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LA GUERRA DI TROIA – 22 – LA MORTE DI PATROCLO

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Poseidone ha pietà degli Achei. Disobbedisce a Zeus e arriva sul campo di battaglia e li aiuta. Le gesta di Idomeneo. Molti cadono da entrambe le parti. Il veggente troiano Polidama esorta Ettore a ritirarsi e lo avverte di Achille, ma viene ignorato. Era seduce Zeus e lo induce a dormire, permettendo a Poseidone di aiutare i Greci, così i Troiani vengono respinti nella pianura. Zeus si sveglia e si infuria per l'intervento di Poseidone. Contro il crescente malcontento degli dei che sostengono gli Achei, Zeus invia Apollo in aiuto ai Troiani, che ancora una volta sfondano le mura, e la battaglia raggiunge le navi. Patroclo non resiste più a lungo e prega Achille di poter difendere le navi.
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La fine sembrava vicina quando Ettore, alla testa dei Troiani, prese d’assalto le mura dell’accampamento e diede alle fiamme alcune navi. Patroclo, vedendo l’angoscia dei suoi compatrioti, pregò ardentemente Achille di prestargli la sua armatura e di permettergli di guidare i Mirmidoni al combattimento. 

“I Greci”, disse, “sono molto pressati. I loro capi più valorosi sono feriti, mentre tu stai qui, a cedere alla tua ira. Se non vuoi tu stesso andare in loro soccorso, permettimi almeno di guidare i Mirmidoni in battaglia , e fammi indossare la tua armatura. I Troiani, a vederla, possono pensare che io sia Achille, ed essere così terrorizzati che il nostro popolo possa avere un po’ di respiro».

Iliade, Classics Illustrate, 1950
Iliade, Classics Illustrate, 1950

Prevalse la migliore natura dell’eroe, che non solo affidò all’amico il comando della sua valorosa banda di guerrieri, ma gli prestò  anche la propria armatura. Patroclo salì  sul carro da guerra dell’eroe, Achille sollevò in alto un calice d’oro e versò una libagione di vino agli dei, accompagnata da una fervida richiesta di vittoria, e di un sicuro ritorno del suo amato compagno, ma avvertì anche  Patroclo di non inseguire troppo a lungo i Troiani, per timore che potesse andare incontro alla morte per mano di uno degli dei. “Salva le nostre buone navi”, disse, “ma quando avrai scacciato il nemico dalla flotta, torna qui”.

Con gioia e impazienza Patroclo indossò l’armatura di Achille. Quindi il grande capo stesso schierò i suoi Mirmidoni in assetto di battaglia, dopodiché si rivolse loro, invitandoli a combattere valorosamente. Era giunta l’occasione, disse, che avevano tanto a lungo desiderato, perché lo avevano spesso biasimato di averli trattenuti dall’unirsi ai loro compatrioti sul campo. Questi mirmidoni erano feroci e impavidi, ed erano più di duemila.

Patroclo montò quindi sul carro di Achille, con il valoroso Automedonte come auriga, eroe prossimo in valore al celebre figlio dello stesso Peleo. C’erano tre cavalli nella squadra, Xanto e Balio, entrambi di stirpe immortale e veloci come il vento, e Pedaso, che, sebbene di stirpe mortale, era all’altezza degli altri in velocità.

La nemesi dei troiani (forse) è tornata

Grande fu il terrore dei Troiani quando videro i Mirmidoni marciare in battaglia. La flotta greca fu presto fuori pericolo, poiché Patroclo e i suoi Mirmidoni, dopo aver attaccato furiosamente i Troiani, li scacciarono rapidamente dalla nave in fiamme e spensero il fuoco. I guerrieri Mirmidoni salvarono così le navi, aiutati dagli altri Greci, e cacciarono i Troiani con grande strage dall’accampamento nella pianura, e verso le mura della città.

Nemmeno il potente Ettore riuscì a fermare la fuga dei Troiani in preda al panico, che per il momento sembravano aver perso tutto il loro coraggio, tanto grande era il loro timore per il nome di Achille

La morte di Sarpedonte

L’eroe Sarpedonte alla testa dei suoi valorosi Lici tentò di respingere l’attacco dei Mirmidoni e cercò il loro capo per ingaggiarlo in un combattimento singolo. Entrambi i guerrieri balzarono dai loro carri nello stesso momento, e si precipitarono l’uno verso l’altro, scagliando le loro lance. Per due volte Sarpedonte mancò il suo nemico, ma una delle armi uccise Pedaso, il cavallo di “stirpe mortale”. Il capo dei Mirmidoni scagliò il suo giavellotto con una mira più efficace, perché trafisse il capo della Licia proprio nel petto, e l’eroe cadde come un alto pino che cade nella foresta all’ultimo colpo dell’ascia del boscaiolo.

