Caligola (Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico, 31 agosto 12 - 24 gennaio 41) fu il terzo imperatore romano. Regnò a partire dal 37 d.C. Dopo soli quattro anni, fu assassinato dai membri della sua guardia del corpo, del Senato romano e della corte imperiale. Dopo la morte di Caligola, i cospiratori cercarono di riportare in vita la Repubblica romana, ma senza successo. La Guardia Pretoriana dichiarò imperatore lo zio di Caligola, Claudio, al suo posto.Durante il regno di Caligola, molte persone innocenti furono uccise senza un giusto processo. Nonostante tutto ciò, fu popolare tra il pubblico romano del suo tempo.
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Ricostruzione del volto dell’imperatore Claudio, confrontato con una sua statua
Il nerd sottovalutato
“Io, Tiberio Claudio Druso Nerone Germanico Questo-quello-e-l’altro (perché non vi disturberò ancora con tutti i miei titoli), che un tempo, e nemmeno tanto tempo fa, ero conosciuto da amici, parenti e collaboratori come “Claudio l’idiota”, o “quel Claudio“, o “Claudio il balbuziente”, o “Clau-Clau-Claudius” o, nel migliore dei casi, come “povero zio Claudio“, mi accingo ora a scrivere questa strana storia della mia vita; partendo dalla mia prima infanzia e proseguendo anno per anno fino a giungere al fatidico punto di svolta in cui, circa otto anni fa, all’età di cinquantuno anni, mi sono trovato improvvisamente invischiato in quello che posso definire il “dramma dorato” da cui non mi sono più districato. ”
– Robert Graves, Io, Claudio
Claudio, ovvero Tiberio Claudio Druso Nerone Germanico, fu imperatore romano dal 41 al 54 d.C., figlio di Druso e Antonia, nipote dell’imperatore Tiberio e nipote di Livia, moglie di Augusto, nacque a Lugdunum (Lione) il 1° agosto del 10 a.C.. Durante la sua infanzia fu trattato con disprezzo, a causa del suo carattere debole e timido e delle sua parziale disabilità (zoppicava ed era balbuziente); il fatto che fosse considerato poco più di un imbecille lo salvò dalla morte per mano di Caligola.
In realtà Augusto a suo tempo aveva capito che Claudio era invece molto intelligente e per questo gli fece avere un’adeguata istruzione. Tuttavia non permise mai a Claudio di avere incarichi militari o amministrativi, perché i suoi difetti fisici sarebbero risultati dannosi per l’immagine della corte imperiale.
Claudio dunque si dedicò soprattutto alla letteratura, in particolare alla storia, e fino alla sua ascesa al trono, non prese parte agli affari pubblici, anche se Caligola lo onorò della dignità di console.
Per tutta la vita Claudio fu negativamente influenzato da favorite intriganti e mogli indegne. Si sposò quattro volte: con Plautia Urgulanilla, dalla quale divorziò perché sospettava che avesse complottato per ucciderlo; con Aelia Petina, e anche da lei poi divorziò; quindi si risposò con la famigerata Valeria Messallina; e infine con la nipote Agrippina.
Io Claudio e il Divo Claudio
“Caro Claudio Ho conosciuto tipi brillanti che si fingevano stupidi e persone stupide che giocavano a fare gli intelligenti. Ma tu sei il primo caso che vedo di uomo stupido che interpreta la parte dello stupido. Diventerai un dio.”
Io, Claudio (Robert Graves)
Lo scrittore, storico e biografo Robert Graves scrisse due celebri romanzi, “Io Claudio” e il “divo Claudio” che ricostruiscono, in forma di diario, le vicende che lo portarono a diventare imperatore, raccontando anche i retroscena dei regni di Augusto, Tiberio e Caligola. ‘Io Claudio” è un grande e riuscito affresco storico; da questo libro è stata tratta una celebre miniserie TV della BBC nel 1976 con Derek Jacobi nel ruolo del protagonista e altri grandi attori inglesi: Brian Blessed (Augusto), Patrick Stewart (il futuro capitano Picard della serie Tv Star Trek: The Next Generation) e John Hurt che interpreta Caligola.
