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GLI OCCHI DELLA GRECIA: LA CITTÀ STATO IONICA DI ATENE

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Abbiamo visto le origini della prima grande polis greca: Sparta, col suo esercito, il più temuto di tutta la Grecia, e il suo rigido stato aristocratico fondato da Licurgo, dove anche i re erano sotto controllo. I bambini spartani venivano sottoposti ben presto ad un’educazione che era basata sul combattimento, sul coraggio, sulla fatica…

La monarchia ateniese

Carattere della stirpe ionica

Mentre i Dori rappresentavano il lato fisico e militare della cultura greca, gli Ioni invece ne incarnavano il lato politico e intellettuale. Gli loni, quindi, rappresentano tutto ciò che generalmente consideriamo come l’insieme delle caratteristiche più elevate ed essenziali della civiltà greca: l’amore per la libertà, il gusto per le attività intellettuali e un fine senso della bellezza. Le principali sedi dei rei ionici erano l’Attica, l’isola di Eubea, le Cicladi e le coste centrali dell’Asia Minore. Di tutte le città stato ioniche, Atene può essere considerata la più eminente. La storia di questa Polis mostra una continua tendenza verso le istituzioni democratiche. Mentre la studiamo, vedremo passare davanti a noi in successione tutte le varie fasi del governo che si succederanno in tutto il corso della storia occidentale: monarchia, aristocrazia, tirannia e democrazia.

L’antica monarchia di Atene

Incontro tra Agesilao (a sinistra) e Farnabazo II (Storia Universale, Cassell, 1888)

La nostra conoscenza della prima storia di Atene è basata quasi interamente sulle storie della tradizione, ma sappiamo con certezza che il suo governo più antico era ispirato al modello di società omerica, con un re, un consiglio e un’assemblea. Possiamo anche vedere come lo stato ateniese fosse evidentemente formato, come era consueto, dall’unione di gruppi più piccoli – la famiglia (oikos), il ghenos, la fratria e la phyle (φυλή, phylé) o tribù – ciascuno dei quali era legato insieme agli altri da una religione comune. Il distretto dell’Attica era popolato da una moltitudine di piccole comunità, ciascuna delle quali si era consolidata in tale unione. Questi gruppi si raccolsero quindi intorno all’Acropoli di Atene — la cittadella comune dell’Attica — dove si coltivava il culto collettivo di Atena. Il re era il capo di questo stato basato sulle comunità e si supponeva che fosse stato un antico monarca a fondare le prime istituzioni di Atene, che in realtà furono più il risultato di un processo graduale. La linea genealogica dei sovrani comprendeva una lunga lista di nomi: da Cecrope, il mitico fondatore di Atene, a Codro, “l’ultimo dei re”. I più celebri fra i re di questa dinastia  furono Eretteo, dal quale prese il nome uno degli edifici più noti di Atene (L’Eretteo, appunto) e Teseo, che si dice abbia portato le varie città dell’Attica (dodici in totale) sotto un’unica monarchia centralizzata. Sebbene sappiamo molto poco di questi sovrani della tradizione, non ci sono dubbi sul fatto che l’antica monarchia fosse il risultato di un’unione di città ioniche più piccole  dell’Attica intorno a un centro comune, che era appunto Atene.

Tribù e classi sociali tra i popoli dell’Attica

In ciascuna delle città ioniche dell’Attica, vigevano delle distinzioni della popolazione in tribù e poi in classi sociali che rimasero in vigore anche dopo che queste comunità furono unite sotto un’unica monarchia comune. In primo luogo vi erano le quattro tribù ioniche che portavano nomi distinti (Geleonti, Opleti, Egicorei e Argadei) e che erano composte ciascuna da fratrie e clan. In secondo luogo, vi erano tre classi sociali sulle quali si basavano il rango e i privilegi politici:

  1. I nobili (Eupatridi, εὐπατρίδαι, eupatrídai, «ben nati» o «di buon padre»)
  2.  
  3. I contadini (Geomori,  γεωμόροι geōmóroi;  «coloro che possiedono la terra»)
  4.  
  5. Gli artigiani (Demiurghi, «lavoratori pubblici»,  da δήμιος demios «del popolo» e ἔργον ergon «opera»)

Di queste classi gli Eupatridi erano quelli più vicini al re. Infatti erano gli unici in possesso di privilegi politici e i soli tra i quali il re scegliesse i membri del suo consiglio. Il resto degli uomini liberi non veniva mai convocato in assemblea, se non in occasioni molto rare.

