- La cultura dei primi stati greci
- I Giochi Panellenici
- Feste religiose speciali
- Carattere e fonti dell'arte greca
- Il tempio greco
- Scultura greca antica
- La lingua greca e la prima letteratura
- La poesia lirica eolica
- La poesia lirica dorica
- Filosofia greca antica
- La filosofia di Pitagora
- La filosofia eleatica
< – Nelle puntate precedenti:
La colonizzazione greca, comincia i suoi primi passi a partire dall’VIII secolo a.C. , quando i greci si imbarcarono verso le coste mediterranee per estendere la loro civiltà. La colonizzazione di questi territori trasformò la vita greca in tutti gli aspetti e con il passare del tempo fu una delle tappe più importanti della storia degli Elleni. Uno dei motivi più importanti che spinsero verso questo movimento coloniale fu l’eccessiva concentrazione della popolazione, che viveva in territori poco estesi e scarsamente fertili.
La cultura dei primi stati greci
La cultura religiosa
Carattere generale della cultura ellenica
Abbiamo ora appreso qualcosa delle più importanti città della Grecia e delle varie colonie sparse sulle coste del Mediterraneo e dell’Eusino. Dal fatto che queste città e queste colonie erano quasi del tutto indipendenti l’una dall’altra, potremmo concludere che non avevano alcun vincolo di unione e nessuna vita comune. Ma questo sarebbe un errore. C’erano molte cose che davano ai greci una vita nazionale condivisa. Le varie città, per quanto indipendenti, sembravano tutte intente a uno stesso fine politico: il rovesciamento della monarchia e l’istituzione di governi più liberi. Anche le colonie, benché sparse e isolate, erano ispirate da un comune spirito commerciale.
Ma ciò che più di ogni altra cosa fece dei Greci un solo popolo, e ciò che costituisce un interesse speciale per noi oggi, era il loro tipo superiore di cultura, una cultura che li distingueva da tutti gli altri popoli. Sebbene derivassero molte delle loro idee dall’Oriente, diedero a queste idee un nuovo timbro e svilupparono una forma di civiltà distintamente propria. Se dovessimo cercare di caratterizzare questo tipo di cultura, potremmo chiamarla, in mancanza di una parola migliore, umanistica, cioè basata sulla natura umana e pervasa da uno spirito umano. I greci credevano nella dignità dell’uomo. Hanno cercato di raggiungere uno sviluppo umano simmetrico in accordo con la ragione umana.
Vaso Panatenaico, VI sec. a.C. da Outlines of Greek history di W. Morey
La religione come vincolo di unione
Nel considerare le prime fasi della cultura greca possiamo ritenere la religione come la prima e la più fondamentale. La religione era il più forte legame di unione tra i diversi elementi della società greca e anche tra i diversi rami della stirpe greca. Abbiamo già visto come la famiglia primitiva, la genos, la fratria, la tribù e lo stato, fossero legate insieme da un culto comune. Così anche gli Achei, i Eoli, i Dori e gli Ioni, ovunque vivessero, adoravano tutti gli stessi dèi. Per quanto divisi dalle reciproche gelosie e dalle guerre, trovarono nella loro religione un comune vincolo di simpatia.
L’oracolo di Delfi
Uno dei centri più importanti della vita religiosa e nazionale dei Greci era l’oracolo di Apollo a Delfi, situato nella Focide ai piedi del monte Parnaso. I greci consideravano Apollo per eccellenza il dio della rivelazione, il dio della luce, dell’ispirazione e della profezia. Aveva molti oracoli, ma nessun altro così rinomato come quello di Delfi.
Qui, secondo la tradizione, il dio aveva ucciso il serpente Pitone. Qui era il suo tempio più illustre, ricco di preziosi doni elargiti dai suoi adoratori. Qui il suo respiro doveva uscire da una fessura nella roccia, sopra la quale stava un tripode – la sede della Pizia (Pithia) o sacerdotessa, che pronunciava la sua volontà. Le parole ispirate della Pizia veniva raccolte dai sacerdoti presenti e consegnate al popolo. L’oracolo era consultato da privati e dagli inviati delle città di ogni parte dell’Ellade. Esso forniva risposte a domande relative alla religione e alla politica, alle controversie nazionali, alle guerre e alla colonizzazione. Sebbene queste risposte avessero spesso un doppio significato e fossero di difficile interpretazione, tuttavia i sacerdoti di Delfi potevano, per mezzo di questo sacro oracolo, esercitare una grande e generalmente benefica influenza sul popolo greco.
