TORI, CAVALLI E AMAZZONI - V
Reading Time: 28 minutesSettima fatica: Il toro cretese
La settima fatica di Eracle fu la cattura del toro cretese. Minosse, re di Creta, aveva promesso di sacrificare a Poseidone qualsiasi animale fosse apparso per la prima volta fuori dal mare: il dio fece allora emergere dalle onde un magnifico toro per provare la sincerità del re cretese, il quale, nel fare questo voto, aveva affermato di non possedere nessuna vittima, tra i suoi stessi armenti, degna di essere accettata in offerta dal potente dio del mare.
Affascinato dallo splendido toro inviatogli da Poseidone e desideroso di possederlo, Minosse lo collocò tra le sue mandrie e lo sostituì nel sacrificio con uno dei suoi tori. Allora Poseidone, per punire la cupidigia di Minosse, fece impazzire l’animale, il quale commise tali scempi nell’isola da mettere in pericolo l’incolumità degli stessi abitanti. Quando dunque Eracle giunse a Creta allo scopo di catturare il toro, Minosse, lungi dall’opporsi al suo disegno, gli diede volentieri il permesso di farlo.
L’eroe non solo riuscì a mettere al sicuro la bestia, ma lo addomesticò così efficacemente che cavalcò in groppa ad esso attraverso il mare fino al Peloponneso. Poi lo consegnò ad Euristeo, che subito lo rimise in libertà, dopo di che divenne di nuovo feroce e selvaggio come prima, vagò per tutta la Grecia fino in Arcadia e alla fine fu ucciso da Teseo nelle pianure di Maratona.
Ottava fatica: Le cavalle di Diomede
L’ottava missione di Eracle fu di portare ad Euristeo le cavalle di Diomede, figlio di Ares e re dei Bistoni, tribù bellicosa della Tracia. Questo re possedeva una razza di cavalli selvaggi di tremenda stazza e forza, il cui cibo consisteva in carne umana. Tutti gli stranieri che avevano la sfortuna di entrare nel paese venivano fatti prigionieri e gettati davanti ai cavalli, che li divoravano.
Quando arrivò Eracle, prima catturò lui stesso il crudele Diomede e poi lo gettò davanti alle sue stesse cavalle, le quali, dopo aver divorato il loro padrone, divennero perfettamente mansuete e docili. Furono quindi condotte da Eracle sulla riva del mare; quando i Bistoni, infuriati per la perdita del loro re, si precipitarono all’inseguimento dell’eroe e lo attaccarono. Affidando gli animali al suo amico Abdero, Eracle andò incontro, con tremenda furia, ai suoi assalitori che fecero subito marcia indietro e fuggirono. Ma al ritorno l’eroe scoprì, con suo grande dolore, che le cavalle avevano fatto a pezzi il suo amico e lo avevano divorato.
Dopo aver celebrato i dovuti riti funebri allo sfortunato Abdero, Eracle costruì in suo onore una città, alla quale diede il nome del defunto. Ritornò quindi a Tirinto dove consegnò le cavalle a Euristeo e questi le lasciò libere sul monte Olimpo, dove divennero preda di belve feroci. Fu dopo lo svolgimento di questa missione che Eracle si unì agli Argonauti nella loro spedizione per impossessarsi del vello d’oro, nel corso della quale egli fu lasciato a Chio. Durante le sue peregrinazioni l’eroe intraprese la sua nona fatica, che doveva portare ad Euristeo la cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni.
Nona fatica: La cintura di Ippolita
Le Amazzoni, che abitavano sulle rive del Mar Nero, presso il fiume Termodonte, erano una nazione di donne guerriere, rinomate per la loro forza, il coraggio e la loro grande abilità nell’equitazione. La loro regina, Ippolita, aveva ricevuto da suo padre, Ares, una bella cintura, che indossava sempre come segno del suo potere e di autorità regale, ed era questa proprio la cintura che Eracle doveva consegnare nelle mani di Euristeo che l’aveva pensata come regalo per la figlia Admete.
Prevedendo che questo sarebbe stato un compito di non ordinaria difficoltà, l’eroe chiamò in suo aiuto un gruppo scelto di coraggiosi compagni, con i quali si imbarcò per la città amazzonica di Temiscira. Qui incontrarono la regina Ippolita, la quale fu così colpita dalla straordinaria statura e dal nobile portamento di Eracle che appresa la sua missione, acconsentì subito a donargli l’ambita cintura. Ma Hera, la sua implacabile nemica, assumendo le sembianze di un’amazzone, diffuse in città la notizia che uno straniero stava per rapire la loro regina.
Le Amazzoni subito volarono alle armi e montarono sui loro cavalli, dopo di che ne seguì una battaglia in cui molte delle loro più valorose guerriere furono uccise o ferite. Tra queste ultime, fu catturato anche il loro capo più valoroso, l’amazzone Melanippe, che Eracle poi liberò e restituì ad Ippolita, ricevendo in cambio da essa la preziosa cintura. Durante il viaggio di ritorno l’eroe si fermò a Troia dove lo attendeva una nuova avventura.
Durante il periodo in cui Apollo e Poseidone erano stati condannati da Zeus ad una temporanea servitù sulla terra, essi costruirono per re Laomedonte le famose mura di Troia, rese poi ancora più famose dalla storia successiva; ma quando il lavoro fu compiuto, il re rifiutò perfidamente di dare loro il compenso dovuto.
Le due divinità quindi, ora si unirono per punire l’autore del reato. Apollo mandò una pestilenza che decimò il popolo e Poseidone un diluvio, che portò con sé un mostro marino, il quale inghiottiva nelle sue enormi fauci tutto ciò che fosse alla sua portata. Nella sua angoscia Laomedonte consultò un oracolo e fu informato che solo con il sacrificio di sua figlia Esione egli poteva placare l’ira degli dei. Cedendo a lungo agli appelli urgenti del suo popolo, il re acconsentì a questo sacrificio e all’arrivo di Eracle, la fanciulla era già incatenata a una roccia pronta per essere divorata dal mostro.
Quando Laomedonte vide il famoso eroe, le cui meravigliose imprese di forza e coraggio erano diventate la meraviglia e l’ammirazione di tutta l’umanità, lo implorò sinceramente di salvare sua figlia dal suo destino imminente e di liberare il paese da quella creatura spaventosa, promettendogli come ricompensa i cavalli che Zeus aveva regalato a suo nonno Tros come compenso per avergli rapito il figlio Ganimede.
Eracle accettò senza esitazione l’offerta e quando il mostro apparve aprendo le sue terribili fauci per inghiottire la sua preda, l’eroe, spada alla mano, lo attaccò e lo uccise. Ma l’infido Monarca ancora una volta non tenne fede alla sua parola, ed Eracle, giurando futura vendetta, partì per Micene, dove consegnò la cintura ad Euristeo.