L’imperatore fantoccio, anzi non proprio
Nel 41 d.C., dopo l’assassinio di Caligola, Claudio fu trovato dalla Guardia Pretoriana nascosto dietro una tenda. La Guardia stessa mise il Senato (che aveva maturato l’idea di ripristinare la Repubblica) con le spalle al muro dichiarando il cinquantenne Claudio nuovo imperatore. Claudio, comprese subito che gli unici che contavano davvero ormai a Roma erano i militari. Se avesse rifiutato la nomina, sarebbe stato sicuramente ucciso. Claudio ricevette quindi la corona e promise alla Guardia Pretoriana un’ingente somma di denaro in cambio del suo sostegno.
Claudio: “Senatori, è vero che sono duro d’orecchi, ma vi accorgerete che non è per mancanza di ascolto. Per quanto riguarda il parlare, è vero che ho un impedimento. Ma non è forse più importante quello che un uomo dice che il tempo che impiega a dirlo? È vero che ho poca esperienza di governo. Ma, allora,voi ne avete più di me? Io almeno ho vissuto con la famiglia imperiale che ha governato questo impero da quando ce l’avete consegnato così smidollato. Ho osservato il suo funzionamento più da vicino di tutti voi. La vostra esperienza è forse migliore di questa? Per quanto riguarda l’essere mezzo scemo: beh, cosa posso dire, se non che sono sopravvissuto fino alla mezza età con metà del mio ingegno, mentre migliaia di persone sono morte con tutto il loro ingegno intatto. Evidentemente la qualità dell’ingegno è più importante della quantità. Senatori, non farò nulla di anticostituzionale. Mi presenterò alla prossima sessione del Senato, dove potrete confermarmi o meno nella mia posizione, come vorrete. Ma se non volete, spiegate le vostre ragioni a loro [indica i pretoriani], non a me.”
Dall’episodio 10 “Fool’s Luck” (“La fortuna degli sciocchi”), della serie TV “Io Claudio”, BBC, 1976, a sua volta tratta dall’omonimo romanzo di Robert Graves
Uno dei primi atti di Claudio fu quello di proclamare un’amnistia per tutti tranne che per Cassio Cherea, l’assassino del suo predecessore, e per un paio di altri. Dopo la scoperta di una congiura contro la sua vita nel 42, cadde completamente sotto l’influenza di Messalina e dei suoi liberti preferiti Pallade e Narciso, che devono essere ritenuti responsabili di atti di crudeltà che hanno portato un odio immeritato nei confronti di questo imperatore.
Non c’è dubbio che Claudio fosse un uomo di natura liberale e gentile, attento al benessere del suo popolo. Furono emanate norme di carattere più umano nei confronti dei liberti, degli schiavi, delle vedove e degli orfani; il sistema di polizia fu organizzato in modo efficiente; il commercio fu posto su basi solide; le province furono governate con spirito di liberalità; i diritti dei cittadini e l’ammissione al senato furono estesi alle comunità al di fuori dell’Italia.
Il primo fautore dell’integrazione
Il discorso di Claudio pronunciato (nell’anno 48) in senato a sostegno della petizione degli Edui affinché i loro senatori avessero lo jus petendorum honorum (diritto di ammissione al senato e alle magistrature) a Roma, è stato in parte conservato sul frammento di una tavoletta di bronzo rinvenuta a Lione nel 1524; un editto imperiale riguardante la cittadinanza degli Anauni (15 marzo 46) è stato rinvenuto nel Tirolo meridionale nel 1869 (C.I.L. v. 5050).
Un sovrano industrioso
Claudio fu molto attivo nell’edificazione delle opere pubbliche. Completò il grande acquedotto (Aqua Claudia) iniziato da Caligola: un’opera stupenda, che portava acqua alla città da una distanza di più 72 chilometri. Prosciugò il Lacus Fucinus (Lago del Fucino) e costruì un secondo porto vicino Ostia chiamato appunto Portus.
Imprese militari
Ogni imperatore doveva crearsi fama e prestigio con le conquiste e Claudio seppe cavarsela egregiamente anche in questo caso: le sue campagne militari non furono affatto infruttuose, anzi. Trasformò la Mauretania in due nuove province e creò un regno cliente per stabilizzare la Giudea. Claudio aggiunse all’Impero anche la Licia e la Tracia e il suo illustre generale Domizio Corbulo ottenne notevoli successi in Germania e in Oriente.