La Lega Anfizionica
L’influenza della religione greca, come vincolo di unione, si riscontra anche nelle associazioni di città chiamate Anfizionie (Amphictyonies). Erano leghe di diverse città o tribù, legate insieme sotto la tutela di qualche dio e per la protezione del suo culto. La più importante di queste fu la famosa Lega Anfizionica organizzata per la protezione del tempio di Apollo a Delfi.
Era composta da dodici stati della Grecia centrale e settentrionale, i quali inviarono a Delfi un certo numero di delegati formando un consiglio. Sebbene di origine religiosa, ebbe anche un’influenza politica nel legare le città insieme sotto una sorta di codice legale. Le città erano tenute non solo a proteggere il tempio del dio, ma a rispettare i diritti reciproci in tempo di guerra, a non tagliare l’acqua corrente che riforniva una città e a non distruggere alcuna città anfizionica. Tali restrizioni apportarono un elemento umano alla condotta della guerra e costituirono un passo avanti nella crescita del diritto internazionale.
I Giochi Panellenici
Le istituzioni religiose che forse più di tutte tendevano a promuovere un’unità nazionale e un tipo di cultura nazionale, erano i grandi giochi pubblici. Questi venivano celebrati in onore degli dèi; e mostrano come la religione fosse strettamente connessa con tutte le fasi della vita umana, — con l’arte e la letteratura, e persino con gli sport atletici.
I principali tra questi giochi erano quelli che si tenevano ogni quattro anni a Olimpia in Elide. Le gare consistevano nella corsa, nel salto, nel lancio del disco o nel lancio del giavellotto, nella lotta, nel pugilato e talvolta nella corsa dei carri. Questi giochi non erano sport barbari, ma erano soggetti a regole ferree, intese a promuovere i vincoli della disciplina e il senso dell’onore.
Il concorrente doveva essere un greco di buon carattere, ben allenato e senza macchia né fisica né morale. La ricompensa del vincitore era una corona di foglie di olivo. Questi giochi erano occasione di speciali onori sia per il campione, come per la città stessa; l’Olimpiade prese il nome da essa, così a sua volta il vincitore di ciascuna edizione veniva ricordato fino a quella successiva assieme all’epiteto della polis, e la sua statua veniva scolpita da un insigne artista e esposta per la pubblica ammirazione; i periodi di quattro anni successivi ad ognuna di esse, veniva utilizzato per indicare la cronologia degli eventi storici. I giochi fornirono anche un campo per la cultura intellettuale. Qui i poeti recitavano i loro versi; i pittori esponevano i loro dipinti e gli uomini di scienza spiegavano le loro scoperte. Olimpia si adornò di edifici nobili, in particolare il tempio di Zeus. La moltitudine che qui si radunò da ogni parte dell’Ellade, riportava nelle proprie case il sentimento di una comune parentela e l’amore per gli ideali greci.
Altri giochi, meno noti, erano i Pitici, dati in onore di Apollo vicino al suo santuario a Delfi; i Nemei, in onore di Zeus a Nemea in Argolide; e gli Istmici, in onore di Poseidone sull’istmo di Corinto. Questi giochi panellenici erano tra gli eventi più caratteristici e più importanti della vita nazionale greca. In essi vediamo tutti i Greci riuniti nella pratica comune della loro religione e nella comune osservanza dei loro costumi, perseguendo gli stessi fini di miglioramento fisico e intellettuale in pace tra loro, almeno per un breve periodo dell’anno, anche se la guerra poteva infuriare tra i vari stati.