Declino della monarchia

l’Arcontato

Il declino del potere monarchico ad Atene fu intessuto dalla tradizione all’interno di una storia di carattere patriottico.

Si racconta che quando i Dori stavano invadendo l’Attica, un oracolo dichiarò che tra i due popoli in guerra, sarebbe risultato vincitore quello il cui re fosse stato ucciso dal nemico.

Codro era allora re di Atene e per salvare la patria andò volontariamente incontro alla morte: si travestì da contadino ed entrò nelle file del nemico; qui si mise apertamente a sfidare un soldato che l’uccise all’istante. Imprudenza? Avventatezza? No, la profezia si era avverata e la vittoria fu assicurata.

Gli Ateniesi dichiararono che nessuno dopo Codro fosse degno di portare il nome di re.

Questa riporta la tradizione. Ma i fatti sembrano suggerire che il potere del re sia progressivamente diminuito, poiché altri magistrati vennero nominati per esercitare l’autorità accanto a lui. Relativamente a questo argomento Aristotele, che scrisse un libro sul governo ateniese, dice:

“I primi magistrati, sia per data che per importanza, furono il re, il polemarco (o comandante in guerra), e l’arconte. Il il primo di questi uffici fu quello di re, che esisteva fin dall’inizio. A questo si aggiunse, in secondo luogo, l’ufficio di polemarco, per la ragione che alcuni sovrani erano deboli in guerra. L’ultimo di questi tre uffici fu quello dell’arconte”

(Costituzione degli Ateniesi, III) In seguito, furono nominati sei magistrati subalterni chiamati, a titolo di distinzione, Tesmoteti (ϑεσμοϑέται, thesmothetae) o guardiani della legge. Tutto questo corpo di magistrati venne chiamato “i nove arconti”.

Erano disposti nel seguente ordine:

  • In primo luogo, i tre arconti anziani, inclusi:
  1. l’arconte capo o eponimo perché col suo nome si indicava l’anno), che veniva considerato il più alto ufficiale civile
  2. il re arconte, che presiedeva al culto pubblico
  3. il polemarca, che comandava l’esercito
  • In secondo luogo, i sei arconti minori, o Tesmoteti, che erano di pari grado, tenevano i registri pubblici e in certi casi fungevano da giudici.

I nove arconti venivano scelti dal corpo degli Eupatridi o nobili e rimanevano in carica per un anno. Coloro che avevano servito come arconti diventavano membri del consiglio, posizione che ricoprivano poi per tutta la vita.

Poiché questo collegio era abituato a riunirsi sulla collina di Ares (Ἄρειος Πάγος, “collina di Ares” il Marte dei latini), fu chiamato appunto il “Consiglio dell’Areopago”.

La cospirazione di Cilone (628 a.C.) 

Ulisse e Telemaco massacrano i corteggiatori di Penelope, dipinto di Thomas Degeorge, 1812, Clermont-Ferrand, Musée d’Art Roger Quilliott

Sebbene la monarchia avesse ormai ceduto il posto all’arcontato, il governo era ancora interamente nelle mani delle famiglie nobili, cioè degli Eupatridi.

Essi costituivano di fatto un’oligarchia e la popolazione ne era scontenta. Vediamo ora il primo tentativo di stabilire una “tirannia” ad Atene.

La storia racconta che un giovane ambizioso di nome Cilone – che aveva vinto una corsa a piedi ai giochi olimpici e aveva sposato la figlia del tiranno di Megara – sperava che la sua popolarità gli avrebbe permesso di acquisire in Atene lo stesso potere che il suocero esercitava nella sua città.

Così, con l’aiuto delle truppe megaresi, lui ei suoi seguaci si impadronirono dell’Acropoli.

