Gli arcieri, come la cavalleria, erano tipicamente ausiliari, il che significa che non erano cittadini, venivano pagati molto meno e quindi vedevano meno azione nelle grandi battaglie. Il film li mostra con indosso una cotta di maglia, anche se potrebbero aver indossato anche un’armatura a scaglie.

A questo punto della storia romana, l’uso degli arcieri era alquanto specializzato sul fronte occidentale. Le unità tendevano ad essere più piccole, sia a cavallo che a piedi, e servivano a schermare la fanteria in marcia o che attaccava.

Macchine da guerra romane
Macchine da guerra romane

Vediamo più arcieri rappresentati nella Colonna Traiana, 70 anni prima dell’epoca di Marco Aurelio. È probabile che Aurelio usasse gli arcieri per aiutarsi ad aprire l’assalto, come si vede anche nel film, anche se le frecce infuocate, del tutto inutili (e imprecise) mi hanno fatto pensare ai vecchi western con gli Apache che bruciavano le carovane. Tuttavia, l’insieme crea un buon effetto visivo al cinema.

In battaglia, i romani dipendevano maggiormente dai giavellotti (il pilum) che la fanteria scagliava mentre avanzava nella speranza di impigliare gli scudi nemici prima che si chiudessero. I barbari lanciavano anche loro molti proiettili, ma con minore efficacia, contro gli scudi romani più robusti.

Vale la pena menzionare anche le baliste e le catapulte utilizzate nella battaglia del film. Si trattava di armi d’assedio classiche, portate nei convogli di rifornimento romani perché utili nella guerra d’assedio, e, una volta che le legioni avevano sconfitto gli eserciti organizzati sul campo, si stabilivano per costruire fortificazioni, paesi e città.

Una scena dal film Il Gladiatore
Una scena dal film Il Gladiatore

Ma l’artiglieria d’assedio non veniva quasi mai schierata per l’uso in una situazione di campo di battaglia fluida, come per allentare le linee nemiche all’inizio di uno scontro. Furono i Mongoli, mille anni dopo, i primi a usare sul campo di battaglia macchine lancia-proiettili incendiarie, non principalmente però come armi antiuomo, ma per terrorizzare i cavalli e demoralizzare i soldati del nemico, spesso ottenendo uno spettacolare successo.

Ma la carica della cavalleria, così splendidamente filmata, è il mio passo falso storico preferito. Dev’essere stato un vero e proprio tormento per la troupe cinematografica, il che avrebbe dovuto dare loro un indizio. La cavalleria non fa cariche nella foresta.

Oh sì. Qualcuno può probabilmente cercare su Google e trovare una cavalleria all’attacco che esce dal bosco (mi vengono in mente un paio di Mosby’s Raiders, il 43º Battaglione della Cavalleria della Virginia nella guerra civile americana), ma la prima cosa che farebbe la cavalleria spuntando fuori dagli alberi è mettersi in formazione prima di caricare.

Affinché la cavalleria pesante sia più efficace come truppe d’assalto, essa ha bisogno di spazi aperti e un terreno moderatamente uniforme, motivo per cui la cavalleria era molto più importante nell’Impero romano d’Oriente. La presenza di una copertura pesante era solo uno dei motivi per cui i mongoli si fermavano e si voltavano quando arrivavano nelle zone boscose e collinari dell’Europa.

Uno dei modi più semplici per perdere ogni vantaggio fornito dalla cavalleria è proprio metterla in mezzo ai boschi di collina. Il galoppo a briglia sciolta tra gli alberi è una cosa che non si è mai vista nella guerra di nessuna epoca.

Scena dal film Il Gladiatore
Scena dal film Il Gladiatore

Gengis Khan una volta cadde in un’imboscata proprio in una foresta. La sua reazione fu di bruciare tutti gli alberi. I soldati che galoppano fuori da una foresta nel modo in cui il film mostra sarebbero completamente disorganizzati, rendendo il loro attacco di sorpresa molto meno efficace. Ma c’è anche un altro rischio per i cavalli, che correndo attraverso una foresta, si farebbe per loro piuttosto serio. Un pericolo che per i cavalieri sarebbe quindi altrettanto grave: nella Bibbia, Absalom che galoppava tra gli alberi rimane impigliato con i capelli tra i rami. Il suo cavallo lo lasciò appeso lì ed egli rimase in questo modo in balìa del nemico. Ma anche i cavalli stessi possono rimanere impigliati per la criniera o per la coda fra i rami.

