- Regno di Cesare Augusto ( 31 a.C. - 14 d.C.)
- Intento politico di Augusto
- Domina
- Ampliamento dell'autorità del principato
- Amministrazione delle provincie
- Fioritura delle arti e della cultura
- Crescita urbanistica
- Pax Augustea
- Teutoburgo e gli ultimi anni
- Morte di Augusto
- Erede al trono cercasi
- La Guarda pretoriana
- Le congiure contro l'Imperatore
Dopo aver ripudiato la moglie Ottavia, sorella di Ottaviano, Antonio si sposa e crea un'alleanza con la regina d'Egitto, Cleopatra, con il progetto di creare una nuova monarchia di stampo ellenistico-orientale. Dopo la conquista dell'Armenia e una fallita spedizione contro i Parti, Antonio governa assieme a Cleopatra ad Alessandria, tutti i territori ottenuti con la spartizione del potere al tempo del secondo Triumvirato. Ottaviano denuncia in Senato il piano secessionista di Antonio e dichiara guerra all'ex triumviro e alla regina d'Egitto. Lo scontro decisivo avviene nella battaglia navale di Azio (31 a.C.), dove le forze di Antonio e Cleopatra vengono schiacciate quasi senza sforzo. Antonio si suicida. Cleopatra dapprima sembra rassicurare il vincitore, Ottaviano, di non voler porre fine alla sua vita. Poi, una volta che il futuro imperatore si è assentato, si fa portare, secondo le fonti, un aspide, un serpente velenoso, e si lascia mordere dall'animale per non subire l'umiliazione di dover sfilare come prigioniera nel trionfo di Ottaviano a Roma. Aveva 38 anni. L'Egitto diventa provincia romana, Ottaviano viene acclamato come Augusto. Nasce ufficialmente l'Impero Romano.
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Regno di Cesare Augusto ( 31 a.C. – 14 d.C.)
I cento anni di lotte che si conclusero con la battaglia di Azio lasciarono la Repubblica romana, esausta e indifesa, nelle mani di un uomo abbastanza saggio e forte da rimodellare i suoi frammenti fatiscenti in modo tale che lo Stato, che sembrava pronto a cadere a pezzi, potesse prolungare la sua esistenza per altri cinquecento anni.
Era un’opera grandiosa creare di nuovo, per così dire, dall’anarchia e dal caos, un tessuto politico che mostrasse tali elementi di perpetuità e forza. “La creazione dell’impero romano”, dice Merivale, “è stata, dopo tutto, la più grande opera politica mai realizzata da un essere umano.
Le conquiste di Alessandro, di Cesare, di Carlo Magno, di Napoleone, non possono essere paragonate ad essa nemmeno per un momento”.
Intento politico di Augusto
Il governo che Augusto instaurò era una monarchia di fatto, ma una repubblica nella forma. Memore della sorte di Giulio Cesare, caduto perché aveva dato ai sostenitori della repubblica motivo di pensare che ambisse al titolo di re, Augusto velò accuratamente la sua sovranità realmente assoluta sotto le forme del vecchio Stato repubblicano.
Domina
La moglie di Ottaviano, Livia (58 a.C.-29 d.C.), fu un’altro personaggio importante nella vita di Ottaviano. La sua prima moglie, Scribonia, era la madre di Giulia, ma Ottaviano divorziò da lei nel 39 a.C.
Nel 38 a.C., Ottaviano sposò Livia, moglie di un pompeiano di nome Tiberio Claudio Nerone, per consolidare i legami politici con dei possibili avversari. Livia divorziò dal primo marito per sposare il futuro Augusto. Ottaviano adottò il figlio di Livia, Tiberio, come suo erede, ma essi non ebbero figli propri.
Livia Drusilla Claudia, questo il suo nome completo, conosciuta poi come Livia Augusta, fu una donna molto influente, che gestiva anche un proprio potere personale e che ispirò anche alcune decisioni del marito, come nel caso dell’esilio di Agrippa Postumo, e gestendo le finanze personali di Augusto, oltre a collocare i propri protetti e favoriti in posizioni di rilievo.
