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ATENA, VERGINE GUERRIERA

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Secondo la teogonia di Esiodo, Pallade Atena era figlia di Zeus, essendo balzata fuori tutta armata, dalla testa del dio, dopo che egli aveva divorato la sua prima sposa, Metis. Il cielo allora diviene burrascoso, seguono dei temporali, s’ingrossano le nubi, e in mezzo a violente tempeste e lampi, egli genera la dea del cielo luminoso, del cielo raggiante che si manifesta nel bagliore improvviso del lampo.

Questo re degli Immortali sceglie come prima moglie Metis, la più saggia di tutte le figlie degli dei e degli uomini. Ma quando Metis stava per partorire la dea dagli occhi azzurri – Atena – Zeus, ingannandola con parole lusinghiere, la trangugiò nel suo ventre, secondo il consiglio di Gea e di Urano coronato di stelle, che invece voleva impedire che, un altro degli dei immortali si impadronisse dell’autorità sovrana dello stesso Zeus; perché, in seguito al giudizio del Fato, Metis gli avrebbe dato dei figli famosi per la loro saggezza: prima la vergine dagli occhi azzurri, Minerva Tritogenie, pari al padre in forza e prudenza; poi un figlio che, pieno di superbo coraggio, sarebbe diventato il re degli dei e dei mortali. Zeus prevenne allora tale sventura ingerendo Metis e custodendola nel suo ventre, in modo che questa dea gli desse la conoscenza del bene e del male. (Esiodo, Teogonia)

Difatti si racconta che al momento della nascita di Atena, tutta la natura si fosse sconvolta, che avesse tremato la terra, che il sole avesse interrotto il suo corso. In conseguenza di ciò Atena era divinità bellicosa, come colei che era nata in mezzo alle lotte celesti e con le armi in pugno; ma era anche contemporaneamente dea della quieta e della serena luce celeste, quindi della pace, della saggezza, quasi la personificazione della prudenza di Zeus. Come dea guerriera, Atena porta oltre le solite armi, l’elmo, l’asta lo scudo, anche l’egida col Gorgoneo. È la stessa egida appartenente a Zeus, ma che viene poi assegnata costantemente ad Atena; si diceva fosse la pelle della capra Amaltea con in mezzo l’orribile testa della Gorgone Medusa.

Atena e Marsia. Ricostruzione di un gruppo bronzeo perduto di Mirone, Acropoli. Städtische Galerie-Liebighaus, Museum alter Plastik, Francoforte.
Atena e Marsia. Ricostruzione di un gruppo bronzeo perduto di Mirone, Acropoli. Städtische Galerie-Liebighaus, Museum alter Plastik, Francoforte.

Questa era, secondo la leggenda, una giovane mortale che avendo osato paragonarsi in bellezza ad Atena, per punizione le vennero tramutati i capelli in serpi, il corpo le fu reso squamoso e lo sguardo divenne così terribile, da impietrire chiunque la guardasse. Quando Perseo la uccise, Atena ne avrebbe presa la testa, irta di serpi, per fissarla nel centro della sua egida, così da terrorizzare i suoi nemici. In fondo tutto ciò rappresenta la nube temporalesca che nasconde la luce del giorno e atterrisce gli uomini, ma vien dissipata dalla luce serena.

Personalità di Atena

I caratteri morali di Atena sono connessi con quelli fisici; rappresenta la luce dell’intelligenza, che guida gli uomini sia in guerra sia in pace, ed è con loro generosa di ogni bene. Essa dirige gli eserciti agli assalti, ma a differenza di Ares – Dio della guerra brutale – essa ispira i movimenti più ragionevoli e i più accorti stratagemmi di guerra.

Busto di Atena del II secolo d.C., copia di una statua di Kresilas ad Atene (430-420 a.C.). Gliptoteca, Monaco di Baviera.
Busto di Atena del II secolo d.C., copia di una statua di Kresilas ad Atene (430-420 a.C.). Gliptoteca, Monaco di Baviera.

