Tutti abbiamo sentito parlare della guerra di Troia, ma essa è realmente accaduta? Secondo il drammaturgo francese Jean Giraudoux ad esempio, no, infatti scrisse nel 1935 la pièce teatrale che aveva proprio il titolo di La guerra di Troia non si farà più (La guerre de Troie n’aura pas lieu), anche se in realtà l’opera, un manifesto contro la guerra, si chiude proprio con l’inevitabilità dello scoppio della stessa. Le storie di Achille, Ulisse, Elena e di molte altre figure leggendarie sono state raccontate nei teatri, sugli schermi e sulla carta stampata infinite volte per decenni e decenni.
Negli anni ’50 gli spettatori videro il film di Robert Wise, Elena di Troia con Rossana Podestà; nel 1962 fu la volta di La Guerra di Troia, pellicola diretta da Giorgio Venturini, con Steve Reeves, e nello stesso anno L’ira di Achille con Gordon Mitchell. Ma forse la maggior parte di voi avrà visto il blockbuster hollywoodiano Troy del 2004, con Brad Pitt, oppure la serie Netflix: Troy – La caduta di Troia del 2018.
Ma che sia un kolossal movie americano o un peplum di Cinecittà, oppure una serie Tv on demand, in tutti questi film si vedono dei giganteschi guerrieri che marciano a passo di carica a cavallo, sui carri, che combattono battaglie interminabili, che attraversano le città, solcano i mari…e tutto per conquistare la mano di una dama di insuperabile bellezza. Tutti questi film si sono ispirati molto all’Iliade, ma ancora oggi, come in passato, sono in molti ad essere scettici sulla veridicità degli eventi narrati in queste pellicole e dunque nel poema. Nessuno sa esattamente come siano andate le cose, ovviamente. Quindi, se non ne siamo sicuri allora è tutto frutto di fantasia, non è mai davvero successo. Lo definiamo un mito.
Che sia accaduta o no, la guerra di Troia ha avuto un effetto profondo sulla cultura e sulla società greca antica (e poi in seguito su tutta la civiltà occidentale) per via del modo in cui gli elleni la ricordavano. Il mito di Troia, e quello del suo presunto cantore, Omero, ha ispirato l’Iliade, il poema che ha dominato la vita intellettuale dell’intero mondo greco, nonché la stessa vita quotidiana ellenica e ci sono svariate prove archeologiche a riguardo.
Storia e mito
Separare la mitologia dalla storia dell’antica Grecia è un compito arduo. Nonostante i resoconti del ciclo troiano fossero numerosi e tutti diversi, i Greci accettavano la veridicità di queste storie senza esitazione.
Riconoscevano alle saghe e alle leggende la stessa dignità che poteva avere una testimonianza storiografica, senza bisogno di troppe prove a sostegno. Noi moderni invece, quando indaghiamo sull’attendibilità delle fonti, la pensiamo piuttosto diversamente. Gli storici cercano di trovare un equilibrio tra i vari testi letterari, come i poemi epici di Omero, e i dati emersi dalle indagini archeologiche.
La guerra di Troia ai raggi X
Il mito della guerra di Troia include parecchi personaggi ed una altrettanto numerosa serie di eventi che avrebbero avuto luogo nel periodo miceneo, cioè probabilmente tra il 1300-1200 a.C. circa. I Greci si riferivano a questo insieme di storie denominandole come il “Ciclo Troiano”.
I punti salienti della vicenda sono:
Fate l’amore non la guerra. Ma è proprio il primo a generare la seconda. In occasione di una missione diplomatica Paride, figlio del re di Troia Priamo, avrebbe incontrato alla corte di Sparta con Elena, la bellissima moglie del padrone di casa, il Re Menelao. Quando la vide, fu amore a prima vista. Il giovane sarebbe quindi tornato a Troia, portando con sé la bella regina. Ciò creò un incidente diplomatico internazionale non da poco, soprattutto perché il fratello di Menelao altri non era che il grandissimo re di Micene, Agamennone, un uomo molto potente e uno dei leader indiscussi del mondo greco di allora.
Le corna di un re diventano un casus belli. Menelao allora fa appello a tutti i greci di sangue nobile e chiede loro di unirsi a lui nel vendicare l’affronto di cui è stato vittima e di schierarsi al suo fianco nell’assalto a Troia. Agamennone mette su un’enorme flotta dalla costa orientale della Grecia, ad Aulide, e sbarca sulla costa di Troia. Elena divenne così colei il cui “volto aveva fatto salpare mille navi”.
I capitani delle due squadre. Il super top player tra i greci è Achille, che la sua divina madre ha immerso nelle acque dello Stige per renderlo (quasi) invulnerabile. Nel campo avversario abbiamo Ettore, primogenito del re dei Troiani, Priamo.
La prima guerra pantheon-mondiale. La guerra infuriò tra le due nazioni per ben dieci anni durante questo periodo perfino le divinità scesero in battaglia, schierandosi ognuna in uno dei due opposti schieramenti. Molti eroi, da entrambe le parti, vi persero la vita, a cominciare da Ettore, che cadde sotto i colpi di Achille, ma poi Paride vendicherà il fratello, ferendo Achille, con un colpo di freccia, nell’unico punto vulnerabile del suo corpo, cioè il calcagno.
Gambetto di cavallo e scacco matto. Questa guerra infinita poteva concludersi solo grazie ad uno stratagemma ideato da Odisseo, re di Itaca. I Greci lasciarono un enorme cavallo di legno davanti alle mura di Troia per dare l’impressione di aver abbandonato la città. Ciò indusse i Troiani a portarlo dentro le mura di Troia come preda di guerra e anche perché ritenevano che fosse un’offerta agli dèi. Ormai tutti erano convinti che la guerra fosse finita e che i greci si fossero definitivamente ritirati incassando la sconfitta. Ma durante la notte, i guerrieri greci nascosti dentro la struttura di legno uscirono fuori e permisero al resto del loro esercito di entrare a Troia e sferrare un attacco di sorpresa notturno dall’interno. Ne seguì un vero e proprio bagno di sangue, Troia fu interamente rasa al suolo e non sarebbe risorta mai più.
