I seguaci del mitico Poeta Tracio Orfeo e quelli del grande Omero, autore dell’Iliade e dell’Odissea, ci hanno tramandato versioni diverse sulla nascita del Cosmo. Miti che vedono coinvolti nuovi dèi e divinità: Oceano e Teti, Nyx, la Notte dalle Ali Nere e la sua unione al Vento, da cui nasce Eros Fanete o Phanes …
L’unione di Urano e Gea
“E nacque dunque il Càos primissimo; e dopo, la Terra dall’ampio seno, sede perenne, sicura di tutti gli Dei ch’ànno in possesso le cime nevose d’Olimpo, e, della terra dall’ampie contrade nei bàratri, il buio Tàrtaro; e Amore ch’è fra tutti Celesti il piú bello, che dissipa ogni cura degli uomini tutti e dei Numi, doma ogni volontà nel seno, ogni accorto consiglio. Dal Caös ebber vita quindi Èrebo, e Notte la negra. Nacquero l’Etere e il Dí dalla Notte, che ad Erebo mista giacque in amore, e incinse, li die’ l’uno e l’altro alla luce.”
Esiodo, Teogonia, vv. 113-120 (Trad. Ettore Romagnoli . Bologna, Zanichelli, 1929)
Così racconta il mito Esiodo, il più antico poeta greco.
Urano (Οὐρανός, Uranos, «cielo stellato, firmamento») era appunto il cielo. Il cielo sovrasta la Terra, l’abbraccia, la feconda con le sue piogge, la riscalda, le dona il suo respiro, la ricopre.
Detto così, il cielo sembra fare l’amore con la terra, e secondo il mito, il figlio prima ammirò la madre Gea (Γῆ, Ghḕ) o Gaia (Γαῖα Gàia), come un innamorato, e poi giacque con lei, come appunto un uomo giace con una donna.
È allora che il tempo ha avuto inizio. Crono o Kronos (Κρόνος) fu uno dei figli di Urano e Gea
Da Gea ed Urano si dipana forse il filo della vita e della storia che arriva dalla notte dei tempi fino a noi, uomini del XXI° secolo.
Siamo tutti figli, pronipoti o comunque discendenti di Urano e Gea, che diedero alla luce tanti figli splendidi e forti, sei maschi Oceano (Ὠκεανός),Ceo (Κοῖος), Crio (Κριός), Iperione (Ύπέριον), Giapeto (Ἰαπετός), Crono (Κρόνος) e sei femmine Teia (Θεία), Temi (Θέμις), Mnemosine (Μνημοσύνη), Febe (Φοίβη), Teti (Τηθύς) , Rea (Ῥέᾱ oppure Ῥεία).
Cominciava un ‘epoca di nuove divinità e quelle più antiche sparivano nell’oblio, nell’oscurità da cui erano venute, da cui tutto è venuto.
Non è ancora la “Storia” quello che verrà dopo, per quella bisognerà attendere la comparsa degli uomini.
E’ ancora Mito, ma il Mito ora avviene nel Tempo e nel Tempo tutto viene spazzato via e tutto in qualche modo ritorna.
I Ciclopi
Urano e Gea si unirono ancora e generarono nuova progenie, ma stavolta una progenie di mostri: I Ciclopi (Κύκλωπες), Bronte (Βρόντης, Brontes) “Il Tuono”, Sterope (Στερόπης, Sterópês) “Il Fulmine” e Arge (Ἄργης, Árgês) “Il Lampo”
Urano liberò la forza di questi suoi figli, quelle che noi oggi chiamiamo le forze della Natura. Quando si scatenano temporali, tempeste ed uragani, noi oggi li studiamo, li classifichiamo, li chiamiamo anche con nomi diversi (Katrina, El Niño, Ida…) ma restiamo in balìa di queste forze ancestrali oggi come allora.
I Centìmani
Il potere di generare di Urano e Gea non conosceva limiti e partorirono nuovi mostri: gli Ecatonchiri (Ἑκατόγχειρες, Hekatóncheires, “che hanno cento mani” in latino Hecatonchires o Centimani) ognuno con cinquanta teste e cento mani e sputavano fuoco. Erano orribili, feroci, violenti e possenti come qualsiasi forza della Natura lasciata libera di scatenarsi.
