Imene o Imeneo, figlio di Apollo e della musa Urania, era il dio che presiedeva al matrimonio e alle solennità nuziali, ed era quindi invocato in tutte le feste di matrimonio. Era rappresentato come un bel giovane, e invocato nel canto imeneo o nuziale. Il suo nome designava originariamente il canto nuziale stesso, che fu successivamente personificato. La prima traccia di questa processo si trova in Euripide (Troad. 311), o forse in Saffo ( Fragm. 73, p. 80).
L’origine poetica del dio Imene o Imeneo è anche implicita nel fatto che viene descritto come il figlio di Apollo e di una Musa, o Calliope, Urania, o Terpsicore. (Catull. l XI. 2; Nonn. Dionys. XXXIII. 67; Schol. Vatic. ad Eurip. Rhes. 895, ed. Dindorf; Schol. ad Pind. Pyth. IV. 313; Alciphron, Epist. i. 13; Tzetz. Chil. xiii. 599.) Quindi è menzionato insieme ai figli delle Muse, Lino e Ialemo, e con Orfeo. Altri lo descrivono solo come il favorito di Apollo o Thamyris, e lo chiamano figlio di Magnes e Calliope, o di Dioniso e Afrodite. (Suid. s. v. Thamurris; Anton. Lib. 23; Serv. ad Aen. IV. 127, ad Virg. Eclog. VIII. 30.).
Le antiche tradizioni, invece di considerare il dio come una personificazione del canto imeneo, parlano di lui come originariamente un mortale, rispetto al quale sono state riferite varie leggende.
Secondo una tradizione argiva, Imeneo era un giovane di Argo che, mentre navigava lungo la costa dell’Attica, liberò un certo numero di fanciulle attiche dalla violenza di alcuni pirati pelasgi, e fu poi lodato da loro nei loro canti nuziali, che furono chiamati, dopo di lui, canti imenei. (Eustath. ad Hom. p. 1157.) Le leggende attiche lo descrivono come un giovane di così delicata bellezza, che potrebbe essere preso per una ragazza.
A tal proposito c’è un mito su questa divinità, il quale racconta che Imene era un bel giovane che però aveva dei genitori molto poveri, e che si innamorò di una ricca fanciulla, così superiore a lui per rango, che non osava nutrire la speranza di unirsi a lei. Tuttavia non perse occasione di vederla e, in un’occasione, si travestì in abiti femminili, e si unì a un gruppo di fanciulle, che, in compagnia della sua amata, andavano da Atene a Eleusi, per assistere a una festa di Demetra. Durante il viaggio furono sorpresi dai pirati, che li portarono su un’isola deserta, dove i banditi, dopo aver bevuto molto vino, caddero in un sonno profondo. Imene, cogliendo l’occasione, li uccise tutti e poi salpò per Atene, dove trovò i genitori delle fanciulle in preda alla più grande angoscia per l’inspiegabile scomparsa delle loro figlie. Egli li confortò assicurando che le fanciulle sarebbero state loro restituite, a condizione che avessero promesso di dargli in sposa colei che amava. La sua richiesta fu ovviamente accettata, e Imeneo tornò dunque subito sull’isola, riportando in salvo tutte le fanciulle ad Atene, dopodiché egli si unì a colei che amava.
Per questo motivo veniva invocato nei canti imenei. (Serv. ad Aen. I. 655, ad Virg. Eclog. VIII. 30.) Secondo altri era un giovane che rimase ucciso dal crollo della sua casa il giorno delle nozze, per cui veniva invocato nei canti nuziali, per essere propizio (Serv. l. c.); e alcuni raccontano che alle nozze di Dioniso e Arianna cantò l’inno nuziale, ma perse la voce (Serv. l. c.; comp. Scriptor Rerum Mythic. pp. 26, 148, 229; Ov. Met. ii. 683, che lo fa figlio di Argo e Perimele; Terent. Adelph. v. 7, 8).
Secondo le leggende orfiche, il defunto Imeneo fu richiamato in vita da Asclepio. (Apollod. III. 10. § 3.) Egli è rappresentato nelle opere d’arte come un giovane, più alto e con un’espressione più seria di Eros, mentre porta in mano una torcia nuziale.
(Libera rielaborazione e adattamento da E. M. Berens. “The Myths and Legends of Ancient Greece and Rome”, 1880 e da Smith, Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology)