Ciò che oggi sappiamo della medicina greca antica deriva principalmente da tre fonti: gli scritti dei medici antichi che si sono conservati, le allusioni a questi scritti nelle opere di autori che tuttavia non erano specialisti del settore e le rappresentazioni delle pratiche mediche nell’arte greca antica. Galeno di Pergamo (circa 00 d.C.) è stato il più grande medico-scrittore greco. Ippocrate di Cos e i suoi seguaci (fine del 400 a.C. e oltre), così come numerosi altri medici di stanza ad Alessandria, raccolsero e registrarono le conoscenze mediche esistenti nei secoli precedenti a Galeno.
In caso di necessità, consultare il medico
I Greci distinguevano chiaramente la religione e la medicina. Anche se esisteva una magia curativa rudimentale e a divinità come Apollo e Asclepio venivano attribuite capacità curative, questo non rallentò il progresso della scienza. A causa dell’assenza di antibiotici e anestetici, per gli antichi greci la chirurgia era un’opzione drastica e talvolta pericolosa per la vita del paziente, quindi la sua pratica era molto limitata.
Anche allora, come oggi, non c’era altra possibilità che rivolgersi a un medico se ti ritrovavi con una brutta influenza, un forte raffreddore o qualsiasi altra malattia che ti impedisse di lavorare, oppure se avevi esagerato con gli stravizi come Bacco e Venere (il Tabacco ancora non esisteva).
Trovare un medico ad Atene non era poi troppo difficile, ma era costoso e alcuni loro trattamenti che prescrivevano erano davvero terrificanti. Erano abili professionisti, considerati al livello di qualsiasi artigiano, se non di più. I loro metodi variavano molto l’uno dall’altro. Andavano in giro per la Grecia, offrendo i loro servizi ai loro potenziali clienti e incassando parcelle per le cure fornite. Spesso, aprivano uno studio nei grandi centri urbani come Atene applicando tariffe esorbitanti per le loro visite.
Ai medici infatti, non era richiesta la licenza, essi erano considerati alla stregua di altri professionisti come poeti e architetti. Democede di Crotone, secondo Erodoto, era un noto medico greco che servì come medico di corte del tiranno Policrate di Samo e poi del re persiano Dario alla fine del 500 a.C. Tuttavia, la prima figura significativa rimane Ippocrate (460-377 a.C. circa).
Colpa degli dei
I Greci attribuivano il potere di abbattere o di revocare le sciagure che gli capitavano agli dei, quindi anche le malattie. Diverse divinità, tra cui Apollo, erano venerate per il loro legame con la salute e il benessere. Asclepio, tuttavia, si ergeva al di sopra di tutti.
Asclepio è una figura affascinante, una sorta di San Gennaro ante litteram. Egli era un mortale, ma raggiunse uno status divino dopo la sua morte. Era dotato di capacità straordinarie, in quanto figlio di Apollo, e andava in giro per il mondo curando i malati.
Purtroppo, Asclepio non fece buon uso di queste sue capacità; infatti, Zeus lo colpì con un fulmine per essersi comportato come un dio quando tentò di resuscitare i morti.
In tutto il Mediterraneo, gli antichi greci pregavano e veneravano Asclepio nella speranza di riceverne salute e guarigione.
L’isola di Cos era il suo luogo di culto più noto. Coloro che stringevano un patto con Asclepio in cambio delle sue visite miracolosamente guaritrici che egli faceva a mezzanotte, apparendo al capezzale dei malati, offrivano denaro, preziosi oggetti d’arte o il sacrificio di un piccolo animale come un pollo.
Se a mezzanotte il nume non si presentava, significava che il sacrificio offerto non era bastato. In alcuni templi esistevano delle vere e proprie cliniche mediche, ma non possiamo garantire nulla sull’efficacia dei metodi usati dai sacerdoti in questo campo e neppure sulla effettiva competenza di questi ultimi in campo medico. Sicuramente anche oggi, prima di andare in chiesa a pregare il cielo perché aiuti un tuo parente o un amico a guarire, ti sei certamente preoccupato di portarlo da un dottore o in ospedale.