Ampliamento dell’autorità del principato
Il Senato esisteva ancora, ma i suoi membri erano così completamente assoggettati all’influenza del conquistatore che l’unica funzione che esercitava realmente era il conferimento di onori e titoli e di abiette lusinghe al suo padrone. Tutti i funzionari repubblicani rimasero al loro posto, ma Augusto assorbì ed esercitò le loro principali prerogative e le loro funzioni. Aveva i poteri di console, tribuno, censore e Pontifex Maximus. Tutti i magistrati repubblicani – i consoli, i tribuni, i pretori – furono eletti come di consueto; ma erano semplicemente dei nominati e delle creature dell’imperatore.
Erano delle effigi e delle figure atte ad illudere il popolo che la repubblica esistesse ancora. Mai un popolo sembrò più soddisfatto dell’ombra dopo la perdita della sostanza.
Il Senato, sotto l’ispirazione di Augusto, gli negò il titolo di re, che fin dalla cacciata dei Tarquini, cinque secoli prima, era stato intollerabile per il popolo; ma gli conferì i titoli di Imperator e di Augustus, quest’ultimo fino ad allora sacro agli dei. Il sesto mese dell’anno romano fu chiamato Augusto (da cui il nostro Agosto) in suo onore, a imitazione di quello con cui il mese precedente era stato chiamato Giulio in onore di Giulio Cesare.
Amministrazione delle provincie
I domini su cui regnava Augusto erano di dimensioni davvero imperiali. Si estendevano dall’Atlantico all’Eufrate, a nord erano delimitati dalle foreste della Germania e dalle desolate steppe della Scizia, a sud erano delimitati dalle sabbie del deserto africano e le tetre lande dell’Arabia, che sembravano i confini fissati dalla natura al dominio in quelle direzioni. Entro questi limiti si affollavano più di 100.000.000 di persone, che abbracciavano ogni possibile condizione e varietà di razza e cultura, dai rozzi barbari della Gallia ai raffinati dandy dell’Oriente.
Con altri ordinamenti Augusto provvide all’amministrazione delle provincie. L’Italia, salvo il territorio di Roma, fu divisa in 11 regioni: Gallia Traspadana, Venezia ed Istria, Liguria, Emilia, Etruria, Sannio, Campania, Bruzio, Lucania, Apulia, Calabria. Gli abitanti d’Italia erano ormai tutti cittadini romani esenti quasi totalmente dal servizio militare e dal trtbutum. Le provincie dell’impero furono ripartite col senato.
Restarono al senato la Spagna ulteriore o Betica, Sardegna e Corsica, Sicilia, Illirico, Macedonia, Acaia, Creta e Cirenaica, Africa, Asia, Bitinia. Divennero provincie imperiali la Spagna citeriore o Tarraconese, la Lusitania, la Gallia, la Siria, Cipro e la Cilica, l’Egitto.
Le prime erano governate da proconsoli, eletti annualmente, con attribuzioni essenzialmente amministrative e giudiziarie; le seconde erano amministrate da legati, scelti dall’imperatore nell’ordine senatorio e per un tempo indeterminato aventi alla propria dipendenza i comandanti delle forze militari.
Solo l’Egitto non fu compreso in questo ordinamento perché Augusto lo considerò come suo speciale patrimonio, affidandone l’amministrazione ad un prefetto scelto fra i cavalieri. Per aver tanto frenati gli abusi e la rapacità dell’aristocrazia senatoria, ristabilito l’ordine e la sicurezza interna, ravvivato il commercio, fondate nuove colonie, facilitate le comunicazioni, non è meraviglia se la civiltà romana, sotto il periodo augusteo, fece rapidi progressi nei paesi conquistati.
Opera monumentale dei primi tempi del governo d’Ottaviano fu altresì la formazione d’un catasto generale dell’impero, secondo un disegno di Giulio Cesare, per regolare la ripartizione e la riscossione delle imposte. Diresse i lavori M. Vipsanio Agrippa. L’impero fu accuratamente misurato e descritto e se ne formò una mappa, che incisa in grandi tavole di marmo fu esposta al pubblico di Roma. Queste operazioni si collegavano con le grandi strade che dovevano unire le più lontane contrade, lungo le quali l’imperatore istituì una specie di posta con stazioni Asse e regolare servizio di pedoni e vetture.