La conquista della Britannia
Ma l’impresa più notevole fu la conquista della Britannia. Era ormai trascorso quasi un secolo dall’invasione dell’isola da parte di Giulio Cesare, che, come si è visto, si limitò a una ricognizione dell’isola e poi si ritirò.
Nel 43 d.C., un capo tribù britannico di nome Verica si rivolse ai romani per chiedere aiuto. La Britannia, come a suo tempo la Gallia, era dilaniata da continue contese dinastiche e territoriali e divisioni tra tribù. Ciò la rendeva più debole e Roma vedeva nel controllo della Britannia la possibilità di sfruttare le preziose risorse minerarie di quella terra. Claudio organizzò una grande spedizione militare in Britannia, guidata dal generale Aulo Plauzio. Già Caligola aveva fatto alcuni preparativi per invadere la Britannia, ma tutto era andato poi a finire come sappiamo.
Claudio riuscì quindi a conquistare tutta la parte meridionale dell’isola e vi fondò molte colonie, che col tempo divennero importanti centri di Roma.
Plauzio invitò l’imperatore nelle nuove terre annesse a Roma e Claudio marciò alla testa del suo esercito verso la grande capitale tribale di Camulodunum (Colchester), portandosi dietro perfino degli elefanti per impressionare i barbari. Ritornato a Roma dopo 16 giorni, Claudio organizzò un trionfo, erigendo archi ed emettendo monete per commemorare il suo grande successo. Claudio era riuscito a dimostrare di essere un vero imperatore romano, un comandante vittorioso, che era arrivato lì dove persino Giulio Cesare si era fermato. Per festeggiare, chiamò suo figlio Britannico.
Carataco fu re britanno, che sconfitto nel 43 d. C. si rifugiò dalla regina Cartimandua, la quale consegnò ai Romani. Claudio lo portò a Roma per arricchire il suo trionfo, ma poi gli concesse la grazia.
Il capo barbaro, contemplando con stupore la magnificenza della città imperiale, esclamò: “Come può chi possiede un tale splendore in patria, invidiare a Carataco la sua umile casetta in Britannia?”.
Tolleranza religiosa
Claudio ripristinò le usanze religiose romane, scoraggiò il culto dell’imperatore e in generale tollerò i culti stranieri, a patto che non sfidassero apertamente il potere di Roma. Agli ebrei fu permesso di praticare liberamente il proprio culto, ma Claudio ordinò di sradicare i druidi in Gallia.
Gli spettacoli circensi
La passione del popolo per gli spettacoli gladiatori era diventato quasi una follia e Claudio decise di offrire uno spettacolo che avrebbe reso insignificanti tutti gli sforzi fatti prima dai predecessori in questo campo.
Su un grande lago, la cui sponda inclinata offriva posti a sedere per la grande moltitudine di spettatori, fece allestire una battaglia navale, in cui due flotte contrapposte, con 19.000 gladiatori, combatterono come in un autentico scontro all’ultimo sangue, finché l’acqua non si riempì di migliaia di corpi e si ricoprì di frammenti delle navi affondate.
Intelligente, ma insicuro
Claudio aveva un carattere imprevedibile e contraddittorio: attento e premuroso, a volte sconsiderato e impaziente in altre. Tutto ciò spesso lo portò a decisioni affrettate in Senato. Claudio non sapeva scegliersi bene i consiglieri: si affidava alle mogli e ai liberti, cosa che creava diverse frizioni e contrasti con i senatori e l’ordine equestre. Il segretario capo di Claudio, Narciso, l’assistente capo Pallade e l’esaminatore delle petizioni Callisto erano tutti liberti e gli uomini più anziani del governo di Claudio. Tutti questi esercitavano un’influenza enorme, vendevano uffici e privilegi, arricchendosi ulteriormente, oltre a ricevere ricchi doni da Claudio stesso. Nulla di nuovo in realtà: senatori ed equestri avevano fatto lo stesso e anche di peggio in passato. L’uso di liberti e schiavi era semplicemente il modo più efficiente per gestire la burocrazia personale, e anche altri imperatori adottarono e adotteranno lo stesso sistema.
…con un debole per le donne (anche troppo!)
