La seconda guerra civile romana fu un conflitto militare tra il 49 a.C. e il 45 a.C., con protagonisti Giulio Cesare contro la fazione tradizionalista e conservatrice del senato guidata militarmente da Gneo Pompeo il Grande. La guerra si concluse con la sconfitta della fazione pompeiana e la definitiva ascesa di Cesare al potere assoluto come dittatore romano.
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Il trionfo di Cesare
Giulio Cesare attraversa Roma con il suo carro trionfale in questo dipinto del XV secolo di Andrea Mantegna, esposto allo Hampton Court Palace, Londra.
Cesare era ormai virtualmente il signore del mondo romano. I figli di Pompeo – Gneo e Sesto – tenevano ancora il dominio sulla Spagna, ma Cesare, li sconfisse nella decisiva battaglia di Munda, nel 45 a.C.
Sebbene egli si astenesse dall’assumere il titolo di re, nessun monarca orientale fu mai in possesso di un potere più assoluto o fu circondato da adulatori e sicofanti più abietti.
Venne investito di tutte le cariche e di tutte le dignità dello Stato. Il Senato lo nominò dittatore perpetuo e gli conferì i poteri di censore, console e tribuno, con i titoli di Pontifex Maximus e Imperator. “Egli doveva sedere su una sedia d’oro nella sala del Senato, la sua immagine doveva essere portata in processione come quella degli dèi e il settimo mese dell’anno fu cambiato in suo onore da Quintilis a Julius [da cui il nostro luglio]”.
Il suo trionfo, che celebrava le sue numerose vittorie, eclissava di gran lunga in magnificenza tutto ciò a cui Roma aveva assistito in precedenza. Nel corteo erano presenti principi prigionieri provenienti da tutte le parti del mondo.
Sotto i suoi stendardi marciavano soldati provenienti da quasi tutti i Paesi della terra. Erano stati esposti tesori per un valore di due miliardi e mezzo di euro.
Splendidi giochi e banchetti pubblici, attestavano la liberalità del conquistatore. Sessantamila posti sedere furono allestiti per le folle negli stadi.
Gli spettacoli del teatro e i combattimenti dell’arena si susseguivano senza sosta. “Sopra i combattimenti dell’anfiteatro fluttuavano per la prima volta le tenda di seta, un’immenso velario di mille colori, tessuto con i prodotti più rari e ricchi dell’Oriente, per proteggere il popolo dal sole” (Gibbon).
Cesare come uomo di Stato
Cesare fu grande come generale, ma più grande, se possibile, come statista. Le misure che istituì dimostrano una profonda sagacia politica e una sorprendente ampiezza di vedute. Cercò di invertire la politica gelosa e ristretta di Roma del passato, e a questo scopo ricostruì sia Cartagine che Corinto e fondò numerose colonie in tutte le diverse province, nelle quali insediò circa 100.000 cittadini tra i più poveri della capitale. Ad alcuni dei provinciali conferì la piena cittadinanza romana e ad altri i diritti latini, cercando così di fondere i vari popoli e le varie razze entro i confini dell’impero in una vera e propria nazionalità, con una comunità di interessi e di simpatie comuni.
Riforme di Cesare
- Il Senato viene ampliato da
600 a 900 membri. - Riorganizzazione del governo delle province.
- 80.000 cittadini vengono inviate nelle colonie fuori d’Italia
e viene esteso il diritto di cittadinanza. - Con la Lex lulia
municipalis viene riformata l’organizzazione dei municipi italici. - Sviluppo del commercio e dell’agricoltura, prosciugamento delle Paludi Pontine.
- Si edificano di grandi opere pubbliche come il Forum lulii e la Basilica Iulia.
- Viene riformato il calendario introducendo l’anno bisestile.
- Sviluppo delle attività culturali anche con la fondazione di nuove biblioteche.
Nel febbraio del 44 a.C., Marco Antonio, luogotenente di Cesare gli offre la corona di re durante la cerimonia dei Lupercalia, ma il dittatore la rifiuta.
Riformò il calendario in modo da riportare le feste nella loro giusta stagione e provvide a evitare ulteriori confusioni facendo sì che l’anno fosse composto da 365 giorni, con un giorno in più per ogni quarto anno o anno bisestile.
Oltre a queste conquiste, Cesare progettò molte grandi imprese, che la brusca fine della sua vita gli impedì di portare a termine. Ordinò un censimento degli enormi domini dello Stato; propose di redigere un codice o un compendio delle leggi romane, opera che fu realizzata invece all’imperatore Giustiniano ben sei secoli più tardi; progettò anche molte opere pubbliche e miglioramenti a Roma, tra cui progetti per prosciugare le paludi pontine e per modificare il corso del Tevere.
Propose inoltre di tagliare un canale attraverso l’istmo di Corinto, di costruire strade sugli Appennini e di costruire una biblioteca che prendesse il posto della grande collezione alessandrina, in parte distrutta durante la campagna d’Egitto. Ma tutti i suoi piani furono messi bruscamente fine dai pugnali dei suoi assassini.
(Libera traduzione da “Ancient History, Greece and Rome” di Philip Van Ness Meyers, Toronto, 1901, con aggiunte e integrazioni)
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