Augusto fu il primo a dedicare più le proprie energie al consolidamento dei domini già acquisiti che alle conquiste di altre parti del mondo. Sebbene sotto il suo regno non fossero mancate campagne militari espansive, egli si rendeva conto dei pericoli che avrebbe comportato un’ulteriore estensione dei confini dello Stato.
Quella volta che dalla lettiga sbucò il filosofo vestito da donna…
Augusto era un bigotto moralizzatore un po’ ipocrita. Pretendeva che la famiglia imperiale fosse un esempio di moralità per tutti i romani, ma intanto coltivava in maniera quasi spudorata molteplici relazioni extraconiugali. Tuttavia credeva molto nell’amicizia e desiderava che chiunque gli fosse accanto, fosse con lui sempre il più schietto possibile. A questo proposito c’è un aneddoto tramandatoci da Cassio Dione:
(Augusto) era infatti avvicinabile indifferentemente da parte di chiunque, veniva in aiuto di molti con elargizioni di denaro, onorava molto gli amici e si rallegrava parecchio quando essi si esprimevano con franchezza.
Un esempio a conferma di quanto già
detto è l’episodio di Atenodoro (filosofo stoico al seguito dell’imperatore): costui, una volta, si fece nella camera di Augusto a bordo di una lettiga coperta, proprio come se fosse una delle sue amanti, e dopo esserne balzato fuori armato di spada gli disse: «Non hai paura che
qualcuno entri con questo stesso stratagemma e ti uccida?».Il principe non
solo non si adirò, ma anzi lo ringraziò.Cassio Dione, Storia Romana, LVI, 43, 2.
Fioritura delle arti e della cultura
Il regno di Augusto durò quarantaquattro anni, dal 31 a.C. al 14 d.C. Esso segnò il periodo più splendido degli annali di Roma. Sotto il patrocinio dell’imperatore e del suo ministro preferito Mecenate, fiorirono poeti e scrittori che fecero di questa l'”età dell’oro” della letteratura latina. Durante questo regno Virgilio compose la sua immortale epopea, L’Eneide, e Orazio le sue famose Odi, mentre Livio scrisse la sua inimitabile Storia di Roma e Ovidio le sue Metamorfosi. Molti di coloro che lamentavano la caduta della repubblica cercavano conforto nelle lettere; e in questo erano incoraggiati da Augusto, perché dava occupazione a molti spiriti inquieti che altrimenti sarebbero stati impegnati in intrighi politici contro il suo governo.
Mecenate e il mecenatismo
Gaio Mecenate (morto nell’8 a.C.) era un equestre e aveva partecipato alla battaglia di Filippi con Ottaviano. Nel 40 a.C., Mecenate negoziò l’accordo con Antonio a Brundisium. Negli anni 30 a.C. a Mecenate fu spesso lasciato al controllo di Roma. I suoi rapporti con Ottaviano si raffreddarono negli anni successivi, perché la moglie di Mecenate divenne l’amante dell’imperatore; tuttavia, nel suo testamento lasciò al vecchio amico Ottaviano tutti i suoi beni. Mecenate fu un grande “mecenate” appunto di poeti e scrittori, ed è grazie a lui che Virgilio e Orazio potere realizzare la propria opera poetica anche in sostegno al il governo di Ottaviano. Da allora l’attività di patrocinio e sostegno delle arti, a fini puramente estetici o di prestigio politico e sociale, è appunto detta “mecenatismo” e “mecenate” viene definito chi si fa sponsor di studiosi e artisti.
Crescita urbanistica
Augusto fu anche un munifico mecenate dell’architettura e dell’arte. Adornò la capitale con molte splendide costruzioni. Disse con orgoglio: “Ho trovato Roma una città di mattoni; l’ho lasciata una città di marmo”. La popolazione della città in questo periodo era probabilmente di circa 1.000.000 di abitanti. Si pensa che solo altre due città dell’impero, Antiochia e Alessandria, avessero ciascuna circa lo stesso numero di cittadini. Anche questi centri furono rese magnifici con abbellimenti architettonici e artistici.