Feste religiose speciali
Oltre a queste celebrazioni generali che appartenevano a tutta la Grecia, vi erano feste speciali che erano più locali nel loro carattere. Si trattava di intrattenimenti festivi dati in onore di alcune divinità e per motivi di svago sociale. Consistevano in processioni, canti, balli, giochi e altri divertimenti a cui la gente prendeva parte. Vi erano un certo numero di queste feste in Attica. Le più importanti furono: le Panatenee, data in onore di Atena; le Dionisie, in onore del dio del vino, Dioniso; le Eleusine, in onore della dea Demetra. Quest’ultima era di particolare interesse, specialmente per coloro che erano stati iniziati ai riti segreti di questo culto. Consisteva in una solenne processione alla quale tutti potevano prendere parte, che partiva da Atene per la “via sacra”, diretta alla città di Eleusi, sede del misterioso culto della dea. Le cerimonie segrete e le dottrine che accompagnavano questo culto erano chiamate i “misteri eleusini” di cui nessuno avrebbe dovuto avere alcuna conoscenza tranne gli iniziati.
Carattere e fonti dell’arte greca
Il fulcro della Grecia, come quello dell’Oriente, era strettamente legato alla religione. Ma l’arte greca era tanto diversa dall’arte orientale quanto la religione greca era diversa dalla religione orientale. Gli dei di Babilonia, che abitavano tra le stelle, potevano essere avvicinati solo da alti templi, svettanti verso il cielo. La cupa religione dell’Egitto ha prodotto strutture imponenti che erano gigantesche e maestose.
Ma la religione greca si appellava più fortemente alla simpatia umana e rivelava un più fine senso della bellezza. Essa ha prodotto un’arte che ha mostrato i segni del gusto e della ragione, della moderazione, della simmetria e della giusta proporzione. Alcune delle prime caratteristiche dell’arte greca erano senza dubbio derivate dall’Oriente; ma il suo carattere distintivo era dovuto al gusto raffinato degli stessi greci. Ciò che più ammiriamo in un tempio greco o in una statua greca è quella combinazione di qualità artistiche — semplicità del disegno, grazia della forma, simmetria della struttura e sincerità di espressione — che non possiamo trovare in nessun popolo precedente.
Il tempio greco
Per la più alta espressione dell’arte greca dobbiamo guardare al tempio. Durante il periodo storico non troviamo in Grecia palazzi reali, come quelli in Assiria o in Egitto, e nemmeno come quelli precedentemente costruiti in suolo greco a Tirinto e Micene. Il rispetto per la regalità svanì con la crescita della libertà politica; così l’abilità architettonica e il gusto dei Greci furono quasi interamente dedicati al servizio degli dei. In ogni città il tempio era l’oggetto più bello e cospicuo.
Nel suo disegno il tempio greco era un semplice tetto sostenuto da colonne e che copriva uno spazio racchiuso da quattro mura. Si suppone che questo disegno sia nato dalla forma di un’abitazione, fatta di legno, con un portico anteriore. L’edificio aveva dapprima due colonne nella parte anteriore (in antis), e poi quattro colonne (prostilo – prostylos) in seguito ebbe anche quattro colonne nella parte posteriore (anfiprostilo -anphyprostilos), infine tutto l’edificio era circondato interamente da un colonnato (peristilio, peristilon). Lo spazio chiuso nei templi più grandi consisteva generalmente di una parte principale (naos o cella), nella quale era posta la statua della divinità, e di una parte posteriore (opistodmo, opisthodomos), che conteneva i tesori del tempio. Lo stile architettonico dell’edificio era indicato principalmente dalle colonne e dai capitelli che sostenevano il tetto.
Lo stile dorico
Il più antico stile architettonico greco era il dorico, che si suppone abbia avuto origine tra il popolo dorico del Peloponneso. Uno dei migliori esemplari di questo ordine era il tempio di Atena sull’isola di Egina. Osservando le parti di questo edificio possiamo avere un’idea delle caratteristiche strutturali dello stile dorico. Il tempio poggia su un basamento in pietra (crepidoma), costruito in forma di gradini, che sostiene le colonne.