Ma il ciclo troiano non si esaurisce con la vittoria dei greci e la fine della guerra, ma anzi da vita a numerosi spin-off, come diremo oggi, che narrano le vicende e i destini di vari protagonisti del conflitto, che continuano a vivere nuove situazioni e nuove avventure ad esempio:
- il ricongiungimento di Menelao con la moglie adultera, Elena
- il tragico ritorno di Agamennone a Micene, con il suo assassinio da parte della moglie Clitennestra e del suo amante Egisto (L’Orestea di Eschilo racconta questa saga familiare in tre tappe, una storia di tradimento e sete di potere)
poi ci sono le storie più famose: quelle delle peregrinazioni di Ulisse per dieci anni nel Mediterraneo prima di tornare nella sua isola nativa Itaca e ricongiungersi con la sua tenera e fedele moglie, Penelope.
Ma tutto questo è solo una delle versioni del mito. Le storie che gli antichi greci narravano su Troia e i suoi protagonisti, variavano a seconda della città e del paese in cui ci si trovava. Secondo un’altra versione del ciclo infatti:
– Elena sarebbe vissuta nascosta in Egitto durante tutto questo periodo, e quindi quello che avremmo visto a Troia sarebbe stato solo un fantasma o un ologramma della regina!
– Altre storie ancora raccontano che Achille, non morì veramente, ma che andò ad abitare sull’Isola dei Serpenti, che si trova non lontano dalla foce del Danubio; In un altro racconto ancora, Achille si rivolge a Priamo, padre della principessa troiana Polissena, per ottenere il permesso di sposarla dopo essersene profondamente innamorato.
Come si vede, le tante sviste o gli svarioni che troviamo nelle sceneggiature dei film mitologici facevano in realtà parte del gioco fin dall’antichità: era ammessa la variazione e l’incoerenza, un po’ perché è difficile padroneggiare un materiale mitologico così grande, un po’ per la voglia di novità, per soddisfare i gusti del pubblico, magari mutati nel tempo, oppure semplicemente perché così andava al regista…pardon, all’aedo che cantava in quel momento.
La ricostruzione dei fatti
Quanto ne sanno gli storici moderni di Troia? Tra prove archeologiche e congetture, è ancora difficile andare a fondo della questione. Ecco cosa possiamo dire nonostante i continui dibattiti:
Quando? Gli antichi greci collocavano gli eventi della guerra di Troia in un periodo che chiamavano “l’età degli eroi” e che ritenevano antecedente all’epoca della storia scritta, quindi in un’epoca che potremmo definire preistorica. Lo storico Erodoto riteneva che il conflitto fosse avvenuto all’incirca nel 1200 a.C., ovvero 800 anni prima della sua era.
Dove? Durante le epoche minoica e micenea, la località oggi nota come Troia fungeva da importante fortificazione. Una piccola collina a otto chilometri a ovest della costa egea e un po’ più a sud dell’Ellesponto fungeva da sito per la città. La posizione di Troia era ideale per il commercio, grazie alla sua vicinanza alle due zone costiere e a tutta l’Asia Minore e l’Oriente. Pertanto, le ricchezze della città dovevano essere notevoli.
Gli storici si affidano all’archeologia per basare le loro conoscenze su questi due periodi antichi. Durante il XIX secolo, un archeologo tedesco di nome Heinrich Schliemann intraprese importanti scavi intorno a Troia e Micene.
Quando portò alla luce quello che da allora è passato per essere il sito di Troia, scoprì le rovine di un’antica città costruita su sette diversi livelli:
– Il livello più profondo, e quindi più antico, conteneva cumuli d’oro e altri tesori altrettanto preziosi.
– I livelli più recenti erano i più lontani dal centro, come accade in ogni città che ha prosperato e si è ingrandita.
– Gli scavi intrapresi nel XX secolo hanno confermato che il più recente di questi livelli era scomparso intorno al XIII secolo a.C., in seguito a qualche cataclisma.
Schliemann ne era convinto: aveva infatti appena scoperto il sito di Troia e il tesoro del mitico re Priamo. Annunciò la sua scoperta al mondo intero, fin troppo felice di poter dire che la guerra di Troia era accaduta davvero.
Tuttavia, le ricerche di questo grande archeologo sono ancora oggetto di forti dibattiti. Sembra che infatti sia stato un terremoto quello che avrebbe distrutto le parti successivamente scoperte, e non un esercito di invasori. Alcuni altri dettagli suggeriscono che i livelli più recenti siano stati nuovamente abitati subito dopo il disastro, il che esclude l’idea di una città completamente rasa al suolo dall’esercito di Agamennone.
Le altre testimonianze della guerra di Troia sono così ancora oggi di origine esclusivamente letteraria e artistica, nella scultura e nella pittura. Ad esempio un famoso vaso a figure nere dell’artista Exechias, che illustra un episodio di questa presunta guerra. Tuttavia, non si può trarre da queste varie opere d’arte la minima prova sul fatto che il conflitto sia mai realmente accaduto, tutt’al più sono una testimonianza dell’interesse permanente mostrato per il ciclo troiano nel corso di tutta la storia greca.
In conclusione, il sito trovato da Schliemann è proprio quello dell’antica Troia ed è visitabile, ma è ancora difficile svelare il mistero di questa celeberrima guerra. Quindi ci ritroviamo a porci lo stesso interrogativo con il quale ci lascia il gramma di Giradoux: “La guerre de Troie a-t-elle eu
lieu, oui ou non ?” (La guerra di Troia ha avuto luogo, sì o no?)
La guerra di Troia in Omero
L’influenza degli scritti epici di Omero, l’Iliade e l’Odissea, è visibile in quasi tutti i settori della società greca antica. È difficile immedesimarsi in quel periodo e cercare di capire perché la poesia avesse un tale potere. Tenete presente che questi poemi, pensati qualche parte lungo le coste della Grecia, segnano l’inizio stesso della letteratura occidentale.