Pax Augustea
Sebbene il governo di Augusto fosse segnato da alcuni problemi alle frontiere, forse mai prima d’ora il mondo aveva goduto di un periodo così lungo di pace generale dai preparativi e dai tumulti della guerra. Per tre volte, durante questo periodo di buon auspicio, le porte del Tempio di Giano a Roma, che venivano aperte solo in tempo di guerra, rimasero chiuse. Solo altre due volte ciò avvenne, in tutta l’intera storia della città, tanto il popolo romano era stato impegnato nella guerra.
La nascita di Gesù
Inizierà
un’età gloriosa e lo scorrere dei mesi felici;
[…] il vano ricordo delle nostre
colpe libererà le terre dalla paura eterna.
Quello sarà come un dio, e vedrà eroi mescolati
agli dei, e lui stesso sarà visto in mezzo a loro, e
governerà un mondo pacificato con le virtù dei padri.
Questi sono versi di Virgilio, il poeta ufficiale di Augusto, dalla sua IV Bucolica dedicata ad Asinio Pollione, console nel 40 a.C.: un inno alla nascita di un non meglio identificato puer, che coinciderebbe con l’inizio di una nuova era. In epoca successiva queste strofe furono interpretate come una profezia della nascita di Cristo.
Fu infatti nel mezzo del principato di Augusto, che si verificò la nascita di Gesù in Giudea (il censimento degli abitanti dei territori sotto il dominio di Roma, risale proprio al periodo del Principato di Augusto e viene citato anche nei Vangeli). Una congiunzione di eventi che i cristiani – soprattutto quando la loro fede non sarà più oggetto di persecuzione da parte dell’impero, ma addirittura sarà divenuta la religione di stato, sopravvivendo anche alla caduta della stessa Roma – interpreteranno come densa di significato, quasi un volere del destino, non solo per l’impero romano, ma anche per il mondo intero: Il figlio di Dio inviato ad annunciare al mondo la Buona Novella durante regno del Primo Imperatore di Roma. Sarà questa una lettura dei fatti che durerà a lungo nella storia del cristianesimo, fino a Dante e oltre.
Teutoburgo e gli ultimi anni
Gli ultimi anni della vita di Augusto furono offuscati sia da lutti domestici che da disastri militari. Il suo amato nipote Marcello e i suoi altri due nipoti, Gaio e Lucio, che egli intendeva rendere suoi eredi, furono tutti portati via da una morte prematura; e poi, lontano nella foresta germanica, il suo generale Varo, che aveva tentato di governare i Teutoni , spiriti indomiti, come aveva governato gli asiatici delle province orientali, fu sorpreso dai barbari, guidati dal loro coraggioso capo Hermann o Armin, chiamato Arminio dai Romani, e il suo esercito fu distrutto quasi fino all’ultimo uomo (9 d.C.). Ventimila legionari giacevano morti e insepolti nei boschi intricati e nelle paludi della Germania.
9 d.C.: Annus Horribilis
L’anno 9 d.C. l’Impero Romano andò incontro alla sua più grave sconfitta dai tempi di Canne.
Augusto inviò in Germania un governatore chiamato Publio Quintilio Varo, un uomo privo di tatto (e anche corrotto) che governava con eccessivo pugno di ferro, imponendo con la forza la tassazione e la giurisdizione romana.
Presto scoppiò una rivolta animata da un capo tribù chiamato Arminio, che aveva combattuto nell’esercito romano ed era stato persino nominato equestre.
Arminio si ritirò nelle foreste, Varo, piuttosto incautamente, lo seguì nella trappola. Nella foresta di Teutoburgo, Arminio si avventò contro le truppe di Varo e spazzò via tre legioni (la XVII, la XVIII e la XIX) in un colpo solo.
Augusto ne rimase sconvolto, ma dovette subito fronteggiare altre rivolte e le defezioni degli alleati. Alla notizia della disfatta in Germania, Augusto continuava a gridare, preso dalla disperazione: “Quintili Vare, legiones redde”, “Quintilius Varus, ridammi le mie legioni!”.
