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DIOCLEZIANO: L’IMPERO SI FA IN QUATTRO

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Tacito, Floriano, Probo, Caro, Numeriano e Carino (268-285) sono annoverati tra i buoni imperatori di questa epoca che si sforzarono di porre un freno al declino dell'impero ormai vacillante, ma vi riuscirono soltanto in parte.
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Rimettere a posto un impero con una forcina per capelli e un elastico: arriva Diocleziano; altro che MacGyver!

Busto di Diocleziano
Busto di Diocleziano

Il regno di Diocleziano segna un’epoca importante nella storia romana. Fino a quel momento il governo imperiale era stato più o meno accuratamente celato sotto le forme e i nomi dell’antica repubblica. L’impero divenne ora una monarchia assoluta e manifesta. Le riforme di Diocleziano, benché radicali, furono salutari e infusero una tale vitalità nella struttura dello Stato morente da dargli nuova linfa per un altro periodo di quasi duecento anni. Egli decise di dividere i numerosi e crescenti oneri, i problemi e le preoccupazioni per un’impero ormai continuamente minacciato, in modo tale che esso potesse essere governato da due centri: uno in Oriente e l’altro in Occidente.

Un self made man

Soldati dell'epoca di Diocleziano
Soldati dell’epoca di Diocleziano

Diocleziano (Diocletianus Valerius), nacque nei pressi di Salona in Dalmazia, nel 245 d.C., e morì in quella stessa città nel 313. Da sua madre, che si chiamava Doclea o Dioclea o dal villaggio in cui visse, derivò il nome di Docle o Diocle, che poi cambiò, assumendo l’autorità imperiale, in Diocleziano, adottando contemporaneamente il nome patrizio di Valerio.
I suoi genitori erano della classe più umile; alcuni dicono fosse figlio di un notaio, altri di un liberto, altri ancora di un senatore chiamato Anulino. Le sue capacità gli assicurarono una rapida promozione nell’esercito, nel quale entrò giovanissimo, e la sua popolarità personale presso le truppe, gli fece ottenere la massima influenza.

Ricoprì importanti incarichi sotto Probo e Aureliano, militando nella Gallia e nella Mesia, e prestò servizio sotto Caro nella spedizione contro la Persia, che terminò improvvisamente con la morte di quell’imperatore nel suo accampamento sulle rive sul Tigri, nel 284.

La profezia del cinghiale

Durante la ritirata che seguì alla morte di Caro, Numeriano, venne assassinato dal suocero Apro, presso Calcedonia. I soldati, scoperto l’assassinio solo pochi giorni dopo (Numeriano era cagionevole di salute e viaggiava in una lettiga chiusa), dopo aver catturato Apro, scelsero all’unanimità Diocleziano, comandante delle guardie di palazzo, come successore del sovrano morto.

Apro si dichiarò innocente, ma Diocleziano gli immerse la spada nel petto, affermando poi che egli aveva ucciso “il cinghiale”; la parola “aper” infatti vuol dire cinghiale ed egli voleva alludere così alla profezia di un indovino delle Gallie che gli aveva predetto che sarebbe divenuto imperatore qualora ne avesse appunto ucciso uno.

Quando uno che si chiama Carino incontra un altro che si chiama Diocleziano…

Diocleziano fu poi costretto a contendere la sua posizione con Carino, fratello di Numeriano e dunque figlio di Caro, che fu riconosciuto imperatore in Europa e che era rimasto in Italia per raccogliere le forze proprio per assalire Diocleziano.

…quello che si chiama Carino è un uomo morto

Gli eserciti dei Sovrani ostili si incontrarono presso Margo, non lontano dal Danubio in Mesia, dove la stessa battaglia stava svolgendosi a sfavore di Diocleziano; ma Carino, lanciatosi all’inseguimento del nemico con troppa temerarietà, venne ucciso da uno dei suoi stessi ufficiali (anche le sue stesse milizie lo detestavano per la sua crudeltà), ed il suo esercito riconobbe prontamente Diocleziano come suo successore. Egli fu generoso nella vittoria perdonando a tutti i nemici.

Battaglia fra armate romane dell'epoca di Diocleziano
Battaglia fra armate romane dell’epoca di Diocleziano

L’imperatore e il vicepresidente

Fu insediato come imperatore con grande cerimonia solenne a Nicomedia nel settembre del 284, città che egli elesse poi a sua sede prediletta. Ma l’impero romano era ancora immerso nella più grande confusione, ed egli decise di associare a sé un collega nel dominio supremo. La sua scelta cadde su Massimiano, suo vecchio compagno d’armi, rude barbaro, che Diocleziano investì della dignità imperiale nel 286, e nel quale trovò un utile assistente e un grande amico.

C’è almeno una provincia, dico una, che non sia in rivolta?

L’impero era minacciato da nemici e lacerato dalle fazioni. I contadini della Gallia si levarono in armi; La Mauritania era in rivolta; L’Egitto era insidiato dagli avversari esterni e da ribellioni interne; mentre lungo tutta la frontiera, dall’Eufrate al Reno, i Barbari minacciavano di distruggere l’Impero con le loro invasioni.

Busto dell'imperatore Massimiano
Busto dell’imperatore Massimiano

War Games

Massimiano (che era stato incaricato di governare la Gallia, mentre Diocleziano risiedeva principalmente in Oriente) sottomise i Bagaudi o contadini gallici nel 286. Nel 287 in Britannia si accese la ribellione di Carausio e nell’anno seguente Massimiano sconfisse i Germani presso Treveri. Intanto Diocleziano marciò per affrontare altre tribù sui confini della Rezia, quindi sconfisse i Sarmati sul Danubio inferiore.

Nello stesso anno il 289, fu stipulata la pace tra Carausio e i due imperatori, rimandando alla prossima occasione il proposito di strappare al ribelle il possesso della Britannia. Nel 290 Massimiano e Diocleziano furono a Milano per conferire sullo stato dell impero, dopo di che Diocleziano tornò a Nicomedia. Ma improvvisamente i Persiani invasero di nuovo la Mesopotamia e minacciavano la Siria, mentre scoppiarono ribellioni nella Mauritania Cesariense nell’Egitto e in Italia.

 

La secessione di Carausio

Carausio nacque tra i Menapii, nella Gallia belgica. Comandante romano della Classis Britannica, la flotta che pattugliava la Manica, fu incaricato dall’imperatore Massimiano Ercole di difendere le coste atlantiche dai Sassoni e dai Franchi. Ma Carausio venne a sapere che lo stesso Massimiano aveva dato ordine di assassinarlo, perché non si fidava di lui e temeva che egli potesse mettersi d’accordo con i barbari.

In giallo, i territori occupati dal secessionista Carausio nel 286, in arancio i territori da lui rivendicati
In giallo, i territori occupati dal secessionista Carausio nel 286, in arancio i territori da lui rivendicati

Carausio dunque, una volta sbarcato in Bretagna, vi si fece proclamare imperatore dalle legioni (286). Riuscì a governare per sei anni la Britannia come regno secessionista, tenendo testa all’impero dei tetrarchi. Alla fine, fu assassinato da Alletto, allora a capo del fisco imperiale, intorno al 293 e la Britannia tornò ad essere parte integrante dell’Impero Romano. La leggenda dei secoli successivi ne farà un eroe britannico e la letteratura se ne approprierà facendone una figura ancor più leggendaria.

 

 

Non c’è due senza quattro: la Tetrarchia

Diocleziano decise di rafforzare l’impero elevando alla porpora altri due soldati romani, Galerio, figlio di un pastore dacio, e Costanzo, soprannominato Cloro, figlio di un nobile Mesiano, e padre del futuro imperatore Costantino il Grande.

La Tetrarchia, dalla Storia d'Italia a Fumetti di Enzo Biagi
La Tetrarchia, dalla Storia d’Italia a Fumetti di Enzo Biagi

Questi due Principi ricevettero nel 292 il titolo di Cesari, ed avendo ripudiato le loro mogli, Galerio sposò Valeria, la figlia di Diocleziano, e Costanzo la figliastra di Massimiano, Teodora. La Britannia, la Gallia e la Spagna furono assegnate a Costanzo con sede a Treviri o a York; Galerio ricevette la Macedonia, la Grecia e le province illiriche e danubiane, con capitale a Sirmio (presso Mitrowitz); L’Italia e l’Africa, con la Sicilia e le isole del mar Tirreno, furono tenute da Massimiano che risiedeva a Milano; mentre Diocleziano, a capo di tutti, mantenne sotto il proprio dominio la Tracia, l’Egitto e le Province dell’Asia, e stabilì la sua capitale a Nicomedia (Ismid).

I tetrarchi (scultura di porfido, basilica di San Marco, a Venezia)
I tetrarchi (scultura di porfido, basilica di San Marco, a Venezia)

Era nata così la Tetrarchia, termine che deriva da due parole greche: tetra- (“quattro”) e archos (“capo” o “comandante”). Quindi Tetrarchia significa “quattro capi”. Ma era più una divisione amministrativa che politica.

C’erano quindi due Augusti e due Cesari. Milano, in Italia, divenne la capitale e una delle residenze di Massimiano; mentre, come già accennato, Nicomedia, in Asia Minore, divenne la sede della corte di Diocleziano.

Gli Augusti si occuparono dei Paesi vicini alle rispettive capitali, mentre ai Cesari più giovani e attivi fu assegnato il governo delle province più lontane e turbolente. In questo modo si assicurava un’amministrazione vigorosa del governo in ogni quartiere dell’impero.

L’autorità di ciascuno dei sovrani era suprema all’interno del territorio assegnatogli, ma tutti riconoscevano Diocleziano come “padre e capo dello Stato” e in testa agli editti di ciascun principe venivano posti i nomi di tutti e quattro, ma sempre cominciando da quello di Diocleziano.

Con questa disposizione, alla morte di uno degli Augusti, come erano chiamati Massimiano e Diocleziano, il Cesare che era stato associato a lui doveva essergli successore, e doveva essere nominato al suo posto, un altro Cesare.

La divisione dell’Impero

Diviso l’impero, furono divise altresì le province portate a 96 e raggruppate in 13 diocesi, rette da vicari che sorvegliavano l’amministrazione dei presidi. Fu abolita la distinzione già introdotta da Augusto fra province senatorie e province imperiali. Il raddoppiamento del numero delle province, era una formula preventiva per evitare che un singolo governatore accentrasse troppo potere, così da poter aspirare alla corona e scatenare una ribellione.

L‘Italia fu divisa ad esempio in quattro grandi province e anche la Britannia, che era in origine una provincia unica, già divisa in due da Settimio Severo, ora era stata ulteriormente distribuita in quattro. L’Italia in questo nuovo ordinamento venne perdendo anche la sua posizione di privilegio, soprattutto rispetto alle imposte, e divenne una semplice diocesi come le altre dell’Impero.  I gruppi regionali di province furono organizzati, come già detto, in diocesi, cioè distretti, 13 in totale, ciascuna delle quali era supervisionata da un vicarius (vicario). I vicari erano sotto il controllo di quattro prefetti pretoriani, uno per ciascuno dei quattro imperatori. Le province non erano più governate da un legato; la carica era invece coperta o da un praeses (‘protettore’) e da un rettore. Nelle province fu attuata quindi la separazione del potere civile, affidato al preside appunto, da quello militare.

Spogliato il Senato delle sue prerogative e ridotto ad un’assemblea consultiva, organo centrale di governo divenne il Sacro Concistoro, un consiglio di alti funzionari al servizio dell’imperatore. Questo alto consesso era al vertice di un’amplissima gerarchia di funzionari, i quali regolavano tutta l’attività dell’Impero. 

Il Sacrum, Consistorium

Il nome dì « consistorium », dato ai consiglio privato dell’imperatore, deriva dal latino consistere = stare in piedi; infatti i consiglieri dovevano stare sempre in piedi, alla presenza dell’imperatore, dopo essersi prosternati a baciargli la porpora per il saluto (Giulio Giannelli, Trattato di Storia Romana).

 

Il rito di prosternazione davanti all'imperatore
Il rito di prosternazione davanti all’imperatore

L’organizzazione di Diocleziano e la Chiesa

Le diocesi, i vicari e il rettore del nuovo sistema di Diocleziano furono poi ereditate dal sistema organizzativo della chiesa cristiana, creato proprio su questo modello.

Quindi oggi i vescovi che gestiscono le diocesi (le circoscrizioni ecclesiastiche poste sotto la giurisdizione di un vescovo o di un arcivescovo; attualmente in Italia sono 226) e i sacerdoti locali della chiesa sono chiamati vicari. Un rettore è un vescovo responsabile di un’istituzione come un collegio.

Spesa pubblica e nuove guerre

Esercito romano del tardo impero
Esercito romano del tardo impero

L’inconveniente più grave del sistema di governo della tetrarchia così istituito fu la pesante spesa per il mantenimento di quattro tribunali con il loro stuolo di funzionari e dipendenti. Le tasse divennero insostenibili, l’agricoltura cessò e grandi masse di popolazione furono ridotte quasi alla fame.

Questi quattro principi, si pensava, si sarebbero tenuti sotto controllo l’un con l’altro, in modo che nessuno di essi potesse raggiungere un potere incontrollato. Il piano ebbe successo per un certo periodo. Massimiano sottomise le province ribelli dell’Africa occidentale; Diocleziano ridusse e assicurò l’Egitto.

Nel 296 i Persiani, condotti dal loro re Narsete invasero di nuovo la Mesopotamia e parte della Siria. Galerio marciò contro essi ma confidando troppo in sé stesso, fu sconfitto e costretto a ritirarsi. L’anno seguente, sotto la sovrintendenza di suo suocero, li assalì di nuovo, sconfiggendoli totalmente e ricavandone un immenso bottino.

A Narsete Diocleziano concesse ai Persiani la pace, a patto che essi gli cedessero tutto il territorio che possedevano sulla sponda occidentale del Tigri. Questa pace fu firmata nel 297 e durò quarant’anni.

L’Egitto è salvo, ma occhio al Danubio! (Intanto ci riprendiamo la Britannia)

L'impero Romano nel IV Secolo
L’impero Romano nel IV Secolo

Nello stesso tempo Diocleziano marciò in Egitto contro Achilleo che assediò in Alessandria e che dopo otto mesi conquistò, mettendolo a morte insieme coi principali suoi sostenitori. Si dice che in questa occasione Diocleziano si sia mostrato assai severo, contrariamente al suo solito, e parecchie città dell’Egitto, tra cui Busiride e Copto, furono distrutte.

Fissò da quella parte i limiti dell’impero, fino all’isola di Elefantina e fece pace con i vicini Nubi, da altri detti Nabati, cedendo loro una porzione di territorio di sette giorni di cammino al di sopra della prima cateratta, a patto che impedissero ai Blemmi e agli Etiopi dall’assalire l’Egitto.

Si vigilava anche la frontiera danubiana, mentre Costanzo, dopo aver sconfitto i Franchi e gli Alemanni, invase la Britannia, che per molti anni era stata staccata dal resto dell’Impero sotto il dominio di Carausio, e restituì quell’isola al controllo degli Imperatori Romani. Poi soggiogó i Carpi e l’intera tribù nella Pannonia.

L’imperatore va in pensione

Diocleziano aveva una splendida corte a Nicomedia che egli abbellì di molti edifici. A Roma per mezzo di Massimiano, fece edificare le magnifiche Terme, i cui resti oggi portano ancora il suo nome.

Le Terme di Diocleziano

Terme di Diocleziano
Le Terme di Diocleziano a Roma

Le Terme di Diocleziano (in latino: Thermae Diocletiani) erano antiche terme romane costruite dall’imperatore Massimiano tra il 298 e il 306 in onore del co-imperatore Diocleziano.

Il progetto fu commissionato quando l’imperatore tornò dall’Africa nell’autunno del 298 e continuò dopo l’abdicazione dei due, già sotto il regno di Costanzo Cloro, padre di Costantino. Attualmente lo spazio è occupato da due chiese — Santa Maria degli Angeli e dei Martiri e San Bernardo alle Terme — e parte della collezione del Museo Nazionale Romano.

 

Nel novembre del 303 Diocleziano era anche passato a visitare finalmente l’Urbe, dove egli e Massimiano avevano goduto di un trionfo insieme.

Dopo un prospero regno di circa 21 anni, Diocleziano, spinto dalla sua salute cagionevole, o, come hanno detto alcuni scrittori, dalle persuasioni o dalle minacce del genero Galerio, si dimise volontariamente dal trono, il primo di maggio del 305, e si ritirò a Spalato, in Croazia, a pochi chilometri a sud nel suo paese natale, Salona, sulla sponda orientale dell’Adriatico, in un vasto palazzo in riva al mare dove trascorse i restanti otto anni della sua vita come privato cittadino, dichiarando che le infermità della vecchiaia lo costringevano a rinunciare all’impero e a metterlo in mani più forti.

La tetrarchia in atto

La Costituzione Diocleziano-Costantiniana
La Costituzione Diocleziano-Costantiniana

Diocleziano costrinse o indusse il suo collega Massimiano a deporre la sua autorità lo stesso giorno in cui lo fece lui. Con questo atto, Galerio e Costanzo furono promossi alla porpora e nominati Augusti; due nuovi soci furono nominati Cesari, tra cui Massimino.

Diocleziano godette dell’estrema soddisfazione di vedere l’autorità imperiale trasmessa tranquillamente e con successo dal suo sistema, senza la dettatura degli insolenti pretoriani o l’interferenza dei turbolenti legionari. Ma purtroppo questo equilibrio non era destinato a durare a lungo.