Tuttavia le donne rimasero il punto debole di Claudio: si faceva letteralmente manovrare dalle sue mogli. Svetonio racconta che grazie alle denunce di Messalina e Agrippina furono giustiziati 35 senatori e 300 equestri. Messalina, madre del figlio di Claudio, Britannico, rimarrà nella storia come una bigama e una ninfomane. Alla fine Claudio la fece giustiziare nel 48 d.C. quando scoprì, intrighi di Narciso, che aveva sposato segretamente un altro uomo, Gaio Silio.
L’enigna Messalina: Puttana imperiale?
Messalina è famosa per il suo appetito sessuale, addirittura per la sua ninfomania. La tradizione antica è unanime nel raccontare di lei come “Augusta meretrix” (“meretrice imperiale”): divenne così l’incarnazione stessa della lussuria e dello scandalo. Secondo la descrizione del poeta satirico Giovenale, era dissoluta e non esitava a prostituirsi apertamente nei bordelli della Suburra. Aveva trasformato parte del palazzo stesso in un bordello.
Gli storici moderni, come la britannica Barbara Levick, tendono a contestualizzare l’importanza di questa caratteristica della sua personalità, ma tutti ammettono la realtà della cattiva condotta dell’imperatrice. Alcuni mettono in dubbio l’autenticità della prostituzione di Messalina. Anche la storica Catherine Salles esplora questa dissolutezza, notando che non fosse poi così insolita.
“Gli eccessi delle grandi signore, le orge licenziose organizzate dalle matrone della nobiltà non sono una pura invenzione di moralisti scandalizzati. Se la storia ha calunniato il personaggio di Messalina, il comportamento che le viene attribuito non è privo di equivalenti nella società imperiale. Dopo la cupezza del regno augusteo, la morale si liberò improvvisamente durante i primi anni del regno di Tiberio. Alcune matrone sono state apertamente registrate tra le prostitute elencate dalle autorità di polizia. Questo, pensavano, avrebbe permesso loro di amare liberamente chi volevano senza incorrere in sanzioni”.
Catherine Salles, I Bassi fondi dell’Antichità, 2004
Per Pierre Grimal, Messalina era al centro di uno spietato conflitto di interessi in cui ognuno giocava le proprie carte. Egli propone la seguente spiegazione: Claudio era noto per il suo amore per le donne (e in particolare per le ragazze molto giovani). Messalina, una donna bambina (aveva quattordici o quindici anni al momento del matrimonio), esercitava una vera e propria influenza sul marito. Divenne quindi ben presto un’intermediaria privilegiata per l’accesso all’imperatore. Viene poi manipolata dal liberto Narciso prima che, in un colpo di scena finale, si liberi di lei. La spiegazione si adatta abbastanza bene a un altro rimprovero mosso a Messalina: la sua crudeltà. Per suo intervento, molti cortigiani furono effettivamente eliminati con la retrocessione, l’esilio o l’assassinio: tra le sue vittime c’erano le mogli o le amanti dei suoi amanti, persone di cui bramava i beni, potenziali concorrenti per l’eredità dinastica, minacce alla sua stessa sicurezza… Il resoconto di Tacito mostra chiaramente che per raggiungere i suoi scopi, l’intrallazzatrice aveva bisogno di un sostegno (altamente retribuito), che otteneva con alleanze mutevoli e senza remore. Un ruolo che contrasta con l’immagine di un sperperatrice dissoluta. Rimane il fatto che la sua immagine verrà sempre associata alla sessualità dissoluta e perversa, come dimostrano il fumetto erotico di Renzo Barbieri, dal titolo appunto Messalina, pubblicato tra il 1966 e il 1974; e poi il film Messalina, Messalina, del 1977, di Bruno Corbucci, con Tomas Milian.
La perfida Agrippina
Ora, chiunque penserebbe che il vecchio, dopo questa bruciante esperienza, diventasse più cauto con le donne; invece prese come quarta moglie la nipote la “perfida Agrippina” (sorella di Caligola), una donna intrigante e calcolatrice come tutte quelle che l’avevano preceduta.