Omero ce la descrive consigliera e protettrice anche di singoli guerrieri, Ulisse, Achille, Diomede. Fu lei che insegnò agli uomini ad aggiogare i cavalli, e a usar i cocchi in battaglia ; inventò la tromba di guerra e il flauto. In tempo di pace, Atena è la dea protettrice delle città e degli stati (detta perciò Athena Polias, da polis, città, stato); favorisce l’agricoltura, inventa per l’uomo le cose più utili alla vita: l’aratro, il telaio, ecc., e gli insegna tutte le arti e le tecniche. Infine come Atena Igiea (Hygieia), purifica l’aria, ne allontana i germi contagiosi e protegge la salute pubblica.

Sebbene sia sempre stata indicata come dea “vergine”, le venne ugualmente attribuito un figlio, Erittonio. Ecco come accaddero i fatti:

Venuta Atena a pregare Efesto – dio della dei vulcani e della metallurgia – di fargli un’armatura, questo dio, che Afrodite (dea dell’amore e sua sposa) aveva abbandonato, fu preso dal desiderio di Atena e cominciò a molestarla; lei fuggì, ma lui riuscì a raggiungerla, anche se con grande difficoltà (perché era zoppo) e cercò di violentarla; ma Atena, che era vergine e molto saggia, si difese, affinché Efesto non potesse raggiungere il suo scopo. Egli le lasciò però i segni della sua passione (= il suo seme, dunque il suo sperma) sulla gamba della dea, che inorridita li asciugò con un pezzo di lana, che poi gettò a terra. Fuggì e da ciò che aveva gettato al suolo nacque Erittonio. (Pseudo-Apollodoro, Biblioteca,III, 14, 6)

Culto

Una Dea cosi benefica all’umanità doveva avere un culto molto diffuso ; e infatti era venerata ad Argo, a Corinto, A Sparta, in Arcadia, poi in Beozia, in Tessaglia, nell’isola di Rodi; ma il luogo dove questo culto raggiunse il massimo sviluppo, la vera patria di Pallade Atena, fu la città che ebbe da lei il nome, anzi l’intera regione, l’Attica.

Atena e Ares. Castello di Schoenbrunn, Vienna
Atena e Ares. Castello di Schoenbrunn, Vienna

Per il possesso di questa terra la Dea aveva gareggiato con Poseidone il re del mare, avendo Zeus deciso di assegnare la signoria a chi facesse agli uomini il dono più utile. Poseidone aveva donato il cavallo, ma Atena l’albero dell’ulivo; per cui era risultata vincitrice.

Gli Ateniesi poi in particolare, tenevano la Dea in grande venerazione. Nell’Acropoli c’erano due templi a lei dedicati, l’Eretteo e il Partenone. L’Eretteo sorgeva dal lato di settentrione, precisamente là dove c’era la sacra pianta d’olivo donata dalla Dea e vi si conservava una sua statua che si diceva fosse caduta dal cielo.

Rifatto nell’età di Pericle era costituito di tre celle fra loro raggruppate e destinate alle tre Divinità, Atena Polias, Poseidone e Pandroso. Il Partenone, il più grande fra gli edifici dell’Acropoli ateniese, imponente anche ora nelle sue rovine, era dedicato ad Atena Parteno (Parthenos— vergine). Rifatto anch’esso nell’età di Pericle, venne riccamente ornato di bassorilievi per opera del grande Fidia,  il quale realizzò pure la statua della dea posta in fondo alla cella.

La venerazione dei popoli dell’Attica per Atena aveva una splendida manifestazione nelle feste Panatenee celebrate nel terzo anno di ogni Olimpiade. Oltre a spettacoli ginnici, corse a piedi, a cavallo, con le fiaccole, competizioni musicali e poetiche, aveva luogo anche una solenne processione alla quale prendevano parte le rappresentanze elette di tutte le tribù attiche. Era una solenne testimonianza della gratitudine che si professava verso Atena donatrice di ogni ricchezza e di ogni virtù. Queste erano le grandi Panatenee,  ma esistevano anche le piccole Panatenee, che si celebravano ogni anno, ma senza processione.

Minerva

L’italica Minerva o Men-er-va era una dea della mens o dell’intelligenza come Pallade Atena; quindi venne ben presto identificata con essa; con la differenza però che in Minerva prevaleva il concetto di dea pacifica, protettrice delle arti e delle scienze, come pure di tutti i lavori femminili.

Atena ed Aracne
Atena ed Aracne

Una Minerva guerriera arrivò più e tardi, per analogia con Atena. Pompeo, ad esempio, edificò nel 693 a.C. un tempio ad essa dedicato che si trovava nel Campo Marzio, quando tornò vittorioso dall’oriente, e un altro gliene innalzò Augusto dopo la battaglia di Azio.