Le persecuzioni contro i Cristiani

Nel febbraio del 303 un editto contro i cristiani ordinava che fossero abbattute le loro chiese, fossero bruciati i loro libri sacri e che tutti i cristiani venissero privati degli impieghi civili o militari; a queste furono aggiunte altre pene, tranne però la morte. Con un secondo editto, si ordinò a tutti i magistrati di arrestare i vescovi e i presbiteri cristiani e di costringerli a sacrificare agli dèi.

Martirio di sant'Albano, avvenuto sotto Diocleziano, dal manoscritto di Matteo Paris
Martirio di sant’Albano, avvenuto sotto Diocleziano, dal manoscritto di Matteo Paris

Fu questa l’ultima persecuzione dei cristiani, la decima, sotto l’impero romano e fu chiamata appunto Persecuzione di Diocleziano. Ma questi vi ebbe in realtà poca parte, tranne il promulgare i due editti, la qual cosa egli fece pure con grande riluttanza e dopo un lungo esitare, come confessa lo stesso Lattanzio.

Pochi mesi dopo egli si ammalò e, riavutosi da lunga infermità, volle appunto abdicare. Galerio che era sempre stato pienamente avverso contro i cristiani, e che era stato il vero istigatore della persecuzione, fu anche il suo ministro più zelante.

Questa persecuzione fu particolarmente accanita nelle province da lui governate, e Galerio la continuò per diversi anni anche dopo l’abdicazione di Diocleziano, per cui più propriamente si potrebbe chiamare la persecuzione di Galerio. Assai meno ne soffrirono i paesi governati da Costanzo.

E’ giunta l’ora ormai di chiacchierar di cavoli e di re…siam cavoli o siam re?

Diocleziano in ritiro
Diocleziano in ritiro

Massimiano, secondo un precedente accordo, aveva abdicato contemporaneamente all’imperatore, ma non si accontentò di un’esistenza borghese, e pochi anni dopo scrisse al suo ex collega, proponendogli di riprendere le redini del governo.
La risposta di Diocleziano è rimasta famosa

“Se si potesse mostrare il cavolo che ho piantato con le mie mani al vostro imperatore, probabilmente egli non oserebbe suggerire che io sostituisca la pace e la felicità di questo luogo con le tempeste dell’avidità insoddisfatta”.

(Aurelio Vittore, Epitome de Caesaribus 39.6.)

 

Un ritratto in chiaroscuro

Diocleziano diede un duro colpo alla decrescente influenza del senato con il trasferimento della sua corte da Roma a Nicomedia, ridusse il numero e l’importanza delle guardie pretoriane, divise le province per diminuire il potere dei governatori provinciali, e accrebbe la dignità e le cerimonie di cui era circondato l’imperatore.

Diocleziano occupa uno dei primi posti fra gli imperatori: il suo regno, durato ventuno anni, contribuì alla prosperità dell’impero e alla sua gloria. Fu severo ma non arbitrariamente crudele. La vita che egli condusse dopo l’abdicazione, mostra che egli fosse di un carattere non comune.

Gli si imputa tra i principali demeriti, l’avere introdotto la cerimonia orientale della prostrazione nella corte romana. Col suo ordinamento le forme repubblicane scomparvero del tutto e ciò si vide ancor meglio proprio in questo cerimoniale di corte introdotto da Diocleziano quasi a rialzare la dignità imperiale tanto avvilita. Allora alla corona d’alloro si sostituì il diadema, alla tunica militare la veste di seta e d’oro, al semplice saluto l’inchino a terra come davanti agli Dei; ogni cosa dell’imperatore divenne sacra.

Gli scrittori cristiani e in particolare Lattanzio, per ovvie ragioni, ne parlano sfavorevolmente. Intorno al suo regno non abbiamo altro che le magre narrazioni di Eutropio e di Aurelio Vittore, poiché le altre storie sono per noi purtroppo perdute, ma si possono raccogliere altre notizie sulla sua vita da Libanio, Vopisco, Eusebio, Giuliano e nei panegiristi contemporanei, Eumene e Mamertino. Le sue leggi o editti entrarono nel Codice.

Abolì i frumentarii, ossia i delatori approvati (le spie insomma), che erano sparsi per le province e che si arricchivano tenendo gli abitanti in continua soggezione; riformò e restrinse il numero degli insolenti pretoriani, soppressi di poi totalmente da Costantino.
Tuttavia la storia del regno di Diocleziano rimane nelle fonti estremamente confusa, e solo gli eventi principali sopra riportati possono essere ritenuti accurati. Le testimonianze infatti differiscono ampiamente nel resoconto di molti dettagli.