Agrippina soggiogò Claudio così facilmente, che fece cambiare la legge per rendere legale il proprio matrimonio con la nipote. Agrippina voleva che suo figlio Lucio, avuto da Cneo Domizio Enobarbo, diventasse imperatore, per cui persuase Claudio ad adottare Lucio, il che pose questi al secondo posto nella linea di successione al trono dopo Britannico. Il nome di Lucio fu cambiato in Nerone Claudio Cesare Druso Germanico, e sarà ricordato nella storia col solo nome di Nerone, quando diverrà effettivamente imperatore.
Morte di Claudio
Per rendere sicura la posizione di Nerone stesso, Nel 54 d.C Agrippina procurò a Claudio la morte servendogli un piatto di funghi avvelenati (in realtà questo coinvolgimento della donna nella morte dell’imperatore, è cosa dubbia, così come il fatto che si sia trattato davvero di assassinio).
La morte di Claudio fu taciuta fino a quando Agrippina poté organizzare la regolare successione di Nerone, che aveva quasi 17 anni (cinque anni in più di Britannico).
La “zucchificazione” dell’imperatore
L’apoteosi di Claudio fu oggetto di una parodia satirica latina attribuita al filosofo Seneca, chiamata Apokolokyntosis, la “zuccatura” di Claudio o Trasformazione dell’imperatore Claudio in zucca (è nota anche come Ludus de Morte Claudii), scritta probabilmente proprio alla fine dell’anno 54 d.C. o all’inizio dell’anno 55.
ll titolo Ἀποκολοκύνθωσις = citruillificazione), con cui l’opera è generalmente conosciuta, non deriva dalla tradizione manoscritta che ci ha trasmesso il testo, ma dalla testimonianza di Dione Cassio , storico di lingua greca della prima metà del III sec . Dione Cassio riferisce che Seneca, poco dopo la morte di Claudio, aveva scritto un’opera a cui diede il nome di Apokolokyntosis e che questo titolo era una parodia del termine “apoteosi” .
I manoscritti più antichi riportano generalmente il titolo Ludus de morte Claudii (Caesaris), tranne uno, il Sangallensis 5693, che è più preciso e recita: Diui Claudii apotheosis Annei Senecae per saturam.
La maggior parte degli storici della letteratura latina, seguendo la testimonianza di Dione Cassio , hanno riconosciuto in Seneca l’autore di questo testo. Jean Bayet osserva infatti che la vena satirica non è assente nelle opere filosofiche di Seneca, che pullulano di aneddoti e battute piccanti, il che non sorprende per un moralista. Inoltre, il significato politico dell’opera è ben decodificato data la posizione di Seneca all’inizio del regno di Nerone.
La parola Apokolokyntosis , coniata per l’occasione dall’autore sul modello dell’apoteosi, può essere intesa solo come “trasformazione o metamorfosi [di Claudio] in una zucca”, “citrullificazione”.
In realtà il termine “zucca” usato dai commentatori contemporanei è irrilevante: Seneca non poteva pensare alla zucca che intendiamo noi oggi, apparsa in Europa solo dopo la scoperta dell’America; sicuramente intendeva piuttosto la cosiddetta zucca da vino (Lagenaria siceraria) o la zucchina, che i romani chiamavano colocyntha, -ae. Comunque, ciò che conta sono le connotazioni poco lusinghiere associate alla parola.
La morte e l’apoteosi di Claudio
Claudio morì il 13 ottobre 54, avvelenato, secondo gli storici antichi, probabilmente su istigazione della moglie Agrippina. Ella voleva assicurare la successione al trono al proprio figlio Nerone, mentre Britannico, figlio di Claudio e Messalina, poteva tornare in lizza.
Si tennero funerali solenni, la laudatio funebris (elogio funebre) fu pronunciata da Nerone (e fu scritta proprio da Seneca) e le ceneri di Claudio furono deposte nel mausoleo di Augusto il 24 ottobre. Poco dopo il Senato decretò la divinizzazione (apoteosi) dell’imperatore defunto. Si decise di erigergli un tempio sul Monte Celio.
La morte di Claudio non fu solo un evento umano; fu un evento politico, una rivoluzione. Per molti, e soprattutto per l’aristocrazia senatoria; si trattava di una rottura con una prassi politica che dava troppo potere ai liberti imperiali e restituiva al Senato il suo ruolo tradizionale nello Stato. Ma non è detto che questo punto di vista fosse condiviso dalle classi lavoratrici.