La colonna si compone di due parti: la prima, il fusto, con scanalature perpendicolari e presentante al centro un percettibile rigonfiamento (entasis); la seconda, il capitello, costituito da una fascia circolare (echìnos) sormontata da un blocco quadrato (abaco). Sopra la colonna era posta la trabeazione, che consisteva di tre parti: la prima, l’architrave, che presentava una superficie piana di pietra, sopra la quale era una leggera sporgenza (tcenia); poi il fregio, costituito da una successione di blocchi aggettanti e scanalati (triglifi) con intercapedini (metopes); infine, il cornicione aggettante, su cui poggiava il tetto. Guardando la facciata dell’edificio, vediamo lo spazio triangolare, o timpano, tra il cornicione e il tetto, detto frontone: questo era spesso arricchito con i migliori esemplari dell’arte della scultura. Il dorico era il più semplice degli stili greci. Dava l’impressione di forza e riposo ed era considerato dai greci come maschile nel suo carattere.
Lo stile ionico
Lo stile più raffinato e femminile era quello ionico, forse originario della Ionia.
Esso non venne più utilizzato in larga misura nella Grecia europea fino al periodo successivo. L’esempio più importante di questo periodo fu il famoso tempio di Artemide (Diana) a Efeso. Possiamo vedere le caratteristiche distintive di questo ordine confrontandolo con il dorico. La colonna ionica ha una base distinta con tre fasce circolari. La colonna ha più scanalature rispetto al dorico. Il capitello è ornato da un rotolo a spirale, o voluta, che costituisce una caratteristica marcata di questo stile. L’architrave è diviso in tre strati di pietra; il fregio non è separato in triglifi e metope come quello dorico, ma è costituito da una superficie continua, talvolta decorata con motivi ornamentali. Gli stili dorico e ionico rappresentano le fasi principali dell’architettura greca primitiva e suggeriscono rispettivamente gli elementi più forti e quelli più raffinati del carattere greco.
Decorazione architettonica
Una delle caratteristiche essenziali dell’arte greca si riscontra nel metodo utilizzato nella decorazione architettonica. In effetti, la differenza tra vera arte e falsa arte può essere rilevata più rapidamente nell’uso di elementi decorativi. I greci usavano il colore sui loro edifici, ma il colore era impiegato non per coprire o celare, ma per enfatizzare le caratteristiche strutturali.
Si usavano disegni ornamentali, ma queste si adoperavano non per farsi notare, ma per rendere più bello tutto l’edificio. Ornarono anche i loro edifici con figure scolpite; queste, però, non erano invadenti e pretenziose, ma subordinate alla struttura principale, contribuendo all’effetto generale e aiutando a interpretarne il vero significato.
I greci impiegavano una grande varietà di disegni ornamentali, come il fregio, l’uovo e il dardo, la perlina, il filetto e il caprifoglio. Qui non c’è nessuna finzione e nessun inganno. I greci credevano che l’arte perfetta fosse senza artifici e rivelasse il vero.
Scultura greca antica
L’arte della scultura in questo periodo fece rapidi progressi, ma non quanto l’architettura. In effetti, la maggior parte degli esempi che ci sono rimasti sono rozzi e arcaici. Si intravedono i primi deboli sforzi per staccarsi dalle forme rigide e convenzionali dell’Oriente e per dare alla pietra i tratti della vita.
L’influenza della religione si vede nei primi tentativi di rappresentare gli dèi in forma di uomini; ma questi tentativi suggeriscono l’idea di idoli piuttosto che di statue. Il merito di aver conferito alle statue un aspetto più realistico è attribuito al mitico Dedalo, che si diceva fosse originario di Atene.
Scuole di scultura crebbero nelle città della Grecia asiatica, Samo e Chio; nella Grecia europea, ad Argo, Egina e ad Atene; in Sicilia, specialmente a Selinunte. Si sono conservati fino a noi alcuni dei rilievi scolpiti dalle metope del tempio di Selinunte. Questi sono costituiti da piccoli gruppi di figure che rappresentano scene mitologiche e sono scolpiti in modo molto rozzo. Ma sono interessanti, in quanto mostrano il modo antico in cui la scultura veniva utilizzata per la decorazione del tempio.
Tra le influenze più forti che hanno portato al miglioramento della scultura in questo periodo, c’era la spinta data all’allenamento fisico e l’abitudine di erigere statue ad Olimpia per atleti di successo. Ma è solo alla fine di questo periodo che vediamo la scultura cominciare ad acquisire alcune di quelle qualità artistiche che abbiamo notato nell’architettura.
