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L’ECONOMIA NELL’IMPERO TRA IL Iº E IL IIº SECOLO

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Dalla morte di Augusto nel 14 d.C. fino al 200 circa, gli autori romani enfatizzarono lo stile e sperimentarono nuovi e sorprendenti modi di espressione. Tra i poemi epici si ricordano le Argonautiche di Gaio Valerio Flacco, che seguono le vicende di Giasone e degli Argonauti alla ricerca del vello d'oro, la Tebaide di Stazio, che segue il conflitto dei figli di Edipo e dei Sette contro Tebe, e i Punica di Silio Italico, che trattano la seconda guerra punica e le invasioni di Annibale in Italia. Per mano di Marziale, l'epigramma raggiunse la qualità pungente che ancora oggi gli viene associata. Giovenale satireggiava il vizio. Lo storico Tacito dipinse un quadro indimenticabilmente cupo del primo impero nelle sue Storie e negli Annali, entrambi scritti all'inizio del II secolo. Il suo contemporaneo Svetonio scrisse le biografie dei 12 governanti romani da Giulio Cesare a Domiziano. Le lettere di Plinio il Giovane descrivono la vita romana dell'epoca. Quintiliano compose l'opera più completa sull'educazione antica che possediamo. Importanti opere del II secolo sono le Notti attiche di Aulo Gellio, una raccolta di aneddoti e resoconti di discussioni letterarie tra i suoi amici, e le lettere dell'oratore Marco Cornelio Frontone a Marco Aurelio.
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Denario del tempo di Antonino Pio
Denario del tempo di Antonino Pio

La vita economica dell’Impero

La vita economica dell’Impero nei primi secoli ci presenta un quadro di grande prosperità. Nelle province dell’Occidente si dirigeva un flusso crescente di coloni e di emigranti italici, che favoriva un rapido processo di romanizzazione, con benefici effetti sull’economia.

La Gallia

Fra le province primeggiava la Gallia, che, con la sua fiorente agricoltura, era avviata a diventare il Paese più ricco d’Europa. La sua abbondante produzione di vino, di olio, di ceramiche esercitava una concorrenza che metteva in crisi la stessa produzione italiana.

La Spagna

La Spagna era ricca di grano, olio, vino, ma abbondava soprattutto di metalli come oro, ferro, rame, piombo e forniva alle zecche imperiali l’argento delle sue antiche miniere, sottoposte al diretto controllo dello Stato. Dalla Britannia giungeva lo stagno, dal Norico il ferro.

L’Africa

L’Africa, già valorizzata dall’agricoltura scientifica dei Cartaginesi, era il granaio di Roma e forniva gran copia di cereali, olio, vino. Cartagine, inoltre, rinnovava le antiche relazioni con l’interno del continente, donde giungevano avorio, schiavi, belve per i giochi dell’anfiteatro.

L’industria

Modesta era invece la produzione industriale su tutta l’area dell’Impero. Infatti l’industria nell’antichità si mantenne sempre ad un livello artigianale, anche se abbiamo notizia di imprese che impiegavano qualche decina di operai. La grande industria, per svilupparsi ha bisogno dello stimolo della domanda e di un conveniente apparato tecnico. Ma le grandi masse rurali e la  stessa borghesia cittadina avevano bisogni quanto mai modesti e il facile impiego di manodopera servile impediva ogni progresso tecnologico della produzione.

L’Oriente

Entro questi limiti l’Oriente poteva vantare una netta superiorità nella produzione industriale con articoli di lusso di antica tradizione. Abbondava inoltre di prodotti agricoli e minerari.

La Grecia e le sue isole fornivano vino, miele, marmi, profumi, bronzi. L’Asia Minore produceva ferro, rame, argento, pergamena, tessuti di lana. Cipro era l’emporio del rame.

La Siria forniva la pregiatissima porpora e articoli di vetro. L’Egitto esportava grano, tessuti di lino, carta da papiro, oggetti di vetro.

Mappa dei commerci durante l'Impero
Mappa dei commerci durante l’Impero

Il Commercio

L’Impero romano, unificando politicamente tutto il bacino del Mediterraneo, assicurando secoli di pace e favorendo le comunicazioni stradali e marittime, creò le condizioni più propizie ad un florido commercio. Di questa situazione si avvantaggiarono soprattutto le province orientali dell’Impero che, oltre a vantare un’antica e pregiata produzione industriale, funzionavano da tramite degli scambi con l’Arabia, l’India e l’Estremo Oriente.

La corrente dei traffici riguardava soprattutto articoli di lusso, di poco peso e di alto valore, che potevano essere agevolmente trasportati anche a grandi distanze e permettevano di realizzare lauti profitti. Ai porti di Alessandria, in Egitto, e di Tiro e Seleucia sulla costa siriaca affluivano le preziose merci asiatiche ricercate in tutto l’Occidente: incenso e profumi dall’Arabia; spezie, avorio, cotone, pietre preziose dall’India; seta dalla Cina.