Come dea della pace, Minerva era venerata insieme con Giove e Giunone ed aveva la sua cella nel gran tempio di Giove Capitolino. Altri templi a lei dedicati sorgevano sull’Aventino e sul Celio; presso il primo si riunivano i poeti; il secondo era dedicato a Minerva Capta o Capita, ossia l’ ingegnosa, essendo la testa sede dell’intelletto.

In onore di Minerva si celebravano a Roma delle feste in Marzo e in Giugno; duravano cinque giorni, ed eran dette Quinquatrus perché cominciavano il 19 del mese, che era il 5° giorno dalle Idi. La più solenne era la festa di Marzo a cui prendevano parte tutti quelli che esercitavano professioni liberali, oratori, artisti, medici, sopratutto i maestri e gli scolari. In quei giorni era vacanza, ma si pagava comunque ai maestri il loro onorario (Minerval).

La festa minore, in Giugno, era particolarmente dedicata ai musici e sopratutto dei suonatori di flauto (tibicines). In occasione dei Quinquatrus maggiori si davano per quattro giorni degli spettacoli di lotte gladiatorie, perché, come Ovidio dice: ensibus exsertis bellica Dea laeta est – «Di sguainate spade si compiace la Dea guerriera.» (Fasti 6, 814), un ricordo dunque della Minerva guerriera.

Atena e Minerva nell’arte

Atena. I secolo d.C. Copia di un'opera di Mirone, del V secolo a.C. Städtische Galerie-Liebighaus, Museum alter Plastik, Francoforte.
Atena. I secolo d.C. Copia di un’opera di Mirone, del V secolo a.C. Städtische Galerie-Liebighaus, Museum alter Plastik, Francoforte.

Numerosissimi cenni ad Atena-Minerva, e parziali racconti dei suoi miti, li troviamo nella letteratura greca e latina. Troviamo una bella immagine della Dea nella settima Olimpica di Pindaro che «fuor d’un salto balza armata dal cervello di Giove, un alto grido tonando, a cui la Terra madre e il cielo inorridì» (traduz. Fraccaroli). Le attribuzioni e i meriti acquisiti da Minerva sono ben descritte da Ovidio nel terzo libro dei Fasti, ricordando le feste dei Quinquatrus. Lo stesso poeta, nel sesto delle Metamorfosi, con la solita vivacità e freschezza di colori, narra l’avventura di Aracne che avendo voluto competere con la Dea nell’arte del ricamo fu da lei punita e mutata in ragno.

Ben più numerose sono le rappresentazioni relative a Minerva nei monumenti dell’arte figurativa. Fin dai tempi più antichi, prima che si usassero statue di bronzo o marmo, gli artisti fabbricavano immagini di Pallade in legno, generalmente raffigurata con la lancia in mano e in atteggiamento guerriero. Tali immagini venivano rivestite con paludamenti più o meno ricchi e si conservavano con religiosa venerazione nelle città; le consideravano come una difesa e una garanzia contro i nemici esterni e li chiamavano Palladii, raccontando anche per lo più che fossero venuti giù dal cielo.

È noto che i Troiani cominciarono a disperare della loro salvezza quando ebbero perso il Palladio, tolto loro con uno stratagemma dai Greci. Un Palladio veniva conservato anche nel tempio di Vesta a Roma, credendolo appunto il Palladio troiano e Cicerone lo chiama in un’orazione: pignus nostrae salutis atque imperii («Pegno della salvezza nostra e di quella dello stato.»).

Orestea di Eschilo, figurina Liebig
Orestea di Eschilo, figurina Liebig

Gli artisti greci, nell’età classica dell’arte, gareggiarono molto tra di loro nel rappresentare la Dea, ma furono tutti superati da Fidia, il quale non solo curò l’ornamentazione plastica del Partenone con rilievi concernenti i miti relativi ad Atena e le cerimonie del suo culto, ma realizzò anche la statua tanto ammirata che era custodita nella cella, detta appunto Atena Parteno.

