Laverna, era un’antica divinità italica, in origine uno degli spiriti degli inferi. Una coppa trovata in una tomba etrusca porta l’iscrizione “Lavernai Pocolom”, e in un frammento di Settimio Sereno, poeta romano del III secolo, Laverna è espressamente menzionata in connessione con i di inferi (Le divinità e in genere gli abitanti dell’oltretomba per gli antichi Romani).
Con una facile transizione, venne ad essere considerata come la protettrice dei ladri, le cui operazioni erano associate appunto all’oscurità. Aveva un altare sul colle Aventino, vicino alla porta che reca il suo nome Lavernalis, e un boschetto sulla Via Salaria. Il suo aiuto era invocato dai ladri per permettere loro di portare a termine con successo i loro piani senza perdere la loro reputazione di pietà e “onestà” (Orazio, Ep. I. 16, 60). Sono state date molte spiegazioni del nome:
- 1- da latere (Schol. su Orazio, che dà laternio come un’altra forma di lavernio o ladro);
- 2 – da lavare (Elenio Acrone, grammatico romano del III secolo, nel suo commentario ad Orazio, secondo il quale i ladri erano chiamati lavatores, forse riferendosi ai ladri nei bagni pubblici);
- 3 – levare (figurativo o metaforico per “taccheggio”, infatti “alleggerire”, è un qualcosa che sicuramente i borseggiatori fanno). Gli etimologi moderni lo collegano con lucrum, e lo spiegano anche con il significato di dea del guadagno.
(Da Encyclopædia Britannica Eleventh Edition – 1910–1911)
La dea imbrogliona e l’incantesimo: una storia di Charles G. Leland
Il seguente racconto molto curioso, con l’incantesimo, non era nel testo del Vangelo ( che in questo contesto non è da intendersi la relazione scritta sulla vita di Gesù da parte degli Apostoli, bensì un presunto manoscritto italiano di magia e stregoneria di cui Leland afferma di essere venuto in possesso.) Il Vangelo”, evidentemente appartiene al ciclo o alla serie di leggende ad esso collegate.
Diana è dichiarata protettrice di tutti gli emarginati, di coloro per i quali la notte è il loro giorno, quindi dei ladri; e Laverna, come possiamo imparare da Orazio
(Epistole, 16, 1)
e Plauto, era preminentemente la protettrice dei furti e di tutte le mascalzonate. In questa storia appare anche come strega e umorista.
Mi è stata data come una tradizione di Virgilio (Si tratta proprio del grande poeta latino, che una tradizione leggendaria medioevale aveva trasformato in un mago), che spesso appare come uno che conosce le meravigliose e nascoste tradizioni dei tempi antichi.
Accadde una volta che Virgilio, che conosceva tutte le cose occulte o magiche, lui che era appunto mago e poeta, avendo sentito un discorso (o un’orazione) di un famoso retore, che non aveva molto valore in sé, gli fu chiesto cosa ne pensasse. Ed egli rispose:–
“Mi sembra impossibile dire se fosse tutta introduzione o tutta conclusione; certamente non v’era il corpo. Era come certi pesci di cui non si sa bene se abbiano solo alla testa o invece anche tutto il resto del corpo; e che non sia piuttosto che possiedano in realtà soltanto l’una e non l’altro o viceversa. Come la dea Laverna, di cui nessuno ha mai saputo se essa appunto fosse tutta testa o tutto corpo, o nessuno dei due, oppure entrambi”.
Allora l’imperatore chiese chi fosse questa divinità, perché non ne aveva mai sentito parlare.
