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LA GUERRA DI TROIA – 23 – IL DOLORE E L’IRA DI ACHILLE

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Patroclo non riesce più a restare a guardare e implora Achille di poter difendere le navi. Achille cede e presta a Patroclo la sua armatura, ma lo manda via con il severo monito di non inseguire i Troiani, per non prendere la gloria di Achille. Patroclo guida i Mirmidoni in battaglia e arriva quando i Troiani danno fuoco alle prime navi. I Troiani vengono sconfitti dall'assalto improvviso e Patroclo inizia il suo attacco uccidendo il figlio di Zeus, Sarpedonte, uno dei principali alleati dei Troiani. Patroclo, ignorando il comando di Achille, continua ad avanzare e raggiunge le porte di Troia, dove lo stesso Apollo lo ferma. Viene aggredito da Apollo ed Euforbo e infine ucciso da Ettore.
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Intanto Antiloco, figlio di Nestore, fu mandato dal campo per portare ad Achille la triste notizia della morte di Patroclo. Il capo stava proprio allora seduto presso le sue navi ripensando all’evento che temeva fosse già accaduto, poiché le grida dei Greci, mentre fuggivano dalla pianura inseguita dai Troiani, erano arrivate alle sue orecchie. Dopo aver appreso la notizia portata da Antiloco, l’eroe esplose in un attacco di dolore, strappandosi i capelli, gettandosi per terra, e abbandonandosi a forti lamenti. La sua dea madre, Teti, nel palazzo di suo padre sotto le onde del mare, udì le sue grida. Si affrettò a recarsi dal figlio, accompagnata da un certo numero di ninfe del mare, e abbracciandolo, gli chiese la causa del suo dolore. Achille le raccontò della morte del suo caro amico, e poi disse:

“Nessun altro desiderio
Deve vivere o preoccuparmi
Negli affari degli uomini, salvo questo: prima quell’Ettore,
Trafitto dalla mia lancia, cederà la sua vita e pagherà
Il debito di vendetta per Patroclo ucciso.”

Omero, Iliade , Libro XVIII

Achille piange la morte di Patroclo, Henry Fuseli, 1770

La madre piangente, volendo salvare il figlio, gli raccontò del destino che aveva decretato che la sua stessa morte avrebbe presto seguito quella di Ettore.

Ma l’avvertimento di Teti fu vano. “Venga la mia morte”, disse, “quando gli dèi lo vorranno. Mi vendicherò di Ettore, per mano del quale il mio amico è stato ucciso”.

Vedendo che non poteva indurlo a modificare il suo proposito, sua madre gli ricordò che la sua luminosa armatura era stata sequestrata dai Troiani. Gli disse quindi di non andare in battaglia fino a quando non gli avrebbe portato una nuova armatura fatta da Efesto. Quindi ordinò alle altre ninfe di tornare nella loro casa del mare, e lei stessa salì sull’Olimpo, per chiedere al dio dei fabbri di forgiare un’armatura scintillante per suo figlio.

Nel frattempo continuava la lotta per il corpo di Patroclo. I Greci furono ora condotti alle loro navi e rischiarono di essere completamente sconfitti. Tre volte Ettore afferrò il corpo per i piedi, per trascinarlo via, e tre volte il potente Aiace lo respinse. Ancora una volta lo afferrò, e questa volta l’avrebbe portato davvero via, se Hera non avesse inviato Iris ad Achille per esortarlo a correre in soccorso degli amici.

“Ma come posso andare in battaglia  chiese, ” dal momento che il nemico possiede le mie armi?  E Iris rispose:

“Vai in trincea e mostrati
A quelli di Troia, che, fortunatamente, conoscono la paura,
E potrebbero desistere dalla battaglia”.

Omero, Iliade , Libro XVIII.

Bring Him Back To Me, (@aestetet on ig) by reese-art, deviantart.comAllora la dea Atena stese una nuvola d’oro intorno al capo di Achille, e vi accese una fiamma luminosa che saliva verso il cielo. E l’eroe uscì oltre le mura, e si fermò presso la trincea, e gridò con voce forte come un suono di tromba, un grido che portò sgomento nelle file dei Troiani.

Così finì la lunga e terribile battaglia di quel giorno, poiché Hera ora comandava al sole di tramontare. In obbedienza alla regina del cielo, il dio della luce discese nelle correnti oceaniche, anche se lo fece controvoglia, poiché era prima dell’ora giusta per il tramonto.

I capi troiani, nel frattempo, si riunirono in consiglio nella pianura per considerare quali preparativi si dovessero fare per la battaglia dell’indomani, alla quale, sapevano, avrebbe preso parte il terribile Achille

Polidamante, un capo prudente, propose che si ritirassero in città. Là avrebbero potuto difendersi dai loro bastioni, perché anche Achille, con tutto il suo valore, non avrebbe potuto farlo farsi strada attraverso le loro forti mura. Ma Ettore rifiutò questo saggio consiglio. Decise di rischiare la possibilità di una guerra in campo aperto e lasciò che il dio delle battaglie decidesse chi avrebbe dovuto vincere.

(Libera riduzione e traduzione da Michael Clarke, The Story of Troy, 1897)

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Su richiesta di Teti, Efesto ha creato un nuovo set di armature per Achille, incluso uno scudo magnificamente lavorato. Al mattino, Agamennone dà ad Achille tutti i doni promessi, inclusa Briseide, ma Achille rimane indifferente a tutto ciò. Achille digiuna mentre gli Achei consumano il loro pasto, indossa la sua nuova armatura e impugna la sua grande lancia. Il suo cavallo Xanto profetizza ad Achille la sua morte. Achille guida il suo carro in battaglia.

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