Costituita sempre come una milizia di cittadini-soldati, rifletteva le distinzioni sociali: gli hastati, i principes e i triarii costituivano i tre gradi successivi dell'ordine di combattimento, equipaggiati in modo diseguale. Gli uomini sono raggruppati in unità chiamate “centurie" e "manipoli". Le armi offensive sono il giavellotto, la lancia e la spada. I conflitti italici permisero di rendere questo esercito, la cui concezione era influenzata dall'esperienza greca, uno strumento efficace. La guerra era crudele e senza pietà: il vinto era spesso ridotto in schiavitù, esposto con il bottino in una cerimonia più bellica che religiosa, che onorava il generale vincitore: il trionfo. L'esercito era composto da legioni, reclutate tra i cittadini, e da truppe ausiliarie, fornite dagli alleati. La legione aveva alla sua testa sei tribuna militairea, ognuno dei quali esercitava a turno il comando; sotto di loro c'erano i centurioni.
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Fino ai tempi della tarda Repubblica, come abbiamo già detto, si deve parlare più di “eserciti romani” più che di un unico esercito, e tutti questi potevano essere riconosciuti ufficialmente dal Senato oppure no (sarà questo il caso di Cesare e Pompeo: fuorilegge il primo dopo il passaggio del Rubicone, legittimo il secondo perché riconosciuto ufficialmente dal governo).
Erano insomma le circostanze che facevano i generali e gli eserciti e li rendevano legittimi, non l’ufficialità. Il carisma, il prestigio e il potere di generali come Mario, Silla, Pompeo e Cesare decidevano tutto. Anche se inizialmente potevano essere stati insigniti dell’imperium dal Senato a difesa degli interessi dello Stato, questi condottieri, a differenza dei generali delle epoche precedenti, crearono i propri eserciti per le propria ambizione.
Ne consegue che i soldati, cosa impensabile nella Roma dei Re e nella primissima Repubblica, diventavano fedeli in primo luogo ai loro generali e solo poi a Roma. Ecco spiegata la lunghissima stagione delle guerre civili che per circa un secolo insanguineranno l’Italia.
All’inizio della Repubblica
La legione è composta da circa 4.000 uomini. La legione romana è divisa in centurie.
L’esercito romano all’inizio della Repubblica aveva diversi corpi: cavalleria, fanteria pesante, fanteria leggera, il genio e i buccinatores (i soldati che con la tromba davano i segnali per il cambio delle sentinelle negli accampamenti romani e per altre operazioni della vita militare. Davano anche il segnale per la carica in battaglia)
Esercito di Camillo
Camillo riorganizzò l’esercito. Da quel momento in poi, la legione comprendeva 30 manipoli. Ogni manipolo è composto da due centurie. I legionari romani sono tutti cittadini. Sono classificati in base al loro valore militare.
L’esercito di Camillo era composto da: fanteria legionaria, cavalleria legionaria, fanteria alleata e truppe ausiliarie.
Sotto la Repubblica, l’esercito romano era generalmente composto da quattro legioni. Queste legioni venivano rinnovate ogni anno.
Le riforme di Mario
Mario riformò il reclutamento dell’esercito romano: abolì il concetto di ricchezza su cui si basava il reclutamento. D’ora in poi i proletari entrano nell’esercito romano.
Mario riorganizzò anche i corpi dell’esercito romano. È il primo a dividere la legione che ora comprende dieci coorti. Una coorte è composta da tre manipoli. Un manipolo comprende due centurie. Una centuria ha in forza cento uomini.
Organizzazione e funzionamento
Reclutamento
Prima di Mario
Per prestare servizio militare (militia) bisognava essere cittadini, ma anche proprietari di beni (terreni, case ecc.). I proletari (proletarii) non potevano entrare nell’esercito romano. L’esercito romano non è permanente. Ogni primavera l’esercito viene ricostituito e in autunno viene sciolto.
In caso di guerra viene effettuato un richiamo speciale, il dilectus. In tempo di guerra, tutti i cittadini romani di età compresa tra i 17 e i 60 anni possono essere mobilitati (tranne quelli che non possiedono nulla). I soldati di fanteria vengono congedati definitivamente dopo vent’anni di servizio.
Da Mario in poi
Le riforme di Mario permettono finalmente ai proletari di entrare nell’esercito.
Le armi
All’inizio della Repubblica, l’esercito romano non forniva alle sue truppe né armi né vestiti. Gli uomini dovevano quindi finanziarsi da soli il loro equipaggiamento, il che portava a certe disuguaglianze. Gli uomini più ricchi erano in grado di acquistare armi e protezioni più efficaci.
Durante la Repubblica, l’esercito romano istituì officine pubbliche per la produzione di armi per le sue truppe.
Ogni corpo dell’esercito romano utilizzava armi particolari.
Armi da fanteria
⦿ L’hasta: la lancia.
