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I GRECI IN GUERRA: LA FALANGE MACEDONE

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La falange (greco: φάλαγξ; romanizzato: phálanx), in ambito militare, è una formazione rettangolare dell'antica fanteria greca, tipicamente composta da lancieri. I falangisti mantenevano una formazione ravvicinata, con le armi delle prime linee (il numero esatto dipendeva dalla lunghezza delle lance, proiettate in avanti, in modo che fosse impossibile colpire qualsiasi uomo della formazione senza essere trafitto da qualche lancia). Inoltre, la seconda difesa sarebbe stata la barriera di scudi branditi dai soldati, che innescavano la protezione reciproca. I restanti membri della formazione, quelli troppo lontani dalla prima linea, tenevano le loro lance sollevate a una media di 45 gradi, in una posizione pronta e bloccando parzialmente un attacco dall'alto, come nel caso della cavalleria che saltava sopra la prima linea di lance.
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Una schermata del gioco per computer Rome: Total War, copyright 2004 di Activision e Creative Assembly. È una rappresentazione abbastanza buona di una falange macedone, con la principale eccezione che le lance erano impugnate con due mani e non con una. Lo scudo era legato al braccio anziché essere tenuto in mano.

Una schermata del gioco per computer Rome: Total War, copyright 2004 di Activision e Creative Assembly. È una rappresentazione abbastanza buona di una falange macedone, con la principale eccezione che le lance erano impugnate con due mani e non con una. Lo scudo era legato al braccio anziché essere tenuto in mano.

La falange macedone è una formazione di fanteria sviluppata da Filippo II e utilizzata dal figlio Alessandro Magno per conquistare l’Impero persiano. Le falangi rimasero dominanti sui campi di battaglia per tutto il periodo ellenistico, anche se le guerre si erano evolute in operazioni più prolungate che in genere prevedevano assedi e combattimenti navali oltre che battaglie campali, finché non furono definitivamente soppiantate dalle legioni romane.

Filippo II trascorse gran parte della sua giovinezza come ostaggio a Tebe, dove studiò le tattiche di guerra del famoso generale Epaminonda, le cui innovazioni introdotte furono alla base dello sviluppo falange macedone.

Epaminonda e l’ordine obliquo

Nella terminologia militare, l’ordine obliquo designa la disposizione delle truppe sul campo di battaglia in cui uno dei fianchi è rinforzato in modo sproporzionato a scapito del centro e del fianco opposto. La formazione mira a ottenere la massima concentrazione di forze nell’attacco a uno dei fianchi del nemico, ottenendo la superiorità locale in quel punto specifico.

La missione del centro e dell'”ala debole” è di resistere alla pressione abbastanza a lungo da schiacciare il fianco nemico attaccato dall'”ala forte”. Per raggiungere questo obiettivo, le tattiche più comuni sono due:

    • sfruttare la geografia locale mantenendo le parti deboli della linea su un terreno favorevole.
    •  
    • ritardare il più possibile il contatto dell'”ala debole” e del centro con il nemico, facendo guadagnare tempo all’ala più forte per completare la sua missione.

      Un modo per raggiungere questo obiettivo è disporre le truppe in formazione a scaglioni, in maniera che il contatto con il nemico avvenga gradualmente lungo la linea, iniziando dall'”ala forte” e terminando con l'”ala debole”.
      Per avere successo, un attacco in ordine obliquo richiede un controllo perfetto ed è una buona opzione solo per comandanti di truppe ben addestrate.

Il primo uso dell’ordine obliquo registrato dalla storia si verificò nella splendida vittoria dei Tebani di Epaminonda sugli Spartani nella battaglia di Leuttra del 371 a.C. Anche Alessandro Magno e Federico II di Prussia (Federico il Grande) utilizzarono questa tattica con ottimi risultati.

A volte i termini “esporre il fianco al nemico” o “mostrare il fianco” sono usati come sinonimi di ordine obliquo.

