L'esercito romano durante il principato (cioé l'Impero) era una diretta continuazione dell'esercito nella Repubblica Romana. Tutte le riforme introdotte da Mario e altri furono mantenute. Poiché il principato romano era essenzialmente una giunta militare, l'esercito assunse sempre più un ruolo politico, che alla fine culminò nell'Anno dei Quattro Imperatori e successivamente nei cosiddetti Imperatori Soldati.
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L’esercito romano: il Tardo Impero
A partire dal regno di Marco Aurelio (161-180 d.C.), l’Impero subì attacchi alle sue frontiere che aumentarono progressivamente nel corso del III secolo, durante l’epoca degli “imperatori soldato” che ebbe breve durata.
Scarsità di reclute
Lo Stato romano perde il suo potere e incontra difficoltà di reclutamento.
L’esercito romano fu costretto ad arruolare dei mercenari. In effetti, i cittadini romani non mostrarono più interesse per la carriera militare. Questo aveva perso tutto il suo fascino dopo l’Editto di Caracalla, che aveva esteso il diritto di cittadinanza a tutti gli abitanti dell’impero. Veniva meno dunque la necessità di militare nell’esercito romano. Il diritto di cittadinanza era stato il privilegio principale, anzi esclusivo, che poteva essere riconosciuto a chi entrava nell’esercito. Quindi alcuni provinciali trovavano vantaggioso intraprendere la carriera militare e la prospettiva di ottenere la cittadinanza era stata la maggiore risorsa con la quale si erano riuscite ad arruolare sempre nuove reclute.
Ma ora, dopo l’estensione del diritto di cittadinanza a tutti, i numeri della legione si assottigliarono sempre di più, mentre aumentarono quelli delle truppe ausiliarie.
Una legione, nel tardo Impero, aveva solo 120 cavalieri usati come esploratori e corrieri, per un totale finale (esclusi gli ufficiali) di 5.368 unità.
La gerarchia militare
D’ora in poi, il comune soldato romano poteva progredire nella carriera militare e superare il grado di centurione.
C’è stato anche un notevole cambiamento nel comando supremo. La legione non era più comandata da un legato, ma da un prefetto proveniente dai ranghi.
La cavalleria
Il corpo della cavalleria divenne particolarmente importante a partire almeno da Gallieno (253-268) che fu il primo imperatore a creare un esercito di cavalleria indipendente con un proprio comandante e a porre le legioni sotto il comando di equestri anziché di senatori.
I grandi cambiamenti continuarono sotto Diocleziano (284-305) e la Tetrarchia. Diocleziano aumentò il numero delle legioni a circa 60, schierate a coppie lungo le frontiere, insieme a unità di cavalleria. Alcune legioni vennero aggregate direttamente alla corte imperiale mobile (comitatus) insieme alle truppe di cavalleria di grado più elevato.
Suddivisione dell’esercito
Sotto Costantino (307-337), si puntò tutta la strategia militare su unità mobili e agili, anche se la svolta era già iniziata sotto Gallieno (253-268).
L’esercito ebbe ridistribuito in questo modo:
Comitatenses (da comes che significa membro del seguito dell’imperatore): I comitatenses combattevano le guerre per tutto l’Impero ed erano truppe di qualità, altamente addestrate e ben pagate, costituite da una dozzina di unità di cavalleria di 500 uomini che costituivano il nucleo dell’esercito mobile dell’imperatore. Erano gli uomini che avrebbero dovutor affrontare qualsiasi esercito di barbari invasori.
Limitanei (da limes, “frontiera”): I limitanei, che erano principalmente la fanteria statica delle guarnigioni di frontiera, tenevano le difese di frontiera in efficienza ma erano di grado inferiore rispetto a tutto l’esercito. In realtà, si trattava poco più che di un’armata di frontiera, un miscuglio di unità ausiliarie di lunga data, di bande di mercenari di provinciali assoldati e spesso di barbari. Di conseguenza, la loro capacità di combattere e, peggio ancora, la loro lealtà erano poco affidabili.
Nel frattempo, le legioni furono ritirate dalle frontiere per creare roccaforti e centri militari all’interno dell’Impero, che avrebbero protetto i civili e le risorse militari in caso di invasione.
La fine dell’esercito romano in Occidente
Con l’esercito diviso in guarnigioni locali di frontiera, divenne più facile per gli aspiranti imperatori approfittare della fedeltà delle truppe locali e ribellarsi. Nel 378, inoltre, l’imperatore dell’Impero d’Oriente Valente (364-378) fu sconfitto ed ucciso ad Adrianopoli mentre cercava di respingere gli Ostrogoti e i Visigoti.
All’inizio del V secolo, l’Occidente si trovò ad affrontare tre problemi fondamentali:
◉ L’Occidente aveva perso così tanti territori che non era più in grado di sostenere o rifornire l’esercito di cui necessitava.
◉ Un susseguirsi di ribellioni all’interno dell’Impero romano aveva portato al richiamo delle truppe dalle frontiere. Tutto ciò aveva portato all’abbandono delle fortezze e dei presidi di difese che divennero fatiscenti.
◉ L’Occidente divenne sempre più dipendente dall’ingaggio di mercenari presi dalle truppe barbare, note come foederati, che erano fedeli solo se finché venivano pagate (e talvolta tradivano e cambiavano casacca pure se la paga l’avevano ricevuta). Dunque questi foderati potevano abbandonare il campo di battaglia di punto in bianco o rivoltarsi senza preavviso.
◉ L’Oriente invece aveva subito molte meno invasioni (anche perché era più difficile da attaccare e perché cercava il più possibile di deviare le orde barbariche presso Occidente) ed era in grado di sostenere l’esercito di cui aveva bisogno.
In ultima analisi, ciò che decretò la fine dell’esercito e dell’Impero d’Occidente fu semplicemente la bancarotta, il deficit o meglio il default come diciamo noi oggi: non c’erano più abbastanza risorse o denaro per mantenere tutto l’apparato in vita.
L’ultima unità dell’epoca registrata fu la Nona Coorte dei Batavi, già conosciuta da storici e archeologi, per via di alcune tavolette scritte, riconducibili a personaggi di questa legione, ritrovate nel forte di Vindolanda, nel nord della Britannia, risalenti però a quasi 400 anni prima dell’epoca che stiamo considerando. Alcuni soldati di questa unità cercarono di ottenere gli stipendi arretrati durante il regno di Romolo Augustolo (475-476), ma molto sbrigativamente i soldati furono uccisi e gettati in un fiume.
D’altronde il breve e ultimo regno di Romolo Augustolo fu funestato da diverse vertenze sindacali: truppe mercenarie barbariche composte da Eruli, Sciri e Turcilingi, chiesero le terre in Italia promessegli da Oreste, generale romano, padre di Romolo, che reggeva l’impero i nome del figlio ancora troppo giovane. D’altronde tutti questi barbari avevano combattuto per lui e volevano in qualche modo essere ricompensati. Oreste mancò alla parola data, e i barbari elessero a loro rappresentante sindacale Odoacre, capo Sciro che risolse la cosa non proprio a un tavolo di trattativa: assediò Pavia, dove Oreste si era rifugiato e la conquistò, catturando e facendo poi uccidere lo stesso Oreste.
Dopo aver raggiunto Ravenna, allora capitale dell’Impero (o di quel che ne restava), depose Romolo Augusto o Augustolo e inviò a Costantinopoli le insegne imperiali, non assumendo il titolo di Imperatore ma di Re (Rex come risulta dai documenti dell’epoca).
L’esercito e l’impero romano in Occidente ormai non esistevano più.