Analisi dell’opera
L’Apokolokyntosis si inserisce nella tradizione greco-latina della satira menippea (satura menippea), illustrata da Varrone: un particolare tipo di satira che mescola brani in prosa e in versi di misure diverse. I metri qui rappresentati sono l’esametro dattilico, il senario giambico, il monometro anapestico. È presente anche la tradizione della parodia di generi seri come come l’epopea (dèi e viaggio negli inferi), la tragedia (comparsa di un coro) e la commedia (comparsa di Ercole nei panni di Heracles comicus ) in maniera di parodia. Come nelle altre satire romane di Giovenale e Persio, anche qui il riferimento al tempo è un elemento importante.
Il testo è piuttosto breve ed è stato suddiviso dalla tradizione filologica in 15 capitoli. La maggior parte degli editori e dei commentatori ritiene che ci siano una o più lacune nel racconto dell’assemblea degli dèi.
Cap.1 e 2
L’opera inizia con un prologo, come un’opera storica. L’autore assicura con umorismo che si tratta di una narrazione fedele e imparziale. In primo luogo, infatti, l’autore si presenta come uno storiografo che vuole scrivere di ciò che accadde in cielo il 13 ottobre del 54 d.C. Cita anche una fonte per le sue informazioni, sebbene ritenga che ciò non sia necessario per uno storico. La narrazione ripercorre la morte di Claudio, la sua ascesa al cielo e il suo giudizio da parte degli dei, quindi la sua discesa finale nell’Ade. Il testo si riferisce a Claudio come princeps Saturnalicius (principe dei Saturnalia, una festa romana durante la quale l’ordine stabilito viene invertito e gli schiavi diventano i padroni). Naturalmente, Seneca si fa beffe dei difetti personali del defunto imperatore, in particolare della sua arrogante crudeltà così come della sua balbuzie e della zoppìa.
Cap.3
È qui che inizia la vera azione. Claudio sta morendo; Mercurio va dalle Parche e chiede loro di porre fine alla lunga sofferenza di Claudio. Esse obiettano che in realtà volevano lasciarlo vivere un po’ più a lungo, ma poi accettano.
Cap.4
Claudio spira pronunciando le sue ultime parole “Vae me, puto, concacavi me!” (“Oh povero me, penso di essermi cagato addosso!”).
L’anima di Claudio, dopo la sua dolorosa morte, si dirige faticosamente sul Monte Olimpo, dove convince Ercole a far ascoltare agli dèi la sua richiesta di divinizzazione in una sessione del Senato divino. Le procedure sono a favore di Claudio, finché Augusto non pronuncia un lungo e sincero discorso in cui elenca alcuni dei crimini più noti di Claudio, oltre ad emettere un decreto di proscrizione contro di lui.
Cap. 5
Qui inizia la descrizione di ciò che sta accadendo in cielo. A Giove viene annunciato l’arrivo di uno sconosciuto. Poiché nessuno può capirlo o riconoscerlo, a riceverlo viene inviato Ercole , che ha viaggiato molto e ha familiarità con mostri di ogni tipo. Quest’ultimo chiede a Claudio in un versetto omerico da quale continente provenga, e riceve subito risposta in un altro versetto omerico, che Claudio cita e quindi si identifica come Julier (afferma di essere appena arrivato da Ilio (Troia), la patria degli Enea, capostipite dei Giulii).
Cap. 6
Qui Febris, la dea della febbre, che lo ha accompagnato in cielo (per tutta la vita Claudio fu un uomo malaticcio), interviene e corregge questa affermazione dichiarando che l’imperatore in realtà è originario di Lione. Claudio vuole che sia portata via e giustiziata, ma ovviamente egli non ha autorità in cielo.
Cap.7
Ercole poi lo affronta severamente e Claudio si rende conto che non ha nulla da riferire. Invece, ora inizia ad adulare Ercole e cerca di convincerlo a fargli da avvocato davanti gli altri dei. Il testo poi si interrompe.
Contenuto presunto della sezione perduta:
Si presume che intervengano altri dei e che Mercurio parli a nome di Claudio. Purtroppo, il testo superstite presenta numerose lacune in questa parte e la maggior parte delle suppliche degli dei a favore e contro Claudio non sono state conservate.
