Parolaccia e Parolona (greca)
“È tutto un gran casino!”, “E’ forte…mi piace un casino!”, “C’è un casino di roba!”
Spesso, nella lingua di tutti i giorni, ci esprimiamo più o meno così. Ma quando vogliamo essere, diciamo un po’ più “eleganti”, allora usiamo la parola “Caos” che, come molti sapranno, è un’antica parola greca.
Intanto, per tornare un attimo al “casino”, c’è da rilevare il fatto che noi utilizziamo quest’ultima parola, non proprio raffinata, per esprimere diversi significati: una gran confusione, una quantità smisurata e qualcosa di stupefacente, di grandioso, di inaudito.
Ebbene, nella parola greca Chàos ci sono tutti questi significati, ma anche molti altri.
Il Caos è innanzitutto nei miti greci
I miti greci, ma questo vale in realtà per i miti delle popolazioni di tutto il mondo, sono appunto un grande Caos, e figuriamoci se non lo sono quelli del Chàos!
A complicare le cose c’è il fatto che i greci, al contrario degli altri popoli, non avevano un vero e proprio “libro sacro”, un testo di autorità religiosa assoluta (come poi saranno La Bibbia o il Corano).
Non che non fossero religiosi, lo erano anzi pure parecchio, ma la religione non regolava in maniera troppo rigida la loro vita e il loro pensiero, ragion per cui, complessivamente, non caddero mai nel bigottismo o peggio, in quello che noi oggi chiamiamo “fondamentalismo religioso”.
Questo tuttavia ci complica le cose, perché non avendo essi un libro sacro, ecco che per ricostruire i loro miti, e in particolare quelli sull’origine del cosmo (e dunque anche degli dei), ci dobbiamo affidare principalmente ai loro poeti, alle testimonianze degli antichi studiosi e ai filosofi.
Ovvero ad un immenso materiale che costituisce nell’insieme un gran casino! Pardon! Un grande Chàos!
Facciamo un po’ d’ordine
Alzi la mano chi non ha letto il libro di Robert Graves “I miti greci” (trad. di Elisa Morpurgo, presentazione di Umberto Albini, Longanesi, Milano, I ed. 1955) oppure la sua versione più “popolare”, quella di Luciano De Crescenzo “I grandi miti greci. Gli Dei, gli eroi, gli amori, le guerre” (Milano, Mondadori, 1999).
Ehm…ok…ok…non c’era bisogno di…d’accordo, d’accordo, abbassate le mani! Abbassate le mani per cortesia! Ok, va bene, va bene, lasciamo perdere!
Farò io un piccolo riassunto.
Tanto non è un vero e proprio problema se questi libri li abbiate letti o no, perché si dà il caso che Robert Graves (e Luciano De Crescenzo che lo segue passo passo) pur formidabile e dotto scrittore, faccia un po’ di ca…ehm… un po’ di caos, ecco.
Ora vi spiego
Il mito pelasgico il mito orfico e il mito olimpico, ovvero: quanto ci piacciono le parole difficili.
“Ok, passi per l’Olimpico, ma l’Orfico e il Pelasgico che diavolo sono?”
Calma, calma. Ora spiego tutto.
Ogni popolo ha le sue divinità e la storia delle grandi nazioni, come la Grecia, è fatta di conquiste, invasioni e sottomissioni di altri popoli che solo più tardi vanno a costituire una nazione (in questo caso quella greca).
Le battaglie fra i vari popoli echeggiano in quelle degli dei (o forse è il contrario e ” Noi siamo per gli dèi quello che son le mosche pei monelli: ci spiaccicano per divertimento.” come scrive William Shakespeare nel Re Lear, Atto IV Scena I”) e alla fine, come le razze, le stirpi e insomma i popoli si mescolano tra loro, così anche i miti.
Ed ecco che noi abbiamo, secondo la suddivisione proposta da Graves, tre grandi tronconi della mitologia Greca.
Quello pelasgico che deriva il suo nome dai Pelasgi ( in greco: Πελασγοί , Pelasgoí a sua volta derivato dal termine πέλαγος, pélagos cioé “alto mare” o “mare interno”) denominazione usata dagli scrittori classici greci per riferirsi agli antenati dei greci, o a tutti gli abitanti della Grecia prima della nascita o dell’arrivo dei greci veri e propri ( quindi originari ad esempio della Caria in Asia Minore, Creta, Sicilia, Italia meridionale, Etruria, ecc.) . In generale, “pelasgico” finì per definire più in generale tutti gli abitanti indigeni della regione del Mar Egeo e le loro culture. In pratica erano gli extracomunitari (per altro pure barbari e primitivi) degli antichi Elleni.
