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Sinone, fintosi un un disertore che odia i greci, o una vittima sacrificale sfuggita al suo destino, si presenta ai troiani e racconta loro che il cavallo è un'offerta destinata ad Atena, e afferma che la sua presenza all'interno delle mura di Troia sarebbe una garanzia di vittoria. I Troiani si fidano di lui, nonostante gli avvertimenti di Laocoonte e Cassandra, e seguono le sue istruzioni per portare il cavallo in città. Quella stessa notte, è Sinone stesso a far scattare il segnale rivolto alla flotta greca per farla tornare dall'isola di Tenedos, dove stava aspettando, per saccheggiare la città.
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L’attacco di sorpresa
Quando, nel cuore della notte, sulla città calarono il silenzio e la calma più completa, gli abitanti, sfiniti dall’insolita allegria, caddero profondamente addormentati. Sinone si avvicinò quindi al cavallo di legno e aprì una porta segreta che era nel fianco di esso e liberò i suoi compagni, felici del successo del loro stratagemma.
Sinone poi si affrettò verso la spiaggia, e lì accese un fuoco come segnale convenuto per i suoi concittadini sulle navi della flotta greca che si trovava al largo di Tenedo. Con una veloce corsa con i loro remi, essi giunsero presto sulla riva, e marciando attraverso la pianura, i Greci si riversarono a migliaia nelle strade della città, attraverso la breccia che era stata fatta nelle mura per far passare l’enorme cavallo di legno.
La caduta di Troia
Sbarcate le truppe, che si introdussero indisturbate nella città, ne seguì un terribile massacro. I Troiani, risvegliati dal sonno dai rumori e dalle grida, compresero subito che cosa era accaduto. Precipitosamente accorsero alle armi e guidati e incoraggiati da Enea e da altri capi, combatterono valorosamente per scacciare il nemico, ma tutto il loro valore fu vano. La maggior parte degli abitanti sorpresi caddero uccisi davanti ai Greci ben armati. Alla fine la città sarebbe stata data alle fiamme e completamente distrutta.
Destino di Priamo e Astianatte
I greci misero a ferro e a fuoco la città, infliggendo morte e distruzione ovunque. Il re Priamo cadde per mano di Neottolemo, che lo uccise mentre giaceva prostrato davanti all’altare di Zeus, pregando per ottenere un aiuto divino in questa terribile ora di pericolo.
Suo figlio Deifobo, che aveva sposato Elena dopo la morte di Paride, fu ucciso da Menelao. I. Le donne della famiglia reale troiana furono portate via come schiave.
La disgraziata Andromaca, vedova del defunto Ettore, con il suo giovane figlio Astianatte si era rifugiata sulla sommità di una torre, dove fu scoperta dai vincitori, i quali, temendo che il figlio dell’eroe troiano potesse un giorno insorgere contro di loro per vendicare la morte del padre, lo strapparono dalle braccia della madre e lo scagliarono contro i bastioni.
Enea
Tra i pochi Troiani scampati vi fu anche fu Enea, figlio di Afrodite, amato dagli dèi e dagli uomini, con suo padre Anchise e il figlio Ascanio o Iulo. Portando sulle spalle il vecchio genitore, Enea fuggì verso il monte Ida, e da lì s’imbarcò con alcuni seguaci per cercare rifugio altrove.
Dopo molte avventure per mare e per terra, di cui parla il poeta romano Virgilio nel suo poema chiamato Eneide, giunse in Italia. Lì stabilì un insediamento e si dice che i suoi discendenti furono i fondatori di Roma.
Menelao ed Elena fanno pace – il destino di Andromaca e Cassandra
Menelao si riconciliò con la moglie ora pentita, Elena, e la riprese con sé. Ll re spartano, credendo che quanto avesse fatto sua moglie fosse stato decretato dal Fato e dalla volontà degli dei, la perdonò e la portò con sé sulle sue navi.
Le donne troiane, a seconda del rango e della loro bellezza, furono distribuite tra gli eroi greci wcome prigioniere in guerra: Neottolemo ottenne Andromaca e Agamennone rapì la figlia di Priamo, Cassandra.
Essendo stato poi diviso fra tutti il vasto bottino dei palazzi del re, si fecero i preparativi per il ritorno a casa. Mentre alcuni — come ad esempio Nestore, Idomeneo, Diomede, Filottete e Neottolemo — compirono viaggi favorevoli e raggiunsero le rispettive case in sicurezza, altri, come Menelao, furono spinti qua e là da tempeste, che ne ritardarono il ritorno per anni. Ma gli eroi che al loro rientro conobbero una sorte tragica o avventurosa furono soprattutto Agamennone e Odisseo.
La profezia compiuta
Terminata la loro opera di distruzione e trasportate sulle loro navi tutte le ricchezze di Troia, i Greci diedero fuoco alla città, e in poche ore non ne rimase altro che un ammasso di rovine fumanti.
Così finì la famosa guerra di Troia. La profezia dell’indovino, Esaco, alla nascita di Paride, si era così avverata: egli aveva portato la distruzione sulla sua famiglia e sul suo paese.
(Libera riduzione e traduzione da Michael Clarke, The Story of Troy, 1897)
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Gli dei erano molto indignati per la distruzione dei loro templi e altri atti sacrileghi da parte degli Achei durante la distruzione di Troia, e decisero che la maggior parte di loro non sarebbe dovuta tornare a casa. Quindi inviarono una tempesta che si abbatté sulla flotta achea mentre questa era di ritorno in patria, al largo dell'isola di Tenedo. Inoltre, Nauplio, per vendicarsi della condanna a morte di suo figlio Palamede, mise delle luci sulla costa, in modo da ingannare la flotta greca a Capo Cafareo (oggi noto anche come Cavo D'Oro, in Eubea), dandogli a credere che si trattasse di un porto, e molti invece vi andarono a naufragare.