L’anno 284, periodo dell’ascesa di Diocleziano, fu definito dagli scrittori ecclesiastici l’inizio di un’era chiamata “l’era di Diocleziano”; tale forma cronologica venne spesso impiegata dai primi storici cristiani. Mori nel luglio del 313.

Provvedimenti economici e sociali 

Diocleziano si ispirò al dispotismo orientale anche nella vita economica, sottoposta ad una rigidissima disciplina statale. Questa burocratizzazione dell’economia si rendeva necessaria per ragioni finanziarie.

L’impegno massiccio per la  la difesa dei confini, il mantenimento della Corte e di tutti gli organi burocratici rappresentavano tutti costi statali onerosi da garantire con un solido gettito delle imposte. Diocleziano riformò dunque il sistema tributario sul modello delle monarchie orientali.

I governatori delle province dovevano ripartire fra i municipi il contingente d’imposta, cioè la quota globale da ripartire a sua volta fra i singoli contribuenti.

L’esazione era affidata alle curie (cioè alle amministrazioni comunali), quindi coloro che ne facevano parte, i curiali, erano personalmente responsabili verso il fisco delle somme da versare. In questo stato di cose era logico che tutti cercassero di sottrarsi a questa onerosa responsabilità; allora Diocleziano obbligò i cittadini benestanti ad assumere questo ufficio di curiali.

Ad assicurare il gettito normale delle imposte era soprattutto necessario che rimanesse costante la base dei contribuenti. Viceversa era generale la tendenza ad evadere dai campi e dalle altre attività, che alimentavano le entrate del fisco, provocando anche una grave crisi economica.

L’imperatore dovette adottare misure coercitive verso tutte le categorie produttive, vincolando ciascuno alla propria condizione familiare. Così, costretti i figli a permanere nell’attività economica dei genitori, le classi sociali vennero a cristallizzarsi come caste ereditarie.

Vincolando i contadini al lavoro dei campi, si avviò la servitù della gleba, cioè l’inamovibilità dei coloni dal fondo rustico, dove rimanevano in perpetuo come strumenti di lavoro.

Le Corporazioni Artigiane

Nella società romana esistevano da tempo collegia come libere associazioni per scopi assistenziali e religiosi fra esercenti lo stesso mestiere. Diocleziano impose per legge l’appartenenza ai collegia, che si trasformarono cosi in corporazioni obbligatorie e monopolistiche (Giuseppe Ignazio Luzzatto, “Storia delle province romane da Augusto a Diocleziano” ).

Diocleziano si preoccupò anche di porre un freno al continuo rincaro della vita con una riforma monetaria. Per combattere l’inflazione, conseguente allo svilimento del denaro, egli ritornò al conio di una moneta d’oro (aureo) e di una moneta d’argento (argenteo) di alto valore metallico. Ma la riforma non ebbe successo perché ie monete scomparvero subito dalla circolazione, tesaurizzate dai privati.

L’imperatore dovette allora ordinare la coniazione di una moneta spicciola di valore effettivo assai minore per le necessità degli scambi. 

Moneta di Diocleziano
Moneta di Diocleziano

La riforma fiscale

La tetrarchia, come abbiamo detto, presentava alti costi. Le tasse non venivano riscosse solo in contanti ma anche in natura, quindi o in denaro, o in prodotti agricoli e beni di consumo (legna, lana, oggetti in ferro, ecc.). Il pagamento in natura serviva a contenere l’inflazione, che era davvero galoppante nel terzo secolo. A tale scopo Diocleziano, nel 301 fissò in un editto, un calmiere, stabilendo i prezzi e i salari massimi.

L’Editto dei prezzi, era appunto una tariffa generale dei prezzi massimi delle merci, su cui l’imperatore impose la più rigorosa osservanza. Ma il provvedimento non ebbe il suo effetto perché la moneta riusciva a stabilizzarsi, anzi la sua svalutazione continuava e il calmiere di Diocleziano fece addirittura scomparire le merci sul mercato legale, alimentando il mercato nero. 

Per rendere meno onerose le tasse, nel 296 Diocleziano modificò il sistema di rilevamento fiscale, in modo che tutti pagassero la giusta proporzione. Il tentativo era di smantellare tutta la Babele dei sistemi di prelievo delle tasse locali. Sotto Diocleziano, chi otteneva più ricchezza dalla terra, pagava più tasse; chi aveva una terra meno generosa, pagava in misura minore.

