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ERACLE, UN TIPO ERCULEO

LE SECONDE TRE FATICHE - IV

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Quarta fatica: Il Cinghiale di Erimanto

Eracle e il Cinghiale di ErimantoLa quarta fatica imposta ad Eracle da Euristeo fu di riportare vivo a Micene il cinghiale di Erimanto, che aveva devastato la regione Erimanzia ed era il flagello di tutto il circondario. Durante il suo cammino, affamato e in cerca di un riparo, incontrò un centauro di nome Folo che lo accolse con generosa ospitalità, porgendogli davanti un buon e abbondante pasto.

Quando Eracle espresse la sua sorpresa che a una tavola così ben fornita il vino dovesse mancare, il suo ospite spiegò che il vino…stava nella cantina! La quale era di proprietà comune di tutti i centauri ed era contro le regole aprirne una botte, a meno che tutti fossero presenti a consumare le libagioni. A forza di persuasione tuttavia, Eracle convinse il suo gentile ospite a fare un’eccezione in suo favore; ma l’odore potente e fragrante del buon vecchio vino si diffuse presto sui monti e portò sul posto un gran numero di Centauri, tutti armati fino ai denti di enormi rocce e di abeti.

Eracle li respinse con tizzoni ardenti e poi, dopo averli battuti, li inseguì con le sue frecce fino a Malea, dove si rifugiarono nella grotta del buon vecchio centauro Chirone. Sfortunatamente, tuttavia, mentre Eracle stava lanciando contro di loro i suoi dardi avvelenati, uno di questi trafisse proprio il ginocchio di Chirone.

Quando Eracle scoprì di aver ferito l’amico dei suoi primi giorni, fu sopraffatto dal dolore e dal rimpianto. Estrasse subito la freccia e unse la ferita con un unguento, che lo stesso Chirone gli aveva insegnato ad usare come potente rimedio. Ma tutti i suoi sforzi furono vani. La ferita, imbevuta del veleno mortale dell’Idra, era incurabile, e tanto grande fu l’agonia di Chirone, che per intercessione di Eracle, gli déi gli procurarono la morte; perché altrimenti, essendo immortale, sarebbe stato condannato a infinite sofferenze.

Folo, che aveva così gentilmente ospitato Eracle, perì anche lui per via di una di queste frecce che aveva estratto dal corpo di un altro centauro morto. Mentre la esaminava in silenzio, stupito che un oggetto così piccolo e insignificante potesse produrre risultati così gravi, la freccia gli cadde sul piede e lo ferì a morte. Pieno di dolore per questo spiacevole evento, Eracle lo seppellì con i dovuti onori e poi partì per inseguire il cinghiale. Con forti terribili grida scacciò dapprima la bestia via dai cespugli verso i profondi cumuli di neve che coprivano la vetta del monte e poi, dopo averlo alla fine stancato con il suo incessante inseguimento, catturò l’animale esausto, lo legò con una fune e lo portò vivo a Micene.

Eracle e le stalle di AugiaQuinta fatica: Le stalle di Augia

Dopo aver catturato il cinghiale di Erimanto, Euristeo comandò ad Eracle di pulire in un giorno solo le stalle di Augia. Augia era un re dell’Elide che possedeva molte mandrie. Tremila di esse stavano nel recinto vicino al palazzo reale, dove i rifiuti si erano accumulati per molti anni. Quando Eracle si presentò al re e si offrì di pulire le sue stalle in un giorno, purché gli fosse concessa in cambio una decima parte degli armenti, Augia, pensando che l’impresa fosse impossibile, accettò la sua offerta alla presenza del figlio Fileo.

Vicino al palazzo c’erano i due fiumi Elide e Alfeo, i cui percorsi Eracle deviò fin nelle stalle per mezzo di fossati che scavò a questo scopo, e mentre le acque scorrevano attraverso il capanno, esse spazzarono via con loro l’intera massa di sporcizia accumulata. Ma quando Augia seppe che questa era una delle fatiche imposte da Euristeo, rifiutò la ricompensa promessa. Eracle portò la questione davanti a un tribunale e chiamò Fileo come testimone della sua giusta pretesa, dopo di che Augia, senza aspettare la pronuncia del verdetto, rabbiosamente bandì Eracle e suo figlio dai suoi domini.

Eracle e gli uccelli del lago StinfaloSesta fatica: Gli Uccelli Stinfalidi

La sesta missione era scacciare gli Stinfalidi, che erano immensi uccelli rapaci che lanciavano dalle loro ali piume acuminate come frecce. La tana di questi uccelli era sulla riva del lago Stinfalo, in Arcadia (dal nome del quale erano così chiamati), dove causarono grande distruzione tra gli uomini e il bestiame. Avvicinandosi al lago, Eracle ne osservò un gran numero e mentre esitava su come iniziare l’attacco, sentì improvvisamente una mano posarsi sulla spalla. Guardandosi intorno, vide la maestosa figura di Atena, che teneva in mano un paio di sonagli di bronzo fatti da Efesto, dopo di che, salì alla sommità di un colle vicino e cominciò a scuoterli violentemente. Il rumore stridulo di questi strumenti era così intollerabile per gli uccelli, che essi si alzarono in aria terrorizzati, al che l’eroe li puntò con le sue frecce, distruggendoli in gran numero. Mentre i suoi dardi li colpivano, gli uccelli superstiti volavano via, per non tornare mai più.

Continua: TORI, CAVALLI E AMAZZONI – V

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