Orfico deriva dall’orfismo, un movimento religioso facente capo ad Orfeo, mitico cantore della Tracia. Costituito principalmente da culti misterici, l’orfismo viene anche spesso indicato col nome di misteri orfici .
Olimpico invece, si riferisce alle divinità dell’Olimpo, il monte tra Tessaglia e Macedonia, mitica sede degli antichi dèi.
Sono gli dei che conosciamo tutti, almeno nella loro accezione latina: Zeus (Giove), Era (Giunione), Afrodite (Venere), Atena (Minerva), Apollo, Ermes (Mercurio) ecc.
Avete presente quando su Instagram leggete su un nome di un profilo di un personaggio famoso la dicitura “Official”? (ad esempio Ferragni Official, Maneskin Official ecc.)
Ecco, le divinità olimpiche se avessero avuto Instagram, avrebbero scritto sotto “Official”; questo perché erano le divinità ufficiali della Grecia, quelle che dopo lunghe e sanguinose lotte avevano scalzato via i vecchi dèi ed erano i leaders indiscussi dell’universo e dei destini umani.
Sì erano davvero i “Masters of the Universe”.
(So cosa state pensando. Oggi su Instagram pure chi non conta nulla scrive sul suo profilo “Official” ma va be’, questa è un’altra storia!)
Il mito pelasgico ovvero: “Baila, baila Morena!”
“Che devi avere un caos dentro di te
Per far fiorire una stella che balla
Inferno e paradiso dentro di te
La luna è un sole guarda come brilla
Baby the night is on fire
Siamo fiamme nel cielo
Lampi in mezzo al buio, what do you say?
Baila, baila Morena
Sotto questa luna piena
Under the moonlight”
Così canta in una sua famosa canzone Zucchero.
E sarà un caso che dica “che devi avere un caos dentro di te?”
Assolutamente no! Perché forse lui non sa che sta narrando il mito pelasgico dell’origine dell’universo.
La prima dea, la dea di tutte le cose, emerse nuda dal caos (nuda sì, perché se non ci si mettono i particolari piccanti, la storia diventa noiosa).
Si chiamava Eurinome, ed era una ballerina, ma aveva un piccolo problema. Non aveva un palco su cui esibirsi.
Si scoraggiò per questo? Niente affatto! Quindi cominciò a rassettare un po’ il Caos per farsi un po’ di spazio.
Divise il Cielo dal Mare “e vide che ciò era cosa buona” (ehm…no, scusate…dimenticate quest’ultima frase…è la citazione da un’altra storia!) e iniziò a danzare sulla cresta delle onde del mare.
Danzando vorticosamente ecco che si generò attorno a lei un vento forte e potente, vigoroso.
Il fascino virile da “uomo che non deve chiedere mai” ( o meglio vento) di questo turbine, dapprima la intimorì, poi le accese subito i sensi, e pensò subito di darsi a questo sciupafemmine.
“A proposito pupa: il mio nome è Borea. Vento Borea.”
“Vento Borea” fece lei? “Davvero?”
Quindi lo prese e lo strizzò come un’asciugamano bagnato (“Cara! Fai piano che diamine! Sono delicato!”) e il vortice divenne così un serpente ( e te pareva!) ed ebbe il nome di Ofione.
– Ma non era Borea?
Sì Borea era il vento del Nord che le soffiava dietro (forse faceva cat calling) mentre lei andava a Sud ma poi…ecco…va be’ insomma! E’ un mito che diamine no? Ve l’avevo detto che è un casin…un caos!
– Ma poi chi le dà il nome al serpente, lei?
Sì…no…va be’, ma che c’entra ora questo? Non fatemi perdere il filo per cortesia! Dove eravamo?
Scene da un matrimonio
Eurinome continuava a danzare per riscaldarsi, danzava come rapita, come posseduta, come se non ci fosse un domani (e forse ancora non c’era perché ancora non esisteva il tempo) e Ofione, ormai proprio con la lingua di fuori, si avviluppò alla dea per accoppiarsi. (quando c’é una donna nuda e un serpente nei paraggi, succede sempre quel che deve succedere).