Fu istituito il censimento, in modo da poter riscuotere una tassa elettorale. In questo modo ogni podere o villa veniva valutato con un valore dell’imponibile che teneva conto delle persone che vi abitavano e che vi lavoravano e di quanto poteva produrre nell’insieme la tenuta.

Ogni anno, il governo annunciava quanto fosse necessario e lo divideva tra tutti gli iuga che erano stati contati.

Ma le riforme monetarie e fiscali di Diocleziano non ebbero l’esito sperato:

Le casse imperiali non avevano abbastanza oro e argento per rendere stabile la moneta.
L’inflazione continuò ad impennarsi e molti beni scomparvero dal mercato. Alla fine l’Editto sui prezzi massimi dovette essere ritirato.
Operatori fiscali corrotti, sovrastimavano le passività immobiliari e intascavano in questo modo la differenza.

Anche gli esattori delle tasse facevano lo stesso: ne riscuotevano di più, dichiaravano di averne riscosse di meno e incassavano il resto. Dovevano stare attenti però: se riscuotevano infatti una somma insufficiente, avrebbero dovuto pagare di tasca loro il rimanente.

Il sistema di valutazione costrinse le persone a rimanere permanentemente dove si trovavano.

Riforma tributaria

Il sistema di accertamento tributario sviluppato da Diocleziano era il seguente:

la terra era ora calcolata in tutto in un’unità fissa chiamata iugerum (plurale: iugera).

Ogni iugerum veniva misurato per quanto poteva produrre secondo un’unità fissa di produzione chiamata iugum (plurale: iuga).

I proprietari di Iugera che producevano raccolti di maggior valore, dovevano pagare più tasse. Quindi 5 iugera di terreni fertili potevano valere come uno iugum, ma ci volevano invece 40 iugera di terreni poveri per arrivare a coprire uno iugum, mentre l’equivalente di un terreno ricco invece, veniva valutato come 8 iuga di produzione.

 

 

Il dominato: un nuovo ordine

Quello di Diocleziano fu uno stato totalitario: interferiva in ogni aspetto della vita delle persone e ne limitava le libertà e il movimento. Il nuovo ordine fu chiamato Dominato (Dominatus) perché l’imperatore era ora chiamato Dominus (“signore”), o anche Jovius (“l’eletto di Giove”), ed era considerato come se fosse un dio, tanto che in statue e rilievi era raffigurato con l’aureola.

L’esercito

Diocleziano iniziò anche il processo di trasformazione dell’esercito, che sotto di lui raggiunse la forza massima di 500.000 uomini, dividendolo in due grandi corpi: la forza da campo mobile, principalmente costituita dalla cavalleria, chiamata comitatenses, e le guarnigioni di frontiera chiamate limitanei. Questo sistema si affermò completamente sotto Costantino I (307–337). 

Fu imposto perfino ai proprietari terrieri di fornire continenti per le truppe e adeguati contributi finanziari per il mantenimento delle milizie.

 

Gli agentes in Rebus: gli 007 di Diocleziano

Diocleziano eliminò le frumentarii, le spie incaricate di trovare gli approvigionamenti,
(e che erano estremamente impopolari) e li sostituì con gli agentes in rebus. Facevano più o meno lo stesso lavoro, ma poiché il loro ruolo principale era trasportare dispacci, erano in grado di operare anche sotto copertura, quindi erano un vero e proprio servizio segreto.

I frumentarii

I frumentarii, o frumentaires, al singolare frumentarius, erano soldati dell’esercito romano. Durante l’Alto Impero, sembra fossero incaricati di fungere da collegamento tra Roma e le guarnigioni provinciali (sostituendo gli speculatores in queste funzioni) e poter svolgere missioni simili a quelle del servizio segreto e di sicurezza dell’imperatore, a partire da Domiziano e fino al regno di Diocleziano. Quest’ultimo appunto soppresse questo corpo in seguito ai numerosi abusi di cui si resero colpevoli, e li sostituì con gli Agentes in rebus.

Gli agentes in rebus

Gli agentes in rebus (singolare: agens in rebus) erano un corpo di funzionari che sorse durante il tardo impero romano e la cui funzione principale era quella di fare da corrieri del governo imperiale; furono creati da Diocleziano in sostituzione dei precedenti frumentarii.

