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PERIODO DI SUPREMAZIA ATENIESE (479-431 a.C.)

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Le guerre persiane segnano un’epoca cruciale non sia nella vita politica che in quella intellettuale della Grecia. Non solo assicurarono l’indipendenza della Grecia dal dominio straniero, ma suscitarono uno spirito di libertà intellettuale e diedero nuovo vigore e consapevolezza alla mente greca. Il popolo in passato era stato abituato a guardare indietro, ai tempi di Omero, come alla propria “età eroica”. Ora Erano più inclini a considerare i propri eroi come uguali agli eroi della guerra di Troia. “Aleggiava nell’aria l’idea che la guerra di Troia fosse un atto precedente dello stesso loro dramma, che i guerrieri di Salamina e Platea stessero combattendo per la stessa causa degli eroi che avevano combattuto con Ettore nelle pianure di Troia” (Bury) . Le poesie di Omero divennero ora più popolari; e il nuovo spirito eroico diede nuova linfa alla poesia e all’arte. Ciò si vede nel maggiore onore che ora veniva dato al coraggio militare nei peana cantati agli eroi caduti e nelle sculture scolpite per rappresentare guerrieri e scene di guerra. La cultura di quest’epoca non può essere compresa in un “periodo” ben definito; ma segna un netto passaggio dalla cultura semplice e arcaica che l’ha preceduta nel periodo formativo a quella più sviluppata dell’età che l’ha poi seguita.

Lealtà di Atene alla causa greca

Atene aveva rischiato tutto per la causa comune dell‘Ellade. Il patriottismo dei suoi cittadini non aveva mai vacillato. Quando Mardonio cercò con le tangenti e la corruzione di staccarli dalla lega greca, questi risposero al suo messaggero che “nessuna tentazione possibile, né di denaro né di territorio, li avrebbe indotti ad abbandonare i legami di fratellanza, lingua comune o religione”.

Il loro alto patriottismo e la loro incrollabile lealtà agli interessi generali della Grecia – in netto contrasto con il ristretto egoismo degli spartani – furono ora premiati. 

Illustrazione dal volume "La Grecia Clasica"

Illustrazione dal volume “La Grecia Clasica” (clicca sull’immagine per ingrandire)

Ad Atene fu accordato il posto d’onore e la preminenza tra gli stati greci. La perdita e la sofferenza provocate dalla distruzione delle sue dimore e dei suoi templi furono riparate e dimenticate durante il periodo di prosperità in cui ora essa entrava. Il suo potere marittimo, e la sua reputazione di centro di ricchezza e raffinatezza e di patria dell’arte e della letteratura, furono assicurati dall’indirizzo e dal genio di una successione di statisti, artisti e scrittori come forse nessun’altra città nei tempi antichi o moderni ha mai prodotto. 

Gli importanti eventi pubblici che coprono il periodo intercorrente tra la battaglia di Platea e lo scoppio della guerra del Peloponneso (479-431 a.C.) si troveranno, come ora procediamo a raccontarli in maniera molto sommaria, a collegarsi soprattutto con quattro nomi della più ampia fama: Temistocle, Aristide, Cimone e Pericle.

Ricostruire le mura di Atene

Dopo che i Persiani furono espulsi dalla Grecia, la prima cura degli Ateniesi fu la ricostruzione delle loro case. Il loro compito successivo fu il restauro delle mura della città. Le esaltate speranze per il futuro che erano state suscitate dai risultati quasi incredibili e dalla resistenza degli ultimi mesi, portarono gli Ateniesi a tracciare un vasto circuito di sette miglia intorno all’Acropoli come linea dei nuovi bastioni.

Gli stati rivali del Peloponneso osservarono con geloso interesse le azioni degli Ateniesi. Sebbene non potessero fare a meno di ammirare Atene, la temevano. Sparta inviò un’ambasciata per dissuadere i cittadini dal ricostruire le mura, adducendo ipocritamente come causa del suo interesse il problema logistico che si veniva a creare per tutte le altre città, poiché, in caso di un’altra invasione persiana, la città, se fosse stata conquistata, avrebbe potuto diventare un rifugio e una difesa per il nemico .

Temistocle come inviato 

Temistocle, soldatino da collezione dipinto a mano
Temistocle, soldatino da collezione dipinto a mano

L’astuto Temistocle, l’Ulisse di Atene e il più popolare condottiero del suo tempo, aveva proprio il talento  per la diplomazia che il caso sembrava esigere, poiché gli Ateniesi non erano abbastanza forti da insistere con la forza delle armi sul loro diritto di dirigere i propri affari. 

Temistocle fece rimandare a casa gli inviati spartani con la risposta che Atene avrebbe inviato commissari a Sparta per considerare la questione con loro in quella sede. Quindi, come uno degli inviati, partì per Sparta, avendo preventivamente disposto che gli altri membri dell’ambasciata non lasciassero Atene finché i lavori per le mura non fossero sufficientemente avanzati o in grado di reggere un assalto. 

Con sorprendente unanimità ed energia, l’intera popolazione di Atene, ricca e povera, uomini, donne e bambini, si mise al lavoro per erigere il muro: Il materiale fu sottratto dai templi e tombe e usato per costruire le difese.

Mentre accadeva questo  ad Atene, Temistocle era a Sparta e fingendo stupore e preoccupazione, informò gli Spartani del ritardo dei suoi colleghi, dichiarando però di non sapere che cosa li avesse trattenuti. Di giorno in giorno la discussione delle questioni per le quali era venuto nella città venivano rimandati, per dare tempo agli inviati in ritardo di arrivare. 