Ippocrate, il padre della medicina
Ippocrate di Cos (460-377 a.C.) fu il medico più stimato del suo tempo e, soprattutto, il più importante. Ippocrate seguì le orme del padre che era anche lui un medico. Dopo la sua partenza da Cos, si recò a prestare servizio nell’Atene devastata dalla peste durante la guerra del Peloponneso. La sua idea innovativa era che le malattie derivassero da cause naturali piuttosto che soprannaturali e all’epoca non era una cosa così scontata come oggi.
Tra le sue raccomandazioni c’erano il prescrivere una dieta sana, un regolare esercizio fisico e dei rimedi naturali come erbe e unguenti. Tuttavia, la storia secondo la quale il suo stile di vita sano gli permise di raggiungere la veneranda età di 120 anni è una gran panzana oppure una trovata pubblicitaria creata per promuovere la categoria dei medici della scuola da lui fondata. Ippocrate scrisse il Corpus Hippocraticum, dopo essere tornato a Cos, alla fine della guerra del Peloponneso. Questo grande volume comprende una sessanta di saggi su vari aspetti della buona pratica medica. Vi è incluso anche il suo famoso giuramento:
Giuro per Apollo, dio della medicina, per Asclepio, per Igea, per Panacea, per tutti gli dèi e le dee, che prendo tutti a testimone, che resterò fedele al mio giuramento per quanto possibile.
Per i medici alle prime armi, il Giuramento di Ippocrate funge da vademecum. Il medico pronunciandolo si impegna a non intraprendere alcuna procedura chirurgica non autorizzata, compresi gli aborti e l’eutanasia. Il medico si impegna inoltre ad astenersi dall’avere rapporti sessuali con i pazienti. Sebbene il linguaggio e l’idea di fondo del giuramento possano sembrare antiquati, molti medici praticanti lo rispettano ancora oggi.
Gli Ippocratici promuovevano la curiosità e la diagnosi accurata. Le due opere intitolate Epidemie, che forniscono 42 casi di studio, fanno parte della cosiddetta Collezione ippocratica, il Corpus Hippocraticum di cui abbiamo già accennato (opera in realtà scritta dai discepoli di Ippocrate tra la fine del 400 e l’inizio del 300 a.C.). Si tratta di resoconti di pazienti gravemente malati – e superano di gran lunga tutto ciò che è stato scritto in Europa sulla medicina fino al Seicento.
In questi scritti sono minuziosamente riportate le descrizioni dei sintomi delle epidemie per diagnosticare correttamente ad esempio la difterite e il tifo. Quasi i due terzi dei pazienti i cui casi sono riportati nelle Epidemie finiscono per morire, il che dimostra sia lo stato della medicina dell’epoca sia la sincerità dell’autore.
Sulla natura dell’uomo è la consueta traduzione di un’altra opera ippocratica. Questo testo, scritto intorno al 400 a.C., introduce la nota ma errata nozione dei Quattro Umori, che avrebbe poi dominato la filosofia medica per i due millenni successivi. Il testo afferma che il sangue, la flemma (pituita), la bile gialla (chole) e la bile nera (melancholia) sono i quattro fluidi essenziali che, quando sono nelle giuste quantità, ci mantengono in salute e, quando sono fuori controllo, portano alla malattia.
Caldo e freddo
In passato si usavano spesso rimedi a base di erbe e spezie. Per rallentare l’aggravarsi della malattia, si riteneva di dover raffreddare o riscaldare il corpo secondo necessità. Molti professionisti della medicina ritenevano che una temperatura corporea non corretta fosse alla base di molte malattie e quindi invitavano a raggiungere uno stato di equilibrio.
Le lapidi e altre opere d’arte sopravvissute raffigurano occasionalmente il medico con due coppe di metallo, come distintivo della professione, a simboleggiare il metodo primitivo di applicare coppe di metallo calde sulla pelle del paziente per drenare gli umori in eccesso. Un’altra pratica medica errata che derivava dalla teoria dei quattro umori era quella di dissanguare un paziente per rimuovere il sangue “in eccesso”.
A causa della scarsa conoscenza del corpo umano e dei suoi organi, la chirurgia vera e propria era poco diffusa nell’antica Grecia, inoltre si riteneva che fosse sacrilego e abominevole esaminare e sezionare i cadaveri.