Nonostante il passare del tempo, hanno mantenuto il loro status di capolavori letterari perché nessuno è stato in grado di superarli in termini di struttura narrativa e stile. Gli antichi greci attribuivano ciascuno di questi capolavori ad un’unica, sola stessa mente: Omero.
A causa dell’evidente mancanza di prove, la sua esatta identità è stata dibattuta per secoli. Diverse immagini ritrovate secoli dopo la sua scomparsa accreditano la teoria che fosse cieco. Questo ha portato alcuni a ipotizzare anche che il bardo cieco Demodoco che intona il canto di lamenta per la caduta di Troia nell’Odissea, sia in realtà Omero stesso. Come alcuni registi famosi (Alfred Hitchcock è l’esempio più evidente, ma anche Martin Scorsese, Oliver Stone, Peter Jackson, Wes Craven, M. Night Shyamalan, François Truffaut e Federico Fellini) che appaiono in brevissime scene dei loro film come se fossero la loro firma.
La tradizione orale
La mancanza di una documentazione scritta delle opere di Omero è la sfida più grande quando si cerca di studiarne la figura.
I poemi venivano creati e tramandati oralmente nell’antica Grecia prima dello sviluppo della scrittura nell’VIII secolo a.C. Uno di questi cantori che ha portato avanti la tradizione è proprio Omero. Anche ai giorni nostri, resti di questo tipo di trasmissione orale possono essere scoperti in luoghi diversi come la Serbia o in Africa. Come i bardi successivi, i poeti aedi erano nomadi e recitavano le loro poesie girovagando in varie città. Sebbene nessuno di altri poemi epici, ad esempio quelli relativi alle storie della città di Tebe, sia giunto fino a noi, le fonti antiche ne attestano l’esistenza. Tuttavia, non ebbero mai la stessa influenza delle epopee di Omero.
L’arte della narrazione: repetita iuvant
Le strategie narrative, come l’uso degli epiteti omerici, si sono conservate nella tradizione orale. Come il leitmotiv musicale delle opere di Wagner, in questi testi scopriamo delle formule che mettono a fuoco le caratteristiche abituali dell’eroe e così noi lo riconosciamo immediatamente ogni volta che questi ritorna in scena nell’opera.
Sono presenti anche diversi elementi ricorrenti, come il sacrificio dell’eroe agli dei e la successiva celebrazione. I poeti componevano queste loro opere perché fossero lette ad alta voce, e non recitate con degli attori come a teatro. Le storie venivano ripetute davanti a un pubblico numeroso e, per aiutare le persone a ricordarle, venivano appunto utilizzate formule e ripetizioni.
È tutta questione di ritmo
Ancora più significativa è la cura di questi poeti nel prevedere una cadenza o un ritmo dei versi, notoriamente difficile da conservare nelle traduzioni moderne. L’originale era scritto in esametro dattilico, che consiste in sei battute – ex (sei) e metron (misura) -, e non può essere tradotto letteralmente in italiano moderno o in qualsiasi altra lingua.
Nonostante i numerosi adattamenti in prosa di queste opere, è importante ricordare che esse sono più strettamente legate alla poesia; l’Iliade, ad esempio, è composta più di 17.000 versi. Gli esperti concordano sul fatto che ci vorrebbe tutto il giorno per leggere questo lungo libro in una sola seduta.
Sembra che il sistema contemporaneo di divisione in vari libri sia stato istituito in epoca ellenistica. Data la lunghezza e la complessità di questi poemi, si pensa che siano stati composti nel IX e il VIII secolo a.C, ed è improbabile che questi siano stati messi per iscritto prima del 650 a.C. circa. Probabilmente dobbiamo queste versioni a un collegio di poeti, ma senza mai perdere di vista il fatto che l’autore di riferimento resta sempre un uomo di nome Omero.
I sette dei re di Troia
- Dàrdano: Figlio di Zeus e di una mortale, giunse nella Troade da Samotracia o dall’Arcadia, fondando la città di Dardania.
- Erittonio: Figlio di Dàrdano, noto come “l’uomo più ricco fra tutti i mortali”.
- Tros: Figlio di Erittonio, attribuì il nome “Troia” all’intera regione.
- Ilo: Figlio di Tros, fondò la città di Troia dopo una rivelazione divina.
- Laomedonte: Successore di Ilo, commissionò opere di fortificazione muraria affidate a Poseidone e Apollo. Ingannò gli dèi e rifiutò di pagarli.
- Priamo: Figlio di Laomedonte, sopravvisse alla guerra condotta da Eracle e Telamone. Diventò il re di Troia e sarà poi noto per il suo ruolo nella guerra di Troia.
- Esìone: Sorella di Priamo, fu data in moglie a Telamone e diede alla luce Teucro, fratellastro di Aiace.
“L ‘Iliade poema della forza”
Quando si parla della civiltà greca e non solo, è inevitabile fare molti riferimenti a Iliade, questo perché essa è l’opera letteraria più importante mai composta dai greci. Ai loro occhi, era molto più di un’enorme poema su una guerra mitica. Era insieme un riferimento storico e una guida morale: una sorta di bibbia, piuttosto un’enciclopedia, a cui si rimandava in ogni circostanza.
Simone Weil (1909-1943) filosofa e scrittrice francese di origine ebrea, nota per la sua profonda ricerca spirituale e il suo impegno politico e sociale, tratta tuttavia un bilancio dell’importanza dell’Iliade anche per noi uomini di oggi.
Nel suo lavoro sull’Iliade di Omero, Weil interpretava l’epica greca in una prospettiva filosofica e morale. Vedeva l’liade non solo come un racconto di guerre e eroi, ma come una riflessione sulla violenza, la sofferenza e la condizione umana. Weil sottolineava l’importanza dell’empatia e della compassione e criticava la glorificazione della guerra e della violenza presenti nell’opera.
La sua interpretazione dell’Iliade rifletteva la sua preoccupazione per la giustizia sociale e l’umanità, e ha influenzato la critica letteraria contemporanea, portando a una riconsiderazione della natura della guerra e della tragedia umana nel testo omerico.