Cap.8
Un dio (presumibilmente Apollo ) chiede che tipo di dio dovrebbe diventare Claudio, sostenendo che nessun dio acconsentirebbe a un’apoteosi, nemmeno Saturno, la cui festa Claudio celebrava tutto l’anno.
Cap. 9
Interviene, Giove ripristinando l’ordine del Senato mandando fuori dall’edificio il privato Claudio per il momento della deliberazione, e quindi guidando la discussione. Giano parla per primo, pronunciandosi contro la deificazione, non solo per Claudio, ma per tutte le persone. Allora Dis Pater – a un cenno di Ercole – intercede per Claudio. Le opinioni non sono unanimi, ma emerge una maggioranza a Claudio.
Cap.10
L’imperatore divinizzato Augusto pronuncia un discorso in cui si oppone con veemenza alla divinizzazione di Claudio.
Cap.11
Continuazione del discorso di Augusto e risoluzione dell’assemblea degli dei: Claudio non diventerà un dio e dovrebbe entrare negli inferi.
Cap. 12
Poiché gli dei non lo ritengono degno della divinità, lo condannano all’inferno, dove lo porta Mercurio. Sulla strada dell’Ade, attraverso la Via Sacra, Claudio e Mercurio assistono a una processione per l’imperatore, in cui una folla di personaggi banali e ridicoli e venali, lamenta amaramente la fine dei saturnali perpetui a cui il principato di Claudio li aveva abituati, costituendo una profonda critica alla politica di Claudio a favore di liberti e schiavi. Il significato beffardo del loro canto sfugge completamente a Claudio.
Cap. 13
Mercurio e Claudio arrivano negli inferi, dove è atteso dai tanti che aveva giustiziato. Certo, sono felici di vederlo (da un lato perché ora è morto, dall’altro perché non è nemmeno un dio, ma deve portare avanti la sua esistenza negli inferi), e Claudio interpreta tutto ciò come vera gioia e ed esclama “Πάντα φίλων πλήρη” (“Tutto è pieno di amici”).
Cap. 14
Claudio viene presentato al giudice degli inferi Eaco. All’inizio non si trova alcun avvocato per lui, ma poi compare un difensore (Publius Petronius, un compagno di bevute). Tuttavia, il giudice ascolta solo l’accusa, non la difesa. La sentenza viene emessa. Alla fine Claudio è condannato a unirsi ai grandi malfattori puniti come Tantalo o Sisifo e a giocare per sempre con un bicchiere di dadi senza fondo che continueranno a cadere per l’eternità; una punizione simile al supplizio delle Danaidi (il gioco d’azzardo era uno dei vizi di Claudio). Ogni volta che avrebbe cercato di lanciare i dadi infatti, questi sarebbero caduti dal lato senza fondo della ciotola e Claudio doveva chinarsi di continuo a cercarli sul pavimento
Cap. 15
Appare Caligola che apparentemente possiede un potentato degli inferi ( forse grazie alla sua malvagità) e chiede di avere Claudio come schiavo (anzi, sostiene che gli sia appartenuto) come compenso per le ingiustizia personali subite. Questo gli viene prontamente concesso, ma poi l’imperatore non lo vuole più e lo cede ad Eaco, che a sua volta lo scarica a un liberto che gestisce uno degli uffici imperiali.. Ora Claudio ricopre un piccolo incarico di polizia per l’eternità.
I successivi processi a cui Claudio viene sottoposto sono altrettante sfide alla sua legittimità politica, alla sua politica di concessione della cittadinanza romana e di apertura del Senato alle élite provinciali.
Si tratta di una satira feroce contro l’imperatore Claudio, o meglio contro il Senato che aveva decretato gli onori divini al principe. Seneca, geniale nella filosofia e nella tragedia, non aveva l’animo di uno scrittore satirico; eppure il suo genio era quello di un intellettuale che, anche in un genere poco adattabile alla propria sensibilità, dimostra la forza dell’indignazione contro un tiranno e contro un’assemblea corrotta e immorale.