⦿ Il pilum: il giavellotto
⦿ Il gladio: la spada
Armi da cavalleria
⦿ Il contus: la lancia
⦿ Il parma o parmula: scudo rotondo
Armi delle unità leggere
⦿ Il parma: scudo
⦿ L’arcus: arco
⦿ La fionda
Il cibo
La dieta dei soldati romani consisteva principalmente di grano (res frumentaria). I soldati romani ricevevano una razione di circa 1 kg di grano al giorno. Se erano puniti, tuttavia, ricevevano orzo al posto del grano.
La paga
Camillo introdusse il sistema retributivo nel 406 a.C. In precedenza, i soldati romani non venivano pagati.
La Gerarchia Militare
L’esercito romano era comandato da un generale in capo (a volte da due). Il generale in capo era un console o un pretore, il quale aveva un suo quartier generale: la cohors praetoria.
Tutte le legioni dell’esercito romano erano sotto il comando del generale in capo. È affiancato da aiutanti di campo (legati, legatus). Ogni legione è guidata da tribuni.
Per gli altri livelli di comando, viene esercitata una rotazione. Gli ufficiali si alternano al comando. La rotazione può essere giornaliera o mensile.
Servizio Giornaliero
I coscritti sono i tirones. La loro istruzione è fornita da un centurione. Il suono del corno annuncia le diverse attività della giornata: il risveglio, le esercitazioni militari, ecc.
La Disciplina
Nell’esercito romano la disciplina era particolarmente rigida. Le violazioni venivano punite molto severamente. Tuttavia, le punizioni erano graduali: dalla privazione dello stipendio alla retrocessione.
Ma l’esercito romano sapeva anche come ricompensare i suoi uomini. Questi premi sono onorifici.
I generali avevano diritto a ricompense speciali. Il generale vincitore riceveva il titolo di imperator (da non confondere con il termine imperatore). Il Senato a volte gli concede preghiere pubbliche: le suppliche.
L’esercito e la Religione
L’esercito romano ha dato un posto primordiale alla religione. Numerosi riti religiosi costellavano la vita dei soldati romani. Alcuni riti si svolgono a marzo, prima della campagna militare.
La fine della campagna militare è segnata da altri riti religiosi celebrati in ottobre. È durante questo mese che le armi vengono purificate.
Quando viene dichiarata la guerra, i riti religiosi vengono eseguiti dai fetiali, i diplomatici religiosi.
Le insegne militari
Le insegne militari romane non sono solo simboli. I Romani li consideravano l’essenza stessa della formazione militare che rappresentavano. Sono l’anima della formazione. Queste insegne hanno quindi un valore molto particolare per l’esercito romano.
Strategie e tattiche militari dell’esercito romano
I movimenti delle truppe
Ogni legionario porta un carico di circa 40 chili. La sua borsa contiene cibo e materiale per costruire l’accampamento.
Una tappa è lunga circa 25 km. Come regola generale, l’esercito romano seguiva quasi sempre lo stesso ordo agminis, cioè “ordine di marcia”.
La truppa era talvolta preceduta da esploratori: gli exploratores. In caso di rischio di attacco nemico, la truppa avanza in agmen quadratum: formazione quadrata.
Gli eserciti romani attaccavano prima con un flusso di frecce e giavellotti, poi si spostavano in avanti per i combattimenti ravvicinati. Durante le battaglie, i soldati romani chiudevano insieme i loro scudi per creare una formazione difensiva chiamata testudo (testuggine).
La Battaglia
Fino a Camillo
L’esercito romano si presentava sul fronte in falange e si schierava in sei file.
Da Camillo in poi
La battaglia si combatte su diversi piccoli fronti. La fanteria pesante è al centro dei ranghi. Ogni legione si presenta in tre linee disposte a quincunx, cioè cinque unità in formazione quadrata.
Il punto di partenza della battaglia è segnato da un segnale che ordina il lancio del giavellotto (pila mittere).
Da Mario in poi
Le coorti si presentano in tre file disposte a quincunx, cioè cinque unità in formazione quadrata.
L’assedio
I Romani ereggevano un terrapieno (agger) di fronte alla città che stavano assediando. Poi installavano delle torri sull’agger. I romani utilizzavano arieti di ferro per sfondare le mura della città assediata.
L’organizzazione di una legione
A partire dalla Terza guerra punica (151-146 a.C.), il numero di una legione variava da 4.200 a 5.000 soldati, a seconda delle necessità, cui si aggiungevano circa 300 cavalieri.
La legione era divisa in manipoli, ognuno dei quali era composto da due centurie di truppe. I manipoli di giovani costituivano la prima linea. Dietro di loro c’erano i soldati un po’ più anziane e in fondo c’erano quelli ancora più anziani ed esperti.
Una centuria significa letteralmente proprio 100 soldati. Con il tempo, però, essa arrivò ad averne anche di meno, fino a 80 divisi in dieci “gruppi di tende” (contubernia) di otto uomini ciascuno.
