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LA GUERRA DEL PELOPONNESO: (431-404 a.C.)

La guerra e la peste di Atene

L’inizio: Attacco a Platea da parte dei Tebani

Scontro fra eserciti greci, illustrazione
Scontro fra eserciti greci, illustrazione

Il primo atto del lungo e terribile dramma accadde di notte, entro le mura di Platea. Questa città, sebbene si trovasse in Beozia, era sotto la protezione di Atene e non aveva nulla a che fare con la Lega della Beozia, di cui Tebe era la città principale.

Ansiosi di impossessarsi di questo luogo prima dell’effettivo scoppio della guerra che ormai consideravano inevitabile, i Tebani ne pianificarono l’attacco di sorpresa e la cattura. Trecento tebani ottennero l’accesso alla città incustodita nel cuore della notte e marciando verso la pubblica piazza, convocarono i Platesi per passare da quella ateniese all’alleanza beota.

I Plateesi stavano per aderire a tutte le richieste loro fatte, quando, avendo scoperto che il numero dei nemici consisteva in un piccolo manipolo, li attaccarono e li sopraffecero nelle tenebre, prendendo centottanta prigionieri. Questi vennero poi uccisi, in violazione, come sempre sostenevano i Tebani, di una sacra promessa che le loro vite sarebbero state risparmiate. Questo miserabile affare di Platea fece precipitare la guerra (431 a.C.).

L’Invasione dell’Attica e la grande pandemia: La Peste di Atene

La Guerra del Peloponneso
La Guerra del Peloponneso

Un esercito spartano invase presto l’Attica, mentre una flotta ateniese devastava le coste del Peloponneso. Pericle persuase i contadini dell’Attica ad abbandonare le loro ville e borghi e a radunarsi all’interno delle mura di difesa della città. Non riteneva prudente rischiare una battaglia in campo aperto. 

Dalle mura di Atene la gente poteva vedere l’incendio dei loro villaggi e le fattorie in fiamme, mentre il nemico devastava le pianure dell’Attica fino alle porte stesse della città. Ci volle tutta la persuasione di Pericle per trattenerli dall’uscire organizzati in un corpo da dietro i bastioni e correre alla difesa delle loro case.

L’anno successivo gli Spartani devastarono di nuovo i campi intorno ad Atene, e portarono alla disperazione gli Ateniesi alla vista delle fiamme e del fumo di quelle proprietà che erano sfuggite alla distruzione dell’anno precedente. In aggiunta alla loro attuale miseria, scoppiò una pestilenza nella città affollata, che aggiunse i suoi orrori alle già insopportabili calamità della guerra.

La Peste di Atene, illustrazione
La Peste di Atene, illustrazione

Nessuno poteva immaginare la disperazione e l’oscurità che si erano abbattute sulla città. Atene perse, probabilmente, un quarto dei suoi combattenti. Pericle, che era stata l’anima e la vita stessa di Atene in questi giorni bui, cadde vittima della peste (429 a.C.). In punto di morte, disse che considerava la sua più grande lode di “non aver mai fatto piangere un ateniese”.

Dopo la morte di Pericle la direzione degli affari ad Atene cadde nelle mani di demagoghi senza scrupoli, di cui Cleone era il capo. L’elemento fazioso prese quindi il controllo dell’assemblea popolare, così che d’ora in poi troveremo molte delle decisioni prese in questa sede, come caratterizzate dallo spregio della virtù e della saggezza.

Il resoconto storiografico di Tucidide dell’assedio e della caduta della città, si trova nei Libri II. e III. della sua Guerra del Peloponneso.

Il volto disperato e crudele della guerra

Da ambo le parti la guerra fu condotta con la massima volontà di vendetta e crudeltà. Di norma, tutti gli uomini catturati da entrambe le parti venivano uccisi.

Nell’anno 428 a.C. la città di Mitilene, sull’isola di Lesbo, si ribellò agli Ateniesi. Soppressa la ribellione, il destino dei Mitilenesi fu nelle mani dell’assemblea ateniese. Cleone propose che tutti gli uomini del luogo, seimila in numero, fossero uccisi e le donne e i bambini venduti come schiavi. Questo infame decreto fu approvato e venne spedita una galea recante la sentenza d’esecuzione al generale Ateniese a Mitilene.

La mattina seguente, tuttavia, gli Ateniesi si erano già pentiti della loro decisione frettolosa e crudele. Fu convocata in fretta una seconda riunione dell’assemblea; fu abrogato il voto barbaro e una rapida trireme, portando l’ordine per la tregua, si avviò in fretta ansiosa di raggiungere la vecchia galea, che aveva ventiquattro ore di vantaggio. I rematori della trireme, con ogni nervo teso nello sforzo più alto, dettato dalla natura della loro missione così come dalla promessa di grandi ricompense dipendenti dal successo della loro impresa, spinsero la nave attraverso l’Egeo con energia quasi soprannaturale. La trireme raggiunse l’isola giusto in tempo per impedire l’esecuzione del crudele editto.

La seconda risoluzione degli Ateniesi, quantunque meno spietata del primo decreto, fu abbastanza severa. Più di mille nobili di Mitilene furono uccisi, la città fu distrutta e la maggior parte delle terre dell’isola fu data ai cittadini di Atene.

Ancora più implacabili e crudeli furono gli Spartani. Nell’estate dello stesso anno in cui gli Ateniesi compirono tale vendetta su Mitilene, gli Spartani e i loro alleati conquistarono la città di Platea, mettendo a morte tutti gli uomini, vendendo le donne come schiave e trasformando il sito della città in un pascolo.

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