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ESTIA: LA TREDICESIMA DEA

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Estia era figlia di Crono e Rea. Era la dea del fuoco nella sua prima applicazione ai bisogni dell’umanità, quindi era essenzialmente la divinità che presiedeva al focolare domestico e lo spirito custode dell’uomo: era la sua pura e benigna influenza infatti che doveva proteggere la santità della vita domestica. Inizialmente era una dea facente parte del gruppo dei dei dodici Olimpi, ma in seguito lasciò il suo posto a Dioniso. A buon diritto può essere quindi annoverata come la “tredicesima dea” tra i dodici, insomma una sorta di “panchinara”.

Hestia o Vesta

In questi primi tempi il focolare era considerato la parte più importante e più sacra dell’abitazione, probabilmente perché la protezione del fuoco aveva un’importante considerazione, dovuta al fatto che una volta consentitane l’estinzione, la sua riaccensione poteva essere eseguita solo con estrema difficoltà (non c’erano ancora accendini o accendi gas, in poche parole). Infatti il ​​focolare era ritenuto così sacro da costituire il sancta sanctorum della famiglia, per cui veniva sempre eretto al centro di ogni casa, infatti i greci lo chiamavano omfalós, “l’ombelico della casa”.

Era alto pochi piedi ed era costruito in pietra; il fuoco vi era posto sopra, e serviva al duplice scopo di preparare i pasti quotidiani e di celebrare i sacrifici familiari. Attorno a questo focolare domestico o altare erano raccolti i vari membri della famiglia; il capo della casa occupava il posto d’onore più vicino al focolare. 

Qui si recitavano preghiere e si offrivano sacrifici, e anche qui si alimentava ogni sentimento gentile e amorevole, che si estendeva anche allo straniero fuggitivo e colpevole, il quale, una volta che fosse riuscito a toccare questo sacro altare, era al sicuro da ogni persecuzione e da ogni punizione, e d’ora in poi era posto sotto la protezione della famiglia (un po’ come in seguito, dal medioevo in poi, ci si sarebbe rifugiati dopo un delitto, in convento, come fa il futuro Fra’ Cristoforo nei Promessi Sposi). Ogni delitto commesso entro i sacri recinti del focolare domestico era invariabilmente colpito dalla morte.

Nelle città greche c’era una sala comune, chiamata Pritaneo (Prytaneion), in cui i membri del governo consumavano i pasti a spese dello Stato, e anche qui c’era l’altare di Hestia, o il focolare pubblico, con il suo fuoco appunto, il quale era servito anche a preparare quegli stessi pasti. 

“Estia, che nelle alte dimore di tutti gli dei immortali e degli uomini che vivono sulla terra, hai ricevuto un seggio eterno, antico onore! Hai questa grande ricompensa e questo onore, perché, in verità, senza di te non ci sarebbero feste tra i mortali. È con Hestia che ogni banchetto inizia e finisce, offrendo libagioni di vino con miele.”

Omero, Inno a Estia

Era consuetudine che gli emigranti portassero con sé una parte di questo sacro fuoco, che custodivano gelosamente e portavano con sé nella loro nuova casa, dove fungeva da collegamento tra la giovane colonia greca e la madrepatria. Estia è generalmente rappresentata in posizione eretta e, secondo la dignità e santità del suo carattere, appare sempre completamente drappeggiata. Il suo volto si distingue per una serena gravità di espressione.

Il tentativo di stupro da parte di Priapo

L'incubo, Johann Heinrich Füssli

Alla festa di Cibele furono invitate Estia, insieme a molte altre dee, ninfe e satiri. Dopo un grande banchetto nel corso del quale era stato servito molto vino, Estia si sdraiò e fece un tranquillo pisolino. Priapo quindi la notò subito, addormentata e indifesa, e le si avvicinò, camminando in punta di piedi, con l’obiettivo di violentarla. Ma poi un asino, appartenente a Sileno, emise un raglio. Estia si svegliò all’improvviso, vide Priapo e capì subito le sue intenzioni, si mise a gridare aiuto e l’intera folla degli dèi volò in sua difesa. Priapo allora se la diede a gambe per non finire linciato.

Zeus, onorò la castità della dea (cosa non molto comune sull’Olimpo, basti pensare ad Afrodite), e stabilì che, da quel momento, ogni prima vittima dei sacrifici fosse immolata in suo onore. E l’asino? Giusto. Per aver sventato il divino stupro, tutti gli anni, a Roma, in occasione delle festività dette Vestalia, dal 7 al 15 di giugno, gli asini venivano ornati di ghirlande e portati in pompa magna fino al tempio della Dea Vesta, che era il nome latino di Estia, appunto.

Vesta

Sacrificio alla dea Vesta, Sebastiano Ricci

Vesta occupa un posto distinto tra le prime divinità dei romani. Il suo tempio a Roma, contenente per così dire la pietra del focolare della nazione, sorgeva vicino al palazzo di Numa Pompilio.

Sul suo altare ardeva il fuoco incessante, custodito dalle sacerdotesse, le VestaliIl tempio di Vesta era di forma circolare, e conteneva quel sacro e pregiatissimo tesoro del Palladio di Troia. Il 9 giugno si celebrava la grande festa in onore di Vesta, detta la Vestalia.

(Libera traduzione e rielaborazione da E. M. Berens. “The Myths and Legends of Ancient Greece and Rome”, 1880, con aggiunte e integrazioni)

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