I greci hanno il Trojan horse; ai troiani manca l’antivirus
Un episodio importante della guerra di Troia, anzi quello che più ha catturato la nostra immaginazione nei secoli, viene totalmente trascurato nell’Iliade, nell’altro poema epico di Omero, l’Odissea, esso viene descritta più in dettaglio ma brevemente: si tratta del celeberrimo episodio del Cavallo di Legno.
Ciò è dovuto al fatto che il poema omerico si conclude poco prima della distruzione di Troia. L’Eneide di Virgilio (I secolo a.C.) è un grande affresco patriottico e nazionalista scritto in lingua latina, sotto forma di un lungo poema, che racconta il viaggio di Enea, il principe troiano, alla ricerca di una nuova patria, che sarà all’origine nientemeno che della futura fondazione di Roma (altro che Ulisse che insiste sulla sua piccola Itaca!). È questa la versione del cavallo di Troia che è diventata la più nota.
Nessuno sa con certezza se questo cavallo di Troia sia mai stato costruito. Tuttavia, la storia della distruzione di Troia è raccontata nell’Eneide con profonda partecipazione e malinconia.
Il plot
La Rabbia di Achille: L’Iliade inizia con l’ira di Achille, il più grande guerriero greco, causata da una disputa con il re degli Achei, Agamennone, che gli ha sottratto la sua schiava preferita, Briseide. Achille decide di ritirarsi dal combattimento, e la sua assenza è devastante per l’esercito greco.
Le Prodezze dei Guerrieri: La narrazione si concentra su una serie di eventi bellici e duelli tra gli eroi greci e troiani, inclusi personaggi come Ettore (eroe troiano) e Aiace (eroe greco). La guerra è cruenta, e il poema esplora le lotte, le abilità e le personalità degli eroi.
La Morte di Patroclo: Patroclo, amico intimo di Achille, scende in battaglia indossando l’armatura di Achille per sostenere i Greci. Viene ucciso da Ettore, il principe troiano. Questo evento riaccende l’ira di Achille e lo spinge a tornare in battaglia per vendicare la morte di Patroclo.
Il Duello tra Achille ed Ettore: Il culmine dell’epopea è il duello tra Achille ed Ettore. Achille uccide Ettore e trascina il suo cadavere intorno alle mura di Troia. Questo atto rappresenta una vittoria personale per Achille ma segna anche un punto di svolta nella storia.
La Restituzione del Corpo di Ettore: La narrazione termina con la supplica di Priamo, il re di Troia e padre di Ettore, per la restituzione del corpo di suo figlio. Achille accetta e il poema si conclude con una cerimonia funebre per Ettore.
Eroismo e maestria
Nell’ Iliade l’ira di Achille funge solo da movente dell’intera storia (anche più del rapimento vero e proprio di Elena che indica più che altro il contesto), ma ovviamente c’è molto più di questo e gli antichi greci ritenevano che questo poema epico fosse una miniera di modelli, esempi ed informazioni su molti altri argomenti:
Onore, eroismo e crudeltà nella prospettiva greca
Nell’Iliade di Omero, l’eroe occupa una posizione centrale, ma la sua concezione e il suo comportamento possono apparire ambigui agli occhi moderni. Gli antichi Greci avevano una comprensione diversa di ciò che costituiva l’onore, e spesso le azioni che per loro rappresentavano eroismo potevano sembrare crudeli per noi.
Per gli antichi Greci, l’onore era un valore supremo. Gli eroi come Achille e Ettore erano disposti a tutto per proteggere la loro reputazione e dimostrare il loro valore in battaglia. La gloria e l’onore derivavano dalla vittoria in combattimento e dalla difesa dell’orgoglio personale e familiare. Achille, ad esempio, sacrifica la sua amicizia con Patroclo, trascurando il lutto per vendicarne al più presto la morte, dimostrando quanto quindi fosse importante per lui il suo onore.
Tuttavia, alcune azioni degli eroi nell’Iliade potrebbero oggi apparire crudeli o disumane. Ad esempio, Achille trascina il corpo di Ettore intorno alle mura di Troia dopo averlo ucciso, dimostrando un comportamento che oggi considereremmo sconvolgente. Ma per gli antichi Greci, ciò rappresentava una dimostrazione del suo potere e della sua superiorità in guerra.
Inoltre, l’idea di “nemico” era molto diversa nell’antica Grecia. La crudeltà verso il nemico era spesso vista come una dimostrazione di forza e un modo per intimidire gli avversari. Gli eroi greci, quindi, potevano essere brutalmente vendicativi nei confronti dei loro nemici sconfitti.
L’Iliade riflette una concezione dell’eroe che metteva in primo piano l’onore, la gloria e la forza in battaglia. Le azioni degli eroi, se viste dalla prospettiva moderna, possono sembrare crudeli, ma erano conformi alla mentalità dell’epoca e alla loro idea di eroismo. Questo ci ricorda quanto sia importante considerare il contesto culturale e storico quando si valutano le azioni e le motivazioni dei personaggi dell’antichità.
Le meravigliose descrizioni nell’Iliade di Omero. Tra le numerose qualità che rendono L’Iliade un’opera straordinaria, spiccano le descrizioni dettagliate dei sacrifici e delle cerimonie che si svolgono all’interno del racconto, come anche la celebrazione della perizia degli artigiani . Questi passaggi non solo contribuiscono all’atmosfera epica del poema, ma offrono anche un’immersione nelle pratiche quotidiane degli antichi Greci, tutto grazie all’abilità narrativa di Omero.
In un episodio del poema ad esempio, il dio Efesto crea uno straordinario scudo per il ritorno di Achille in battaglia:
E fece per primo uno scudo grande e pesante,
ornandolo in ogni sua parte; un bordo vi pose, brillante,
triplo, scintillante, poi una tracolla d’argento.
Cinque dunque erano le parti di quello scudo, a cui
fece molti ornamenti con somma maestria.