Altri menzionano la natura disorganizzata della battaglia stessa, con la rottura delle formazioni romane. Questo è un argomento solido, ma non così tanto come potrebbe sembrare. Di solito era difficile spezzare una linea romana (che invece sembra una specie di formaggio svizzero coi buchi, nel film). I romani facevano molto affidamento sulle loro formazioni, ma non così ciecamente come facevano invece i greci con la falange.

L’intera “punta” della spada corta romana, il gladius giustamente temuto, era per il combattimento ravvicinato. Cassio Dione racconta la storia di un’unità romana sorpresa dal ghiaccio di un fiume. I guerrieri germanici pensavano che avrebbero spazzato via facilmente i romani. Ma gli intraprendenti latini posarono i loro scudi sul ghiaccio per creare una piattaforma in modo che non scivolassero, e affrontarono la fanteria e la cavalleria germaniche solo con i loro giavellotti e spade corte, facendo affidamento sul loro addestramento al combattimento ravvicinato per prevalere.

Russel Crowe è Massimo Decimo Meridio
Russel Crowe è Massimo Decimo Meridio

Per quanto riguarda i germanici (chiamati anche teutonici, che non erano celti, come alcuni affermano) ci sono alcuni problemi con la breve rappresentazione che di essi si fa nel film (oltre al canto degli Zulu, preso e messo in bocca ai germani, un’incongruenza spesso citata). Ad esempio, essi non avrebbero usato molti arcieri (tanto meno con archi lunghi!) E le loro tattiche sarebbero state probabilmente coordinate meglio. I romani, dopotutto, stavano rispondendo alla sconfitta di una legione pochi mesi prima. Le testimonianze suggeriscono che i guerrieri tribali usassero mura di scudi irte di lance, che stessero in piedi e aspettassero gli assalti romani piuttosto che il contrario, e che i romani sfondassero la linea nemica solo dopo duri combattimenti ravvicinati con la prima fila di lancieri, usando poi il gladius una volta che i tribali erano in ritirata. Purtroppo, le fonti originali che trattano questo periodo sono poche e lontane nel tempo tra loro.

Ma le tribù dei Marcomanni e degli Svevi apparentemente non erano né ben armate né ben corazzate nel 180 d.C. Le fonti primarie includono molti monumenti romani del periodo, in particolare la colonna di Marco Aurelio. Questi non mostrano guerrieri teutonici corazzati. Molti di essi sono invece nudi fino alla vita. Gli storici ipotizzano che i guerrieri portassero uno scudo e due o più lance dalla punta di ferro. Alcuni portavano delle spade tipo gladius sottratte al nemico. La metallurgia germanica inferiore produceva un ferro meno durevole, quindi non avevano nessuna ascia. I romani avevano accesso all’acciaio al carbonio cementato, molto più durevole ed efficace. Ancora una volta, mentre il film sbaglia alcune cose, su altre è più attendibile.

In conclusione, è notoriamente difficile filmare sequenze di battaglie. Il realismo è in realtà noioso. Una troupe cinematografica che seguì Pancho Villa nel 1914, scoprì che le scene reali non erano molto spettacolari, quindi i registi di Hollywood decisero già molto tempo fa di sbilanciarsi dalla parte delle sequenze d’azione intense, spesso seriamente irrealistiche (la battaglia di Helm’s Deep del Signore degli Anelli, tanto per dire) Per intrattenere lo spettatore – in realtà c’è un momento ironico ne il Gladiatore, in cui Massimo fa proprio questa domanda: “Non vi siete divertiti?!”

»

La Marina romana (latino: Classis, trad. "Flotta") era la forza navale dell'Antica Roma. La marina fu determinante per le conquiste romane nel bacino del Mediterraneo, ma non ebbe mai lo stesso prestigio delle legioni. Nel corso della storia, i Romani rimasero un popolo di terra e si affidarono, come supporto navale, alle forze nautiche dei loro Stati clienti o delle nazioni soggette, come i Greci o gli Egizi, che inizialmente erano responsabili della costruzione delle navi dell'impero. Per questo motivo, lo Stato romano non accettò mai pienamente la sua marina da guerra e la giudicò in qualche modo "non romana".

»

 

 

POST CORRELATI

LA STRUTTURA POLITICA DI ROMALA STRUTTURA POLITICA DI ROMA

<span class="span-reading-time rt-reading-time" style="display: block;"><span class="rt-label rt-prefix">Reading Time: </span> <span class="rt-time"> 19</span> <span class="rt-label rt-postfix">minutes</span></span>Nell'antica Roma, il potere era concentrato nelle mani di tre istituzioni: il Senato, il concilium plebis