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LA GUERRA DI TROIA – 4 – CASTORE E POLLUCE

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Paride decise di partecipare ai giochi di Troia per ottenere premi per la sua famiglia. Enone, la sua sposa, disse però che se fosse andato, non sarebbe più tornato da lei, poiché si sarebbe innamorato di un'altra donna e avrebbe generato un conflitto tra i suoi parenti. Se poi fosse stato ferito, solo lei avrebbe potuto curarlo. Paride non ci credette e si diresse verso Troia. Lì si distinse per bellezza e forza e vinse molti gare, anche in competizione con Ettore , il primogenito del re e quindi erede al trono. Priamo alla fine riconobbe suo figlio e lo chiamò a vivere con la sua vera famiglia. Paride tornò quindi a Troia . Più tardi, Ettore inviò Paride in una spedizione in Grecia. Eleno , il fratello gemello di Cassandra che era anche un chiaroveggente, predisse che il viaggio avrebbe provocato una catastrofe.
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Giunto poi ad Amicle, Paride fu ospitalmente accolto dai Dioscuri, Castore e Polideuce (Polluce), fratelli di Elena. Alla stessa famiglia (di cui Zeus e Leda erano i genitori) apparteneva anche Clitennestra, moglie di Agamennone, che, come il fratello Castore, era mortale, mentre gli altre due, Elena e Polideuce, erano immortali.

Dell’attaccamento stretto che i due gemelli maschi avevano l’uno per l’altro, ci è stato tramandato un bell’esempio di cui vale la pena di parlare, sebbene l’episodio in questione non si sia verificato se non poco dopo i fatti che stiamo narrando.

Essendo stati invitati entrambi alle nozze di Linceo e Ida con Febe e Ilera, figlie di Leucippo, si innamorarono proprio delle spose e tentarono di rapirle. Ne seguì una rissa, in cui Castore, dopo aver ucciso Linceo, cadde per mano di Ida, che poi venne a sua volta ucciso da Polideuce per vendicare la morte di suo fratello.

Polluce quindi pregò Zeus di riportare in vita Castore, proponendo in cambio della grazie, che entrambi sarebbero stati nel mondo dei vivi a giorni alterni. Zeus soddisfò la richiesta a quelle condizioni.

Dei figli nati da Leda, Castore praticava l’arte della guerra e Polluce l’arte del pugilato, e per la loro virilità furono chiamati entrambi Dioscuri.

Volendo essi sposare le figlie di Leucippo, le portarono via con la forza dalla Messenia e le presero come mogli; Polluce ebbe Mnesileo da Febe, e Castore ebbe Anogon da Ilaira.

Avendo sottratto un bottino di bestiame dall’Arcadia, in compagnia di Ida e Linceo, figli di Afareo, i due gemelli concessero allo stesso Ida di dividere il bottino. Questi allora tagliò una mucca in quattro e disse che una metà  sarebbe stata di chi avesse mangiato per primo la sua parte, il resto di chi avesse mangiato per secondo.

Ma prima che se ne accorgessero, Ida aveva già divorato la sua parte e anche quella di suo fratello, e poi con l’aiuto di Linceo, portò via il resto il bestiame catturato a Messene. Allora i Dioscuri marciarono contro Messene e recuperarono quelle mandrie e altre ancora. Quindi restarono in agguato ad attendere Ida e Linceo.

Castore era sulle tracce di Linceo e venne scoperto da Ida, che lo uccise. Polluce li inseguì e uccise Linceo scagliando contro di lui la sua lancia, ma prima di morire Linceo aveva lanciato contro di lui, in testa, una pietra, e dunque Polluce cadde a terra privo di sensi. Zeus colpì allora Ida con un fulmine e portò in cielo Polluce. Tuttavia, poiché Polluce rifiutava di accettare l’immortalità mentre suo fratello Castore giaceva morto, Zeus permise che entrambi fossero a giorni alterni tra gli dei e tra i mortali. E quando alla fine i Dioscuri furono condotti entrambi dagli dei per restarvi, Tindareo mandò a chiamare Menelao a Sparta e gli consegnò il regno.

Pseudo Apollodoro, Biblioteca, 3.11.2

Inseguito, i due fratelli gemelli furono considerati degli esseri divini e si supponeva che cavalcassero cavalli bianchi nel cielo, con lance abbaglianti, e che ciascuno di loro portasse una stella sulla fronte.

Castore e Polluce

Castore e Polluce

Nelle tempeste, quando un marinaio vedeva una sfera di fuoco nell’aria, era questo per lui che i Dioscuri erano lì vicino ad aiutarlo.

Venite qui, potenti figli di Zeus
e Leda; l’Olimpo lasciatevi alle spalle
la vostra dimora lampeggiante. Con animo lieto,
Castore e Polluce, apparite a noi.

Voi che attraversate tutta la distesa
della terra e sui mari spaziosi
sui vostri destrieri dagli zoccoli veloci, salvate senza affanno
tutti gli uomini che vanno incontro alla gelida morte.

Sulle cime delle navi ben armate voi saltate,
che brillano in lontananza nella notte torbida.
Come atterrate sulle sue sartíe portate una luce
al veloce vascello nero che naviga sugli abissi.

Alceo fr. 34 V

(Libera traduzione e adattamento, da Myths and Legend of Ancient Greece and Rome di E. M. Berens, 1880 con aggiunte e integrazioni)

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Nella mitologia greca, Elena era figlia di Zeus e della regina Leda, sorella gemella della regina Clitennestra di Micene, sorella di Castore e Polluce e moglie del re Menelao di Sparta. Quando aveva undici anni, fu rapita dall'eroe Teseo, tuttavia i suoi fratelli Castore e Polluce la riportarono a Sparta. Elena aveva la reputazione di essere la donna più bella del mondo, aveva perciò diversi corteggiatori, tra cui molti dei più grandi eroi della Grecia, e il suo padre adottivo Tindaro esitava a prendere una decisione a favore di uno di loro per paura di inimicarsi gli altri. Infine uno di loro, Odisseo (il cui nome latino era Ulisse), re di Itaca, risolse l'impasse proponendo che tutti i corteggiatori giurassero di proteggere Elena e qualunque marito avesse scelto. Elena poi sposò Menelao, che divenne re di Sparta. Elen aè descritta da Omero come colei che ha " le guance rosee". Ibico, Saffo e Stesicoro la chiamano "la bionda".

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