Battaglia di Leutra, 371 a.C. I Tebani (in blu) avanzano in fila contro la linea spartana. Il fianco sinistro tebano è molto più forte di quello destro, costituendo un'applicazione dell'ordine obliquo.
Battaglia di Leutra, 371 a.C. I Tebani (in blu) avanzano in fila contro la linea spartana. Il fianco sinistro tebano è molto più forte di quello destro, costituendo un’applicazione dell’ordine obliquo.

 

I falangiti

I falangiti erano soldati professionisti e furono tra le prime truppe ad essere addestrate ai movimenti, consentendo loro di eseguire manovre complesse ben al di là della portata della maggior parte degli altri eserciti.

Combattevano in una stretta formazione rettangolare, in genere di otto uomini, con un capo alla testa di ogni colonna e un capo secondario al centro, in modo che le file posteriori potessero spostarsi ai lati se era necessario un maggior fronte.

A differenza dei precedenti opliti, i falangiti non erano corazzati, tranne forse quelli della prima fila, e portavano solo piccoli scudi. Non ci si aspettava che i nemici si avvicinassero abbastanza da renderli necessari.

Ogni falangita portava come arma principale una sarissa, una picca a doppia punta lunga oltre quattro metri. Veniva trasportata in due pezzi, fatti scorrere insieme poco prima della battaglia, e doveva essere impugnata con due mani.

Allora Alessandro schierò il suo esercito in modo tale che la profondità della falange fosse di 120 uomini; e disponendo 200 cavalieri su ogni ala, ordinò loro di mantenere il silenzio, ricevendo rapidamente la parola d’ordine. Di conseguenza, diede il segnale alla fanteria, armata fino ai denti, di tenere le lance in posizione eretta, per poi abbassarle al segnale concertato; in un primo momento fece inclinare le lance verso destra, strettamente serrate tra loro, e in un secondo momento verso sinistra. Poi mise la falange in rapido movimento in avanti e la fece marciare verso le ali, ora a destra ora a sinistra. Dopo aver sistemato e risistemato le sue linee più volte con grande rapidità, alla fine ordinò alla falange di disporsi in una sorta di cuneo e la condusse verso sinistra contro il nemico, che era rimasto a lungo in uno stato di stupore nel vedere l’ordine e la rapidità delle sue evoluzioni. Di conseguenza, non sostennero l’attacco di Alessandro, ma abbandonarono le prime cime della montagna. A questo punto Alessandro ordinò ai Macedoni di alzare il grido di battaglia e di far tintinnare le lance sugli scudi; i Taulanti, ancora più allarmati dal rumore, ricondussero l’esercito in città il più rapidamente possibile.

Arriano, Anabasi di Alessandro, I, 6

Al servizio della cavalleria

A distanza ravvicinata queste grandi armi erano inutili, ma una falange intatta poteva facilmente tenere i nemici a distanza; le armi delle prime cinque file di uomini sporgevano tutte oltre la parte anteriore della formazione, in modo che in ogni momento ci fossero più punte di lancia che bersagli disponibili. L’arma secondaria, più o meno un accessorio, era un piccolo pugnale.

FilippoAlessandro usarono la falange come arma d’elezione, ma la usarono per tenere il nemico in posizione mentre la cavalleria leggera sfondava i suoi ranghi.

La cavalleria macedone combatteva in formazione a cuneo ed era posizionata all’estrema destra; dopo aver sfondato le linee nemiche, era seguita dagli ipaspisti, fanti d’élite che fungevano da guardia del corpo del re, e poi dalla falange vera e propria. Il fianco sinistro era generalmente coperto dalla cavalleria alleata fornita dai Tessali, che combatteva in formazione romboidale e svolgeva principalmente un ruolo difensivo.

