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…UN CAOS! – VI – COSMOS E LOGOS

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< – Nelle puntate precedenti:

Nella mitologia greca , il Caos (in greco antico Χάος  / Kháos , dal verbo χαίνω  / khaínô  “essere spalancato”) è l’elemento primordiale della teogonia esiodea. Indica una profondità sbalorditiva.

Cronos o Kronos (in greco antico Κρόνος / Krónos), figlio di Urano (il cielo notturno stellato) e Gaia (Terra), è un Titano, marito di sua sorella Rea e padre di Estia, Demetra, Era, Ade, Poseidone e Zeus. Il suo attributo principale è la falce, con la quale ha evirato suo padre, Urano. I Titani furono la progenie di Gaia e di suo figlio Urano, la prima coppia divina nella mitologia.

“Nel mito della creazione pelasgica, la Grande Dea primordialeEurinome, iniziò creando l’Oceano sul quale iniziò a danzare. Poi, con il “Vento del Nord”, plasmó il serpente Ofione, al quale si unisce. Avendo preso la forma di una colomba (peléia), deponeva poi, sulle onde del mare, l’uovo che aveva deposto. Ofione si avvolse sette volte attorno a questo uovo che, rompendosi, diede vita a tutto ciò che esiste; questo mito evoca l’Uovo del Serpente, caro ai druidi, e fa riferimento a rappresentazioni dell’omphalos circondati da un rettile. “

Fonte: Raimonde Reznikov, Les Celtes et le Druidisme, Dangles citato in http://racines.traditions.free.fr/dansea/index.htm

Moreau Gustave Hésiode et la Muse 1891
Esiodo e una Musa, di Gustave Moreau (1891)

“Si dice che all’inizio tutto fosse caos, infiniti vortici e spirali che giravano all’infinito. Da lì emerge la divina Eurinome, splendida nella sua nudità. Non trovando dove mettere i piedi o come appoggiarsi per danzare, creò il cielo e il mare, i suoi movimenti formarono il grande vento del nord, che avvolse intorno a sé e  lei lo modellò, dando vita ad un maestoso serpente di nome Ofione. Mentre danzava, Eurinome divenne vivace e selvaggia, e più danzava, più Ofione la voleva. Si avvolse intorno a lei e si unirono. Eurinome si trasformò poi in colomba, per deporre l’Uovo Universale. “

Dame-Fée, « Eurynomé et Ophion » [archive], in Ecole des mystères de la Déesse

Ecco, è qui che dicevamo che comincia “il caos- casino” degli interpreti e divulgatori (come Luciano De Crescenzo, ad esempio) perché è tutto questo materiale del mito pelagisco è una gran panzana. 

La bellezza di questa versione, ha affascinato gli autori di tutto il mondo, ma è creazione libera di Robert Graves (I miti greci, 1967)  sulla base di un passo di Apollonio Rodio (Argonautica, I, 496-505) e  sui commentari di Giovanni Tzetzes, filologo bizantino, all’Alexandra di Licofrone (c.1191). Secondo Apollonio infatti:

“[Orfeo] cantava come la terra, il cielo e il mare, un tempo fusi in un unico insieme, in seguito a una disastrosa discordia, furono separati e messi ciascuno al proprio posto; come nell’etere fu assegnato un posto fisso per sempre alle stelle e ai percorsi della luna e del sole; come sorsero le montagne e come nacquero i fiumi fragorosi con le loro Ninfe, come pure tutti gli animali. Narrava anche come in origine Ofione e l’Oceanina Eurinome fossero i padroni dell’Olimpo dalle cime innevate; come, vinti dalla forza delle armi, cedettero il loro potere, uno a Crono, l’altro a Rea, e caddero nelle onde dell’oceano.”

Come si può vedere non si parla di danzatrici, non viene detto che Ofione sia un serpente, e il riferimento al vento, ammesso che si intenda proprio quello, è piuttosto vago e generico. E l’uovo? Neppure una parola!

Lo ritroviamo in un inno orfico, ma si tratta di un testo risalente all’età ellenistica, quindi potrebbe essere frutto di sincretismo e contaminazioni successive. Non è raro trovare tutto questo materiale mischiato insieme e spacciato per tradizione sapienziale e arcaica autentica in molti libri e siti web di ispirazione esoterica e neopagana: occhio, perché per la maggior parte si tratta solo di spazzatura.