Vi modellò la terra, il cielo e il mare,
l’implacabile sole e la luna piena,
e tutte quante le costellazioni che incoronano il cielo,
le Pleiadi, le Iadi e la forza d’Orione
e l’Orsa, che chiamano col nome di Carro:
quella gira su se stessa e guarda Orione,
e sola non si cala nelle acque di Oceano.Odissea XVIII, vv. 478-489
Questo tipo di descrizione, è chiamato ekphrasis, La parola deriva dal greco antico “ἔκφρασις” (ékphrasis), che è un sostantivo derivato dal verbo “ἐκφράζω” (ekphrázō), composto da due elementi:
“ἐκ” (ek): Questo prefisso significa “fuori” o “da”, indicando un movimento da un punto centrale a uno esterno.
“φράζω” (phrázō): Questo verbo significa “esprimere” o “dichiarare”.
Quindi, “ekphrasis” può essere tradotto letteralmente come “esprimere fuori” o “descrivere dettagliatamente”, che riflette il suo significato come figura retorica nella letteratura che descrive vivamente e dettagliatamente un’opera d’arte visiva o un oggetto.
Nella letteratura greca antica, l’ekphrasis era spesso impiegata per descrivere oggetti d’arte presenti all’interno di una storia o di un poema epico. Il passaggio che descrive l’immagine scolpita sullo scudo di Achille può sembrare troppo lungo ai noi moderni, ma questo tipo di descrizione non solo offriva ai lettori di allora un’immagine mentale dell’oggetto in questione, ma poteva anche essere utilizzata per trasmettere significati simbolici o narrativi più profondi. Ad esempio, la descrizione dello scudo di Achille non è solo un elenco di dettagli fisici, ma rappresenta anche la vita umana e la società in modo simbolico.
L’ekphrasis venne ampiamente utilizzata nella letteratura greca e romana, spesso per esplorare il potere dell’arte visiva e riflettere su temi più ampi come la bellezza, la moralità e la realtà. Questa tecnica è stata poi ereditata dalla letteratura successiva e continua ad essere utilizzata nella narrativa moderna per creare immagini vivide nella mente dei lettori.
I Sacrifici agli Dèi: Offerte e Riti. All’interno dell’Iliade, i sacrifici agli dèi sono momenti di profonda importanza rituale. Essi servono a placare gli dèi, ottenere il loro favore o cercare protezione divina. Le descrizioni di questi sacrifici sono intrise di dettagli affascinanti, mostrando in che modo gli antichi Greci onorassero gli dèi.
L’abilità di Omero emerge quando descrive i rituali nei minimo dettaglio: quando Agamennone sacrifica due volte un bue a Zeus (di cinque anni e grasso, Iliade II 403; di cinque anni e maschio, VII 314). Pronunciando un giuramento, sempre Agamennone sacrifica un cinghiale (Iliade XIX 266) ma anche un ariete bianco e una pecora nera (Iliade III 103 s.).
Nel I libro dell’Iliade viene offerta ad Apollo un’ecatombe di tori e capre in un sacrificio simulato, che non viene consumato (Iliade I 315), mentre un’altra ecatombe per Apollo viene consumata durante un banchetto (Iliade I 468).
Questa immersione nei dettagli conferisce una profondità straordinaria alla narrazione, portando il lettore direttamente nell’atmosfera di un’antica cerimonia religiosa.
Leadership e tattica: campo di battaglia. Oltre ai rituali religiosi, Omero presenta anche una visione vivida della vita pratica dei guerrieri. Questo include le descrizioni delle armi e dell’armatura, le tattiche di guerra e la vita quotidiana nei campi. L’Iliade di Omero, è un racconto ricco e complesso di rabbia, destino, guerra, umanità e ciò che possiamo e non possiamo sperare di conoscere o controllare. È anche un commento sulla leadership in tempo di guerra e sulle virtù e i vizi dei comandanti. Il tema del comando è uno dei temi ricorrenti del poema.
La vivacità dei suoi personaggi e che alimenta la sua storia potrebbe forse non descrivere più adeguatamente i militari professionisti odierni, ipertecnologicizzati, e che si basano sempre più sulla capacità di elaborare le informazioni. Ma i fanatici radicali, i guerrafondai, i terroristi, i fascisti, i sovranisti, gli autocrati, hanno lo stesso spirito e la stessa passione per la loro vita e la loro morte di molti degli uomini descritti da Omero.
La visione del carattere umano e della leadership contenuta nell’Iliade inizia con la comprensione dei fondamenti dell’opera. Omero conosceva la guerra e si preoccupava di descriverla. La sua narrazione dimostra una conoscenza meticolosa delle tattiche, della tecnologia, delle alleanze, della logistica e dell’arte di combatterle e della leadership.
Molto più numerosi dei guerrieri famosi come Achille ed Ettore sono i soldati semplici dell’Iliade, personaggi minori che si distinguono per la loro morte più che per la loro vita. Nel libro IV, ad esempio, un alleato dei Troiani, Peiro, che compare solo una volta, uccide un personaggio greco minore, Diore: Un istante dopo, una lancia penetra nel polmone di Peiro; il suo lanciatore sfodera una spada e lo elimina con un colpo allo stomaco che gli apre le carni. La sua morte è un’ulteriore prova della ferocia dei combattimenti con armi appuntite e taglienti, e della forza delle prime linee. Ci sono centinaia di scontri di questo tipo, in cui dei soldati che si distinguono solo per la parentela o il luogo di nascita si colpiscono a fior di spada a vicenda fino a una morte dignitosa, soprattutto per l’inclusione del nome del caduto nella poesia. Meno fortunati sono altri soldati comuni di entrambe le parti che muoiono in battaglia senza essere neppure nominati. Gli dei e gli eroi con antenati divini portano avanti la storia dell’Iliade, ma la grande maggioranza dei combattenti sul campo di battaglia creato da Omero sono solo truppe che hanno bisogno di essere guidate.