Dopo l’unione carnale ( sì lo so, sembra un po’ vecchio stile detto così) si trasformò in colomba e volò sul mare e alla fine si posò e depose l’Uovo Universale (tranquilli non è una pubblicità pasquale).
Eurinome ordinò ad Ofione di arrotolarsi sette volte attorno all’uovo (comandano le donne, lo dico sempre io; e qui è addirittura la femmina che fa covare il maschio).
L’Uovo infine si schiuse e ne sortirono il sole, la luna, i pianeti, le stelle, la terra, i fiumi, le montagne e tutti gli esseri viventi.
Vi anticipo già da ora che questa storia della danzatrice Eurinome non trova riscontro nelle fonti più antiche, almeno nella forma in cui la narra il già citato Graves nel suo volume sui miti greci; per cui oggi si ritiene che sia più una sua invenzione o rielaborazione, che un mito greco vero e proprio (ricordate quando vi ho detto che in realtà anche Graves, e non solo lui, aveva fatto un po’ di “casino”?). La versione di Eurinome è così bella che Luciano De Crescenzo la riprese para para nel suo fortunato best seller sui miti greci, e ancora oggi in tanti la raccontano e la tramandano, senza sapere che in realtà è una libera rielaborazione di Graves stesso, ma su questo torneremo più avanti.
Come ogni giovane coppia, Eurinome e Ofione andarono a cercarsi casa e la trovarono sul monte Olimpo.
Siccome però poi il matrimonio, dice qualcuno, è la tomba dell’amore, ben presto i due sposini (o coppia di fatto) cominciarono a non sopportarsi più, finché Ofione un giorno non ebbe la brillante idea di vantarsi con gli amici e compagni di bevute di essere stato lui, da solo a creare l’Universo.
Eurinome, come abbiamo già visto quando si era buttata tra le braccia, anzi tra le spire del serpente, non era una che stava tanto a guardare il capello o l’etichetta.
Aspettò che Ofione tornasse a casa e gli mollò in bocca un preciso e potente calcione, roba da Kick Boxing, e gli spezzò tutti i denti.
Ovviamente lo buttò pure fuori di casa e lo sbatté in qualche lurida grotta.
Rimasta sola, la dea poi creò i sette pianeti, e mise a capo di ciascuno di essi i titani: Tia e Iperione del Sole; Febe e Atlante della Luna; Dione e Crio del pianeta Marte; Meti e Ceo di Mercurio; Temi ed Eurimedonte di Giove; Teti e Oceano di Venere; Rea e Crono di Saturno, quello con gli anelli.
E poi fu creato Il primo uomo: Pelasgo, capostipite dei Pelasgi (capito ora il nome?), cui seguirono altri uomini che impararono a fabbricare capanne a nutrirsi dei frutti della terra, a vesti, ecc.
In breve, nacque la civiltà.
Un’altra versione del mito racconta che i Pelasgi nacquero dai denti caduti di bocca ad Ofione quando la delicata Eurinome gli mollò il potente calcione in bocca.
Bene…la storia s’è fatta un po’ lunghetta e c’è ancora molto da raccontare.
Seguitemi che vi racconto il resto nei prossimi post!
Botanica. illustrazione di Jessica Roux per Botanica, uno show tenutosi nel 2016 presso il Light Grey Art Lab, per celebrare l’origine della nostra Terra. “Nell’antico mito greco pelasgico della creazione, la dea di tutte le cose prese la forma di una colomba e dal suo uovo germogliò la vita sulla Terra. Il suo compagno, il serpente Ofione, si attorcigliò attorno all’uovo finché non si schiuse, spargendo fuori la bella, bizzarra e decadente flora del mondo. Fiori della passione, fichi, rafflesie, piante carnivore, l’aro titano e altro sbocciarono e ricoprirono il paesaggio arido.” (https://www.jessica-roux.com/#/botanica/)
Nel prossimo episodio – > : Tre sono i miti greci della nascita del Cosmo più antichi: Il mito orfico, il mito omerico e quello olimpico. Conosceremo Nyx, la Notte, Eros e l’Uovo d’Argento, Phanes e gli altri Titani