La lingua greca e la prima letteratura
La lingua greca
Un altro forte legame che univa i vari rami del popolo greco era la loro lingua. Questo dava loro un mezzo di comunicazione comune e, come la loro religione, preservava tra loro il sentimento di unità. Li separava anche dal mondo “barbaro” esterno e contribuì alla crescita di una distinta cultura ellenica.
Benché fosse un ramo della grande famiglia ariana o indoeuropea, il greco presto sorpassò le altre lingue di questo gruppo come strumento di pensiero e di espressione. Niente, nemmeno la religione greca o l’arte greca, riflette più fortemente i tratti caratteristici della mente greca: la sua libertà, la sua versatilità, la sua raffinatezza, le sue meravigliose risorse estetiche e intellettuali. Per mezzo di questa lingua notevole, i greci produssero una letteratura che ha dato loro un posto elevato tra i popoli più civili del mondo. Possiamo qui dare solo uno sguardo rapido alla crescita della letteratura durante questo periodo formativo.
Declino della poesia epica
All’inizio del periodo i Greci possedevano già i « poemi omerici ». Questi poemi epici erano l’eredità più ricca che avessero ricevuto dall’età preistorica, di maggior valore rispetto a tutti i tesori di Micene. Questi poemi raffiguravano in versi impareggiabili le glorie del passato e raccontavano le gesta degli dei e degli eroi. L’epica era dunque la poesia dell’azione; come tale l’epica omerica non poteva essere eguagliata. Fu debolmente imitata da una classe di poeti chiamati Omeroidi, che ancora cantavano le leggende di Troia e degli eroi mitici. Un nuovo tipo di poema epico fu introdotto da Esiodo, che si dice fosse originario della Beozia. Questo tipo di epica era meno eroica e più didascalica nel suo carattere, cioè scritta a scopo di istruzione. La “Teogonia” di Esiodo è una sorta di trattato teologico contenente una descrizione degli dei e della mitologia degli antichi greci. Le “Opere e giorni” è un poema di vita comune, che descrive le fatiche del contadino intervallato da saggi consigli morali.
Transizione alla poesia lirica
Con il declino dell’epica, o poesia dell’azione, sorse un nuovo genere di poesia più strettamente connesso ai pensieri e ai sentimenti umani. Ciò è mostrato in quei generi che sono chiamati l’elegiaco, il giambico e infine il verso lirico. L’elegiaca e la poesia giambica, come l’epica più antica, fecero la loro prima apparizione tra gli loni. L’elegia era composta da versi alternati di diversa lunghezza, quella di sei piedi (esametro), quella successiva di cinque piedi (pentametro). Era accompagnata dalla musica del flauto ed era seria nel suo carattere, a volte usata per esprimere sentimenti di tristezza, a volte patriottica nei suoi appelli.
I principali poeti elegiaci furono Callino di Efeso e Tirteo di Atene. Si dice che Tirteo sia stato inviato a Sparta durante le guerre messeniche per ispirare uno spirito eroico ai soldati spartani. La poesia giambica, diversa dall’elegia, era la poesia dell’arguzia e della satira, e dedita alla beffa e all’invettiva. Il suo rappresentante principale era Archiloco, originario dell’isola di Paro. Queste due forme di poesia — l’elegiaca e il giambico — prepararono la via alla forma più alta e più colta della lirica.
La poesia lirica eolica
L’influenza della musica sulla poesia può essere vista nella crescita della lira, uno strumento che i greci consideravano particolarmente proprio. Alla precedente lira a quattro corde, o cetra, che un tempo era stata usata per accompagnare la voce, Terpandro di Lesbo aggiunse altre corde, portandone il numero a otto. Questa è stata considerata come una svolta epocale nella storia della musica. Non solo aumenò la capacità dello strumento, ma diede una nuova ispirazione al cantore.