La prima menzione di loro risale all’anno 319 e nell’Impero d’Oriente sono esistiti fino al VII secolo.
Responsabile del corpo era il magister officiorum; si sa che nell’impero d’oriente nell’anno 430 c’erano 1.248 membri e si stima che nella metà occidentale il numero dovesse essere simile.

 

Il Palazzo di Diocleziano

Il palazzo di Diocleziano a Spalato
Il palazzo di Diocleziano a Spalato

 

Il Palazzo di Diocleziano (in croato: Dioklecijanova palača) è la residenza imperiale fortificata fatta costruire dall’imperatore Diocleziano sulla costa dalmata, come ritiro dopo la sua abdicazione volontaria nel 305. È uno degli edifici della tarda antichità meglio conservati e le vestigia si trovano nel centro storico, cuore di Spalato, in Croazia. È stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.

Spalato, che esisteva anche da prima, sembra che fosse chiamata così perché il termine significava ‘piccolo palazzo’; ebbene qui invece Diocleziano si fece costruire qualcosa a metà tra la reggia e la fortezza. Dopo aver abdicato nel 305, Diocleziano vi trascorse gran parte del resto della sua vita.

Costruito sul modello di un forte romano, il palazzo aveva gli appartamenti imperiali nella parte a sud, mentre quella a nord era riservata a servi, agli schiavi e ai soldati. Gran parte della reggia è ancora visibile ai nostri giorni e la sua cinta muraria in opus quadratum, alta 18 m e spessa 2 m, misurava 215,50 m per 175–181 m. Alla faccia del “piccolo palazzo!”

(Libero adattamento da “Ancient History, Greece and Rome” di Philip Van Ness Meyers, Toronto, 1901,  da Manuale di Storia Romana di G. Bragagliolo, 1896, e da Nuova enciclopedia popolare, 1841, con aggiunte e integrazioni)

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Diocleziano e Massimiano si dimisero e permisero ai loro due Cesari di assumere il rango di Augusti, nominando a loro volta dei Cesari come assistenti. In questo modo si metteva in atto il sistema della Tetrarchia, elaborato da Diocleziano stesso. Poco dopo la sua ascesa Costanzo morì e suo figlio Costantino fu proclamato Cesare, contro la volontà di Galerio. Seguì un'aspra lotta, durante la quale Costantino superò tutti i suoi avversari e fu dichiarato unico imperatore. Per i suoi successi fu chiamato il Grande. Costantino (che regnò dal 306-337). decise di costruire per il suo Impero una nuova capitale, che fosse degna di lui. Scelse il sito di Bisanzio perché offriva i maggiori vantaggi: era infatti difesa su tre lati dal mare e dal Corno d'Oro, poteva essere facilmente resa quasi inespugnabile, mentre come porto marittimo i suoi vantaggi risultavano impareggiabili, una caratteristica non condivisa da Roma. Il progetto fu portato avanti con energia; la città fu costruita e chiamata Costantinopoli. Per renderla popolare, vi fu trasferita in modo permanente la sede del governo e fu offerto ogni incentivo all'immigrazione. Nacque così l'Impero Greco o Bizantino, destinato a trascinare una misera esistenza per quasi mille anni dopo che Roma era caduta in preda ai barbari. Il suo fondatore morì, dopo un regno durato un trentennio, all'età di sessantaquattro anni (337). A Costantino va riconosciuto un grande merito per l'uniforme gentilezza con cui trattò i suoi sudditi cristiani. Si dice che sua madre, Elena, fosse cristiana e che questa mitezza fosse dovuta alla sua influenza. La nuova religione nonostante le molte persecuzioni, continuò ad aumentare i suoi proseliti, fino a diventare un corpo numeroso e abbastanza influente. Fu durante il suo regno che fu emanato l'editto di Milano, nel 313, che proclamava la tolleranza imperiale verso la religione di Cristo; e sempre in questo regno si riunì il famoso Concilio di Nicea, in Bitinia (325), per risolvere le questioni del nuovo credo religioso. Costantino era alto di statura e aveva un aspetto maestoso: era abile nelle imprese belliche; intrepido in guerra, affabile in pace; paziente e prudente in consiglio, audace e senza esitazioni in azione. Solo l'ambizione lo spinse ad attaccare l'Oriente e la follia della gelosia segnò il suo corso dopo il successo. Nutrì un profondo affetto verso sua madre; ma non si può certo definire misericordioso colui che mise a morte il suocero, il cognato, la moglie e il figlio. Se egli fu grande nelle sue virtù, nei suoi difetti risultò invece spregevole.

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