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LE GORGONI

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Lo sguardo che pietrifica

 

Le Gorgoni erano figlie di Forco e Ceto, e sorelle delle Graie. Erano tre mostri, di cui Steno ed Euriale avevano il dono dell’immortalità. La terza, Medusa, era invece mortale. È lei che la leggenda e l’arte hanno reso particolarmente famosa e chiamata la Gorgone per eccellenza.

I tre demoni risiedevano alle estremità occidentali della terra, vicino agli Inferi. La loro patria, la terra delle Esperidi, era situata ai confini della Libia. Medusa aveva una figura ripugnante dall’ampio viso rotondo, con un naso pronunciato, una bocca enorme e denti lunghi come zanne di cinghiale. Le sue ali potenti erano d’oro, le sue mani di bronzo; i suoi capelli erano una massa di serpenti.

Ma le sue armi più formidabili erano i suoi occhi spalancati, che lanciavano fulmini e pietrificavano coloro che li fissavano. La Gorgone era stata comunque l’amante di Poseidone: lo raggiunse “in un morbido prato tra i fiori di primavera” (Euripide, Ione). Una breve storia d’amore, seguita da vicino dalla morte.

Secondo una leggenda attica, Atena la immolò nella Gigantomachia e meritò, con il soprannome di Γοργοφόνη, (Gorgophónē, “Ammazza Gorgone”), il trofeo fissato sulla sua egida. Una variante, che non poteva essere immaginata prima della fine del quinto secolo, fa soccombere Medusa alla gelosia della stessa dea Atena.

Gorgoni, Klimt

Medusa

La più celebre delle tre sorelle era Medusa, che era l’unica mortale. In origine era una fanciulla dai capelli d’oro e molto bella, che, come sacerdotessa di Atena, era votata ad una vita di celibato; ma, venendo corteggiata da Poseidone, che lei amava a sua volta, dimenticò i suoi voti, e si unì a lui in matrimonio.

Per questo reato fu punita dalla dea nel modo più terribile. Ogni ciocca ondulata della bella chioma che aveva tanto incantato il marito, fu trasformata in un serpente velenoso; i suoi occhi, un tempo gentili e pieni d’amore, divennero orbite sanguigne e furiose, che incutevano paura e disgusto a chi le guardava; mentre la sua antica tinta rosea e la sua pelle bianca come il latte assunsero una ripugnante sfumatura verdastra.

Vedendosi trasformata in un essere così ripugnante, Medusa fuggì dalla sua casa, per non tornare più. Vagando, aborrita, temuta ed evitata da tutto il mondo, si trasformò in un personaggio degno del suo aspetto esteriore.

Nella sua disperazione fuggì in Africa, dove, mentre passava senza sosta da un luogo all’altro, dei serpenti appena nati caddero dai suoi capelli, e così, secondo la credenza degli antichi, quel paese divenne il focolaio di questi rettili velenosi.

Con la maledizione di Atena su di lei, trasformava in pietra chiunque guardasse, finché alla fine, dopo una vita di miseria senza speranza, la liberazione le venne, per mano di Perseo, che la uccise.

Perseo

Nella leggenda di Argo comunemente accettata, cade uccisa per mano di Perseo. Guidato da Ermes e Atena, l’eroe conquistatore si impadronisce dapprima dell’unico dente e dell’unico occhio che le Graie possedevano e che utilizzavano a turno di volta in volta; promette loro di restituirli se esse gli danno il copricapo scuro (κυνέη, kunè) i sandali alati e la borsa (κίβῐσῐς, kibisis) di cui ha bisogno.

Una volta pronto, attende che Medusa sia addormentata accanto alle sue sorelle, si getta su di lei e le taglia la testa. Dal collo insanguinato escono Pegaso, il mitico cavallo alato, e Crisaore, il gigante. Ma Steno ed Euriale si svegliano. Vedendo la loro sorella morta, gridano terribilmente; corrono, volano, inseguono l’assassino. Anche lui vola via, invisibile, e fugge.