Ma il popolo, invece di venire in suo appoggio, come egli si aspettava, si unì ai nobili per sedare la congiura. Assediarono l’Acropoli riducendo alla fame i cospiratori fino alla loro capitolazione.

Cilone riuscì a fuggire, ma i suoi seguaci, vedendosi ormai costretti alla resa, cercarono rifugio presso il santuario di Atena, che sorgeva sulla sommità dell’Acropoli. Imprigionarli mentre erano sotto la protezione della dea sarebbe stato un sacrilegio.

L’arconte Megacle, quindi, li indusse a lasciare il santuario promettendo loro un equo processo. Ma per difendersi da ogni possibile tradimento, i congiurati legarono una corda alla statua della dea e, portandola con loro come una salvaguardia, scesero dalla cittadella. Quando raggiunsero i piedi del collina, il cordone si spezzò e subito, per ordine dell’arconte, furono quasi tutti massacrati.

Così il primo tentativo di instaurare una tirannia si rivelò un fallimento.

A causa del sacrilegio dell’arconte Megacle, la sua famiglia (chiamata degli Alcmeonidi Ἀλκμαιωνίδαι o Ἀλκμεωνίδαι, Alkmaionìdai o Alkmeonìdai – discendente da Alcmeone, nipote di Nestore: ) fu definita “maledetta”. Anche la città di Megara incorse nell’aspro odio degli Ateniesi per il suo aiuto dato in questa cospirazione.

Le Riforme di Dracone (621 a.C.)

Non possiamo dire esattamente quale effetto abbia avuto la cospirazione di Cilone sulla condizione del popolo.

È possibile che l’episodio abbia incoraggiato la plebe a chiedere ad alta voce giustizia e uguaglianza, costringendo i nobili, preoccupati per la tenuta dello stato dopo questo tentativo di golpe, a concedere loro alcuni diritti.

Comunque sia, furono apportate alcune modifiche sociali che avevano lo scopo di portare ad una pacificazione all’interno della polis. Questi cambiamenti, secondo la testimonianza di Aristotele, furono varati da Dracone, uno dei sei arconti minori.

Il punto principale era che la cittadinanza doveva essere riconosciuta a tutti coloro che potevano dotarsi di un equipaggiamento militare e servire nell’esercito come opliti cioè nella fanteria.

Si doveva anche formare un nuovo consiglio, composto da

quattrocentouno membri, eletti a sorte tra coloro che possedevano la cittadinanza. Sia per questo collegio che per le altre magistrature, i membri dovevano essere stabiliti da un sorteggio tra i cittadini che avevano più di trent’anni. Nessuno poteva ricoprire la carica due volte fino a che per tutti gli altri non fosse giunto il proprio turno»

(Aristotele, Costituzione degli ateniesi IV). Riconoscendo la cittadinanza a coloro che potevano dotarsi di un equipaggiamento militare, Dracone fece della ricchezza, oltre che della nobiltà di nascita, la base dei diritti politici, fondando la timocrazia (τιμοκρατία timokratìa, da τιμή timè «onore» e κρατία kratìa «governo»)

Un’altra innovazione attribuita a Dracone fu la prima trasposizione delle leggi in forma scritta. Fino a quel momento la legge era stata semplicemente un insieme di consuetudini che i nobili potevano interpretare a loro piacimento. Nel momento in cui queste usanze divennero norme scritte, acquisirono il carattere vero e proprio di leggi, anche se, nello specifico, la nuova codifica rese evidente la loro severità, tanto che si diceva che le leggi di Dracone erano “scritte non con l’inchiostro ma con il sangue”.

L’affermazione è pienamente fondata, perché secondo queste norme anche un piccolo furto poteva essere punito con la morte e un debitore insolvente poteva essere venduto come schiavo.

Famosa la caustica frase che gli viene attribuita “I delitti anche quelli lievi, per me meritano la morte; mentre pena maggiore di essa non esiste per quelli più gravi.”