E Virgilio rispose:
“Tra gli dei o gli spiriti che erano nei tempi antichi, che ci siano sempre favorevoli! Tra loro c’era una femmina che era la più astuta e la più scaltra di tutte. Si chiamava Laverna. Era una ladra, e molto poco conosciuta dalle altre divinità, che erano oneste e dignitose, perché ella stava raramente in cielo o nel paese delle fate. “Se ne andava quasi sempre sulla terra, tra ladri, borseggiatori e ruffiani – viveva nelle tenebre. Una volta accadde che andò con l’aspetto di una mortale da un grande sacerdote, prendendo la forma e le sembianze di una sacerdotessa molto bella e maestosa (di qualche dea) e gli disse: “Tu hai una proprietà che io voglio comprare. Intendo costruirvi un tempio al (nostro) Dio. Ti giuro sul mio corpo che ti pagherò entro un anno”. “Perciò il sacerdote le trasferì la proprietà. “E ben presto Laverna aveva venduto tutti i raccolti, il grano, il bestiame, la legna e il pollame. Non rimase che il valore di quattro soldi. “Ma il giorno fissato per il pagamento Laverna non si vide. La dea era lontana, e aveva lasciato il suo creditore nei guai! “Allo stesso tempo Laverna andò da un grande signore e comprò da lui un castello, ben arredato all’interno e con sue le ampie e ricche terre all’esterno. Ma questa volta giurò sulla sua testa di pagare per intero in sei mesi. “E come aveva fatto con il sacerdote, così si comportò con il signore del castello e dunque rubò e vendette ogni bastone, ogni mobile, tutto il bestiame, tutti gli uomini e persino i topi: non c’era più niente con cui nutrire neanche una mosca. “Allora il sacerdote e il gran signore, avendo scoperto chi in realtà lei fosse, si appellarono alle altre divinità, lamentandosi di essere stati derubati da una dea. E fu presto reso noto a tutti che costei era Laverna. Perciò fu chiamata a giudizio davanti a tutti gli dei. “E quando le fu chiesto cosa avesse fatto con la proprietà del sacerdote al quale aveva giurato sul suo corpo di effettuare il pagamento al momento stabilito e perché mai lei stessa avesse poi rotto proprio questo suo giuramento, ella rispose con un gesto strano che li stupì tutti; perché fece infatti sparire il suo corpo, in modo che solo la sua testa rimanesse visibile, e gridò:– – Guardatemi! Ho giurato per il mio corpo, ma corpo non ho! – Allora tutti gli dei si misero a ridere.
“Dopo il sacerdote venne il signore che era stato anch’egli ingannato, e al quale lei aveva giurato sulla propria testa. E in risposta a lui Laverna mostrò a tutti i presenti tutto quanto il suo corpo, senza giri di parole; era davvero di estrema bellezza…ma senza testa. Subito dal suo collo uscì una voce che diceva:–
“Guardatemi, perché io sono Laverna, e sono venuta a rispondere al reclamo di quel signore, che giura che io contratto un debito con lui e che non lo abbia poi saldato, anche se il termine è scaduto, e che sono una ladra, perché ho giurato sulla mia testa – ma, come tutti potete vedere, non ho affatto la testa, e quindi non posso aver mai fatto una tale promessa”. “Allora ci fu davvero una tempesta di risate tra gli dei, che misero a posto la questione ordinando alla testa di unirsi al corpo e ordinando a Laverna di pagare i suoi debiti, cosa che lei fece. “
Allora Giove prese la parola e disse:– “‘Qui c’è una dea canaglia senza un culto (o dei seguaci), mentre a Roma ci sono innumerevoli ladri, truffatori, imbroglioni e mascalzoni – ladri, raggiratori, truffatori e scrocconi – che vivono di inganni. “Questa brava gente non ha né una chiesa né un dio, ed è un gran peccato, perché anche gli stessi diavoli hanno il loro padrone, Satana, come capo famiglia. Perciò ordino che in futuro Laverna sia la dea di tutti i furfanti o i commercianti disonesti, insieme con tutta la spazzatura e i rifiuti del genere umano, che finora sono stati senza un dio o un diavolo, in quanto troppo spregevoli sia per l’uno che per l’altro”.
“E così Laverna divenne la dea di tutte le persone disoneste e trasandate.
“Ogni volta che qualcuno progettava o aveva intenzione di compiere una qualsiasi opera d’inganno o qualcosa di malvagio, questi entrava nel suo tempio e invocava Laverna, che gli appariva come una testa di donna. Ma se compiva la sua opera in malo modo o se fosse stato maldestro nel metterla in pratica, quando egli la invocava di nuovo, essa mostrava solo il corpo; ma se era stato invece furbo, allora egli poteva vedere la dea tutta intera, testa e corpo. Laverna non era più casta di quanto fosse onesta, ed ebbe molti amanti e molti figli. Si diceva che non essendo né cattiva di cuore né crudele, si pentiva spesso della sua vita e dei suoi peccati; ma per quanto potesse, non riusciva a cambiare vita perché i suoi vizi erano troppo inveterati.
E se un uomo avesse avuto una qualche donna o una serva incinta, e avesse voluto nascondere la cosa a tutti e sfuggire allo scandalo, questi doveva andare ogni giorno a invocare Laverna. “Quando poi arrivava il momento del parto, Laverna portava la donna nel sonno durante la notte al suo tempio e subito dopo la faceva di nuovo sprofondare nel incoscienza, quindi la riportava nel suo letto a casa. Quando quella si svegliava al mattino, stava sempre in salute, si sentiva vigorosa e non provava alcuna stanchezza: tutto le sembrava essere stato soltanto un sogno.
