Morfeo, figlio di Ipno, contrariamente a quanto si crede di solito, non era il dio del sonno, ma quello dei sogni.
Assieme al suo omologo Oniri o Oneiros rappresenta due forme diverse di nume tutelare di quello che potremmo definire l’inconscio ante litteram (anche se Omero non conosce Morfeo e cita come divinità onirica il solo Oniro). In altre fonti “Oniri” sarebbe il nome complessivo e generico per indicare tutte le visioni generate durante l’assopimento. Ognuno dei loro nomi esprimeva il significato specifico della loro funzione: l’ufficio di Morfeo (μορφή, “forma”) ad esempio, sarebbe stato quello di modellare le fantasie prodotte dal sonno, come gli dèi desideravano che fossero inviate agli uomini. In questo compito era assistito da Icelo (Ἴκελος, “somigliante”), che creava quelle visioni che avevano invece tutta l’apparenza della realtà, da Fobetore (da Φόβος, “spavento”), l’autore di incubi allarmanti, e Fantaso (Φαντασός, “apparizione”), che ingannava i dormienti con innumerevoli e strani fenomeni. Secondo altri invece, Icelo e Fobetore sarebbero due nomi della stessa divinità, quella degli incubi appunto. Ovidio è il primo autore a citare i nomi dei tre figli di Ipno.
Morfeo è rappresentato anche come una sorta di guardiano e custode dei sogni, come Eolo lo era dei venti.
L’Oniro o Oneiros omerico era propriamente la personificazione dell’attività onirica appunto, sia essa fatta di visioni oziose o ingannevole o realmente profetiche. Si supponeva che i sogni della prima classe uscissero dalle porte d’avorio, quelli della seconda classe dalla porta del corno, del palazzo dove erano custoditi, nell’Oceano Occidentale. Erano chiamati i figli della Notte (da Esiodo), a volte i figli del Sonno, ed erano direttamente sotto il controllo dell’ordine superiore degli dèi, che, a loro piacimento, inviavano agli uomini sogni ingannevoli o profetici.
Morfeo è sempre rappresentato alato e appare a volte come un giovane, a volte come un vecchio. Nella sua mano porta un mazzo di papaveri, e mentre cammina a passi silenziosi sulla terra, sparge dolcemente i semi di questa pianta che produce sonno, sugli occhi dei mortali stanchi.
È Omero a descriverci per la prima volta la Casa dei Sogni come dotata di due porte: la prima, da cui provengono tutte le visioni ingannevoli e lusinghiere, essendo formata d’avorio; e l’altra, attraverso la quale procedono quei sogni destinati a realizzarsi, fatta di corno.
(Libera rielaborazione e adattamento da E. M. Berens. “The Myths and Legends of Ancient Greece and Rome”, 1880 e da Manual of mythology; Greek and Roman, A. Murray, 1897)