Nel 14 d.C., sotto Tiberio fu inviato nel luogo della disfatta, un manipolo guidato dal nipote Germanico, che trovò la foresta disseminata dei resti dell’esercito di Varo; i soldati erano stati massacrati e alcuni torturati a morte. Germanico pacificò la regione e recuperò gli stendardi delle legioni perdute. Ma questa fu la fine di ogni tentativo di spingere la frontiera oltre il Reno.
Il disastro provocò grande timore a Roma, poiché si temeva che le tribù germaniche avrebbero potuto attraversare il Reno, stringere un’alleanza con i Galli e che queste orde unite si sarebbero potute quindi riversare oltre le Alpi, in Italia.
Ma Tiberio, che Augusto, dopo la morte di Gaio e di Lucio, aveva nominato suo erede e successore, sorvegliava attentamente il Reno, e i Germani non tentarono neppure il passaggio verso l’Italia, che fu salvata dalla minaccia di invasione.
La vittoria di Arminio sulle legioni romane fu un evento di grandissima importanza nella storia della civiltà europea. La Germania era stata quasi invasa dall’esercito romano. Le tribù teutoniche erano sul punto di essere completamente sottomesse e romanizzate, come lo erano stati i Celti della Gallia prima di loro.
Se ciò fosse avvenuto, l’intera storia dell’Europa sarebbe cambiata, poiché l’elemento germanico è tra quelli che hanno dato forma e sostanza agli eventi più importanti dei secoli successivi.
Morte di Augusto
Nell’anno 14 d.C. Augusto morì, dopo aver raggiunto il settantaseiesimo anno di età. Le sue ultime parole agli amici riuniti intorno al suo letto furono: “Se ho recitato bene la mia parte nel dramma della vita, salutate la mia uscita di scena con il vostro applauso” (“Acta est fabula, plaudite!” letteralmente: “la commedia è terminata, applaudite” . Era la frase tipica con cui, nel teatro romano, si annunciava la fine della rappresentazione). Si credeva che l’anima di Augusto fosse salita dalle fiamme della sua pira funeraria fino verso i cielo. Per decreto del Senato gli fu tributato il culto divino e furono eretti templi in suo onore.
Il Mausoleo di Augusto
Il mausoleo di Augusto è un monumento funerario del I secolo a.C., a pianta circolare, situato a Roma. Fu costruito nel 28 a.C., e qui furono deposte per un secolo le ceneri di alcuni imperatori e membri della famiglia imperiale romani.
I lavori di costruzione del mausoleo iniziarono, su ordine dello stesso Augusto nel 28 a.C. A quell’epoca Ottaviano era appena ritornato da Alessandria, dopo aver conquistato l’Egitto, in seguito alla sconfitta di Marco Antonio nella battaglia di Azio nel 31 a.C. Durante questo suo soggiorno nella capitale tolemaica, aveva potuto visitare la tomba ellenistica di Alessandro Magno, probabilmente anch’essa a pianta circolare, alla quale si ispirò per la costruzione della proprio monumento funebre.
Il primo personaggio ad esservi sepolto, infatti qui furono deposte le sue ceneri, fu Marco Claudio Marcello, nipote di Augusto, morto nel 23 a.C. Fu seguito poi da da Marco Vipsanio Agrippa, Druso il Vecchio, Ottavia Minore (sorella di Augusto), Lucio Cesare e Gaio Cesare. Augusto vi fu sepolto nel 14, seguito da Druso il Giovane, Cesare germanico, Livia (moglie di Augusto) e Tiberio. Non si sa se nello stesso luogo fu sepolto anche l’imperatore Claudio.
In genere vi furono tumulati gli imperatori della dinastia giulio-claudia, e i membri della stessa famiglia. Tra le eccezioni c’i furono l’imperatore Nerone e Giulia, unica figlia naturale di Augusto.
L’ultimo a ricevere sepoltura in questo luogo fu l’imperatore Nerva, nell’anno 98. Il suo successore, Traiano, fu cremato e le sue ceneri furono deposte in un’urna d’oro ai piedi della Colonna Traiana.
Erede al trono cercasi
Augusto si trovava di fronte al problema di designare un erede. E una volta che aveva messo gli occhi su un possibile buon candidato…ecco che questo moriva!. L’unica figlia di Augusto, Giulia, avuta dalla prima moglie Scribonia, era sposata con Marcello, che morì prematuramente nel 23 a.C., senza lasciare figli.