Ma a coloro che desideravano recuperare il loro figli, Laverna si mostrava indulgente solo se questi aconducevano una vita tale che fosse a lei gradita e se la adoravano fedelmente. E questa è la cerimonia da eseguire e l’incantesimo da offrire ogni notte a Laverna. “Ci deve essere un luogo stabilito dedicato alla dea, che sia una stanza, una cantina o un boschetto, ma sempre un luogo solitario. Poi prendete un tavolino della grandezza di quaranta carte da gioco messe vicine, che deve essere nascosto nello stesso posto e poi bisogna andarci di notte…
Prendete quaranta carte e spargetele sul tavolo, coprendolo interamente con esse. Prendete delle erbe Paura e Concordia, e fatele bollire insieme, ripetendo nel frattempo quanto segue:– Scongiurazione. Fa bollire la mano della concordia, Per tenere a me concordo, La Laverna che possa portare a me Il mio figlio e che possa guardarmele da qualunque pericolo. Bollo questa erba, man non bollo l’erba. Bollo la paura che possa tenere lontano qualunque persona, e se le viene l‘idea a qualcuno di avvicinarsi, possa essere preso da paura e fuggire lontano! Detto questo, metti le erbe a bollire in un’ampolla e spargi le carte sul tavolo una ad una, dicendo:– Battezzo queste quaranta carte! Ma non battezzo le quaranta carte, Battezzo quaranta dei superiori, Alla dea Laverna che le sue persone divengono un Vulcano fino a che la Laverna non sarà venuta da me colla mia creatura, E questi dei dal naso dalla bocca, e dall’ orecchio possano buttare fiamme di fuoco e cenere,
E lasciare pace e bene alla dea Laverna, che possa anche essa abbracciare i suoi figli a sua volontà!Laverna era la dea romana dei ladri, dei borseggiatori, dei negozianti o commercianti, dei plagiari, dei furfanti e degli ipocriti. C’era vicino a Roma un tempio in un boschetto dove i ladri andavano a dividere il loro bottino. C’era anche una statua della dea. La sua immagine, secondo alcuni, era una testa senza corpo; secondo altri, un corpo senza testa; ma l’epiteto di ‘bella’ applicato a lei da Orazio indica colei che forniva travestimenti ai suoi adoratori, e che ne aveva tenuto uno per anche per sé. Era venerata in perfetto silenzio. Questo è confermato da un passo di Orazio (Epist. 16, lib. I), dove un impostore, osando appena muovere le labbra, ripete la seguente preghiera o incantesimo:–
“O Dea Laverna! Dammi l’arte di imbrogliare e di ingannare, di far credere agli uomini che sono giusto, Santo e innocente! Stendi tutte le tenebre e l’oscurità profonda sui miei misfatti!”
È interessante confrontare questa invocazione classica indiscutibilmente antica a Laverna con quella che è stata data prima. La dea era ampiamente conosciuta dalle classi inferiori e in un’opera teatrale di Plauto, c’è un cuoco, che è stato derubato di tutti i suoi strumenti di cucina, che la invoca per vendicarsi.
Richiamo l’attenzione sul fatto che in questa, come in un gran numero di altri incanti di streghe italiane, la divinità o lo spirito che viene venerato, sia Diana stessa o Laverna, è minacciato di tormento da un potere superiore finché non concede il favore richiesto. Questo è un elemento tipicamente classico, cioè greco-romano o orientale. In tutte queste fonti il mago non si basa sul favore, l’aiuto o il potere concesso da Dio o da Satana, ma semplicemente su ciò che è stato in grado di strappare per così dire, alla natura infinita o alla fonte primaria attraverso la penitenza e lo studio. Dico ciò perché un critico mi ha rimproverato di esagerare nel dire che il diabolismo – introdotto dalla Chiesa dal 1500 – sia carente in Italia. Ma di fatto, tra la classe superiore delle streghe, o nelle loro tradizioni, esso non si trova quasi per niente. Nel diabolismo cristiano la strega non osa mai minacciare Satana o Dio, oppure qualcuno della Trinità o degli angeli, perché tutto il sistema è basato sulla concezione di una Chiesa e dell’obbedienza alla stessa.
L’erba concordia prende probabilmente il suo nome da quello della dea Concordia, che era rappresentata con un ramo racchiuso nella mano. Essa gioca un ruolo importante nella stregoneria, dopo la verbena e la ruta.
Da Aradia, Gospel of the Witches – Aradia, o il Vangelo delle Streghe, cap XV, 1899, di Charles G. Leland, giornalista e folclorista statunitense, studioso anche del folclore italiano, in particolare toscano.