Tuttavia, nella teologia orfica Eros è all’origine della creazione. Nasce dall’uovo cosmico (eccolo, finalmente è arrivato, ma poiché – ripetiamo- siamo in età ellenistica, potrebbe trattarsi di una contaminazione con i miti egizi) risultante dall’unione dell’Etere con il CaosPrôtogonos / Phanès è spesso identificato con Eros

Nell’Inno Orfico – Profumo di Protogono, si legge:

“Invoco Prôtogonos di entrambi i sessi, alto, errante nell’Aithèr, nato dall’Uovo, dalle ali d’oro, avente il ruggito del toro, fonte dei Beati e degli uomini mortali, memorabile, dalle molte orge, indicibile, nascosto, sonoro  che scacciò da tutti gli occhi la primitiva nuvola nera, che vola presso il Cosmo su ali propizie, che porta la luce brillante, e che, per questo, chiamo Fanes. Benedetta, molto saggia, con vari semi, scendi, gioiosa, ai sacrifici degli Orgiophantes!”

equivoci-anima-galimerti
Umberto Galimberti – “Gli equivoci dell’anima”Feltrinelli.
“La parola anima, nell’attraversare i più svariati sistemi di pensiero (filosofico, religioso, antropologico, psicologico), genera una serie di equivoci in cui si nascondono vertiginose variazioni di significato. Percorrendole è possibile scorgere gli spostamenti di volumi di senso e le migrazioni linguistiche da cui dipendono le epoche storiche e gli scenari da esse dischiusi. L’analisi di Galimberti muove da Platone, che gioca l’anima su un doppio registro, coniugandola da un lato con la costruzione della ragione e il governo di sé, dall’altro con l’abisso della follia e la dissoluzione dell’individuo. Da allora in poi, questi due registri non hanno cessato di condizionare la costruzione dei saperi, sempre insidiata sul piano teorico dalle oscillazioni delle opinioni e sul piano pratico dalla vertigine delle passioni, in quel gioco di maschere, assunte e dismesse dall’anima, a cui non sfugge che ogni nuova parola della ragione non è possibile se non liberando a ogni istante i frammenti di una segreta follia. Prima e dopo Nietzsche, Plotino e la Gnosi, Schopenhauer e il romanticismo, Freud e la psicoanalisi, Husserl e la fenomenologia, Heidegger e l’ermeneutica hanno tentato di liberare l’anima dal giogo dell’idea ma la loro opposizione al platonismo si è rivelata di segno uguale anche se contrario.” (Fonte” Ibs.it)

Umberto Galimberti nel suo celeberrimo saggio, Gli Equivoci dell’Anima, Feltrinelli, 1987 ci spiega che:

“Nelle teogonie orfiche la prima divinità è il Tempo (Chrónos) da cui nasce l’Uovo Cosmico che dà vita al Cielo e alla Terra e fa apparire Phànes: ciò che si mostra, ciò che si manifesta. L’apparire delle cose e il loro sparire, la successione dei fenomeni e il loro divenire, il tempo che ne scandisce la comparsa e la scomparsa sono dunque sotto il governo di Phànes (da cui phainesthai = apparire, phainómenon = fenomeno). Ma Phànes è figlio di Chrónos che dunque non è il tempo che diviene, ma quel tempo immortale e imperituro, quel luogo assoluto che un filone della tradizione orfica legava ad Anànke, la Necessità: Si chiamava Tempo senza vecchiaia… e a lui era congiunta Anànke… che, con le braccia allargate su tutto il mondo, ne toccava i confini.”

Il serpente chiuso come un cerchio su se stesso, fornisce un’immagine del tempo ciclico. Esso circ-onda il cosmo  e ne mostra i fenomeni (ta phainómena) che rivelano le singole cose come molteplici e soggette a mutamento, ma che invece sono sempre e da sempre comprese in una sfera eterna.

Il Tempo orfico è eterno, prima di tutto perché, come il Dio di Sant’Agostino, prima di lui non c’era nessun prima. Il filosofo Parmenide, a un livello razionale, affermerà che l’essere è sferico: il molteplice e il divenire sono pura apparenza.