L’interesse di Omero per la tattica segue la logica. Dettagli tattici compaiono in tutta l’opera. All’inizio del Libro VIII Omero descrive il posizionamento dell’armata greca lungo la spiaggia con le prue rivolte verso il mare, per consentire una rapida partenza in caso di necessità. Omero sa che i fianchi di una forza militare o navale sono fondamentali. Il grande guerriero Aiace protegge un fianco, Achille, il più grande, l’altro, e il comandante del contingente più intelligente, Odisseo, è posizionato direttamente al centro “in modo che un grido raggiungesse entrambe le estremità del campo”. (VIII l.223)
Una simile cura tattica caratterizza lo schieramento greco quando si muove per affrontare i Troiani – e non sono solo gli eroi a portare il peso quando le avanguardie avversarie si scontrano.
Un altro comandante, uno dei due Aiace, permette ai suoi arcieri senza corazza di fare il loro lavoro posizionandoli nelle retrovie, dietro a “truppe in piena tenuta da battaglia” (XIII l. 761) che affrontano direttamente i Troiani. La cosa funziona. Per il momento, la nuvola di frecce priva i Troiani della loro volontà di combattere.
figure storiche. A Omero piace dedicare decine e decine di versi alla genealogia di ognuno dei nuovi personaggi che introduce. Il secondo libro dell’Iliade, intitolato “Catalogo delle navi” (in greco “neṑn katàlogos”), si presenta come un lungo elenco che enumera quasi tutti i combattenti; può sembrare estremamente noioso, ma rappresentava per i greci la parte più impressionante dell’opera, data la mole di conoscenze che conteneva. Ezra Pound, il grande poeta statunitense, sosteneva che chi non fosse in grado di apprezzare questo passaggio del secondo libro dell’Iliade di Omero (II, 494-759), non capisse nulla di poesia.
Questo catalogo permetteva anche ai poeti itineranti poi di assicurarsi la simpatia del pubblico delle diverse città in cui si esibivano, esaltando l’origine dei nomi degli eroi e dei personaggi citati. Quindi, dato che tra il pubblico c’era sicuramente qualche discendente di questo o quell’eroe, era un espediente per assicurarsi il favore della platea…e la pagnotta!
L’“Odissea” o il (grande) ritorno a casa
L’altra grande opera di riferimento attribuita a Omero è l’Odissea, dal nome dell’eroe protagonista, Odisseo in greco, Ulisse per i latini, che narra il suo ritorno a Itaca dopo la guerra di Troia. L’Iliade è sempre stata intesa come il primo di due poemi epici e l’Odissea come una sorta di sequel, proprio come succede con i film hollywoodiani…
Entriamo nei dettagli…
Il ritorno di Ulisse nella sue terra richiederà molto tempo: l’eroe, infatti, è perseguitato dall’ira degli dei. Lui ha accecato il figlio di Poseidone, il Ciclope Polifemo, e i suoi uomini hanno ucciso e divorato le vacche sacre del dio del sole. Dopo aver perso la sua nave e tutto il suo equipaggio, Ulisse approda sull’isola di una ninfa del mare, Calipso: vi rimarrà per sette anni. Ma durante il suo viaggio egli è passato di avventura in avventura, incontra giganti, lasciandosi alle spalle mostri marini come Cariddi e Scilla, le sirene, i ciclopi e una strega di nome Circe…
Tornato a Itaca, Ulisse trova nel suo palazzo molti nobili corteggiatori che, credendolo morto, molestano con avances non richieste né gradite la moglie Penelope, affinché prenda di nuovo marito e dunque si abbia un nuovo re, e che hanno occupato la reggia mangiando e bevendo a sbafo . Ritrovato il figlio Telemaco (nome che significa “quello che combatte da lontano”), li uccide tutti durante una gara di tiro con l’arco dove si dimostra il più abile, e trova la sua dolce metà, vent’anni dopo aver lasciato la casa coniugale.
I Rapsodi: i Google umani dell’antichità
La conoscenza dell’opera di Omero faceva parte del bagaglio intellettuale di ogni greco che si rispetti. Ma in caso ci fosse bisogno di rinfrescare la memoria, occorreva qualcosa come l’enciclopedia Treccani o Wikipedia. Ed ecco che entrano in scena i rapsodi, che erano dei jukebox umani, declamatori di poesie professionali, in particolare della poesia di Omero. Ma a differenza degli aedi, non necessariamente erano essi stessi poeti, ma si accontentavano di recitare a pagamento opere altrui e di partecipare a numerosi giochi e gare. Data la natura enciclopedica dei poemi omerici, i greci vedevano nei rapsodi dei pozzi di scienza dai quali attingere su tutti gli argomenti: era il loro modo di googolare, insomma!
L’Odissea è una storia fantastica, simile a un moderno romanzo d’avventura e a poco a che fare con l’Iliade, ed è stata adattata mille volte anche per il cinema e la Tv. L’adattamento cinematografico più famoso è quello del 1954 di Mario Camerini, dal titolo Ulisse, con Kirk Douglas.
Una delle più belle versioni televisive è l’Odissea, sceneggiato televisivo Rai per la regia di Franco Rossi del 1968. Nel 1997 ne è stata tratta anche una serie televisiva americana, L’Odissea, per la regia di Andrej Končalovskij
Fratello, dove sei? (O Brother, Where Art Thou?) è invece un film del 2000 diretto dai fratelli Coen, liberamente tratto dall’Odissea di Omero.
È un film, un road movie, liberamente ispirato all’Odissea di Omero, trasposta nel profondo sud degli Stati Uniti, ma anche al romanzo di James Joyce, di cui è una riscrittura umoristica (e talvolta parodistica). Alcuni personaggi (Ulisse, allontanato dalla moglie e in cerca di un ritorno a casa; Polifemo, evocato dal venditore di Bibbie con un occhio solo; Poseidone, evocato dallo sceriffo Cooley; Penelope, la moglie di Ulisse; Tiresia e Menelao, il politico) e alcune situazioni, come l’incontro con le sirene o la lotta di Ulisse con Polifemo, il ciclope, si richiamano apertamente a Omero.
