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I QUATTRO IMPERATORI: GALBA, OTONE, VITELLIO

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Nerone (Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus; 15 dicembre 37 d.C. – 9 giugno 68 d.C.) fu il quinto e ultimo imperatore romano della dinastia giulio-claudia. Nacque col nome di Lucio Domizio Enobarbo. Nerone era il figlio adottivo di suo prozio Claudio. Divenne imperatore il 13 ottobre del 54, dopo la morte di Claudio, che fu probabilmente assassinato dalla madre di Nerone, Agrippina la Giovane. Agrippina aveva un motivo per garantire la successione di Nerone prima che Britannico (figlio naturale di Claudio) potesse ottenere il potere.
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Busto di Galba

Busto di Galba

L’anno dei quattro imperatori (giugno 68- dicembre 69 D.C.)

I tre nomi di Galba, Otone e Vitellio vengono solitamente raggruppati insieme, poiché i loro regni furono tutti molto brevi anche se movimentati. La successione al trono, alla morte di Nerone e all’estinzione in lui della linea Giulio-claudia, fu oggetto di contesa e le legioni, in diversi parti dell’Impero, sostenevano le pretese dei loro capi prediletti.

L’elezione di Galba, come scrive Tacito, svelò il gran segreto dell’impero, cioè il potersi proclamare gli imperatori tanto a Roma quanto altrove. In tal modo cessava quella specie di diritto ereditario che aveva regolato la successione dei primi sovrani del principato.

Sembrava che Roma stesse per tornare indietro ai tempi dei generali repubblicani del I secolo a.C. Quello che seguì viene talvolta chiamato l’Anno dei Quattro Imperatori (l’ultimo è Vespasiano, di cui facciamo qui solo dei cenni e del quale parleremo più diffusamente in seguito).

Un vecchio troppo severo: Galba (68-69 d.C.)

 - Galba ha un compito da svolgere. Ricostruire Roma e riportare la giustizia romana. - così diceva Marco Vinicio (Robert Taylor) nel finale del film, Quo Vadis? del 1951. In realtà Galba non ebbe il tempo di fare nulla di questo perché fu assassinato appena 15 giorni essere stato acclamato imperatore.
Galba ha un compito da svolgere. Ricostruire Roma e riportare la giustizia romana. – così diceva Marco Vinicio (Robert Taylor, nella foto) nel finale del film, Quo Vadis? del 1951. In realtà Galba non ebbe il tempo di fare nulla di tutto ciò, perché fu assassinato appena 15 giorni dopo essere stato acclamato imperatore.

Galba fu dunque scelto dal Senato per sostituire Nerone. Proveniva da un’antica famiglia repubblicana, aveva 71 anni e soffriva di gotta. Le liete speranze che s’erano create attorno a lui ben presto svanirono totalmente. Giunto a Roma si mostrò tirannico, avaro e crudele, giustiziando i sostenitori di Nerone, lasciandosi anche lui dominare dai favoriti e non mantenendo le promesse fatte alle legioni della Germania che lo avevano sostenuto; per cui a nulla valse l’adozione come suo successore di Pisone Liciniano, giovane di nobile stirpe e di austeri costumi. Liciniano fu da lui nominato anche nuovo comandante sul Reno, incarico per il quale era troppo inesperto, al posto di Lucio Verginio Rufino. Questa decisione, gli alienò l’appoggio dell’ l’ex governatore della Lusiania, Marco Salvio Otone e creò malcontento tra le truppe.

La sua rigida politica economia lo rese inviso al popolo, soprattutto all’esercito, che sperava di ricevere un grosso compenso in cambio della sua fedeltà. Inviò due nuovi comandanti in Germania, Flacco e Vitellio, che non riuscirono a controllare i soldati.
Alla fine l’esercito sul Reno giurò fedeltà a Vitellio, ma Otone, le cui speranze di essere adottato da Galba come suo successore erano state deluse dalla preferenza data a Pisone, ne approfittò per diventare imperatore. I pretoriani assassinarono Galba e Pisone (15 gennaio 69) proclamando imperatore Otone appunto, primo marito di Poppea, il quale per ottenere il trono offrì alla guardia una grossa somma di denaro.