Tuttavia numerosi scavi archeologici hanno portato alla luce gli strumenti chirurgici descritti negli scritti antichi come utilizzati dai medici greci. Bisturi, uncini (usati per ritrarre i margini di una ferita e sollevare vasi sanguigni o tessuti), pinze, trapani per ossa, pinze per ossa, cateteri e speculum vaginali sono altri esempi di tali strumenti. Il trepanismo (cioè la trapanazione del cranio, dal greco “trepani”, υπ = trapano) era un tipo di intervento chirurgico rischioso utilizzato talvolta dai Greci, in cui veniva praticato appunto un foro nel cranio per allentare la pressione sul cervello. Scritti del IV secolo a.C. descrivono questa procedura e uno scheletro risalente a circa il 250 a.C. è stato scoperto sull’isola di Chio, il che suggerisce che la procedura in questo caso ebbe successo.
Ci si basava molto sulle osservazioni empiriche o su convinzioni erronee come quella secondo la quale il sistema cardiovascolare partisse dal cervello piuttosto che dal torace.
Chi era così sfortunato da contrarre una malattia mortale aveva ben poche speranze di sopravvivere. Molte feriti in battaglia infatti, morivano negli ospedali da campo.
Solo quando il filosofo Aristotele iniziò a studiare il corpo umano approfonditamente, le cose cominciarono a cambiare. Pensate a Galeno (circa 200 d.C.) per comprendere quanti progressi fossero stati fatti nel frattempo in questo campo sotto l’Impero Romano.
Le ricerche biologiche di Aristotele e della sua scuola, il Liceo, infatti, contribuirono ad accrescere l’interesse per l’anatomia nel 300 a.C. Eerofilo di Calcedonia ed Eristrato di Ceo, due medici che esercitavano ad Alessandria d’Egitto alla metà e alla fine del 200 a.C., hanno dato un contributo significativo al campo dell’anatomia; purtroppo solo alcune parti delle loro opere sono sopravvissute, ma il lavoro di entrambi è stato registrato dallo storico romano Celso nel I secolo d.C.
Erofilo ed Eristrato, che lavoravano indipendentemente, furono pionieri nella dissezione di corpi umani per la ricerca medica (infrangendo un tabù religioso antico, come abbiamo visto) e, secondo la leggenda, si impegnarono persino nella vivisezione umana con il consenso dei monarchi dell’epoca. Questi medici e i loro colleghi contribuirono in modo significativo alla comprensione dei sistemi cardiovascolare e respiratorio e alcune dei termini anatomici da loro sviluppati sono ancora oggi di uso comune.
Molti degli stessi farmaci e strumenti utilizzati dai medici greci erano ancora in uso nell’Impero romano, ma la medicina era intanto diventata più scientifica e godeva di maggiore considerazione. Nel 90 d.C., quando l’esercito romano divenne professionale, aumentò la necessità di trattamenti medici efficaci. L’imperatore Augusto istituì un corpo medico militare molto rispettato e ben retribuito. La medicina interna, l’urologia e l’oftalmologia erano tra le specialità insegnate nella prima scuola di medicina, aperta all’inizio del I secolo d.C.
Pensa alla salute!
Senza antibiotici, farmaci antistaminici, antidolorifici e tutto il resto, un semplice raffreddore o una polmonite potevano fulminarvi, quindi le gente nell’Antica Grecia e nell’Antica Roma doveva stare molto attenta ogni giorno a non ammalarsi. Non parliamo poi delle ossa rotte! In poche parole, nell’antichità era necessaria una salute di ferro per sopravvivere.
Mancava infatti la comprensione del ruolo dei microbi nelle malattie. Tuttavia, negli anni precedenti al 400 a.C., sin dagli inizi della medicina c’era già una buona conoscenza della dietetica, delle erbe medicinali, di un’ortopedia rudimentale e della pratica delle fasciature. Numerose erbe venivano utilizzate dai medici per i trattamenti e molte di esse vengono ancora oggi utilizzate dai moderni sostenitori della medicina alternativa e sono ritenute benefiche. Nel 300 a.C., Teofrasto, allievo di Aristotele, scrisse un trattato completo sulla terapia a base di erbe.