Arricchimento dell’Oriente

L’Oriente era in una posizione di privilegio rispetto all’Occidente. Infatti non soltanto godeva dell’autosufficienza economica, producendo tutto il necessario al consumo, ma era anche aperto all’economia di mercato, lavorando soprattutto per l’esportazione.

Impoverimento dell’Occidente

Viceversa l’Occidente non aveva che poche merci di scambio e doveva pagare i costosissimi prodotti orientali con denaro liquido. Il costante deficit della bilancia commerciale dell’Occidente provocava quindi un continuo impoverimento di quest’ultimo a vantaggio dell’Oriente.

Le condizioni dell’Italia

L’Italia, centro politico dell’Impero, finì per essere danneggiata dalla diffusione della civiltà e della vita urbana nell’Occidente.

La concorrenza delle province

Le province esercitavano una crescente concorrenza all’Italia sia nella produzione agricola che in quella industriale.

Particolarmente colpite erano alcune coltivazioni tipiche della Penisola come la vite e l’olivo. L’Italia perdeva inoltre la sua posizione di grande fornitrice di manufatti ai Paesi dell’Occidente e, pur conservando una certa floridezza nella manifattura dei tessuti di lana vide declinare la produzione di antiche industrie come vetro, ceramica, gioielli, vasellame metallico.

La bilancia commerciale

L’Italia da Paese produttore si veniva trasformando in Paese essenzialmente consumatore e dipendente dall’estero. La sua bilancia commerciale era sempre più deficitaria e il disavanzo era appena colmato dal flusso dei tributi che le province dovevano versare a Roma. Ma era un equilibrio precario che poteva spezzarsi non appena tali tributi fossero venuti a mancare.

La crisi demografica

L’economia italiana era compromessa non soltanto dalla concorrenza straniera, ma anche da motivi di ordine interno: la diminuzione della natalità – già gravissima ai tempi di Augustol’emigrazione verso le province, il dilagare della malaria, la pressione fiscale.

Già ai tempi di Tiberio e di Nerone alcune regioni della Penisola erano quasi spopolate: la Maremma Toscana, le Paludi Pontine, l’Italia meridionale. Alla fine del Il secolo anche la popolazione di Roma cominciava a diminuire.

Latifondismo

Alla crisi demografica si accompagnava una crescente concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi latifondisti. La concorrenza della Gallia e della Spagna metteva in crisi il ceto dei piccoli e medi proprietari agricoli.

Provvedimenti a favore dell’agricoltura

Non mancarono provvedimenti illuminati di alcuni imperatori a sostegno dell’agricoltura, ma con scarsi risultati: Domiziano, per difendere la produzione vinicola italiana, proibì la coltivazione della vite in molte province; Traiano, più degli altri pensoso delle sorti d’Italia, istituì mutui a tasso agevolato per i contadini.

Ma queste provvidenze erano insufficienti ad arginare la crisi agraria, con il conseguente esodo dei contadini dalle campagne e l’espansione del latifondo.

Trasformazione della società rurale

Ai progressi del latifondismo si accompagnò anche una profonda trasformazione nella società rurale.

Negli ultimi tempi della Repubblica, l’Italia aveva visto il massimo incremento della schiavitù in seguito all’afflusso dei prigionieri di guerra. Gli schiavi avevano trovato larga utilizzazione nelle campagne a spese della piccola proprietà coltivatrice.

Nell’età imperiale, diminuendo le guerre di conquista, cominciò a scarseggiare la mano d’opera servile, decimata anche dalla forte mortalità.

Il colonato

Allora i grandi proprietari terrieri ricorsero all’impiego di liberi coloni, ai quali cedevano in affitto i loro poderi. Il ritorno alla piccola azienda rurale e lo sviluppo del colonato caratterizzano l’agricoltura italiana nell’età imperiale dal II secolo in poi.

(Da Montanari, Le civiltà e l’uomo, Le Monnier)

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A Commodo seguì Pertinace, il prefetto della città, un vecchio ed esperto senatore. Il suo regno, durato tre mesi, aveva buone intenzioni, ma non essendo sostenuto dall'esercito non ebbe alcun effetto. I suoi tentativi di riforma furono fermati dal suo assassinio. I Pretoriani offrirono ora la corona al miglior offerente, che risultò essere Didio Giuliano, un ricco senatore. Egli pagò una cifra astronomica a ciascun soldato della Guardia, che erano in numero di dodicimila. Dopo aver goduto del costoso onore per due mesi, fu deposto e giustiziato.

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