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Palamede figlio di Nauplios, era il re di Eubea e Climena. Allievo del centauro Chirone , si distinse per la sua straordinaria perspicacia e prudenza. Noto per la serie delle successive leggende "Troiane" che lo collegano ai personaggi principali dell'epopea omerica . Astuto, scoprì il trucco di Ulisse nel difendersi dalla partecipazione al viaggio a Troia e nel fingere di essere pazzo; dopo averlo abilmente smascherato, il re di Itaca giurò vendetta contro di lui . Durante la guerra di Troia , inoltre, cadde vittima dell’odio di Agamennone e di altri capi degli Achei , che invidiavano la sua fama. Ulisse e Diomede , sempre per invidia, lo portarono alla rovina lfacendo trovare nella sua tenda dell’oro e una presunta lettera di Priamo , tutte prove che lo accusavano di tradimento, mentre Agamennone pronunciò la condanna a morte per lapidazione. Secondo altre versioni, Ulisse e Diomede lo annegarono lo attirarono in un pozzo con la falsa notizia della presenza in quel luogo di un tesoro nascosto e lo uccisero.
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L’assedio
Di conseguenza intorno alle navi, che erano state trainate sulla riva, fu costruito un accampamento ben fortificato, e con questa base d’appoggio, l’esercito greco procedette a devastare il territorio e le città nelle vicinanze. Le forze troiane, riconoscendo la superiorità degli assedianti, non cercarono una battaglia, e salvo pochi incidenti come quando Achille ed Ettore combatterono in duello, o quando Troilo, il figlio più giovane di Priamo, fu catturato e messo a morte da Achille, non accadde nulla di decisivo per le sorti della guerra.
Troilo:
«Tu non mi capisci, tu che me lo dici. “Non sto parlando di fuga, panico o morte; Al contrario, io sfido tutti i pericoli che gli dei e gli uomini minacciano… — Fermatevi, però… Voi, abominevoli tende, — così superbamente erette nelle nostre pianure frigie, — che il Titano del giorno si alzi non appena osa! – Ti traverserò fino in fondo!… E tu, gran codardo, sappilo, nessuno spazio separerà i nostri due odi! — Ti perseguiterò incessantemente come una coscienza sporca che evoca tanti fantasmi quanti rimorsi del pensiero! “Sia suonata la marcia verso Troia.” — Portiamo con noi una consolazione: — La speranza della vendetta deve velare i nostri mali interiori.”William Shakespeare, Troilo e Cressida, Atto V, Scena X
Apollo porta la peste
Nel corso delle incursioni compiute dai Greci nelle vicinanze, avvenne che, presa la città di Pedaso, e venuto il momento di dividersi il bottino, Agamennone ottenne come prigioniera Criseide, figlia di Crise, sacerdote di Apollo nell’ omonima città di Crise in Misia, mentre ad Achille cadde in sorte Briseide, una fanciulla bella come la figlia del sacerdote. Crise pregò Agamennone di restituirgli sua figlia, offrendo per lei un grosso riscatto, ma la sua richiesta fu rifiutata con disprezzo.
Crise era giunto presso la veloce flotta degli Achei per riscattare sua figlia; recando con sé innumerevoli doni come risarcimento e nelle sue mani, le bende dell’arciere Apollo, sospese allo scettro d’oro; chiamò tutti gli Achei, e specialmente i due Atridi, principi dei popoli:
― Atreidi, e voi tutti Achei! Che gli dèi che abitano le dimore dell’Olimpo vi concedano di distruggere la città di Priamo e di tornare felicemente in patria; ma restituiscimi la mia amata figlia e ricevi questi doni che ti offro come ricompensa, se veneri il figlio di Zeus, l’arciere Apollo.
