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LA GUERRA DI TROIA – 31 – LA MORTE DI ACHILLE

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Memnone d'Etiopia, figlio di Titone e di Eos, venne con il suo esercito per aiutare il fratellastro Priamo. Non proveniva direttamente dall'Etiopia, ma da Susa in Persia, avendo conquistato tutti i popoli nel suo cammino, o dal Caucaso, guidando un esercito di etiopi e indiani. Come Achille, indossava un'armatura realizzata da Efesto. Nella battaglia che ne seguì, Memnone uccise Antiloco, che era giunto in soccorso di suo padre Nestore. Allora Achille e Memnone si scontrarono in duello. Zeus soppesò il destino dei due eroi; il peso contenente quello di Memnone precipitò ed egli fu ucciso da Achille.
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La morte di Memnone, gettò i Troiani in un profondo scoramento. I loro potenti alleati erano stati sconfitti ed essi dunque non erano più in grado di tenere il campo contro il nemico. Subito ci fu una grande battaglia, in cui i Greci, guidati da Achille, respinsero gli avversari di nuovo fino alle mura della città. I Troiani si precipitarono terrorizzati e confusi per attaversare la Porte Scee, che erano aperte; i Greci avanzavano da vicino. Achille raggiunse la porta, e stava per entrare, quando Paride lo puntò con una freccia. Guidata da Apollo, l’arma colpì l’eroe al tallone, l’unica parte in cui egli poteva essere ferito a morte.

La Morte di Achille, Nicolai Abraham Abildgaard, 1798

La Morte di Achille, Nicolai Abraham Abildgaard, 1798

Ma sebbene fosse ormai faccia a faccia con le porte dell’Ade, l’intrepido eroe, alzandosi da terra, compì ancora dei prodigi di valore, e solo quando le sue membra vacillanti lo fecero crollare esausto a terra, il nemico si accorse che la ferita era mortale.

Il guerriero cadde a terra, al che il principe troiano Paride si affrettò a finirlo con la sua spada. Per mano dunque di un individuo indegno Achille cadde. Si svolse una tremenda lotta per il corpo del capo morto, ma con grandi sforzi Aiace Telamone, l’eroe corpulento e Odisseo, astuto oltre che coraggioso, riuscirono a prenderne possesso e a trasportarlo nell’accampamento greco. 

Piangendo amaramente per la prematura sorte del suo valoroso figlio, Teti venne ad abbracciarlo per l’ultima volta, e alle sue lacrime e lamenti si unì tutto l’esercito greco. Fu quindi accesa la pira funeraria. Quando, secondo l’uso degli antichi, il corpo finì di essere bruciato sulla pira, le ossa dell’eroe vennero raccolte, rinchiuse in un’urna d’oro, fabbricata da Efesto, e depositate accanto alle spoglie del suo amato amico Patroclo.

Le Muse cantarono dolorosi versi, e gli eroi che l’avevano conosciuto personalmente parteciparono, come era consuetudine in tali occasioni, a delle gare atletiche. La dea madre Teti presiedette a tutte le cerimonie

 Un vasto tumulo fu eretto sulla riva come monumento all’eroe.

Il sacro esercito dei bellicosi greci
costruì una tomba magnificamente vasta
su un capo dell’ampio Ellesponto,
là da vedersi, lontano sul profondo,
da coloro che ora sono nati o nasceranno
Negli anni futuri.

Odissea, Libro XXIV

Odisseo, Aiace e la contesa delle armi di Achille

Odisseo e Aiace si contendono le armi di Achille, incisione, 1613

Odisseo e Aiace si contendono le armi di Achille, incisione, 1613

L’armatura che Achille aveva indossato nella battaglia, fu offerta da Teti ai più meritevoli: come ricompensa a quel guerriero che aveva combattuto più coraggiosamente nel salvare il corpo e che aveva inflitto più danni ai Troiani. Fra tutte furono prese in considerazione solo due rivendicazioni, quelle erano a nome dei due eroi che avevano salvato il suo corpo. Si decise di assegnare la decisione ai voti dei prigionieri troiani presenti in quel momento nel campo greco, che avevano assistito alla lotta alle porte Scee

La maggioranza dei voti fu a favore di Odisseo, e perciò a lui furono dati come premio lo splendido scudo, la corazza, l’elmo e gli schinieri fatti da Efesto per il figlio di TetiAiace fu così deluso e addolorato per non aver ottenuto l’ambito premio, gesto che considerava un grave torto nei suoi confronti, che sprofondò in uno stato di follia, nel corso del quale si lanciò sulla sua stessa spada e morì.

(Libera riduzione e traduzione da Michael Clarke, The Story of Troy, 1897)

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Calcante disse che Eleno, figlio di Priamo, che era anche un indovino, conosceva gli oracoli che proteggevano la città. Così i Greci lo catturarono e lo obbligarono a dire in quali condizioni avrebbero potuto prendere Troia. Eleno predisse che per la presa di Troia era necessario trovare le ossa di Pelope, rubare la statua troiana di Pallade Atena (detta Palladio) e che Neottolemo, figlio di Achille, partecipasse alla guerra. I greci ad assolvere a tutti e tre gli obblighi. Neottolemo era sull'isola di Sciro, e così i greci lo rintracciarono.

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