Porta la testa di Medusa nella sua borsa. Il potere del demone passa al suo vincitore: Perseo diventa invincibile. Con la testa di Medusa nella mano, libera Andromeda, si libera di Fineo e dei suoi complici, e pietrifica Polidette.

Medusa, Rubens, Peter Paul Rubens, circa 1617-1618

L’egida di Atena

Egli offre quest’arma meravigliosa a Zeus o ad Atena. Nonostante l’autorità di Omero, l’attribuzione a Zeus non ebbe successo. Atena ricevette l’egida da Perseo o da Zeus. La portava già su alcuni monumenti del V secolo; quando la tenne definitivamente, nel corso del V secolo, vi fissò per sempre il Gorgoneion.

Era un attributo sacro per la dea”. Lei è la Γοργὧπις, lei è la Γοργώ stessa. Nella mitologia, pietrifica i suoi nemici; in tempi storici, si dice che entrando di notte nel tempio di Atena Itonia, la sacerdotessa vide la testa fatale sul chitone della dea e cadde morta.

La prima arma deterrente

La testa di Medusa era la più efficace delle ἀποτρόπαια (apotropaiader. di ἀποτρέπω «allontanare», da cui il nostro“apotropaico” = “che serve ad allontanare o ad annullare un’influenza maligna”). Argo si vantava di possederla, sepolta sotto un tumulo al centro dell’agorà. Tegea sosteneva di essere inespugnabile poiché era protetta da un ricciolo di capelli di Medusa.

Ogni goccia del suo sangue era in grado di uccidere o curare. Da alcune gocce versate a terra vennero le bestie feroci e i serpenti velenosi della Libia.

Interpretazioni del mito

Sull’interpretazione da dare al mito delle Gorgoni, diverse ipotesi furono avanzate già nell’antichità. Alcuni fecero di Medusa una regina, uccisa da un conquistatore; altri videro in lei il simbolo della bruttezza o della bellezza; altri ancora identificarono le Gorgoni con le straordinarie bestie che i cartaginesi avevano visto nell’interno del continente. Queste spiegazioni sono state riprese ai nostri giorni. Ma, in generale, al mito è stato dato un significato naturalistico.

Per molto tempo prevalse l’opinione degli Orfici : il Gorgoneion fu dato come immagine della luna e la leggenda di Medusa come mito lunare. Oggi si crede facilmente a un mito meteorologico.

Questi orribili e oscuri mostri che vivono tra le tenebre dell’Ovest sono le nuvole temporalesche. La loro ira è il tuono e il fulmine. Il loro stesso nome, si dice, allude al fenomeno stesso  del grido emesso dalle Gorgoni quando videro la loro sorella morta. Una è la “Forte”, e le altre due “Quella che vola via” e la “Saltatrice”; e il loro digrignare di denti, le loro lingue tese, e le ali che le fanno spaccare lo spazio fanno comunque pensare ai temporali.

Gli antichi credevano che il fulmine pietrificasse; gli occhi di Medusa infatti pietrificano al solo sguardo. La vittoria di Perseo è quella dell’eroe solare che uccide il demone della tempesta. La nascita di Crisauro e Pegaso ci ricorda la nascita di Atena: quando la nuvola si divide, appare il genio del fulmine con la spada d’oro e il cavallo alato del tuono il cui zoccolo apre la fonte delle acque celesti.

È abbastanza naturale che Pegaso porti a Zeus il fulmine, che Zeus porti il soprannome di Crisauro (« Spada dOro »), che la testa di Gorgone sia un prodigio di Zeus αίγίοχος (“portatore dell’Egida”); e diventa l’attributo della dea nata dalla testa di Zeus. Questa esegesi è incompleta: non si contraddirebbe se mostrasse ancora che le Gorgoni sono demoni del mare.

Demoni del mare?

