NOZZE E MORTE DI ERACLE - VIII
Reading Time: 28 minutesEracle e Deianira
Eracle ora si recò a Calidone, dove corteggiò la bella Deianira, figlia di Eneo, re di Etolia; ma qui incontrò un formidabile rivale in Acheloo, il dio del fiume, e fu convenuto che le loro pretese dovessero essere decise da un singolo combattimento fra di loro.
Confidando nel suo potere di assumere varie forme a piacimento, Acheloo si sentiva fiducioso nel successo; ma ciò non gli giovò a nulla, perché essendosi alla fine trasformato in toro, il suo potente avversario gli spezzò una delle sue corna e lo costrinse a riconoscersi sconfitto.
Dopo aver trascorso tre anni felici con Deianira, si verificò uno sfortunato incidente che per un certo tempo guastò la loro felicità. Eracle fu un giorno presente a un banchetto offerto da Eneo, quando, per via di un improvviso gesto di rimprovero con la mano da lui compiuto involontariamente con troppa forza, ebbe la sventura di colpire in testa un giovane di nobile nascita, il quale, secondo l’uso degli antichi, serviva gli ospiti a tavola e che gli aveva rovesciato inavvertitamente dell’acqua sulle gambe: il colpo fu così violento che ne causò la morte.
Il padre dello sfortunato giovane, che aveva assistito all’accaduto, riconobbe che il fatto fosse stato il risultato di un banale incidente e quindi assolse l’eroe da ogni colpa. Ma Eracle decise di agire secondo le leggi del paese e si autoesiliò; una volta salutato il suocero, si recò a Trachine per visitare il suo amico re Ceice portando con sé sua moglie Deianira e la sua giovane figlio Illo.
Nel corso del loro viaggio giunsero al fiume Eveno, sul quale il centauro Nesso aveva l’abitudine di portare dei viaggiatori dietro compenso. Eracle, col figlioletto in braccio, guadò il torrente senza aiuto, affidando la moglie alle cure del Centauro, il quale, affascinato dalla sua bellezza, tentò di rapirla. Ma le sue grida furono udite dal marito, che senza esitazione colpì Nesso al cuore con una delle sue frecce avvelenate.
Ora il centauro morente aveva sete di vendetta. Chiamò al suo fianco Deianira e le disse di prendersi un po’ del sangue che sgorgava dalla sua ferita, assicurandole che se un giorno avesse rischiato di perdere l’amore del marito, lo usasse nel modo da lui indicato; il sangue avrebbe agito come un incantesimo, e avrebbe impedito che lei venisse soppiantata da una rivale. Eracle e Deianira proseguirono quindi il loro viaggio, e dopo diverse avventure giunsero finalmente a destinazione.
Morte di Eracle
L’ultima spedizione intrapresa dal grande eroe fu contro Eurito, re di Ecalia, per vendicarsi di questo re e dei suoi figli che gli avevano rifiutato la mano di Iole, dopo aver giustamente conquistato la fanciulla. Eracle raccolse quindi un grande esercito e partì per l’Eubea per assediare Ecalia, la sua capitale.
L’impresa fu coronata dal successo ed egli prese d’assalto la cittadella, uccise il re e i suoi tre figli, ridusse la città in cenere e portò via prigioniera la giovane e bella Iole. Di ritorno dalla sua vittoriosa spedizione, Eracle si fermò a Ceneo per offrire un sacrificio a Zeus e mandò a chiedere a Deianira che gli facesse pervenire da Trachine la veste che l’eroe usava per compiere i sacrifici.
Essendo stata informata che la bella Iole era al seguito di Eracle, Deianira, temette che il fascino giovanile della fanciulla potesse soppiantarla nell’amore del marito, e ricordando il consiglio del centauro morente, decise di testare l’efficacia del filtro d’amore che le aveva donato. Tirando fuori la fiala che aveva accuratamente conservato, intrise la veste con una parte del liquido che conteneva e poi la mandò ad Eracle.
L’eroe vittorioso indossò la tunica e stava per compiere il sacrificio, quando il fuoco ardente che stava salendo dall’altare si estese anche sulla veste, poiché il veleno di cui era imbevuto era infiammabile, e ben presto ogni fibra del corpo di Eracle fu penetrata dall’unguento mortale e dal fuoco.
Lo sfortunato eroe, subendo le più spaventose torture, cercò di strapparsi la veste di dosso, ma questa aderiva così strettamente alla pelle che tutti i suoi sforzi per rimuoverla non facevano altro che aumentare la sua agonia. In queste pietose condizioni fu condotto a Trachine, dove Deianira, vedendo la terribile sofferenza di cui era stata la causa innocente, fu sopraffatta dal dolore e dal rimorso e si impiccò per la disperazione.
L’eroe morente chiamò al suo fianco suo figlio Illo e gli chiese di prendere Iole come sua moglie, poi ordinò ai suoi compagni di erigere una pira funeraria, vi salì sopra e implorò gli astanti di darle fuoco, affinché con la loro misericordia ponessero fine ai suoi insopportabili tormenti.
Ma nessuno ebbe il coraggio di obbedirgli, finché alla fine il suo amico e compagno Filottete, cedendo al suo pietoso appello, accese la pila e ricevette in cambio l’arco e le frecce dell’eroe. Presto fiamme su fiamme si levarono fino al cielo e in mezzo a vividi bagliori di fulmini, accompagnati da terribili rombi di tuono, Atena discese in una nuvola e portò via con sé su di un carro il suo eroe prediletto, fin sull’Olimpo. Eracle fu ammesso tra gli immortali; ed Hera, in pegno della sua riconciliazione, gli diede la mano della sua bella figlia Ebe, la dea dell’eterna giovinezza.
(Libera traduzione e adattamento da Myths and Legend of Ancient Greece and Rome di E. M. Berens, 1880)