Le regole dell’amicizia
Se c’è una lezione da imparare Odissea, è quella sulle regole dell’ospitalità. Parola xenia in greco designa l’accoglienza riservata agli ospiti. Questo tema si ritrova in tutta l’opera di Omero. Il senso dell’ospitalità sta nel ricevere gli ospiti con garbo e rispetto, offrendogli cibo e riposo, prima ancora di interrogarli sulla loro identità e sulle loro vicende personali.
Per illustrare questa leggendaria ospitalità degli antichi greci, ecco un estratto dal Libro IV dell’Odissea. Il re Menelao accoglie il figlio di Ulisse, Telemaco, così come il guerriero Mente (che, nel suo travestimento, non è altro che la dea Atena):
Serviti del cibo e sii il benvenuto. Dopo aver mangiato, ci dirai chi sei… Con queste parole servì loro con le sue stesse mani un lombo molto grasso, la parte migliore, quella che era destinata a lui in persona.
Quasi tutti i personaggi dell’Odissea seguono queste regole, ma c’è anche chi non le rispetta, come i Proci nel palazzo di Ulisse, che vanno così incontro alla peggiore delle punizioni: la morte. Così, questo poema epico stabilisce l’equivalente di un codice morale, un decalogo di norme etiche.
Incontro con gli eroi primitivi
Se è vero che il ciclo di Troia narrato nell’Iliade e nell’Odissea domina tutta la letteratura e la mitologia greca, centinaia di altre figure sono associate all’età degli eroi. E in molti casi appartengono a un’epoca ben anteriore alla guerra di Troia. Nell’Iliade, il vecchio guerriero Nestore di Pilo afferma addirittura che nessuno dei combattenti di Troia può essere paragonato a eroi come Teseo. Ciò fa capire, dunque, quanto fossero formidabili!
Il termine eroe nella letteratura greca non designa necessariamente un personaggio dotato più o meno di superpoteri, che si mette al servizio dei più deboli, come il nostro Spiderman,Batman o Superman. Nell’antica concezione, eroe è qualcuno che compie imprese incredibili e che possiede forza e resistenza senza pari, ma questi eroi non sono sempre dei difensori degli oppressi, infatti possono persino commettere ogni genere di crimine.
Il poeta Esiodo descrive ne Opere e giorni il mito delle cinque età dell’umanità: per lui, gli eroi costituiscono questa razza gloriosa che sarebbe esistita poco prima dei tempi in cui lui stesso si trovava a vivere, l’età del ferro. Un’epoca di transizione in ogni caso tra il tempo degli dei e il tempo degli uomini.
Consideriamo ora alcuni di questi eroi del passato. A cominciare dal più titanico di loro, se non altro a giudicare dalle sue numerose imprese…
Eracle: uno stakanovista!
Eracle (alias Ercole per i romani) è l’archetipo dell’eroe greco. Questo figlio di Zeus e della mortale Alcmena è talvolta chiamato Alcide, vale a dire un discendente di Alceo, suo nonno materno.
Sin dalla nascita, o quasi, Eracle è dotato di un coraggio e di una forza sovrumani, per non parlare del suo terribile appetito e del suo pessimo carattere. A lui sono legati un gran numero di miti, compreso quello delle “dodici fatiche”. Per ragioni ancora poco spiegate, Euristeo, re di Argo e dei Tirini, chiese a Eracle di compiere appunto dodici imprese, ritenute impossibili. Alcuni storici hanno addirittura sostenuto che queste fossero solo un modo conveniente per riunire in un unico racconto tutte le storie che circolavano sul suo conto.
Le dodici fatiche di Eracle
- Il Leone di Nemea: uccidi questo famoso leone e riporta la sua pelle che utilizzerai per fabbricarti una veste e uno scudo
- L’Idra di Lernia: uccidi questo mostruoso serpente dalle cento teste con un colpo solo
- La cerva Cerinea: cattura questa cerbiatta dagli zoccoli di bronzo e le corna d’oro dedicata ad Artemide e riportala viva
- Il cinghiale di Erimanto: cattura questa bestia mostruosa
- Le stalle di Augia: svuota e pulisci le stalle del re dell’Elide, Augia, ingombre di letame; per farlo devia il corso dell’Alfeo
- Gli uccelli Stinfali: stermina con frecce e sassi questi uccelli dagli artigli e dal becco di ferro che fanno ombra al sole
- Il Toro di Creta: cattura in una rete un toro selvaggio donato da Poseidone al re Minosse
- I cavalli di Diomede: ruba i cavalli di questo re della Tracia che li sazia con carne umana e uccidi il monarca malvagio
- Cintura di Ippolita: combatti contro la tribù delle Amazzoni e ruba la magica cintura della loro regina Ippolita
- Il gigante Gerione: uccidi questo gigante dal triplo corpo e prendi i suoi buoi
- Le Mele delle Esperidi: ruba le mele d’oro da questo giardino custodito dalle figlie di Atlante e custodito da un drago
- Cerbero: vai nell’Ade a catturare il cane a tre teste a guardia dell’ingresso nel mondo dei morti
Dopo tutti queste fatiche, Eracle non è ancora esausto. Secondo altri resoconti, l’elenco delle sue imprese è ancora lungo. Alla sua morte, ascese all’Olimpo dove da allora visse tra gli dei, “libero dalla sventura e dalla vecchiaia”, secondo Esiodo.
Eracle beneficiò delle lezioni di vari maestri:
- Radamante (per l’arte del tiro con l’arco)
- Castore (per l’arte di combattere armati di tutto punto);
- Chirone, il centauro (per le sue abilità in medicina).
Teseo, il fondatore di Atene
Agli occhi dei greci, Teseo era:
- il figlio di Poseidone;
- Il creatore delle principali istituzioni della città di Atene;
- il vincitore del Minotauro.
Tra le sue altre imprese c’è la sua lotta contro le Amazzoni, al fianco di Eracle. A partire dal V secolo a.C. i Greci ne fecero il protettore della giustizia, e la sua grande nobiltà è attestata in molte tragedie greche.