In tutto il poema satirico ci sono numerosi riferimenti al tempo in cui regnò Claudio. L’opera contiene, tra le altre cose, allusioni all’impiego di numerosi piccoli avvocati durante il mandato di Claudio e alla sua propensione a far giustiziare gli oppositori politici . Seneca prendeva in giro anche vari suoi tratti caratteriali negativi e i suoi disturbi di Claudio, anche se in una distorsione grottesca, ad esempio la sua balbuzie, la sua andatura zoppicante e la sua passione per il gioco d’azzardo.
In seguito, si dice che Seneca si vergognò di questa polemica rabbiosa, che contraddiceva così palesemente l’ideale di serenità filosofica da lui predicato, e che avrebbe cercato di impedirne l’ulteriore diffusione. Mentre storici come Ulrich Gotter, che vedono Seneca più come un politico di potere, usano spesso l’Apocolocyntosis come prova di come si sia messo senza scrupoli al servizio di Nerone, quei ricercatori in particolare che difendono un’immagine positiva di Seneca hanno sempre avuto difficoltà a conciliare questo testo con il resto della sua opera filosofica. Una nuova soluzione al problema è stata suggerita nel 2016 da Niklas Holzberg, che negò la paternità di Seneca e ritenne l’Apocolocyntosis un’opera spuria del II o dell’inizio del III secolo.
Il significato politico dell’opera
Seneca aveva motivi personali di risentimento nei confronti di Claudio, che lo aveva mandato in esilio in Corsica nel 41 a seguito di intrighi di corte. Seneca aveva cercato di ottenere il suo richiamo scrivendo la Consolazione a Polibio; nonostante ciò le lusinghe nei confronti di questo liberto imperiale furono vane. Solo qualche anno dopo, probabilmente nella primavera del 49, poté tornare a corte, su intervento di Agrippina.
Ma le sue ragioni più profonde erano sicuramente politiche. In quanto principale consigliere del nuovo principe, Nerone, di cui era tutore e di cui doveva aver scritto i discorsi al momento della sua ascesa al trono davanti ai pretoriani e ai senatori, si trattava di sottolineare la rottura tra il nuovo regno con quello precedente.
Seneca disapprovava il modo in cui l’ultimo imperatore aveva governato e voleva che si tornasse all’esempio di Augusto, il fondatore della dinastia, di una condivisione del potere tra il principe e il Senato (diarchia). Confidava che il suo allievo si muovesse in questa direzione, inaugurando così una nuova età dell’oro. In questa prospettiva, era importante screditare Claudio umanamente e politicamente, ridicolizzandolo, enfatizzando il carisma di Nerone e presentando per contrasto gli orientamenti del nuovo regime; e il suo pamphlet doveva trasmettere queste idee a tutti gli strati dell’opinione pubblica, compreso il popolo, il che non era scontato. Non è un caso che sia un Augusto divinizzato a svolgere il ruolo di pubblico ministero davanti al tribunale degli dei: egli esprime il suo dolore e la sua indignazione per i crimini di Claudio, che non trovano posto in cielo.
Quanto a Nerone, è Apollo stesso che, in un passo in versi, ne canta le lodi e le doti sovrumane e lo descrive a sua immagine e somiglianza, suonatore di lira e cantore, grazie al quale tornerà l’età dell’oro. Nerone appare quindi come un nuovo Apollo, che lo colloca chiaramente nella stirpe di Augusto, il protetto dell’Apollo di Azio.
lo studioso Eugen Cizek sottolinea inoltre che denigrando Claudio mentre Agrippina sta creando il suo culto, combatte con lui una battaglia su chi avrà più influenza sul nuovo imperatore, sull’esercito e sul senato.
Claudio storico e linguista
Claudio fu uno scrittore prolifico, soprattutto di storia, ma le sue opere sono andate perdute. Scrisse una storia di Cartagine, lingua in greca; in latino invece compose una storia dell’Etruria, una storia di Roma dalla morte di Cesare, un’autobiografia e un saggio in difesa di Cicerone contro gli attacchi di Asinio Gallo. Introdusse anche tre nuove lettere nell’alfabeto latino: per la consonantica V, per i suoni BS e PS, per il suono intermedio tra la I e la U.
(Libero adattamento e rielaborazione dalla “Encyclopædia Britannica Eleventh Edition”, 1910-1911 da “Ancient History, Greece and Rome” di Philip Van Ness Meyers, Toronto, 1901 e dalle edizioni francese e tedesca di Wikipedia)