Molti nemici, poco onore: Otone (69 d.C.)

Anche Otone, non partì col piede giusto e non lo aiutava certo essere stato uno degli amici più stretti di Nerone.

Le legioni della Germania infatti non lo riconoscevano; avevano già, qualche giorno prima, offerto la corona al loro comandante Vitellio e ora scendevano in Italia a sostenerne i diritti. La guerra civile fu inevitabile. Otone mosse incontro al proprio rivale. Le forze di Vitellio si divisero in due e si diressero verso l’Italia passando per le Alpi. Dapprima si combatté con varia fortuna, poi presso Bedriaco, fra Cremona e Verona, la guerra si fece più aspra. Otone fu vinto, anche grazie all’aiuto degli ausiliari batavi, ed egli, dopo un regno di soli tre mesi, si uccise (14 aprile 69).

Busto di Otone
Busto di Otone

Le truppe di Otone si arresero a Vitellio che venne dichiarato immediatamente dal Senato imperatore e che si diresse subito a Roma saccheggiando terre e città

Vorace e scialacquatore: Vitellio (69 d.C.)

Uomo senza ingegno e senza energia, Vitellio divenne famoso per la sua brutale voracità. In pochi mesi dette fondo a 900 milioni di sesterzi, e fu una vera fortuna che le legioni in Siria avessero proclamato come nuovo imperatore il valoroso Tito Flavio Vespasiano. Questi, accettata la corona e affidato al figlio Tito l’incarico di sottomettere i Giudei, occupò l’Egitto e l’Africa, per affamar la capitale; poi mandò il tribuno militare Antonio Primo in Italia, il quale, entrato dalle le Alpi orientali nella penisola, batté i Vitelliani presso Cremona e poi di nuovo a Roma. Presa la città, Vitellio fu trascinato via dal trono e straziato per le strade, quindi fu ucciso e gettato nel Tevere (20 dicembre 69).

Era il figlio di Lucio Vitellio e di Sestilia. Svetonio scrisse due resoconti sulle origini dei Vitellii: in uno sostiene che essi discendessero dagli antichi sovrani del Lazio, mentre nell’altro dichiara che le loro origini fossero molto più umili. Lo zio di Vitellio, Quinto, era stato coinvolto nella congiura di Seiano contro Tiberio. Si dice che l’oroscopo del giorno della nascita di Vitellio, sconvolse così tanto i suoi genitori che cercarono di impedirgli di diventare console. Trascorse la sua infanzia a Capri, tra i favoriti dell’imperatore Tiberio, o meglio tra le spintrie (giovani che praticavano perversioni sessuali).

Godette del favore dell’imperatore Caligola, venerandolo addirittura come un dio e del quale guidava i carri, e di Claudio e Nerone, con i quali giocava a dadi. Grazie al favore ottenuto da questi tre imperatori, fu designato augure. Nominato console nel 48 dC , ottenne il governo proconsolare della provincia dell’Africa (60-61 d.C. ) per la quale dimostrò enorme disinteresse. Successivamente prestò servizio come legato agli ordini di suo fratello, che gli successe nella carica. Scaduto il suo mandato, fu assegnato a vari incarichi amministrativi, guadagnandosi una buona reputazione a Roma.

Paul Baudry. La morte di Aulo Vitelio, 1847,
Paul Baudry. La morte di Aulo Vitelio, 1847,

Dopo aver sconfitto Otone, Vitellio congedò la maggior parte della Guardia Pretoriana come punizione per aver ucciso Galba. Durante la marcia trionfale verso Roma, Vitellio si fermò sul campo di battaglia di Betriacum, vicino a Cremona, e, dopo aver bevuto molto vino per poter sopportare il fetore dei cadaveri, disse, con grande e sprezzante cinismo, che solo l’odore di un concittadino morto era più dolce di quello di un nemico morto. Vitellio nominò dei consiglieri inadeguati, tra cui i legati Cecina e Valente e un liberto di nome  Asiatico, un ladro insolente. “Punire e giustiziare chiunque e per qualsiasi cosa era un piacere per lui” scrive Svetonio. Ma Vitellio è ricordato soprattutto per la sua ingordigia.