In questa veste, sono molto simili alle Graie. Sono i figli degli stessi geni marini e abitano lo stesso paese. È vero che ce n’erano solo due nella teogonia esiodea, ed erano rappresentate come vergini “dalle guance chiare”, vestite con abiti chiari e con i capelli bianchi sin dalla nascita. Ma la triade era completata: Enio, Pefredo, Deino, che avevano allora un corpo di cigno, con un solo occhio e un solo dente per tutti e tre. Il mito delle Graie fu così sempre più influenzato da quello dei Gorgoni.

Le Graie

Le Graie sono tuttavia, in sostanza, demoni del mare, e se i Gorgoni le assomigliano, è per l’esistenza in comune nell’oceano. Medusa è amata da Poseidone: ciò significa che le Gorgoni sono nuvole di tempesta che si formano sul mare. La maschera del Gorgoneion deve essere considerata indipendentemente dalla Gorgone. È soprattutto uno di quegli amuleti che proteggono dal malocchio.

Gli amuleti

Tutti i popoli primitivi immaginano mostri le cui teste con espressioni terribili, che mettono in fuga i geni del male. Il Gorgoneion acacia-guai, accompagna i greci e i romani in tutti gli atti della vita. Lo portano sui loro vestiti e sui gioielli, sulle loro armature e sui loro finimenti, sui loro strumenti e utensili; vi adornano i mobili, le meridiane, le lampade e i vasi; lo replicano dentro e fuori le case private e gli edifici pubblici, lo applicano alle navi, lo consacrano nei templi; l’immagine protettiva si trova sulle monete, sulle tavolette giudiziarie , sulle falere; ma è sulle tombe e all’interno di esse che amano soprattutto porre questo segno di protezione. Una pratica universale e inveterata!

Anche il cristianesimo a che fare con esso: in epoca bizantina, la gente portava ancora la pietra magica con la testa di Medusa quando aveva paura della gotta o delle coliche. Come apotropaico, il Gorgoneion era originariamente legato alle divinità ctonie.

Nell’Odissea, Persefone invia la testa del mostro a coloro che vuole distruggere; secondo una leggenda etolica, la Gorgone resistette a Eracle negli inferi. Ma è con Apollo, il dio della medicina, che diventa l’emblema dell’amuleto protettivo.

Apollo

L’Apollo di Ierapoli portava un Gorgoneion. Le monete mostrano il Gorgoneion accompagnato da Apollo o dai suoi emblemi o alternati alla sua figura. Molto spesso il Gorgoneion è associato agli animali cari a questo dio.

Su un bronzo, ha delle teste di ariete come orecchie: come per spiegare questa strana concezione, la maschera di Gorgone e la testa di ariete si trovano insieme su molti monumenti e decorano la base di una statua di Apollo. Il Gorgoneion è rappresentato con il leone, la cui criniera è l’emblema del sole. Appare in compagnia dei cigni sui vasi, sui sepolcri e sulle monete dove questo doppio attributo è talvolta spiegato dalla presenza di Apollo. Ovunque, in ogni momento, è unito al grifone.

È associato alla figura del sole su un medaglione di bronzo nel Musée de Saint-Germain. Infine, a volte lo si vede al centro di una trincia. L’esempio più antico di un Gorgoneion posto in questo modo ci viene offerto da monete di Siracusa battute sotto Agatocle (317-310). Questo tipo di conio era diffuso in Sicilia e vi si conservò in epoca romana e si diffuse anche in Zeugitania e Betica.

Il Gorgoneion  serve così a completare il significato simbolico della triquetra (triscele o trinacria, un antico simbolo a tre punte, di solito tra loro interconnesse), emblema del sole, attributo di Apollo: su uno strato di vetro e su una pietra incisa, una piccola figura di Helios è posta sopra un triquetra con Gorgoneion.

Così le Gorgoni sono in continua relazione con Apollo, e sembrava naturale ai Greci che il loro potere tutelare si estendesse sulla sede più sacra del dio, sull’omphalos di Delfi.

(Libera traduzione, rielaborazione  e adattamento da “Le Dictionnaire des Antiquités Grecques et Romaines de Daremberg et Saglio”, 1873 e da E. M. Berens. “The Myths and Legends of Ancient Greece and Rome”, 1880)

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