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LA GUERRA DEL PELOPONNESO: (431-404 a.C.)

La caduta di Atene

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La guerra Deceleica : La caduta di Atene

Mentre gli Ateniesi erano ancora a Siracusa, gli Spartani, su consiglio di Alcibiade, avevano preso possesso e fortificato una posizione solida e di comando nota come Decelea, in Attica, a sole dodici miglia da Atene. Questa era una vera spina nel fianco di Atene. Al sicuro in questa roccaforte, gli Spartani potevano insidiare e mantenere nel terrore quasi tutta la pianura attica. Decelea si rivelò essere inoltre una sorta di città di rifugio per gli schiavi ateniesi, migliaia dei quali trovarono qui asilo. L’occupazione da parte degli Spartani di questo punto strategico ebbe un’influenza così determinante sul resto della guerra del Peloponneso, che quest’ultima parte di essa è nota come Guerra di Decelea (413-404 a.C.).

Approfittando delle terribili disgrazie di Atene, i suoi sudditi o alleati ora si ribellarono e si allontanarono da lei da ogni parte. I Persiani, sempre pronti ad aiutare i Greci a distruggersi a vicenda, prestarono volentieri ascolto alle sollecitazioni del traditore Alcibiade e diedero aiuto agli Spartani.

Hoplites, merl1ncz, deviantart.com
Hoplites, merl1ncz, deviantart.com

Gli Ateniesi fecero sforzi quasi sovrumani per recuperare le loro fortune. Se fossero stati uniti tra loro, forse i loro sforzi non sarebbero stati vani. Ma il partito oligarchico, pur di rovinare la democrazia, era disposto a rovinare anche  l’impero. Mentre l’esercito era assente da Atene, rovesciarono il governo e stabilirono una sorta di dominio aristocratico (411 a.C.), in base al quale gli affari di Stato erano ora nelle mani di un consiglio dei Quattrocento.

Le truppe ateniesi, tuttavia, che erano a Samo, non riconobbero il nuovo governo. Votarono per restaurare il vero governo di Atene, e dimenticando e perdonandogli il passato, richiamarono Alcibiade e gli diedero il comando dell’esercito, confermando così molto bene ciò che il poeta Aristofane disse riguardo alla disposizione d’animo degli Ateniesi verso il loro favorito viziato: “lo amano, lo odiano, ma non possono vivere senza di lui”.

Il ritorno di Alcibiade ad Atene, Walter Crane - The story of Greece
Il ritorno di Alcibiade ad Atene, Walter Crane – The story of Greece

Alcibiade  indusse i Persiani a non appoggiare più gli Spartani e ottenne alcune splendide vittorie per Atene. Ma ormai non poteva più rimediare al male che aveva provocato. Aveva mandato in rovina Atene oltre ogni possibilità di redenzione che potesse essergli riconosciuta da parte di qualsiasi potere umano. La lotta diventava sempre più disperata. Alcibiade fu sconfitto e temendo di affrontare gli Ateniesi, che lo avevano destituito dal suo comando, cercò la salvezza nella fuga.

Infine, ad Egospotami, sull’Ellesponto, la flotta ateniese fu sorpresa e catturata dagli Spartani al comando di Lisandro (405 a.C.). I prigionieri, in numero di tremila, furono massacrati e i sacri riti di sepoltura furono negati ai loro corpi.

La battaglia di Egospotami ha segnato il destino di Atene. «Quella notte», scrive lo storico Senofonte, riferendosi alla notte in cui giunse ad Atene la notizia del terribile disastro, «quella notte, nessuno dormì».

Le città sulle coste della Tracia e della Macedonia e le isole dell’Egeo appartenenti all’impero ateniese, caddero ora nelle mani dei Peloponnesiaci. Atene fu assediata dal mare e da terra e fu presto costretta ad arrendersi.

Alcuni degli alleati insistettero sulla totale distruzione della città e sulla conversione del suo sito in un pascolo. Gli Spartani, tuttavia, con apparente magnanimità, dichiararono che non avrebbero mai acconsentito così “a spegnere uno degli occhi della Grecia”, riconoscendo il grande servizio che Atene aveva reso in passato all’Ellade nella sua lotta con i Barbari.