La nuova poesia che sorse ricevette il suo nome dalla lira, e fece la sua prima apparizione tra gli Eolici, nell’isola di Lesbo, la patria di Terpandro. I principali poeti della scuola Eolica erano AIceo, che cantava di patriottismo e di guerra; Saffo, che cantava d’amore; Anacreonte, che cantava i piaceri della vita. Di questi Saffo è la preminente. Per i greci era “la poetessa”, come Omero era “il poeta”. Dei pochi frammenti che ci rimangono, i critici moderni difficilmente non possono non esprimere la loro ammirazione. Di tutti gli artisti illustri di tutta la letteratura, Saffo è quella la cui ogni parola ha un suono peculiare e inconfondibile, sigillo di assoluta perfezione e grazia inimitabile”.
La poesia lirica dorica
Un’altra forma di poesia lirica fu coltivata dai Dori. Le loro poesie non erano così personali come i canti eolici, che erano destinati a una sola voce. Essi invece erano più pubblici nella loro natura e destinati ad essere cantati da un certo numero di voci. Comprendevano inni, o cori, per il culto pubblico degli dei e canti da intonare nelle feste pubbliche.
Il coro, accompagnato da danze o marce processionali, non era una novità in Grecia. Ma venne ad avere un nuovo carattere e fu ridotto a una forma regolare sotto l’influenza di tre poeti: Alcmane, Stesicoro e Arione. Alcmane regolava il movimento ritmico dei componenti del coro. Il movimento dei cantori da destra a sinistra davanti all’altare, e la parte dell’inno, o ode, cantata durante questo movimento, erano chiamati “strofe”; il movimento da sinistra a destra, e la parte corrispondente dell’inno, erano chiamati “antistrophe”. Stesicoro aggiunse una parte successiva, cantata dal coro dopo che questi movimenti erano completati, quando stava fermo, e la chiamò “epode”. Si dice che Arione abbia dato una forma speciale al coro nel culto di Dioniso, il dio del vino. Il coro di cinquanta cantori era disposto intorno all’altare in forma di cerchio e gli inni erano accompagnati da danze, gesti e mimetiche. Questo inno corale era conosciuto come il “ditirambo” e da esso scaturì il dramma successivo.
Filosofia greca antica
Gli inizi della filosofia
Un’altra fase della cultura greca, forse altrettanto importante di quelle già ricordate, si vede nella crescita del pensiero filosofico. Cominciamo a vedere qualcosa di simile alla filosofia nei cosiddetti dei “Sette saggi”, tra i quali si annoveravano Talete e Solone.
Questi uomini misero in forma concisa, massime pratiche di saggezza che dovevano servire come guida della vita. Alcune di queste massime furono scritte sul tempio di Apollo a Delfi; per esempio, “Conosci te stesso”, “Nulla di troppo“.
Altri detti attribuiti ai saggi erano questi: “La più grande benedizione è il potere di fare il bene” , “Il perdono è meglio della punizione” , “Le cose più difficili sono da mantenere in segreto” “perdonare le offese e migliorare il proprio tempo.”
Oltre a queste parole dei saggi, la crescita della scienza preparò anche la strada alla filosofia. La matematica e l’astronomia furono tra le prime. Quando gli uomini cominciarono a imparare che il movimento dei corpi celesti è controllato da certe leggi, e non per capriccio degli dèi, cominciarono anche a perdere la fede nell’antica mitologia e a cercare delle spiegazioni dei fenomeni più conformi alla ragione: la filosofia tendeva così a purificare l’antica religione.
La prima filosofia ionica
Come altre forme di cultura greca, la filosofia ebbe origine nelle città ioniche dell’Asia Minore. Qui i Greci entrarono in contatto con le nozioni scientifiche degli Assiri e degli Egiziani, che fornirono una sorta di punto di partenza per la filosofia greca. I filosofi ionici erano studiosi della scienza fisica, delle leggi del mondo materiale; quindi la loro filosofia era quella che si potrebbe chiamare una filosofia fisica o materialistica. Mentre studiavano le varie e mutevoli forme della materia, essi sono stati portati a credere che ci debba essere una qualche forma primitiva della materia da cui derivano tutte le altre forme (arché). Ci furono tre uomini che segnano il progresso di questo tipo di pensiero: Talete, Anassimandro e Anassimene.
Talete era un matematico e astronomo. Viaggiò in molti paesi e si dice che abbia insegnato agli egiziani come misurare l’altezza delle loro piramidi per mezzo delle ombre. Quando studiò il mondo e vide che è ovunque circondato dall’oceano, che la terra sorge dall’abisso del mare, che tutto è permeato di umidità, che anche i semi crescono solo sotto la sua influenza, fu condotto credere che l’acqua, in una forma o nell’altra, sia la materia primitiva da cui tutto il resto procede.