Gea e Urano

Le moderne espressioni Dea Madre o Grande Dea o anche dea primordiale si riferiscono a vari culti che sarebbero riconducibili ad una “madre universale” dal Paleolitico ai giorni nostri.

Esistono nomi simili in altre lingue: Magna Mater, Grande Madre, Mother Goddess…

Queste espressioni si riferiscono a un presunto culto primitivo della fertilità che sarebbe stato universalmente praticato alla fine della preistoria. Questo culto, in cui la figura della donna avrebbe avuto un posto ampio e assunto una dimensione sacra, sarebbe consistito essenzialmente in una venerazione della Terra e della fertilità. Il tema della Dea Madre è associato a quello dell’albero del mondo.

Alcuni movimenti panteisti, neopagani e femministi presentano la Dea Madre come una divinità storicamente precedente agli dei maschili delle religioni abramitiche.

È ancora Galimberti, nel saggio citato, a informarci che nel Mediterraneo, gli archeologi ne hanno ritrovate cinquantacinque rappresentazioni. E quelle maschili? Solo cinque “atipiche e mal fatte, che rappresentano giovanetti in tenera età”. 

Sempre leggendo “Gli equivoci dell’Anima”, apprendiamo che le raffigurazioni della Grande Madre mostrano mammelle e ventre molto pronunciati in connessione col simbolismo del vaso pieno, mentre il viso, appare indefinito,  gambe sottili, a parte le grosse cosce, e i piedi quasi inesistenti. 

La Gran Madre è sempre in posizione sedentaria, quindi legata alla terra e da qui l’immagine della dea in trono,  come Iside, che ha il trono effigiato in un gioiello che tiene in testa, e porta in grembo il re bambino, come la Vergine Maria con Gesù.

Il grembo materno è “l’oscurità primitiva, il cielo notturno generatore, la forza ctonia della terra capace di dare alla luce, la Grande Madre viene rappresentata anche come albero della vita che, saldamente piantato con le sue radici nella terra che lo nutre, si innalza verso l’alto e, con i suoi rami e le sue foglie, genera quell’ombra protettiva dove la materia vivente trova il suo rifugio. Non a caso la parola madera (legno) ha parentele con “madre”, “materia”

Successivamente, un passaggio di cui anche Platone ci riporta testimonianza, dal culto della terra-madre si passò a quello delle divinità uraniche.

Esiodo descrive Ouranós (il cielo) come la divinità che “avida d’amore, recando con sé la notte, avvolge la terra” (Teogonia, 176-177).

Ma come il sonno della ragione, anche la Terra può generare mostri: giganti con un occhio solo o dalle cento braccia, aborriti dal padre e sepolti in Géa (la terra) che soffriva.

Il cielo è avido d’amore, ma desideroso di nascondere. Vita e morte, nascita e sepoltura: questo è il significato del ciclo dei miti tellurici e di quelli uranici, cioé del cielo .
Poi ad Ouranós e Cronos succede Zeus e tutto cambia di nuovo.

L’anima il tempo

Il Tempo era chiuso in seno all’Essere, idea pura. L’Anima, si rivolse ad esso, ma poteva cogliere l’Eterno solo nei frammenti del Tempo, come ci dice Plotino nelle Enneadi.

La verità non si manifesta più in un cosmo ideale eterno, ma diviene storica, segue un télos,un destino o un fine che la deve portare fuori dal tempo.

Martin-Heidegger-L'essenza-della-verità

L’ente nella sua totalità si scopre come phýsis, la “natura, che qui non significa ancora un ambito particolare dell’ente, ma l’ente come tale nella sua totalità, e precisamente nel senso di una presenza che si apre. Solo quando l’ente stesso è elevato e custodito nella sua non–ascosità, e solo quando questa custodia è intesa a partire dalla domanda sull’ente in quanto tale, solo allora nasce la storia. L’iniziale disvelamento dell’ente nella sua totalità, il problema relativo all’ente come tale e l’inizio della storia occidentale coincidono e sono simultanei in un “tempo” che, non misurabile esso stesso, dischiude l’apertura in cui parte ogni misura.