Ma questa severità era probabilmente dovuta non a Dracone, ma alle stesse antiche usanze, che egli mise semplicemente in forma scritta. Con lui nasce il diritto penale: Il codice di Dracone, prevedeva il reato di omicidio volontario e involontario stabilito da un tribunale e non più affidato alla vendetta di parenti o affini.

Riepilogando:

  • la legge è ormai scritta, e quindi conoscibile da tutti coloro che hanno imparato a leggere, invece di essere orale, e conosciuta e interpretata da pochi
  •  
  • la legge sull’omicidio distingue tra omicidio colposo o volontario.

Le sue leggi (θεσμοί – thesmoi) furono affisse su tavolette di legno (ἄξονες – axones), affinché nessuno le ignorasse, e furono conservati per quasi due secoli su steli a forma di piramidi quadrilatere (κύρβεις – kyrbeis). Le tavolette erano chiamate axones forse perché potevano essere ruotate lungo l’asse della piramide per leggerle da qualsiasi lato.

Tuttavia, rimangono dubbi sul contenuto delle leggi di Dracone, dovuti ai paragrafi IV, 2 e IV, 3 della Costituzione degli Ateniesi di Aristotele, che affermano che Dracone avrebbe anche scritto leggi che regolano la forma del regime politico. Questo passaggio è generalmente considerato un falso.

Una scena del film Alessandro il Grande (Alexander the Great), di Robert Rossen, con Richard Burton.

In effetti si dubita del fatto che Dracone avrebbe, ad esempio, istituito il citato consiglio dei 401 bouleuti estratti a sorte. In generale, alcuni sostengono che questi paragrafi riflettano piuttosto la volontà di alcuni oligarchi della fine del V° o IV° secolo  a.C. di costruire un’immagine di Dracone corrispondente ai propri obiettivi politici e di legittimare la loro azione come un ritorno alla “costituzione degli Anziani” (πάτριος πολιτεία). Un problema analogo si pone per quanto riguarda le riforme di Solone . Per dubitare dell’esistenza di questo consiglio di 401 bouleuti decisi per sorteggio, si ricorda un altro brano dell’opera di Aristotele, secondo il quale “Dracone rilasciò anche delle leggi, ma adeguò la sua legislazione a una costituzione già esistente” e inoltre in un passo della sua Politica, dice che Dracone diede agli Ateniesi una legislazione, non una costituzione.

Della vita di Dracone si conosce ben poco. Potrebbe essere appartenuto alla nobiltà greca dell’Attica prima dell’epoca dei Sette Saggi della Grecia. “La scarsezza delle notizie su Dracone ha fatto sì che taluni dubitassero perfino della sua storicità e lo identificassero col serpente sacro ad Atena, al quale sarebbe stato attribuito l’antichissimo codice di Atene (Beloch), così come a Zaleuco e a Licurgo, che sembra non fossero se non antiche divinità, si attribuivano i codici di Locri e di Sparta. Ma l’ipotesi, per quel che riguarda Dracone, sembra destituita di ogni fondamento. (Fonte: Treccani.it)

 Secondo l’enciclopedia bizantina del X secolo, la Suda, esiste una storia piuttosto folcloristica riguardo la sua morte (perfino comica se l’esito di essa non fosse appunto tragico) avvenuta nel teatro di Egina: durante un tradizionale spettacolo in suo onore, i suoi supporters “gli gettarono addosso tante di quelle vesti, mantelli e tuniche, che ne rimase soffocato. Venne poi sepolto in quello stesso Teatro”.

La verità sulla circostanze della sua morte non posso dirsi certo ancora chiarite, ma sappiamo che Dracone fu bandito da Atene nella vicina isola di Egina, dove trascorse il resto della sua vita. Forse questo episodio camuffa un eventuale suo assassinio e gli investigatori dell’epoca, troppo stupidi o forse troppo corrotti, redissero l’inverosimile verbale della morte per soffocamento dovuta a troppa popolarità e archiviarono quindi il caso. E ancora oggi sembrano dire a noi posteri “Fatevi gli affari vostri”.

   Nella seconda parte parliamo del declino del regime aristocratico ateniese e del primo vagito della democrazia, con le riforme di Solone  

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