Cotto (“Il Furioso), Briareo (“Il Vigoroso”) e Gige (“Il Gigante”) erano i loro nomi. Perfino Il loro padre, li temeva e li odiava, sebbene fossero suoi figli.
La madre Gea li amava, come una madre ama i suoi figli, comunque siano e qualunque aspetto abbiano.
Urano invece li respinse, inorridito da quesi mostri, pur sangue del suo sangue, e preso dal terrore di essere spodestato da questi colossi.
Questi Urano chiuse incatenati nel Tartaro, luogo nell’Inferno tenebrosissimo, il quale è tanto lontano dal suolo che noi calchiamo, quanto questo suolo è lontano dalla regione delle stelle” (Pseudo – Apollodoro di Atene, Biblioteca, I, II)
La vendetta di Gea
Come in una tragedia Shakespeariana o come in una tragedia greca appunto, il tema dominante diventa quello della vendetta.
Cosa farà secoli dopo Clitemnestra per vendicare il sacrificio della figlia Ifigenia? Metterà in atto un terribile piano di vendetta contro il marito, Agamenonne.
Cosa farà secoli dopo Tamora, la Regina dei Goti nella Tragedia di Shakespeare Tito Andronico? Un atroce ritorsione verso Tito, il generale romano che le ha ucciso il figlio.
E ancora, in tempi più recenti, cosa farà La Sposa alias Beatrix Kiddo se non vendicarsi di Bill?
Ma è dalla vendetta di Gea contro Urano, che tutto ha inizio.
Il tempo è una ruota che si ripete sempre uguale e diversa .
“Il tempo è un fanciullo che gioca ai dadi: il regno di un fanciullo.” diceva il grande Eraclito
Così Gea medita un castigo crudele contro Urano, forgia un’immensa falce e si presenta ai suoi figli supplicandoli e incitandoli :
“Figli miei, nati da un padre snaturato, se avete fede in me, ci vendicheremo dei suoi oltraggi, perché è stato il primo a provocarvi con i suoi delitti. “
Ma un silenzio pieno di terrore segue alle sue parole; nessuno prova neppure a fiatare.
Ed ecco che il grande Crono prendendo coraggio e risponde
“Madre, accetto questo impresa e la porterò a termine. Nostro padre è un uomo malvagio, perché è stato il primo a pianificare crimini contro di noi. ”
Gea esulta fiera del figlio e lo nasconde in un luogo segreto, arma la sua mano con la falce e lo prepara per la vendetta che ha escogitato.
Il delitto si compie
Appena Urano discende con la Notte, sua figlia; viene ad unirsi a Gea, e si stende sul loro letto nuziale insieme a lei.
Ancora un momento….ancora un momento….”Ora!” grida Gea come una forsennata “Ora! Ora! Colpiscilo ora!”
Subito che balza fuori Crono, lo afferra con la mano sinistra, e con la destra, agitando la sua falce immensa, lunga e affilata, straziante, lo mutila, lo evira, e getta lontano dietro di sé i suoi resti vergognosi.
Uno! Due! Tre colpi! E ancora! Ancora! Ancora!
Le gocce di sangue che sgorgarono dai genitali del dio, furono tutte raccolte da Gea e vennero gettate a Cipro, dove il suo sangue fecondo diede alla luce le terribili Erinni, gli enormi Giganti, e le Ninfe Melie.
Dal sangue, la vita
La Nascita di Venere, dipinto di Sandro Botticelli (1445-1510) attualmente conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Afrodite, la dea che i romani chiamavano Venere, è rappresentata in piedi su una conchiglia, perché ella sarebbe nata dalla schiuma del mare, come è cantato nelle Stanze per la giostra, poesia scritta da Angelo Poliziano (a sua volte ispirate ad Ovidio). Il dipinto mostra Zefiro, dio dei venti che regge la brezza leggera, la ninfa Aura, che la spinge verso la riva dove una fanciulla, una delle Ore, divinità delle stagioni, l’attende con un mantello. Venere è raffigurata nuda per mostrare la sua innocenza e divinità.
Tuttavia, i resti del membro divino, che la falce aveva staccato via, erano caduti nel vasto mare e per lungo tempo andarono alla deriva, come una nave in preda al naufragio senza nocchiero, mentre tutt’intorno si levava una schiuma bianca dalla quale nacque una giovane dea.