Figlio di Egeo, re di Atene, e discendente di Eretteo, è l’eroe dell’Attica. È soprattutto la sua vittoria contro il Minotauro, un mostro mezzo uomo e mezzo toro, che gli ha fatto guadagnare la sua fama. Ogni anno, questo mostro divorava nel suo labirinto sette giovani ateniesi e sette giovani ateniesi, che gli venivano offerte come cibo. Teseo si impegnò quindi a liberare Atene da questo pesante tributo che la città stava pagando a Creta. Liquidò la bestia, poi, grazie soprattutto al filo di Arianna, figlia del re Minosse stesso, uscì vivo dalla trappola di pietra, prima di abbandonare la sua bella sugli scogli dell’isola di Naxos.
Vedendo in lontananza le vele nere della nave di suo figlio, suo padre Egeo credette che Teseo fosse morto nello scontro con il mostro. Preso dalla disperazione, si gettò quindi nel mare, che da allora porta il suo nome. Teseo si era dimenticato di issare le bianche vele, come convenuto in caso di successo.
Perseo, l’uccisore della Medusa
Questo figlio di Zeus e di una mortale Danae (sedotta da una pioggia d’oro) è un eroe della regione dell’Argolide.
La lotta più famosa è quella che contrappose Perseo alla Gorgone che aveva in testa mille serpenti, alias Medusa, colei che pietrifica chiunque la guardi. Usando uno specchio riflettente, ma anche i suoi sandali alati (dono di Hermes, dio dei viaggiatori), riuscì a ingannare Medusa e a tagliarle la testa che appese allo scudo.
È dal sangue della testa di Medusa che nascerà il cavallo Pegaso, che lo accompagnerà in altre avventure. In Mauritania, Perseo pietrifica l’inospitale Atlante, e lo trasforma nella catena montuosa che conosciamo oggi; in Etiopia salva Andromeda, figlia del re, dalle fauci di un mostro marino.
Giasone, il capo degli Argonauti
Giasone è l’eroe di una sola impresa. Questo nipote di Eolo e figlio di Esone, cacciato dal trono di Iolco (in Tessaglia) dallo zio Pelia, tornò vent’anni dopo per reclamare il regno di cui era stato ingiustamente diseredato. Pelia conclude con lui un patto: se egli fosse riuscito a conquistare il vello d’oro del re della Colchide, dotato di poteri magici, avrebbe ripreso il potere. Detto vello era custodito da un terribile drago.
A bordo di una nave chiamata Argo e in compagnia del fior fiore dei marinai e degli eroi greci, soprannominati gli Argonauti, sbarcherà sulle rive della Colchide. Lì, aiutato dalla maga Medea, trionferà sulle prove che gli saranno imposte:
- sottomettere col giogo dei tori che sputano fuoco dalle narici ;
- seminare i denti di un drago;
- addormentare il mostro a guardia del vello e ucciderlo;
- Impadronirsi il vello d’oro.
Troviamo la versione completa di questo mito nell’opera di Apollonio di Rodi, risalente al III secolo a.C., Le Argonautiche.
Bellerofonte, l’eroe dimenticato
Bellerofonte è meno noto degli eroi greci. Le storie su di lui non sono diventate memorabili come quelle degli altri .
Questo figlio di Poseidone e nipote di Sisifo è un eroe corinzio. Proprio come da copione, dovette compiere anche lui ogni tipo di missione impossibile (e infatti viene citato nel film Mission Impossible 2, con Tom Cruise). Oltre alla Chimera, mostro con la testa di leone, il corpo di capro e la coda di serpente, che vomitava fiamme, combatté anche le Amazzoni, tribù nemiche dei Lici, beneficiando anche lui per questo della preziosa assistenza di Pegaso .
Le Amazzoni: altro che sesso debole!
Queste dure guerriere risiedevano, si dice, in un regno situato sulle rive del Ponto Eusino (vale a dire il Mar Nero). Armate di arco, combattevano a cavallo. Di tanto in tanto, solo per procreare, visitavano gli Sciti, i loro vicini maschi. Quindi non esitavano a sbarazzarsi della loro prole maschile.
Si dice che tenessero schiacciato il seno destro, o che se lo amputassero, in modo che fossero più abili nel maneggiare l’arco. Infatti il loro nome etimologicamente significa: “coloro che non hanno seno”.
A capo della loro società matriarcale c’erano le regine. Tra le Amazzoni più famose ricordiamo:
- Pentesilea, vittima di Achille durante la guerra di Troia;
- Ippolita, detta anche Antiope. Eracle le sottrasse la cintura affidatale dal padre Ares, per poi darla in sposa a Teseo, suo compagno di spedizione.
Molto più tardi, nel XVI secolo, sulle rive di un fiume sconosciuto in Sud America, l’esploratore Orellana fu attaccato da bande di predoni dai capelli lunghi. Da lì sarebbe venuto il nome del Rio delle Amazzoni.
Dove gli eroi vanno a morire!
Dopo aver condotto una vita fuori dal comune, questi eroi affrontavano anche una morte gloriosa. Secondo i racconti mitologici infatti, gli eroi dopo la loro morte andavano nei Campi Elisi: un luogo molto speciale degli Inferi, dove gli eroi si incontrano per l’eternità per banchettare e cacciare immersi in un paesaggio da sogno, tra boschetti di verde e asfodeli.
Eroi o antieroi?
Come i personaggi storici e gli dei dell’Olimpo, gli antichi eroi della mitologia greca sono stati visti e rappresentati sotto diversi punti di vista, anche non edificanti. Così Eracle, che nelle commedie appare come un ubriacone e un ghiottone. La lingua inglese possiede un modo di dire non presente in italiano o in altre lingue: “a festive of Heracles”. Questo modo di dire è rimasto per indicare un evento si estende ben oltre il termine previsto.
Anche gli autori tragici ci mostrano alcuni eroi sotto una luce insolita:
- Sofocle nel suo dramma Filottete, mostra Odisseo sotto una luce piuttosto oscura: la sua astuzia gli serve per soddisfare la sua malvagità verso gli altri.
- Nella Medea di Euripide, Giasone è un personaggio pieno di orgoglio, egoista e arrogante. Niente di cui vantarsi!