Rappresentava la vergine dea protettrice di Atene nella serena maestà della pace dopo la vittoria. Ritta, avanzava di poco il piede destro; la copriva un semplice chitone, che a larghe pieghe le scendeva ai piedi, nuda le braccia e il collo; il petto coperto dall’egida, nel cui mezzo vi era l’effige: il capo anguicrinito della Medusa. La testa difesa coll’elmetto attico, adorno sul davanti da una figura di sfinge, e sui lati da due grifoni in alto rilievo, il primo di essi, simbolo della imperscrutabile sapienza della dea, il secondo, della sua vigilante custodia, come guardiana del tesoro pubblico deposto nel tempio. La mano sinistra posava leggermente sull’orlo superiore dello scudo, e insieme reggeva l’asta che, come abbandonata, le si reclinava sulla spalla. Sotto allo scudo ergeva il collo un serpente accovacciato. La mano destra si stendeva davanti sostenendo sulla palma una statuetta della Vittoria alata.

Così era raffigurata la dea, come se reduce dalla battaglia si raccogliesse ora nella tranquillità del tempio a deporre l’asta e lo scudo, quando la Vittoria vola a porgerle corona. Il serpente accovacciato fra i piedi e lo scudo è simbolo di Erittonio, mitico re dell’Attica o anche del popolo ateniese prosperante sotto la protezione della Dea.

La statua era preziosissima, alta ben dieci metri, tutta in avorio e oro, con due gemme al posto degli occhi e ornata, anche nella base, di rappresentazioni mitiche. Nello scudo, Fidia aveva rappresentato anche la propria figura, il che fu considerato come atto di empietà e divenne poi la ragione della sua condanna. — Un’ altra celebre statua di Fidia era la così detta Atena promachos o propugnatrice: statua colossale, posta sulla spianata dell’Acropoli, col cimiero e con la punta dell’asta che superava i fasti degli edifici vicini, ed appariva visibile fin dal promontorio Sunio. — Questi capolavori oggi non esistono più; ma dell’Atena Parteno abbiamo delle sicure imitazioni, ad esempio una statuetta alta un metro, trovata nel 1880 ad Atene.

Atena, frontone ovest del Tempio di Egina. Gliptoteca, Monaco di Baviera.
Atena, frontone ovest del Tempio di Egina. Gliptoteca, Monaco di Baviera.

Altre raffigurazioni della Dea, risentono più o meno dell’influenza dell’opera fidiana, come la cosiddetta Minerve au colier che si trova al Museo del Louvre. C’e anche la statua nel Museo nazionale di Napoli: una figura di Atena con l’elmo attico come quella di Fidia, ma indosso invece di una tunica, ha un ricco pallio con pieghe ben disposte, maestoso e dal nobile portamento. Abbiamo anche un’imitazione in bronzo di un palladio, e una statua che è la riproduzione di un’altra del Museo Capitolino, la quale non ha più l’elmo attico tondo, ma l’elmo corinzio, l’egida è ridotta a una specie di corsetto con la testa di Medusa in mezzo e fa quasi da fibbia, tutto ciò in conformità allo stile dagli artisti meno antichi; un’opera vivace che ricorda la statua che stava nel frontone orientale del Partenone, rappresentante l’improvvisa comparsa di Atena fra gli Dei.

Le statue romane di Minerva erano del tutto simili alle Greche. Ricorderemo solo la così detta Pallade del Giustiniani trovata dove ora è la chiesa di S. Maria sopra Minerva a Roma e conservata nel Museo Vaticano.
In tutti questi monumenti la figura di Atena appare contrassegnata da una grande dignità di linee, qual si conveniva ad una Dea casta e vergine, e al tempo stesso da tutto quel che indica ferma volontà e forza. Delle bestie che sono messe in rapporto con lei, vanno ricordate specialmente il serpente, la civetta e il gallo. Suoi attributi sono l’egida, la lancia, l’elmo.

Atena ed Eros: Atena ed Eros. Pittura nel soffitto. Frederiksborgmuseet (Museo Nazionale di Storia al Castello di Frederiksborg), Copenaghen.
Atena ed Eros: Atena ed Eros. Pittura nel soffitto. Frederiksborgmuseet (Museo Nazionale di Storia al Castello di Frederiksborg), Copenaghen.

(Adattamento da: Mitologia classica illustrata di Felice Ramorino, 1897, fonte: archive.org, con aggiunte e integrazioni)

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