Le legioni subirono molti cambiamenti, ma alla fine del I secolo d.C. raggiunsero la forma pressoché definitiva che durerà per tutto l’Impero romano: una legione con un totale di 5.120 soldati di fanteria, tutti cittadini romani. La legione era composta in questo modo:
6 centurie di 80 uomini = 480 unità (una coorte) |
10 coorti compongono una legione: La prima coorte era però di dimensioni quasi doppie rispetto alle altre ed era composta da dieci centurie di 800 uomini. |
9 coorti di 480 uomini - 480 x 9 = 4.320 |
4.320 (9 coorti) + 800 (prima coorte doppia) = 5.120 uomini |
Ogni centuria non aveva solo un centurione a comandarla, ma anche il suo assistente chiamato optio. Questi ultimi erano circa 128, per un totale di 5.248 uomini. |
Ogni centuria non aveva solo un centurione a comandarla, ma anche il suo assistente chiamato optio. Questi ultimi erano circa 128, per un totale di 5.248 uomini.
Le Guerre Sociali
Il breve ma importante periodo conosciuto come Guerre Sociali (91-88 a.C.) fu il risultato del fatto che le forze armate romane dovettero affrontare le pressioni derivanti dall’acquisizione di così tante province della penisola italiana.
Sebbene fosse passato molto tempo dall’acquisizione di queste province, nel 91 a.C. gli uomini di queste colonie trovarono finalmente il coraggio di combattere contro Roma per ottenere la cittadinanza romana e i diritti che avrebbero ottenuto diventando cittadini.
Già così, infatti, pagavano le tasse a Roma e obbedivano alle leggi romane senza avere in cambio i privilegi che meritavano. Quando il Senato si rese conto che questi individui avrebbero continuato a combattere finché non avessero ottenuto ciò che volevano, promulgò una legge simile a quella introdotta dai fratelli Gracchi prima del loro assassinionel 133 e nel 121 a.C.. 133 e 121 a.C.
Furono concesse terre e cittadinanza ai Romani che non la possedevano e ai coloni della penisola italiana che avessero deposto le armi entro 60 giorni. Improvvisamente, l’esercito romano ebbe a disposizione un bacino molto più ampio di cittadini da cui attingere.
Con un numero sempre crescente di truppe senza terra che si univano all’esercito, i capi militari acquisivano potere, perché erano loro – e non il Senato – a pagare alle truppe la terra guadagnata con il servizio militare. Giulio Cesare fu probabilmente il più dotato di questi leader. Più degli altri comandanti dell’esercito, fu in grado di conquistare e mantenere la fedeltà delle sue truppe.
Poteva guidare le sue armate ovunque, perché manteneva le promesse fatte, le ispirava con le sue parole e faceva sentire importanti tutti i suoi uomini, anche gli scettici.
Inoltre, a differenza della maggior parte dei comandanti, ogni volta che Cesare conquistava una città, non prendeva più della sua parte. Lasciava gran parte del bottino ai suoi uomini e si assicurava che esso fosse equamente diviso.
La linea di comando
A capo della legione vi era di solito il legatus legionis (“comandante della legione”), un uomo di ceto elevato, un senatore, che aveva ricoperto già la carica di pretore. Come suoi assistenti e vice egli disponeva di sei tribuni militari. Il più anziano fra tutti questi era il tribunus laticlavius, (“tribuno con un’ampia fascia di porpora”), che apparteneva anche lui al rango senatorio. I comandanti delle legioni venivano nominato proprio scegliendoli dai laticlavii.
Gli altri cinque detti tribuni angusticlavii, (“tribuni con strette fasce di porpora”) appartenevano all’ordine equestre e spesso avevano già comandato unità ausiliarie. Potevano quindi accedere al comando delle unità di cavalleria ausiliaria. Infine c’era il praefectus castrorum (“prefetto dell’accampamento”), che di solito era un ex centurione anziano che era riuscito ad avanzare di grado. Gli ufficiali avrebbero fatto meglio ad ascoltarlo quando aveva dei suggerimenti, perché forse, tra tutti loro, era l’unico ad avere una reale e lunga esperienza nell’esercito.
Il centurione anziano comandava la propria coorte ed era chiamato primus pilus (“la prima lancia”). Era il centurione capo, per così dire, di tutta la legione e tutti gli altri erano ad un livello inferiore al suo.
Non sappiamo bene tuttavia come avvenissero queste promozioni di grado fra centurioni. Le legioni venivano spesso divise in distaccamenti chiamati vexillationes (ali) e ai centurioni veniva spesso assegnato il comando di alcune unità ausiliarie.
La guerra era spietata: il vinto era spesso ridotto in schiavitù, esposto con il bottino in una cerimonia più bellica che religiosa, che onorava il generale vincitore: il trionfo.