Gli antichi paragonavano il dio latino Consus al Poseidone Hippios dei Greci. Questa confusione probabilmente non ha altra spiegazione se non nelle corse libere di cavalli e carri che si svolgevano in onore del dio romano, come alla festa del dio greco, perché non c’è alcun motivo di credere che queste due divinità avessero qualcos’altro in comune.
Un’altra opinione erronea è quella degli scrittori antichi che cercavano l’origine del nome Consus nella parola consilium (Plut. Rom. 14; Tertull. de Spect. 5), per spiegare il carattere di consigliere che talvolta assume il dio e di cui troviamo prova in un’iscrizione incisa proprio sul suo altare: Consus consilio, Mars duello, Lares coillo potentes (Consus nel consiglio, Marte in guerra, I Lari nei crocicchi (coillo) potenti). La maggior parte degli studiosi moderni si rifiuta di ammettere questa etimologia e pensare che il vocabolo Consus appartenga a una radice completamente diversa da consilium, derivato da console, consulo.
Oggi alcuni attribuiscono Consus a una radice sanscrita che avrebbe dato origine a sero e consero, consevi; da qui il dio Consivius o Consus, dio della semina assimilabile a Saturnus, Janus, Terminus. Altri lo derivano da condere, conditus (Pseudo-Ascon. in Cic. Verr. 2.10.); è il dio nascosto, il misterioso creatore della vita nelle profondità della terra, come indicato da un chiaro simbolo sul suo altare coperto di terra.
In ogni caso, è uno degli dei più antichi di Roma. È coinvolto in storia stessa della fondazione della città: il ratto delle Sabine avvenne mentre i popoli vicini, invitati da Romolo, assistevano, al tempo della mietitura, alla pacifica festa dei Consualia. È senza dubbio questo avvenimento che, in seguito, diede l’idea di considerare Consus come un dio consigliere, le cui ispirazioni Romolo avrebbe seguito in questa memorabile circostanza.
Quando dopo l’edificazione di Roma, i Romani non avevano donne, e quando fu respinta la loro richiesta per ottenerle dalle tribù vicine, Romolo diffuse la notizia, che aveva trovato l’altare di un dio sconosciuto sepolto sotto terra. Il dio si chiamava Consus, e Romolo gli fece voto di un sacrificio e di una festa, se fosse riuscito nel piano che aveva escogitato per ottenere delle mogli per i suoi romani (Plut.l.c.; Dionys. A. R. 2.30, ecc.).
Livio (1.9) chiama il dio Neptunus Equestris. Ma, in realtà e in origine, è semplicemente un dio contadino, che si addiceva alla razza di pastori e agricoltori che circondava il fondatore di Roma. In questo periodo primitivo, svolse un ruolo importante come dio dell’agricoltura; alcuni vogliono addirittura vedervi una divinità infernale, simile alle divinità ctonie dei Greci. Lo studioso Hartung (Die Relig. d. Röm. II. p. 87) ad esempio, ha indicato ragioni sufficienti per mostrare che Consus deve essere considerato una divinità infernale; questa nozione è implicita nella tradizione del suo altare sepolto sotto terra, e anche nel fatto che muli e cavalli, che erano sotto la speciale protezione delle divinità infernali, erano usati nelle corse ai Consualia, e venivano trattati con particolare cura e solennità in quell’occasione.
Successivamente, con l’ingresso delle divinità greche nel pantheon romano, svanisce e diventa una specie di dio secondario dal carattere piuttosto astratto e intellettuale. Durante l’anno si celebravano in suo onore due feste dette Consualia. Uno aveva luogo dopo la semina, il 15 dicembre (XII kal. januar.); l’altro il 21 agosto (XII kal. sett.), dopo la vendemmia.
L’altare del dio, antico quanto la città stessa, era posto all’estremità orientale del Circo Massimo, fatto costruire da Tarquinio nella Vallis Murcia (Valle Murcia) era vicinissimo ai terminali che segnano il ritorno dalle corse. Per tutto l’anno rimaneva ricoperto di terra a simboleggiare l’azione misteriosa e sotterranea del dio che fa germogliare il seme e fa fiorire il raccolto.
Solo nei giorni di festa veniva sgomberato per offrire un sacrificio e porre lì offerte pie. Abbiamo pochi dettagli tranne che sui Consualia del mese di agosto, quelli che furono teatro del rapimento delle Sabine.
La solennità della cerimonia attesta l’importanza di questa divinità agli albori di Roma. Il Flamen Quirinalis, assistito dalle Vestali, compiva egli stesso il sacrificio; i pontefici presiedevano le corse dei carri e dei cavalli liberi nel circo.
Era giorno di giubilo; ci si abbandonava ad ogni sorta di divertimenti rustici, balli e tra gli altri ad un certo gioco in cui si correva su pelli di bue strofinate con olio, che ricorda lo Askoliasmos (ἀσκωλιασμός) dei Greci: la memoria di ciò è conservata nei più antichi canti latini.
Gli animali impiegati nei lavori dei campi, buoi, cavalli, asini e muli, erano essi stessi associati a queste feste; le gare si tenevano al circo (circus) anche con carri trainati da muli. Si parla in alcuni autori, di un secondo luogo dedicato al dio Consus sotto il nome di aedes Consi, accanto all’aedes Vortumni; questo santuario era sull’Aventino, ma è meno antico dell’altare di cui abbiamo parlato e sarebbe stato innalzato da C. Papirio Cursore nel 461 di Roma (293 a.C.) o nel 482 (272 a.C.). Vi si celebrava anche una festa in onore del dio il 12 dicembre (prid. id. decemb.).
(Libera rielaborazione e adattamento da Le Dictionnaire des Antiquités Grecques et Romaines de Daremberg et Saglio, 1873 e da William Smith. A Dictionary of Greek and Roman biography and mythology, 1848)