Alla fine giunsero a Sparta voci sullo stato delle cose ad Atene. Temistocle assicurò tutti che si trattava di semplici notizie senza fondamento. Ma da Atene arrivarono ancora nuovi ragguagli che sembravano confermare quanto già si sapeva. Quindi Temistocle consigliò gli Spartani di inviare dei propri messaggeri ad Atene per appurare finalmente la verità sulla questione. Così venne fatto. Ma Temistocle aveva già  a sua volta inviato un messaggero agli Ateniesi informandoli che gli inviati spartani erano in arrivo e ordinando loro di trattenerli ad Atene.

Con tutti questi stratagemmi fu guadagnato tempo sufficiente per innalzare le mura a un’altezza tale che gli Ateniesi potessero sfidare le minacce esterne. Allora Temistocle diede audacemente degli “sani consigli” agli Spartani. Disse loro, quando essi e i loro alleati mandarono di nuovo ambasciatori ad Atene, di trattare con gli Ateniesi come con uomini ragionevoli, che potessero discernere ciò che riguardava il loro interesse e cosa fare per la salvezza generale della Grecia.

Abbiamo lungamente narrato queste circostanze che accompagnano la fortificazione della capitale ateniese a causa dell’importanza che tutto ciò avrà sulla storia successiva di Atene. Tutto ciò mostra l’enorme energia che il ricordo dei recenti grandi eventi della guerra persiana ispirò gli Ateniesi. 

Come osserva  lo storico George Grote, sia il braccio che la mente furono tesi verso lo scopo più alto. Fu questa tensione, che sapeva trarre il meglio che ogni uomo aveva in sé, a spingere l’ascesa di Atene con un’energia quasi soprannaturale già nel corso della generazione immediatamente successiva a quella grande lotta.

Questa contesa sul rispetto delle mura di Atene ci fa intravedere anche la crescente rivalità tra Sparta e Atene, che alla fine, intensificata dalle loro diverse tendenze politiche, si sviluppò in quella lunga e disastrosa lotta tra questi due stati rivali e i loro alleati, nota come la guerra del Peloponneso.

Politica navale degli Ateniesi

Equipaggio di Trireme greca da guerra, immagine da http://www.dusekshipkits.com/greek-trireme1
Equipaggio di Trireme greca da guerra, immagine da http://www.dusekshipkits.com/greek-trireme1

Per quanto eminente fosse il servizio che Temistocle aveva reso alla sua città natale nella condotta delle trattative Spartane, egli le conferì ora un beneficio ancor maggiore mediante l’esercizio della sua prudenza e del suo genio nel plasmare la politica navale degli ambiziosi Ateniesi.

Questo statista lungimirante vide chiaramente che la supremazia di Atene tra gli stati greci doveva essere assicurata e mantenuta dalla sua padronanza del mare. Aveva visioni illimitate della potenza e della gloria marittima che le sarebbero potute giungere attraverso la sua flotta, quelle “mura di legno” alle quali in quel momento la polis doveva la sua stessa esistenza; riuscì ad ispirare i suoi compatrioti con il proprio entusiasmo e con le sue ferventi speranze.

Trireme greca da guerra, immagine da http://www.dusekshipkits.com/greek-trireme1
Trireme greca da guerra, immagine da http://www.dusekshipkits.com/greek-trireme1

Nel proseguimento del suo disegno, Temistocle persuase gli Ateniesi ad ampliare il porto del Pireo, il più vasto dei tre porti di Atene, e a circondarlo con immense mura, di gran lunga superiori, sia per ampiezza che per forza, a quelle della capitale. Spinse anche i suoi connazionali alla decisione di aggiungere ogni anno venti triremi ben equipaggiate alla loro flotta.

Questa politica, iniziata da Temistocle, fu, come vedremo, perseguita con zelo dagli uomini di Stato che dopo di lui assunsero successivamente la guida negli affari ateniesi.

 Trireme greca da guerra, immagine da http://www.dusekshipkits.com/greek-trireme1
Trireme greca da guerra, immagine da http://www.dusekshipkits.com/greek-trireme1

Personalità di Temistocle

Sullivan Stapleton nel ruolo di Temistocle nel film "300 - L'alba di un impero"
Sullivan Stapleton nel ruolo di Temistocle nel film “300 – L’alba di un impero”

Temistocle meritava bene l’onore di essere chiamato, com’era, il fondatore della Nuova Atene. Ma sebbene fu un uomo di Stato grande e lungimirante, alla cui capacità di comando sia in guerra che in pace Atene doveva quasi tutto, tuttavia quei difetti del suo carattere che non abbiamo potuto non notare, alla fine lo portarono alla rovina. Egli usò senza scrupoli il potere e la posizione che le sue capacità e i suoi servigi gli avevano assicurato. Accettò tangenti e comprò la sua influenza, acquisendo così un’enorme potere enorme. Infine fu ostracizzato e andò in esilio (471 a.C.). Dopo lunghe peregrinazioni, divenne ospite alla corte del re persiano.

Le fonti affermano che Artaserse, secondo l’uso persiano, provvedeva a rendere dorato l’esilio dell’ospite assegnando a tre città dell’Asia Minore la cura di provvedere alla sua tavola: il pane doveva essere fornito da una, una seconda doveva provvedere alla carne, ed una terza al vino. Si racconta che un giorno, sedendosi alla sua tavola riccamente imbandita, esclamò: “Quanto avremmo perso, figli miei, se non fossimo caduti in rovina!” Morì intorno al 449 a.C.

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