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LA GUERRA DI TROIA – 18 – LA GUERRA VA AVANTI

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Il fratello di Ettore, Eleno, mette in guardia dalla furia di Diomede, quindi manda Ettore nella città di Troia per raccontare alla madre cosa sta succedendo. Secondo le istruzioni di Eleno, la moglie di Priamo riunì le matrone nel tempio di Atena nell'acropoli e offre alla dea la veste più grande e bella di Troia. Promette anche un sacrificio di dodici giovenche se Atena avesse avuto pietà di loro e avesse spezzato la lancia di Diomede. Atena, ovviamente, non ascolta queste preghiere.
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La proposta di pace di Antenore e quella di Paride

Prima che i capi greci si ritirassero per la notte, tennero un consiglio nella tenda di Agamennone, durante il quale decisero di celebrare riti funebri, al mattino presto, in onore dei loro compagni che erano stati uccisi nella battaglia. Decisero pure, su consiglio di Nestore, di costruire un forte muro e di scavare una profonda trincea davanti al loro accampamento, affinché le loro navi potessero essere sicure contro gli attacchi del nemico.

Anche i capi troiani tennero un consiglio. Erano scoraggiati dalle loro perdite in battaglia, e molti di loro pensavano che ora non avrebbero potuto più vincere la guerra, a causa del gesto a tradimento di Pandaro che aveva rotto la tregua. Il saggio Antenore era di questa opinione, e nel suo discorso al consiglio suggerì che Elena e i suoi tesori fossero consegnati ai Greci.

Ma Paride si oppose a questa proposto. Era disposto a rinunciare ai tesori di Elena e a dare il proprio come compenso ai Greci, ma a restituire la donna a Menelao. Il re Priamo cedette alle richieste di suo figlio e ordinò che fosse inviato un araldo ai capi greci per riferire loro dell’offerta di Paride e per chiedere che non si riprendessero i combattimenti fino a quando i morti non fossero stati portati via dal campo di battaglia, e i rituali funebri completati.

Perciò il mattino seguente l’araldo troiano Ideo si recò alla tenda di Agamennone. Lì trovò riuniti i capi argivi. Dopo aver ascoltato il suo messaggio, essi respinsero con disprezzo i termini proposti da Paride, ma concordarono su una tregua per le cerimonie funebri. Ideo tornò in città e raccontò ai capi troiani la risposta che aveva ricevuto. Sia i Greci che i Troiani iniziarono quindi a raccogliere i loro morti dal campo e a costruire grandi cataste di legna, o pire, su cui bruciare i corpi.

 

La Légende de l'Iliade, disegno di Isabelle Forestier
La Légende de l'Iliade, Isabelle Forestier

La tregua, la grande trincea e i bastioni

Prima dell’alba del mattino successivo i Greci si accinsero a costruire un muro e a scavare una trincea sul lato del loro accampamento di fronte a Troia, come aveva consigliato Nestore. Finirono il lavoro in un giorno, e fu davvero un’ opera imponente. Le mura erano fortificate con alte torri, e le porte erano così grandi che ci potevano passare tranquillamente  dei carri. La trincea era ampia e profonda, e sul bordo esterno era difesa da pali forti e affilati. Gli dèi, guardando dall’Olimpo, ammirarono questi lavori, ma Poseidone era invece molto scontento.

Ma Zeus alleviò l’ansia del dio degli oceani dicendogli che quando la guerra fosse finita e i Greci fossero partiti da Troia, avrebbe potuto rovesciare la grande muraglia con le sue onde, e coprire la riva di sabbia. Così il baluardo greco sarebbe svanito dalla pianura.

Dopo le loro grandi fatiche sulle mura e sulle trincee, i Greci banchettarono nelle loro tende e il giorno dopo, essendo finita la tregua, entrambi gli eserciti si prepararono alla battaglia. Nel frattempo Zeus tenne un consiglio sull’alto Olimpo, durante il quale emanò il severo ordine che nessuno degli dèi prendesse parte alla battaglia davanti a Troia a favore di nessuna delle due forze in campo. Dichiarò poi che se qualcuno di loro avesse disobbedito a questo ordine, avrebbe scagliato l’autore del reato nell’oscura fossa del Tartaro, nel cupo regno di Ade.

Atena chiese che le fosse almeno permesso di assistere i Greci con il suo consiglio. A questo acconsentì il re del cielo. Poi montando il suo carro, al quale erano aggiogati i suoi destrieri intrepidi e veloci, adornati di criniere d’oro, sfrecciò attraverso i cieli tra la terra e il cielo stellato fino alla cima del monte Ida. Là in un recinto sacro in cui era eretto un altare a lui, il padre degli dei sedette a guardare le torri di Ilio e le navi dei Greci. Le due schiere, guidate dai loro grandi capi, erano ora impegnate in una feroce battaglia.

Così il terribile conflitto andò avanti fino a mezzogiorno, quando Zeus, prendendo in mano la bilancia d’oro del destino, soppesò le sorti dei Troiani e dei Greci.

Nuovi scontri

Fabio Fabbi
L´Iliade, Fabio Fabbri, 1930
Fabio Fabbi L´Iliade, Fabio Fabbri, 1930

Allora il potente dio tuonò dal monte Ida, e fece ardere i suoi fulmini contro l’esercito dei Greci. Stupore e terrore presero i capi argivi che fuggirono dal campo. Nestore rimase solo, cercando la salvezza nella fuga, quando uno dei cavalli del suo carro fu ucciso da una freccia dell’arco di Paride. Il vegliardo stesso avrebbe potuto morire per mano di Ettore, se Diomede non si fosse affrettato a prenderlo sul suo carro.

