< – Nelle puntate precedenti:
I fratelli Gracchi, Tiberio e Gaio, servirono entrambi come tribuni della plebe tra il 133 e il 121 a.C. Tentarono di ridistribuire l’occupazione dell’ager publicus – la terra pubblica fino ad allora controllata principalmente dagli aristocratici – ai poveri urbani e ai veterani, oltre ad altre riforme sociali e costituzionali. Dopo aver ottenuto qualche successo iniziale, entrambi furono assassinati dagli Optimates, la fazione conservatrice del senato che si opponeva a queste riforme.
La guerra con Giugurta (111-106 a.C.)
Dopo la morte dei Gracchi non sembrava rimasto più nessuno a resistere alle spietate oppressioni e a denunciare gli scandalosi soprusi del partito aristocratico. Molte delle leggi dei Gracchi sul demanio furono annullate. L’Italia cadde di nuovo nelle mani di pochi proprietari terrieri troppo ricchi.
Jugurtha, fumetto scritto da Jean-Luc Vernal, disegni di Hermann
Le province furono saccheggiate dai governatori romani, che sperperarono le loro indebite ricchezze nella Capitale. I voti dei senatori e le decisioni dei magistrati, gli uffici di Roma e le località delle province…insomma tutto ciò che spettava al governo, aveva il suo prezzo e lo si comprava o lo si vendeva come fosse una merce qualsiasi. Gli eventi in Africa in questo periodo illustrano come la virtù e l’integrità romana fossero diminuite notevolmente da quando Fabrizio rifiutò indignato l’oro di Pirro.
Giugurta, re di Numidia, aveva preso il potere di tutta la regione, mettendo a morte i legittimi capi di diverse province, i quali erano stati confermati nei loro possedimenti dai Romani alla fine delle guerre puniche. La situazione era la seguente: nel 118 a.C. morì Micipsa, sovrano berbero, che lasciò in eredità il regno ai figli Aderbale e Iempsale e al nipote (adottivo) Giugurta. Micipsa però non aveva stabilito nessuna divisione del territorio, quindi cominciò una guerra intestina tra questi tre eredi. Giugurta riuscì a eleminare gli altri pretendenti al trono con l’inganno e il tradimento, rimanendo sovrano unico. Aderbale si era perfino recato a Roma per chiedere aiuto, ma alla fine tutto si concluse con un trattato molto favorevole a Giugurta (che probabilmente aveva già corrotto degli eminenti politici romani). Pochi anni dopo, il sovrano numida attaccò di nuovo Aderbale, lo sconfisse e lo mise a morte.
I commissari inviati da Roma per indagare sulla questione furono tutti corrotti da Giugurta. Infine, il tiranno numidico, nell’eseguire alcune sue prepotenze, aveva messo a morte anche alcuni mercanti italici. Immediatamente fu dichiarata guerra dal Senato romano e il console Lucio Calpurnio Bestia fu mandato in Africa con un esercito per punire l’insolente usurpatore. Ma anche Bestia però si vendette a Giugurta e, invece di castigarlo, gli confermò i territori di cui si era appropriato. Dovremmo naturalmente supporre che il Senato romano avrebbe comminato qualche sana punizione nei confronti di questo console mercenario, al suo ritorno in patria. Ma l’astuto generale, giocando d’anticipo, portò dalla sua parte i rappresentanti più influenti dell’assemblea, dividendo con essi la tangente di Giugurta.
Grande fu l’indignazione del popolo, che aveva buone ragioni per sospettare quale fosse il reale stato delle cose. Si richiese che Giugurta, con la promessa di immunità per la sua persona, fosse convocato a Roma e indotto a far luce sull’intera opera di corruzione, affinché fossero puniti coloro che avevano tradito lo stato per denaro. Giugurta giunse nell’Urbe, ma dopo aver già corrotto il console e il magistrato, gli riuscì di comprare anche uno dei tribuni, affinché fosse posto il veto sulla sua testimonianza.
In quel periodo, tuttavia a Roma era presente un rivale di Giugurta, il cugino Massiva, pretendente al trono numidico, il quale vi si trovava proprio per sollecitare le sue pretese davanti al Senato. Giugurta riuscì a far assassinare impunemente anche questo suo rivale. Poiché il temerario sovrano umida era protetto da immunità, visto che godeva di un salvacondotto, il Senato non poté far nulla per punire questo atto criminale e audace e neppure denunciare l’insulto dato con esso allo Stato; si limitò ad ordinare al re di partire subito via dalla città. Mentre varcava le porte, Sallustio, storico latino, racconta che Giugurta guardasse con disprezzo alla capitale ed esclamasse: “Che città mercenaria! Ti prostituisci subito, se solo trovi qualcuno disposto a pagare il tuo prezzo!” (“O urbem venalem et cito perituram, si emptorem invenerit.” – Livio – o “Urbem venalem et mature perituram, si emptorem invenerit” – Sallustio).
Al ritorno della guerra fu inviato un altro esercito romano in Africa, ma fu sconfitto e costretto al giogo. Nell’anno 106 a.C. la guerra fu portata a termine da Gaio Mario, uomo che era salito al consolato dai ranghi più bassi del popolo. Sotto di lui combatté un giovane nobile di nome Silla, di cui sentiremo parlare molto in seguito. Fu in realtà proprio Silla a catturare Giugurta, sfruttando il tradimento del suocero del re, di nome Bocco. Mario celebrò un grande trionfo a Roma. Giugurta, dopo aver onorato il corteo trionfale, nel quale sfilò in catene, fu gettato nelle segrete mamertine sotto il Campidoglio, dove prima patì la fame e poi venne strangolato (Plutarco afferma che morì di inedia, mentre Eutropio protende per il garrotamento).
(Trad. dall’inglese da High school Ancient History, Greece and Rome di Philip Van Ness Myers, 1901)
Nel prossimo episodio – > : Le ripetute sconfitte degli eserciti romani al nord contro Cimbri e Teutoni furono per Mario un’occasione per rinnovare la sua gloria e consolidare il suo potere. I due popoli infatti ottennero, a nord dei Pirenei, una serie di vittorie contro l’esercito romano, indeboloto dalle rivalità all’interno dell’aristocrazia senatoria, la cui sconfitta nella battaglia di Arausio (Arancione) nel 105 ne costituisce il culmine. Queste sconfitte terrorizzarono la popolazione romana, risvegliando lo spettro dell’invasione di Roma da parte dei Galli nel IV secolo a.C.