I tre nipoti dal secondo marito di Giulia, Agrippa, erano Gaio, Lucio e Agrippa Postumo, ma erano tutti troppo giovani per essere nominati eredi di Augusto.
Tiberio, figlio di primo letto di Livia, sposa di Augusto, era l’unica scelta possibile. Augusto adottò dunque Tiberio e lo costrinse a divorziare dall’amata moglie Vipsania e a sposare Giulia. Tiberio si ritirò a Rodi per sette anni, rifiutando di succedere ad Augusto. Gaio e Lucio morirono nel 2 e nel 4 d.C. e Agrippa Postumo fu bandito da Augusto per il suo cattivo comportamento. Augusto bandì anche sua figlia Giulia e poi la figlia di questa, nonché nipote dello stesso imperatore, anch’essa chiamata Giulia, a causa del loro stile di vita immorale. Alla fine Tiberio si piegherà al suo destino di erede al trono.
La Guarda pretoriana
Uno degli atti più importanti di Augusto, per la sua influenza sugli eventi successivi, fu la formazione della Guardia Pretoriana, concepita come una sorta di guardia del corpo dell’imperatore. Nel regno successivo questo corpo di soldati, composto da circa 10.000 persone, fu dotato di un accampamento permanente accanto alle mura della città. Ben presto divenne un potere formidabile nello Stato, portando alla gloria o alla rovina i vari imperatori a proprio piacimento.
Pretoriani, Parigi, Museo del Louvre
Le congiure contro l’Imperatore
Tutto rose e fiori sotto Augusto? Neppure per idea! All’interno della sua famiglia si crearono ben presto trame e tradimenti degni delle migliori tradizioni delle soap opera, e forse due congiure politiche con implicanze familiari, di cui una storicamente accertata
Murena
Lucio Licinio Murena ex governatore della Siria, ebbe l’incarico di difendere Marco Primo, governatore della provincia di Macedonia, contro l’accusa di aver portato guerra ai Traci senza il consenso del Senato. Murena dichiarò che l’ordine era partito direttamente da Augusto, mentre Marco Primo attribuì l’ordine a Marcello da poco scomparso. Fu un vero e proprio tentativo di empechement contro il primo imperatore di Roma.
Nell’estate del 22 a.C., un certo Castricio, liberto dello stesso Augusto, gli svelò l’esistenza di una congiura atta a rovesciarlo, capeggiata da Fannio Cepione e da Lucio Licinio Murena, proprio il difensore di Marco Primo nel processo di cui abbiamo parlato prima, che si concluse con l’assoluzione di questi e un insabbiamento circa le reali responsabilità sulla guerra in Tracia.
La vecchia classe senatoria continuava a maldigerire il potere assoluto nelle mani di un solo uomo e seguitava a tramare nell’ombra. Murena si vide scoperto e fuggì da Roma.
Entrambi, Cepione e Murena, vennero però condannati in contumacia, quindi rintracciati e giustiziati. Il processo fu sommario e gli imputati non ebbero la possibilità di difendersi
Giulia
Nel 2 a.C., Giulia, figlia di Augusto fu accusata di adulterio. Giudicata da Augusto stesso in virtù delle sue prerogative di pater familias, fu condannata all’esilio sull’isola di Pandateria, dove fu sottoposta a un regime quasi carcerario che superava le sanzioni previste dalla lex Julia promulgata nel 18 a.C.: uno stile di vita molto frugale, con il divieto di bere vino, e un rigoroso controllo da parte dell’imperatore stesso dei visitatori di sesso maschile che si recavano da lei (quando ammessi ovviamente), di cui Augusto voleva conoscere l’età, l’altezza e qualsiasi altra caratteristica particolare. Probabilmente quello sulla figlia non era l’unico dossier presente nei suoi archivi segreti.
L’unica compagna di Giulia sembra essere stata la madre Scribonia, alla quale fu permesso di accompagnarla. Sebbene la legge prevedesse l’esilio in un’isola per l’adultera, essa viveva tuttavia ancora abbastanza libera, conservava l’uso di metà della sua dote e un terzo dei suoi beni; ma non poteva risposarsi. Perché Giulia fu punita così severamente?