Entrambi i guerrieri avanzarono quindi contro il capo troiano e Diomede scagliò il suo giavellotto. L’arma mancò Ettore, ma uccise il suo auriga. Il coraggioso figlio di Tideo, ancora correndo, stava per scagliare un’altra lancia, quando un terribile fulmine balenò dal cielo e squarciò la terra davanti ai suoi destrieri. Considerando questo come un segno della rabbia di Zeus, i due eroi si ritirarono frettolosamente verso il loro accampamento. Ettore li inseguì, e i Troiani, incoraggiati dal suo esempio, si spinsero in avanti finché i Greci furono costretti ad arretrare dietro la loro trincea e le loro mura. Allora Agamennone, in preda alla disperazione, pregò l’onnipotente Zeus che permettesse almeno a lui e al suo popolo di fuggire in salvo sulle loro navi.

Zeus esaudì la preghiera del re e inviò un buon auspicio. Questo era un’aquila che portava negli artigli un cerbiatto, che fece cadere a lato dell’altare dove i capi greci stavano proprio in quel momento offrendo sacrifici. Credendo che l’uccello fosse venuto da Zeus, i Greci si fecero coraggio e, correndo fuori dalle loro porte, con Diomede e Agamennone in testa, e poi Menelao e Aiace, attaccarono furiosamente i Troiani e ne uccisero un gran numero. Teucro, fratello di Aiace Telamonio, fece grande strage con il suo arco e le sue frecce, nell’uso delle quali era abile anche quanto Pandaro. Dopo aver ucciso diversi nemici, mirò due volte su Ettore, mancandolo però ad ogni occasione. Al colpo successive, uccise però l’auriga del capo troiano. Ettore quindi balzò a terra e, afferrata una grande pietra, la scagliò con grande forza, colpendo al collo lo sfortunato Teucro e facendolo cadere. E ora i Troiani, correndo ancora una volta contro i Greci, li respingevano di nuovo verso il loro accampamento.

Agamennone vorrebbe battere in ritirata…

Iliad, Raúl Gil
Iliad, Raúl Gil

La notte pose fine alla battaglia. Questo fu un graditissimo sollievo per i capi greci, del tutto scoraggiati com’erano alla vista del nemico, quasi arrivato ormai fino alle loro navi. D’altra parte i guerrieri di Troia “guardarono controvoglia il tramonto”, poiché impediva loro di compiere la loro vittoria. Ma Ettore ne era sicuro: il giorno successivo sarebbero stati in grado di distruggere l’esercito e la flotta achei, ponendo così fine alla guerra. Si rivolse quindi alle sue truppe, ordinando loro di rimanere sul campo per la notte, affinché potessero essere pronti a piombare sui Greci, se avessero tentato di salire a bordo delle loro navi, e “fuggire attraverso il potente oceano”.

Nel frattempo i capi greci tennero un consiglio di guerra, e Agamennone propose loro di prendere le loro navi e salpare alla volta della Grecia, poiché che Zeus avesse decise che essi non avrebbero mai espugnato Troia. Dopo aver udite le sue parole parole, i capi rimasero seduti per un po’ di tempo in un cupo silenzio. Alla fine Diomede parlò, contestando il re per il suo vile consiglio.

Battle of Troy, Joseph Bradshaw
Battle of Troy, Joseph Bradshaw

…e Diomede gli risponde

“Gli dei”, disse, “ti hanno dato, o figlio di Atreo, un alto rango e un grande potere, ma non molto coraggio. Ritorna a casa, se vuoi, ma gli altri greci resteranno finché non avranno abbattuto Troia, perché è per ordine degli immortali che siamo venuti qui”.

Nestore: “Ma se invece chiediamo scusa ad Achille?”

Queste parole furono applaudite a gran voce dai capi riuniti. Poi furono messe delle guardie a sorvegliare il muro e la trincea, dopo di che Agamennone diede per i capi un banchetto nella sua tenda. Quando tutti ebbero mangiato le delizie che erano state preparate, il saggio Nestore consigliò di fare degli sforzi per placare l’ira di Achille. Anche Agamennone approvò calorosamente questa proposta, perché ora ammise di aver commesso un grande torto nel portare via Briseide, e dichiarò che avrebbe restituito subito la fanciulla ad Achille, inviandogli anche dei ricchi doni.

(Libera riduzione e traduzione da Michael Clarke, The Story of Troy, 1897)

 

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Nestore propose di far cambiare idea ad Achille offrendo molti doni. Questa proposta fu approvata sia da Agamennone che da Ulisse. Ma l'ambasciata fallì perché lo stesso Achille aveva più fiducia nelle proprie scelte che nel destino o negli interventi divini. Minaccia di lasciare Troia, di non tornare mai più credendo che questa scelta gli consentirà di vivere una lunga vita. Al ritorno degli inviati, Diomede criticò la decisione di Nestore e l'orgoglio di Achille dicendo che la scelta personale di Achille di lasciare Troia non ha importanza (quindi cercare di cambiarla con doni è inutile). Diomede disse: "Lascia che Achille rimanga o se ne vada se lo desidera, ma combatterà quando verrà il momento. Lasciamo agli dei decidere su questo". Zeus dirà poi ad Era di aver già pianificato il metodo per riportare Achille in battaglia, confermando che Diomede aveva sempre ragione.

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