Martin Heidegger, Sull’essenza della verità, Vom Wesen der Wahrheit, 1930 Edizione italiana: Editrice La Scuola, Brescia 1977.

Caos e Cosmos

Emanuele-Severino-Filosofia-antica

“Nel mito greco, la Teogonia di Esiodo racconta come tutti gli dèi siano stati generati dal Caos originario. Nella lingua greca matura, per esempio quella di Platone, la parola chaos significa “mescolanza”, “magma”, “disordine”. Il contrapposto di ciò che viene indicato dalla parola cosmos, così intesa, è il kosmos (“cosmo”, “mondo”). Kosmos è l’insieme delle cose che è uscito dal disordine del chaos. Eppure queste due parole hanno un significato più originario. Chaos -… limitiamoci per ora a questa parola – significa innanzitutto l’immensità dello spazio originario, l’apertura immensa, cioè non misurabile, illimitata, Tutti gli dèi e tutti i mondi si generano al suo interno. Il chaos, è la dimensione più ampia che il mito greco, sia riuscito a pensare.”

“…la radice indoeuropea di Kosmos […] è kens. Essa si ritrova anche nel latino censeo, che, nel suo significato pregnante, significa “annunzio con autorità”: l’annunziare qualcosa che non puo essere smentito, il dire qualcosa che si impone.”

Emanuele Severino – La filosofia Antica, Rizzoli, 1990

Mythos e Logos

Per decine e decine di millenni, l’esistenza dell’uomo  – globalmente e in ogni suo singolo aspetto – è guidata dal mito. Il mito non intende essere un’invenzione fantastica, bensì la rivelazione del senso essenziale e complessivo del mondo. Anche nella lingua greca il significato più antico della parola mythos è “parola”, “sentenza”, “annunzio”; a volte mythos significa persino “la cosa stessa”, la “realtà”. Solo in modo derivato e più tardo, nella lingua greca mythos indica “leggenda” , la “favola”, il “mito”.

Emanuele Severino – La filosofia Antica, Rizzoli, 1990

Successivamente, nella lingua e nella cultura greca, il significato di mythos verrà sostituito dal termine logos che diverrà “la cosa stessa” “la legge del tutto” “la verità”, in grado di fondare sé stessa, relegando la parola mythos al rango decaduto appunto di favola, leggenda, mito, nel senso che noi oggi diamo a queste parole.

Ma anche il logos, alla fine diverrà “ragionamento” ,“discorso”, cioè una posizione soggettiva, sia deduttiva che retorica, alla quale se ne può contrapporre un’altra, che se è più efficace, dal punto di vista logico o meramente persuasivo, può persino sostituirla.

Mythos e Logos diventano dunque i luoghi dove si può conquistare o perdere la verità. La caduta o la perdita dell’innocenza nel mito e il progresso storico nel logos, saranno le due facce, una appunto mitica e l’altra storica della conquista e della perdita della verità da parte dell’uomo nella sua esistenza individuale e collettiva.

Mito e logo, eternità e storia, sono le due dimensioni in cui l’Anima è all’incessante ricerca di quell’unità primigenia, che è stata irrimediabilmente perduta ed è, allo stesso tempo, sempre salva dal niente. 

Un paradosso, una contraddizione irrisolvibile. L’Eterno dissidio dell’Anima, divina e mortale allo stesso tempo.

 Nel prossimo episodio – > :   Reggetevi forte, arriva Zeus! Il re degli dei nella mitologia greca. Fratello di Ade, Poseidone, Demetra, Estia ed Era che è anche sua moglie. È anche il figlio di Cronos e Rea. È uno dei tre padroni dell’Universo, insieme ai suoi fratelli Poseidone e Ade. Ha il potere di lanciare fulmini contro gli uomini che non si mostrano devoti agli dei. Zeus è infatti dio del cielo e dei fulmini. È il re degli dei, è spesso associato all’aquila. Le sue armi più formidabili sono (indovinate un po’?) il Fulmine che gli fu offerto dai Ciclopi e il suo scudo, l’egida. È temuto anche da altri dei. C’è una sola cosa di cui lui ha una paura matta:  l’ira di sua moglie Era.

 

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