Ma il vero motivo, senza dubbio, che spinse gli Spartani a risparmiare la città, era il loro timore che, con Atene ormai cancellata, Tebe o Corinto sarebbero diventate troppo potenti. Così la città stessa fu risparmiata, ma le fortificazioni del Pireo e le Lunghe Mura furono rase al suolo; i lavori di demolizione furono condotti con l’accompagnamento di musiche festive (404 a.C.).

Il potere di Sparta era ormai supremo. Non aveva né pari né una rivale tra tutti gli stati greci. Durante tutta la guerra aveva sostenuto che il suo unico scopo nella guerra contro Atene fosse di riconquistare la libertà per le città greche. Vedremo molto presto che tipo di libertà esse godevano sotto la sua tutela.

I risultati della guerra

Illustrazione da Il ritorno di Alcibiade ad Atene, Walter Crane - The story of Greece, Mary Macgregor
Illustrazione da The story of Greece, Mary Macgregor

“Mai”, dice Tucidide, commentando i deplorevoli risultati della guerra del Peloponneso, le cui peggiori conseguenze, tuttavia, non visse tanto da poterne essere testimone, “Non ci furono mai state così tante città devastate dalle vittorie; mai ci furono così tanti casi di esilio, mai così tante scene di massacri né in battaglia né durante le sedizioni”.

Atene non era ormai che l’ombra di sé stessa. Aveva perso duecento navi e sessantamila uomini, compresi i morti tra i suoi alleati. Adesso le cose erano andate esattamente all’opposto rispetto a ciò che era successo al tempo dell’invasione persiana. Quando, con tutta Atene in rovina, Temistocle a Salamina fu schernito dagli Spartani per essere un uomo senza una città, egli rispose grandiosamente: “Atene è qui nelle sue navi”. Ma ora la vera Atene era scomparsa: restava ora solo un guscio vuoto.

Tutto il resto dell’Ellade mostrava i segni di questa guerra crudele. I luoghi dove un tempo sorgevano grandi città ora erano ormai solo dei pascoli. Ma più deplorevole di tutto il resto fu l’effetto della guerra sulla vita intellettuale e morale della stirpe Greca. Il mondo greco era stato prima un esempio eroico, morale, spirituale; mentre ora, tutto il vigore e la produttività della vita intellettuale e artistica dell’Ellade, il cui centro e patria era stata Atene, furono irrimediabilmente compromessi. 

Le conquiste dell’intelletto greco, specialmente nel campo del pensiero filosofico, nel secolo successivo alla guerra furono, è vero, meravigliose; ma questi trionfi mostrano semplicemente, possiamo credere, ciò che la mente ellenica avrebbe fatto per l’arte e la cultura generale, se gli fosse stato permesso,liberamente e nelle condizioni favorevoli e ispiratrici della libertà e dell’autogoverno, di rivelare tutto ciò che essa racchiudeva.

(Trad. dall’inglese da High school Ancient History, Greece and Rome di Philip Van Ness Myers, 1901)

 Nel prossimo episodio – > :   Sparta, dopo la Guerra del Peloponneso è quindi in una posizione di forza ora che domina la terra e il mare, ma le ambizioni di Lisandro spaventano la sua patria, causandole la rovina. Si rivolta contro la Persia, proclamandosi a sua volta difensore della “libertà” dei Greci, che significa liberare le città dell’Asia Minore dalla presa dei Persiani, ma questi reagiscono finanziando i loro oppositori: la Guerra di Corinto (394-387 ) contrappose Sparta a una coalizione di antichi nemici, poiché a Corinto e Tebe, sostenute dall’oro dei Persiani, si aggiunse anche Atene, che si stava riprendendo dalla sconfitta. Il conflitto si conclude senza un vincitore Gli anni successivi sono segnati dall’affermazione di Tebe come terza grande potenza greca. Questa città, eclissata dalla scena politica perché molti di questi cittadini si erano schierati con i Persiani durante le Guerre contro di essi, si era alleata con Sparta e aveva formato con i suoi vicini la Lega Beota che aveva permesso di liberarsi dalla dominazione ateniese che gravava su di loro . Tebe prende gradualmente il comando della lega distruggendo o indebolendo i suoi rivali. Dopo la guerra di Corinto, costretta a sciogliere la Lega Beota, Sparta cercò di imporle una guarnigione ma fallì, provocando un conflitto tra le due polis. 

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