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GIASONE E GLI ARGONAUTI

GIASONE E GLI ARGONAUTI - II

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I Giganti e Dolioni

Scena dal film Gli Argonauti (Jason and the Argonauts), 1963

Gli Argonauti proseguirono quindi il loro viaggio, finché dei venti contrari li spinsero verso un’isola abitata dal popolo dei Dolioni, il cui re Cizico li accolse con grande gentilezza e ospitalità. I Dolioni erano discendenti di Poseidone che li proteggeva dai frequenti attacchi dei loro feroci e formidabili vicini, i Giganti, nati dalla terra, che erano mostri con sei braccia. 

Mentre i suoi compagni stavano assistendo a un banchetto offerto dal re Cizico, Eracle, che come al solito era rimasto a guardia della nave, notò che questi giganti erano impegnati a bloccare il porto con enormi rocce. Capì subito il pericolo e attaccandoli con le sue frecce, riuscì a ucciderne un numero considerevole; poi, aiutato dagli eroi che alla fine vennero in suo aiuto, fece facilmente strage di tutti gli altri. 

La nave Argo uscì dal porto e salpò; ma in seguito ad un violento temporale che si levò durante la notte, il vascello fu respinto ancora una volta sulle coste dei gentili Dolioni. Purtroppo, però, a causa dell’oscurità della notte, gli abitanti non riconobbero i loro ex ospiti e scambiandoli per nemici, cominciarono ad attaccarli. 

Quelli che da poco si erano separati come amici erano ora impegnati in un combattimento mortale e nella battaglia che ne seguì, Giasone stesso trafisse al cuore il suo amico re Cizico. I Dolioni, privati del loro capo, fuggirono nella loro città e chiusero le porte. 

Quando sorse il mattino ed entrambe le parti si accorsero del loro errore, furono presi dal più profondo dolore e rimorso. Per tre giorni gli Eroi rimasero con i Dolioni, celebrando i riti funebri degli uccisi con solenni cerimonie. 

Eracle rimane indietro

Gli Argonauti salparono ancora una volta e dopo un viaggio tempestoso arrivarono a Misia, dove furono ospitalmente ricevuti dagli abitanti, i quali offrirono loro abbondanti banchetti e li intrattennero con tutti gli agi e i lussi possibili. 

Mentre i suoi amici stavano così festeggiando, Eracle, che aveva rifiutato di unirsi a loro, andò nella foresta a cercare un abete di cui aveva bisogno per un remo e suo figlio adottivo Ila, che ne sentiva la mancanza, si mise a cercarlo. Quando il giovane giunse ad una sorgente nella parte più appartata della foresta, la ninfa della fontana fu tanto colpita dalla sua bellezza che lo trascinò giù sotto le acque e non lo si trovò più. 

Polifemo, uno degli eroi che si trovava anche lui nella foresta, udì il suo grido di aiuto e incontrando Eracle lo informò della circostanza. Partirono subito alla ricerca del giovane scomparso, di cui non si trovava traccia e mentre erano impegnati a cercarlo, la nave Argo salpò e li lasciò indietro. Il vascello aveva già percorso una certa distanza prima che ci si accorgesse dell’assenza di Eracle

Alcuni degli eroi erano favorevoli a tornare per riprenderlo, altri desideravano proseguire il loro viaggio, quando nel mezzo della disputa, il dio del mare Glauco si alzò dalle onde e li informò che era volontà di Zeus che Eracle, avendo anche un’altra missione da svolgere, dovesse rimanere indietro. Gli Argonauti continuarono quindi il loro viaggio senza i loro compagni; Eracle tornò ad Argo, mentre Polifemo rimase con i Misi, dove fondò una città e ne divenne il re.

Due tiri di boxe con Amico, ma non da “amico”

Scena di Pancrazio. Particolare di una kylix attica a figure rosse.

Il mattino seguente la Argo toccò il paese dei Bebrici, il cui re Amico era un famoso pugile che non permetteva a nessuno straniero di lasciare le sue coste senza averlo sfidato a vincerlo sul ring. Quando gli eroi quindi, chiesero il permesso di sbarcare, furono informati che potevano farlo solo a condizione che uno di loro si impegnasse in un incontro di boxe con il re. Polluce, che era il miglior pugile della Grecia, fu scelto come loro campione. La gara ebbe dunque luogo e dopo una tremenda lotta, essa si rivelò fatale per Amico, che fino a quel momento era stato vittorioso in tutti gli altri incontri.

Fineo e le Arpie

Gli eroi procedettero quindi verso la Bitinia, dove regnava il vecchio re profeta cieco Fineo, figlio di Agenore. Fineo era stato punito dagli dei con la vecchiaia prematura e la cecità per aver abusato del dono della profezia. Era anche tormentato dalle Arpie, che piombavano sul suo cibo, lo divorarono e lo contaminavano, in modo tale da renderlo impossibile da mangiare. 

Questo povero vecchio, tremante per la debolezza dell’età e debole per la fame, si presentò agli Argonauti e implorò il loro aiuto contro i suoi diabolici aguzzini, al che Zete e Calaide, gli alati figli di Borea, riconoscendo in lui il marito della loro sorella Cleopatra, lo abbracciarono affettuosamente e promisero di salvarlo dalla sua dolorosa condizione. Gli eroi prepararono un banchetto sulla riva del mare, al quale invitarono Fineo; ma non appena egli ebbe preso il suo posto, ecco che apparvero le Arpie e divorarono tutte le vivande. Zete e Calaide allora si sollevarono in aria, scacciarono le Arpie e le inseguirono con le spade sguainate, quando apparve Iris, la veloce messaggera degli dèi, che chiese loro di desistere dalla loro opera di vendetta, promettendo che Fineo non sarebbe stato più molestato. 

Liberato finalmente dai suoi aguzzini, il vecchio si sedette e godette un abbondante pasto con i suoi gentili amici Argonauti, che ora lo informarono dello scopo del loro viaggio. In segno di gratitudine per la sua liberazione, Fineo diede loro molte informazioni utili alla loro spedizione e non solo li avvertì dei molteplici pericoli che li attendevano, ma li istruì anche su come essi potevano essere superati.

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