Raggiunti prima i pressi di Citera e poi le coste di Cipro, fu lì che questa affascinante dea fu vista emergere dalle onde; sotto i suoi passi cresceva ovunque l’erba fiorita.
Gli dei e gli uomini la chiamano Afrodite, perché nata dal mare; Citera con una bella corona, perché approdò a Citera; Ciprogenea, perché apparve per la prima volta sulle rive di Cipro; e infine Philommedea perché nacque dai genitali del dio.
Fin dalla sua nascita la seguirono l’Amore e il Desiderio.
Ha sempre condiviso con tutti gli immortali e tutti gli umani i discorsi seducenti, le graziose risate, le dolci bugie, gli incantesimi, i giochi dell’amore, come ci racconta sempre Esiodo.
La perdita dell’innocenza
Incisione di Gustave Doré per la Divina Commedia – Inferno di Dante Alighieri. Tavola LXV: Canto XXXI: I Titani e i giganti:
No, scelerato ! che […] me padre tuo dalla città cacciasti,
E fuggitivo andar m’hai fatto, e questi panni portar, […] ma sopportar, non piangere degg’ io qual che pur sia questo mio stato, di te memore ognor, di te che fosti uccisor mio. […] Sbandeggiato m’hai tu; per te ramingo vo’ tapinando, e dì per dì la vita accattando dagli altri.
Quivi prima cadrai brutto di sangue, e il frate tuo del paro. Ad ambo voi io già questo imprecava; or novamente le Dire invoco a far che entrambo alfine pur degniate onorar chi vi diè vita, e non per nulla aver, di cieco padre Figli esser tali. […] Voi di me non nasceste…”
Sofocle, Edipo a Colono, trad. Felice Bellotti, Milano, 1855
Sono versi dalla tragedia di Sofocle, quando il vecchio Edipo maledice il figlio Polinice, ribellatosi alla sua autorità paterna assieme a suo fratello Eteocle. Forse anche Urano avrà gridato frasi simili a suo figlio Crono.
Ma ormai il destino era segnato: la Notte generò il triste Fato, l’oscuro e cieco Destino, la Morte, il Sonno, l’esercito dei Sogni;
La notte li generò da sola, senza unirsi con nessun’altra divinità.
Poi partorì Momo (“il Biasimo”), e il crudele Dolore, infine le Esperidi, custodi di quei bei frutti, i frutti d’oro, che crescono sulle sponde dell’Oceano: partorì inoltre le Parche, le severe ministri del destino dei mortali; Cloto, Lachesi e Atropo, che presiedono alla nascita dei mortali e distribuiscono loro i beni e mali.
Poi nacque anche la Nemesi, la Vendetta, e quindi Frode e Depravazione, la spaventosa Vecchiaia e infine la Discordia.
La Discordia a sua volta generò la dolorosa fatica, l’oblio, la fame, i dolori, le battaglie e gli omicidi, i massacri e le menzogne, gli equivoci, l’anarchia e l’ingiuria.
E’ allora che sorse pure il Giuramento, perché fino ad allora nessuno era mai venuto meno alla parola data, ma ora tutti temevano la falsità e lo spergiuro.
Ancora una volta mi viene in mente il Tito Adronico di Shakespeare, quando nell’Atto V, Tamora, regina dei Goti, si presenta al cospetto di Tito (creduto da tutti pazzo) travestita da Spirito della Vendetta, mentre i suoi figli hanno l’aspetto dell’Assassinio e dello Stupro .
E Lady Macbeth? Quando incita suo marito ad assassinare Re Duncan che inerme dorme nel suo letto? Non ricorda Gea che incita Crono al delitto?
Prima il cosmo era innocente, ora il Male è entrato nel Mondo.
E col male entra la Storia e dunque il Tempo.
Ma non è ancora finita. La mitologia greca è un universo intricato, labirintico, immenso…seguitemi!
Nel prossimo episodio – > : Un nuovo matrimonio, una nuova splenda coppia regale: Rea e Crono. La felicità dovrebbe arridere ai due giovani sovrani, eppure un chiodo fisso sconvolge la mente del Re. La storia si ripete: nuovi delitti, nuove vendette…