E tutti gli Achei, con furono favorevoli alla richiesta, e volevano che si rispettasse il sacerdote e che si incassasse lo splendido riscatto; ma tutto questo non piacque ad Agamennone, che anzi lo scacciò oltraggiosamente, e gli disse queste parole violente:
“Bada, vecchio, che se ti incontro ancora presso le navi, lo scettro e le bende del Dio non ti proteggeranno più. Non libererò tua figlia. La vecchiaia la raggiungerà, nella mia casa, ad Argo, lontano dalla sua patria, tessendo la tela e condividendo il mio letto. Ora va via! Non irritarmi oltre, cosicché tu possa tornare a casa sano e salvo”.
Omero, Iliade, I, 9-31
Crise implorò allora l’aiuto di Apollo:
― Ascoltami, Portatore dell’arco d’argento, che proteggi Crisa e la santa Cilla, e comandi con forza su Tenedo. Ascoltami Sminteo! Se mai ho adornato il tuo bel tempio, se mai ho sacrificato per te grassi tori e capre, esaudisci il mio desiderio: che i Danai paghino le mie lacrime con le tue frecce!
Omero, Iliade, I, 9-31
Il dio Apollo essendo anche per altri motivi ostile ai Greci, scatenò allora contro di loro una terribile epidemia di peste che durò dieci giorni e che li sterminò in gran numero:
Scese (Apollo) dalle cime dell’Olimpo, con il cuore in collera, portando sulle spalle l’arco e la faretra chiusa. Le frecce tintinnavano sulle spalle del dio adirato mentre si muoveva, e la sua venuta fu come la notte. Poi si appostò in disparte dalle navi e scagliò una freccia: terribile era il suono dell’arco d’argento.
Attaccò dapprima i muli e i cani veloci, ma poi fece volare sugli uomini stessi le sue aste pungenti e colpì a morte; costantemente bruciavano fitte le pire accese per i guerrieri denti.
Per nove giorni i proiettili del dio falcidiarono l’esercito…
Omero, Iliade, I, 42-52
Agamennone convocò un raduno dell’esercito e chiese al sommo sacerdote Calcante in che modo il dio offeso potesse essere placato. Calcante, assicurato dalla protezione di Achille, dichiarò arditamente che l’ira di Apollo era stata causata dall’ingiusta detenzione di Criseide, figlia di uno dei sacerdoti.
«Non è dunque per via di un voto mancato che il dio ci trova in colpa, né per placarlo basterà un’ecatombe, ma è piuttosto a causa del sacerdote che Agamennone ha disonorato, al quale non ha rilasciato sua figlia né ne ha accettato il riscatto.
Per questo il dio che colpisce da lontano ha inviato a noi solo guai e ancora ce li darà. Non scaccerà dai Danai l’odiosa pestilenza, finché non restituiremo al suo caro padre la fanciulla dagli occhi luminosi, che non è stata né comprata, né riscattata, e finché non condurremo poi una sacra ecatombe a Crise. Solo allora potremmo placarlo e persuaderlo».
Omero, Iliade, I, 92-100
(Libera traduzione e adattamento, da Myths and Legend of Ancient Greece and Rome di E. M. Berens, 1880, con aggiunte e integrazioni)
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Nel decimo anno dell'assedio di Troia, c'è disaccordo tra le forze achee, comandate da Agamennone. Quando si divide il bottino di una conquista, il comandante greco ottiene, tra gli altri premi, una ragazza di nome Criseide, mentre Achille ottiene un'altra bella fanciulla, Briseide. Criseide era figlia di Crise, sacerdote del dio Apollo, che chiede ad Agamennone di restituirgli la figlia in cambio di un riscatto. Il capo acheo rifiuta questo scambio e il padre offeso chiede aiuto al suo dio. Apollo procede quindi a punire gli Achei con la peste. Quando è costretto a restituire Criseide a suo padre per placare la punizione divina, Agamennone prende ad Achille la sua Briseide, come forma di risarcimento. Questo, offeso, si ritira dalla guerra insieme ai suoi valorosi Mirmidoni. Achille quindi chiede alla sua divina madre di intercedere presso Zeus, implorandolo di favorire i Troiani, come punizione per l'offesa di Agamennone. Teti ottiene la promessa da Zeus di aiutare i Troiani, nonostante la preferenza di sua moglie Era per la parte achea.