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ATE

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La dea Ate

Ate, figlia di Zeus ed Eris, era una divinità che si dilettava nel male.

Dopo aver istigato Era a privare Eracle del suo diritto di primogenitura, suo padre l’afferrò per i capelli e la scagliò giù dall’Olimpo, proibendole, sotto le più solenni imprecazioni, di tornare. Da allora in poi vagò tra gli uomini, seminando dissensi, operando per il male e attirando gli uomini verso tutte le azioni nemiche del loro stesso bene e della loro felicità. Quindi, quando aveva luogo una riconciliazione tra due amici che avevano litigato, Ate veniva accusata di essere la vera causa del loro dissido, un po’ come i bambini ai giorni nostri, quando vogliono fare pace dopo un litigio, recitano la filastrocca “mannaggia il diavoletto che ci ha fatto litigare: pace, pace pace…”

Mitologia

Nell’Iliade, Ate è detta essere la figlia maggiore di Zeus, senza alcuna menzione su sua madre. Istigata da Hera, Ate usò la sua influenza su Zeus per fargli giurare che il giorno in cui fosse nato un discendente mortale, sarebbe stato un grande sovrano. Hera ritardò immediatamente la nascita di Eracle e provocò prematuramente la nascita di Euristeo, permettendo così a quest’ultimo di ottenere il potere destinato al primo. Infuriato, Zeus gettò Ate sulla terra per sempre, proibendogli di tornare in cielo o sull’Olimpo. Ate vagò allora per il mondo, calpestando le teste degli uomini invece che camminando sulla terra, provocando il caos tra i mortali.

Fenice (figlio di Amintore) si riferisce anche ad Ate nell’Iliade quando parla ad Achille:

è robusta, ha i piedi leggeri e quindi va avanti, e, attraversando la terra, offende gli uomini.

In quest’opera si dice anche che è importante dare ad Ate delle offerte, che impediscono il suo intervento e la allontanano.

Nella sua Teogonia, Esiodo afferma che la madre di Ate è Eris (Discordia), ma non menziona un padre. Alcuni autori la considerano quindi la figlia di Zeus con Eris.

Le Litaí (‘preghiere) inseguivano Ate, ma lei era veloce e le lasciava molto indietro.

Apollodoro afferma che quando fu scagliata giù sulla terra da Zeus, Ate cadde su una montagna in Frigia, che prese così il suo nome. Più tardi Ilo, inseguendo una vacca, vi fondò la città di Ilium, cioè Troia. Questa leggenda è però cronologicamente in contrasto con la data in cui, secondo Omero, avvenne la caduta di Ate.

Nelle Dionisiache di Nonno di Panopoli, Hera incita Ate a convincere Ampelo, un giovane che Dioniso amava appassionatamente, a impressionarlo cavalcando un toro. Ampelo alla fine cadde dal toro, rompendosi il collo, e fu poi trasformato in una vite.

Nelle opere degli scrittori classici Ate appare sotto una luce diversa: vendica le azioni malvagie e infligge giuste punizioni ai criminali e ai loro posteri, così che la sua personalità è quasi la stessa di Nemesi e delle Erinni. Appare in modo più marcato nei drammi di Eschilo, e meno in quelli di Euripide, dove l’idea di Dike (Giustizia) è più sviluppata.

(Libera rielaborazione  e adattamento da E. M. Berens. “The Myths and Legends of Ancient Greece and Rome”, 1880 e dalla versione multilingua di Wikipedia)

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