La sua voracità non solo non aveva limiti, ma era anche sporco e disordinato, incapace di contenersi sia durante i sacrifici che nei viaggi. Mangiava sugli stessi piatti, carni e pasticcini, su i quali ordinava di cuocervi sopra, e lungo le strade pranzava nelle osterie facendosi portare pietanze ancora fumanti, o che, servite il giorno prima, erano state lasciate a metà.

Svetonio, Vit. XIII, 2. 159

 Vitellio creò anche un gigantesco piatto chiamato “Scudo di Minerva la Protettrice” :

Eppure anche in questa cena superò sé stesso, in un banchetto che diede, fu servito per la prima volta un piatto che gli era stato preparato e che, per le sue straordinarie dimensioni, chiamò “Lo scudo di Minerva”. In questo piatto c’erano fegati di luccio, cervella di fagiano e di pavone, lingue di fenicotteri e interiora di lamprede, che erano state portate su navi da guerra fin dalla Partia e dallo stretto della Spagna.

Svetonio, Vit. XIII

La rivolta di Civile

Congiura di Giulio Civile, Rembrandt, 1661
Congiura di Giulio Civile, Rembrandt, 1661

Gaio Giulio Civile fu il capo della ribellione batava contro i romani nel 69-70. L’unica fonte sulla sua vita è il racconto di Tacito. Secondo lui, Giulio Civile era un batavo, cittadino romano e comandante di unità batave ausiliarie nelle legioni romane, che si ribellò al tentativo di Vespasiano di fare dei batavi una forza militare chiave nella lotta per il trono di Roma dopo la morte di Nerone (e quindi di Galba e Otone ). Civile fece causa comune con Vitellio e dapprima finse di essere un seguace di Vespasiano e di combattere contro l’imperatore.

Dopo la sconfitta di Vitellio stesso, tuttavia, Civile sollevò una rivolta in un’area più o meno equivalente all’attuale Olanda, e proclamò l’Impero Gallico, a cui si unirono le tribù dei Frisoni, i Caninefati, nonché le tribù germaniche originarie della sponda orientale del il Reno. Gli insorti distrussero i forti romani sul Reno e altri loro insediamenti, ad esempio Vetera, che fu bruciata.

Alcuni dei soldati romani furono costretti a giurare fedeltà al nuovo regime e altri furono massacrati. Vespasiano inviò dieci legioni contro Giulio Civile, truppe guidate da Quinto Petilio Ceriale, il quale cominciò a reprimere duramente la rivolta, ma allo stesso tempo offrì una pace favorevole agli sconfitti, riuscendo così a dividere i ribelli.

Civile stesso fu battuto nella battaglia di Treviri e sembra aver poi accettato delle condizioni di resa relativamente miti, senza venir giustiziato, ma mancano fonti per confermarlo. Tutto ciò che si sa è che i Batavi si sottomisero ancora una volta a Roma, e che essa controllò l’area degli odierni Paesi Bassi per i successivi due secoli.

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La letteratura augustea si riferisce agli autori della letteratura latina che operarono durante il regno di Cesare Augusto (27 a.C.–14 d.C.), il primo imperatore romano. Nella storia letteraria della prima parte del XX secolo e nel periodo precedente, la letteratura augustea era considerata, insieme a quella della tarda Repubblica, come l'età d'oro della letteratura latina, un periodo di classicismo stilistico. La maggior parte della letteratura classificata come "Augustea" vede protagonisti autori - Virgilio, Orazio, Properzio, Livio - le cui attività si collocano durante gli anni del II triumvirato, prima che Ottaviano assumesse il titolo di Augusto. A rigor di termini, Ovidio è il poeta la cui opera è più profondamente radicata nel regime augusteo.

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