Anassimene, tuttavia, vide che il mondo, con le sue terre e le sue acque, è circondato dall’aria onnicomprensiva e che anche dove non c’è acqua c’è aria: l’aria è dunque il respiro della vita, senza di essa tutti gli esseri cessano di esistere. Egli, quindi, concluse che l’aria è la sostanza primitiva.
Ma Anassimandro pensò invece che tutti i tipi di materia di cui conosciamo qualcosa, cambiano continuamente nella loro forma e qualità: l’acqua, per esempio, è condensata dal vapore e quel vapore deve provenire da qualcosa di più primitivo – infatti, tutto deve provenire da qualche sostanza originale sconosciuta diversa da tutto ciò che vediamo. Questa primitiva materia caotica, dalla quale credeva che tutto si fosse evoluto, chiamò la sostanza infinita (apeiron).
La filosofia di Pitagora
Una nuova scuola di filosofia fu fondata da Pitagora, nativo di Samo, città ionica dell’Asia Minore. Si dice che abbia viaggiato in Egitto, e forse in Fenicia e a Babilonia e abbia assorbito la saggezza di questi paesi. Ad ogni modo, fu chiamato l’uomo più istruito del suo tempo.
Si stabilì infine a Crotone, nell’Italia meridionale, dove la sua filosofia esercitò una grande influenza in Magna Grecia. Pitagora fu prima di tutto un matematico e guardava al tutto con occhi matematici. Vide che di ogni si può dire un numero, uno o molti; quindi concluse che il numero è il principio di tutto. Non possiamo ovviamente indicare il metodo del suo ragionamento, né i vari modi in cui ha applicato i suoi principi. Ci basta ora ricordare che fu il primo grande il filosofo matematico. Fu anche maestro religioso e morale e organizzò una confraternita segreta, il cui scopo era coltivare la più alta virtù tra i suoi membri.
La filosofia eleatica
Un’altra scuola di filosofia sorse ad Elea (la Velia romana), sulla costa occidentale dell’Italia, chiamata scuola eleatica. Anche questa era collegata, come le altre, alla Ionia dell’Asia Minore. Il suo fondatore infatti, il cui nome era Senofane, proveniva originariamente dalla città ionica di Colofone. Questo filosofo ha incarnato le sue idee in un poema, “Sulla natura”.
Guardando il mondo, vide che tutte le cose sono parti di un tutto completo e armonioso, quindi per esprimere la sua idea in una forma breve usò questa frase: “Il Tutto è Uno”. Affermò anche che l’unico principio universale che comprende e controlla tutto il resto, è Dio. Aristotele dice che “guardò al cielo e dichiarò che l’Uno è Dio.” Questa idea era del tutto contraria all’antica idea mitologica degli dei contenuta in Omero ed Esiodo e mostra che la filosofia dei Greci tendeva ad elevare e purificare le vecchie idee religiose.
Possiamo così vedere, nell’arte, nella letteratura e nella filosofia greche, prove della crescente raffinatezza, versatilità e potenza della mente greca, che si stava gradualmente esprimendo in una peculiare cultura ellenica, diversa da quella di ogni altra gli antichi.
(Libera traduzione dall’inglese da Outlines of Greek history: with a survey of ancient oriental nations di William Carey Morey, New York: American Book Company, 1903)
Nel prossimo episodio – > : La prima guerra persiana si riferisce alla prima invasione della Grecia.
Iniziata nel 492 a.C. e terminata con la decisiva vittoria degli Ateniesi nella battaglia di Maratona nel 490 a.C., (gli Spartani si unirono dopo) l’invasione si compone di due campagne distinte. Fu scatenata dal re persiano Dario I, principalmente per punire le città di Atene ed Eretria che avevano sostenuto le città della Ionia durante la loro rivolta contro il dominio persiano, provocando così l’ira di Dario I. Quest’ultimo vide anche l’opportunità di espandere il suo impero in Europa e proteggere il suo confine occidentale.