Formazione da battaglia di una falange macedone
Formazione da battaglia di una falange macedone

Le truppe ausiliarie

Venivano impiegate anche altre forze: schermagliatori, truppe di distanza, riserve di opliti alleati e artiglieria. La falange portava con sé un bagaglio piuttosto ridotto, con un solo servitore ogni pochi uomini. Questo le conferiva una velocità di marcia che gli eserciti contemporanei non potevano sperare di eguagliare: a volte i nemici si arrendevano ad Alessandro semplicemente perché si aspettavano che si fnon si sarebbe fatto vivo per diversi giorni ancora. I falangiti erano addestrati per eseguire brevi marce forzate, se necessario.

Una perfetta macchina da guerra

Prima del 350 a.C., i Macedoni non erano militarmente in grado di competere gli eserciti della Grecia meridionale. Il cambiamento avvenne con Filippo II, il quale creò una forza di combattimento unica, che metteva in crisi la tradizionale falange di opliti greca. Essa puntava su tre elementi fondamentali:

Formazioni della falange macedone
Formazioni della falange macedone

Cavalleria d’assalto: L’esercito di Filippo era molto numeroso e misto, cioè comprendeva una falange di fanteria pesante, la cavalleria e truppe armate alla leggera. L’innovazione rispetto agli eserciti greci dell’epoca, fu l’utilizzo della cavalleria per caricare e sfondare le linea del nemico, divenendo così la principale arma offensiva dei macedoni.

La sarissa: la fanteria macedone era armata in modo differente rispetto ai greci meridionali. Invece della lancia corta o del giavellotto, essi usavano una lancia di 4,5 metri circa chiamata sarissa. Quest’arma rendeva molto difficile avvicinarsi alla linea di fanteria, soprattutto perché la falange macedone era così ben addestrata che poteva formare molto rapidamente una mezza dozzina di formazioni diverse.

Gli ipaspisti: I macedoni disponevano di truppe speciali chiamate ipaspisti, utilizzate per missioni speciali che richiedevano una tattica diversa da quella di una battaglia di fanteria standard. Gli ipaspisti erano notoriamente impavidi e si cimentavano in tutti i tipi di compiti ritenuti estremamente pericolosi, ad esempio scalare le pareti rocciose o assaltare una città di notte. Erano armati in modo più leggero rispetto alla falange e per questo assai più agili.

 

Evoluzione e declino della falange

Gli eserciti del primo periodo ellenistico erano equipaggiati e combattevano principalmente nello stesso stile di Alessandro. Verso la fine, tuttavia, ci fu un generale allontanamento dall’approccio a braccia combinate per tornare a usare la falange stessa come braccio d’assalto, facendola caricare nelle linee nemiche come avevano fatto gli opliti precedenti.

Questo lasciava la formazione piuttosto vulnerabile: sebbene quasi invincibile agli assalti in avanti, le falangi, come le altre formazioni di fanteria, erano piuttosto esposte al fatto di poter essere affiancate e, peggio ancora, tendevano a disgregarsi quando avanzavano rapidamente su un terreno accidentato.

Finché tutti utilizzavano le stesse tattiche, queste debolezze non erano immediatamente evidenti, ma con l’avvento delle legioni romane si rivelarono fatali in ogni scontro importante, il più famoso dei quali fu la Battaglia di Pidna, quando i Romani furono in grado di avanzare attraverso i vuoti della linea e sconfiggere facilmente i falangiti una volta vicini.

Traduzione e adattamento da http://www.hellenicaworld.com/Greece/LX/en/MacedonianPhalanx.html con aggiunte e integrazioni

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Hippeis (in greco antico, ἱππεῖς) era il termine greco antico per indicare la cavalleria. L'Hippeus (ἱπππεύς) costituiva la seconda delle quattro classi censuarie di Atene, cittadini che potevano permettersi di tenere un cavallo al servizio dello Stato in tempo di guerra. Questo termine può essere paragonato a quello degli equites romani e dei cavalieri medievali. Tra gli Spartani, gli Hippei componevano la guardia reale, che contava 300 giovani sotto i trent'anni. Questi servirono dapprima nella fanteria pesante e poi nella cavalleria.

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