Gli autori antichi concordano sulla “immoralità e dissolutezza” della giovane donna: gli amanti che avrebbe ricevuto in gruppo, le passeggiate e le orge notturne, il tutto avvenuto perfino sulla scena della stessa piazza pubblica e della tribuna dell’arringa, da cui il padre aveva pubblicato la sua legge sull’adulterio. La figlia dell’imperatore si era trasformata da adultera in cortigiana, concedendosi ad amanti sconosciuti a cui avrebbe permesso di tutto.
Nell’anno 8 a.C., il poeta Ovidio era caduto in disgrazia presso l’imperatore, che lo relegò in esilio a Tomis (oggi Costanza) per un non meglio precisato carmen et error. Secondo gli storici, Ovidio avrebbe invece avuto una relazione con Giulia minore, figlia di Giulia Maggiore e dunque nipote di Augusto. La giovane donna venne esiliata sull’isola di Tremerus (le moderne Isole Tremiti), dove diede alla luce un figlio che venne dichiarato illegittimo dall’imperatore, e quindi condannato all’expositio. Questo episodio potrebbe essere stato il primo di una serie che videro un progressivo incrinarsi dei rapporti del padre con la figlia: ideologo restauratore degli antichi costumi della virtù romana il primo, donna emancipata la seconda (così come la figlia), aperta allo spirito e ai liberi costumi sessuali dei tempi influenzati dallo stile di vita ellenistico
Una tale mole di accuse ha spinto un certo numero di storici, fin dall’antichità, a ipotizzare che alcuni amici di Giulia avessero cospirato contro l’imperatore e che forse lei stessa vi fosse direttamente coinvolta. Lo stesso Augusto dichiarò di essere in possesso di un dossier che documentava gli incontri al Foro dei congiurati (quindi non si trattava di semplici orge) e accusò apertamente la figlia di aver tramato per la morte del padre. Tra i presunti o reali amanti di Giulia, compare spesso il nome di Iullo Antonio, figlio di Marco Antonio e Fulvia. Fidanzatosi trentacinque anni prima proprio con Giulia, ma sostenitore del padre, Iullo Antonio, dopo la sconfitta di Antonio ad Azio, fu graziato da Augusto che non esitò a concedergli onori.
Cinque anni dopo, Augusto permise a Giulia di tornare finalmente a Roma e le impose condizioni un po’ meno dure: fu messa agli arresti domiciliari a Rhegium e non fu mai più richiamata dall’imperatore.
Quando Tiberio salì al potere, non richiamò nemmeno lui la moglie Giulia dal bando di Augusto, ma la trattenne nella sua residenza forzata per “impudicizia “ . Morì dopo l’ascesa di Tiberio, nel 14 a.C.
Giulia minore morì invece, nel 28 a.C., e venne seppellita sull’isola, perché, come per la madre,Tiberio proibì di conservare le sue ceneri nel Mausoleo di Augusto
L’Ara Pacis
L’Ara Pacis a Roma
L‘Ara Pacis Augustae (“Altare della Pace di Augusto”) è un monumento commemorativo dell’epoca dell’Impero Romano. Si trova a Roma e fu edificato tra il 13 e il 9 a.C. per decisione del senato romano, in ringraziamento per il ritorno dell’imperatore Augusto dopo le sue vittoriose campagne in Spagna e in Gallia, e la pace che costui aveva imposto. È dedicato alla dea della Pace e fu eretto a Roma, nel Campo Marzio, dove ogni anno si doveva sacrificare un ariete e due tori. Il materiale utilizzato è il marmo di Carrara; il monumento ha una pianta rettangolare con dimensioni di 11 x 10 x 4,60 metri e non è coperto. Presenta due porte: una sul davanti per il sacerdote officiante, preceduta da una scalinata, e un’altra sul retro per gli animali da sacrificare; queste porte erano originariamente orientate a est ea ovest. All’interno, il centro è occupato dall’Ara stessa, che poggia su un piedistallo a gradini.
La cosa più notevole è la decorazione scultorea che copre l’altare. All’interno il fregio è ornato da ghirlande e bucrani. All’esterno, i plinti sono ricoperti da volute d’acanto. I fregi esterni hanno decorazioni diverse a seconda della loro ubicazione: quattro allegorie ai lati delle porte e due processioni sulle pareti laterali.
Le allegorie sono legate alla mitica fondazione di Roma. Delle quattro originali, solo due si sono conservate quasi integre; uno di questi rappresenta Enea e l’altro (il meglio conservato) la Terra, come una donna con due figli, affiancata dai ninfe fecondatrici, una, quella dell’Aria posta su un cigno, l’altra, quella dell’acqua dell’Acqua su un mostro marino; il tutto accompagnato da frutti e animali che alludono alla prosperità fornita dalla pace di Augusto.
Il corteo dei fregi laterali rappresenta Augusto, la sua famiglia, amici, magistrati e senatori, componendo una magnifica serie di ritratti che, tuttavia, rivela una forte influenza dalla processione per le Panatene del Partenone, sebbene i personaggi camminino su due file con più ordine e disciplina che nel tempio attico. Gli altorilievi si combinano con i rilievi medi e bassi, che contribuiscono a creare un senso di profondità.
Ci troviamo quindi di fronte a un’opera che coniuga elementi di origine greca ed ellenistica (l’influenza di Fidia, allegorie ed elementi decorativi ellenistici), con il realismo e la sobrietà caratteristici della tradizione romana del ritratto, rappresentando per la sua qualità il punto più alto in assoluto raggiunto nell’arte dei rilievi.
Dopo secoli di abbandono, il monumento fu ridotto a rudere e i suoi resti furono riutilizzati per consolidare il palazzo di Umberto I. Nel 1903 furono effettuati i primi scavi sistematici, completati tra il 1937 e il 1938, con la ricostruzione dell’edificio nel corso degli anni del governo fascista in Italia.
Uno dei pilastri della politica interna di Mussolini fu il recupero dell’eredità romana; si appropriò dei simboli imperiali come veicolo di riaffermazione nazionale e assimilò l’immagine di un capo forte e assoluto come l’imperatore romano nella propria posizione di capo unico di tutti gli italiani. Durante il periodo fascista da lui guidato, si fece un enorme sforzo per recuperare i resti archeologici, il più delle volte con scarso successo scientifico.
Recentemente il monumento è stato ricoperto da un edificio dalle linee minimaliste progettato da Richard Meier, per proteggerlo dall’inquinamento atmosferico di cui soffre Roma. Il nuovo complesso comprende sale sotterranee per mostre temporanee. La novità di un edificio così moderno in un contesto storico ha suscitato molte critiche e politiche, proponendone persino la demolizione.
(Tratto da “Ancient History, Greece and Rome” di Philip Van Ness Meyers, Toronto, 1901, da “Storia romana” di Bragagnolo e Cavagna, 1896, e da Wikipedia, con altre integrazioni e aggiunte)
Nel prossimo episodio – > :
Tiberio Cesare Augusto, comunemente noto come Tiberio, nacque col nome di Tiberio Claudio Nerone, poi dalla sua adozione da parte di Augusto, divenne Tiberio Giulio Cesare (Fondi, Italia/Roma, 16 novembre 42 a.C. – Miseno, 16 marzo, 37 d.C.); fu il secondo imperatore romano, figlio adottivo del popolare imperatore Augusto. Sedette sul trono imperiale per 23 anni, dal 14 d.C. fino alla sua morte. Può essere considerato il vero capostipite della dinastia Giulio-Claudia, in quanto membro della gens Claudia tramite il padre, Tiberio Claudio Nerone, e la madre, Livia Drusilla, ma dopo essere stato adottato da Augusto, fu inserito tra i Gulii. I suoi discendenti appartenevano dunque ad entrambe le famiglie. Tiberio salì al trono all’età di 55 anni. I cambiamenti nella situazione del potere e gli intrighi lo resero alla fine un vecchio crudele e misantropo, che forse non voleva nemmeno salire al trono. Per molto tempo il suo regno fu caratterizzato dal terrore dell’onnipotente prefetto del pretorio, Lucio Elio Seiano, mentre l’imperatore si ritirava dalla politica quotidiana e trascorreva il suo tempo nella sua dimora sull’isola di Capri.