Quindi si verificò un feroce conflitto sul corpo, i greci cercarono di impossessarsi dell’armatura del guerriero, cosa che fecero dopo che molti da entrambe le parti erano stati uccisi nella lotta. Il corpo stesso fu inviato da Apollo, per ordine di Zeus, in Licia, affinché i parenti dell’eroe potessero celebrare riti funebri in suo onore.

Zeus onorò così Sarpedonte perché l’eroe era suo figlio. Lo avrebbe voluto salvare dalla lancia di Patroclo, ma le Parche avevano decretato che Sarpedonte dovesse morire in battaglia, e i decreti delle Parche non potevano essere annullati nemmeno da Zeus stesso.

Morte di Patroclo

La Morte di Patroclo, Clément Gontier
La Morte di Patroclo, Clément Gontier

Anche Patroclo era destinato a cadere nel conflitto del giorno, e il momento era ormai vicino. Dimenticando l’avvertimento che gli aveva dato Achille, inseguì i Troiani fino alle porte della città. Allora tentò di scalare le mura, ma fu respinto da Apollo, che gli parlò con voce minacciosa, dicendo che non da lui doveva essere presa Troia, né dal suo capo, sebbene più potente di lui. Patroclo frettolosamente si ritirò dalle mura, temendo l’ira del dio arciere, ma continuò a infliggere la morte tra i Troiani mentre arrivavano a portata delle sue armi.

Alla fine Ettore, spinto da Apollo, si precipitò in avanti col suo carro per andare incontro a Patroclo. Il capo Mirmidone sollevò una grossa pietra e la scagliò con tutte le sue forze contro il capo troiano mentre si avvicinava. Mancò Ettore, ma uccise Cebrione, il suo auriga, e mentre combattevano per il suo corpo, aiutati ciascuno da coraggiosi compagni, molti altri, da entrambe le parti, furono sepolti nella polvere. 

Di nuovo il dio arciere intervenne, questa volta venendo invisibile dietro a Patroclo, e colpendolo con il palmo aperto tra le spalle. L’eroe barcollò sotto il colpo, la sua enorme lancia andò in frantumi nelle sue mani e il suo scudo cadde a terra. Allora Euforbo, capo dei Dardani, si precipitò avanti e con la lancia lo ferì alla schiena. Così disarmato e quasi sopraffatto, Patroclo si volse a rifugiarsi nelle file dei suoi amici. 

Ma la sua temerarietà costò moto cara al giovane
eroe, perché Ettore, voltatosi, lo impegnò  in un corpo a corpo, il cui esito fu per il greco, la morte.

Nel clangore delle armi l’eroe cadde,
E in tutto il campo risuonò
la sua pesante caduta

Omero, Iliade , Libro XVI.

La battaglia per il corpo di Patroclo, Clément Gontier
La battaglia per il corpo di Patroclo, Clément Gontier

Poi ci fu una lunga e terrificante lotta intorno al cadavere del campione caduto. La sua descrizione occupa un intero libro dell’Iliade. L’armatura indossata da Patroclo era, come abbiamo visto, la ricca armatura di Achille, e i Troiani non vedevano l’ora di impossessarsene. Volevano anche impadronirsi del corpo dell’eroe, affinché i suoi amici non avessero la soddisfazione di compiere in suo onore i consueti riti funebri. Menelao fu il primo a fare la guardia al corpo, ed Euforbo fu il primo a cadere nella lotta. Ettore era andato all’inseguimento dell’auriga, Automedonte, pensando di ucciderlo e catturare i cavalli immortali di Achille. Ma Apollo gli vietò di compiere l’impresa.

Ettore si affrettò allora a tornare dove giaceva il cadavere dell’eroe greco. Quando Menelao lo vide avvicinarsi, si ritirò e si affrettò a cercare aiuto, poiché temeva di incontrare il terribile condottiero troiano. Allora Ettore spogliò Patroclo della splendida armatura di Achille, e stava per trascinare via anche il corpo, ma proprio in quel momento Aiace si precipitò su di lui. Ettore ora si ritirò, saltando sul suo carro e dando l’armatura scintillante ai suoi amici per portarla via a Troia.

Fuggendo così la battaglia, infatti, il capo troiano fu severamente rimproverato da Glauco, guerriero licio, che era stato compagno del valoroso Sarpedonte. Glauco desiderava ottenere il corpo di Patroclo per riscattare dai Greci l’armatura dello stesso SarpedonteEttore rispose a Glauco, dicendo che non temeva la furia della battaglia, come avrebbe presto dimostrato. Quindi indossò l’armatura di Achille e chiamò i Troiani a seguirlo, promettendo una ricca ricompensa al guerriero che avrebbe portato via il corpo per il quale stavano andando a combattere.

Con Ettore alla loro testa, i Troiani si lanciarono alla carica. Aiace, vedendoli avanzare, ordinò a Menelao di convocare gli altri guerrieri greci per aiutare a difendere il corpo del loro connazionale. Rapidamente vennero chiamati e rapidamente essi arrivarono. Poi, corpo a corpo e spada contro spada, entrambi gli eserciti combatterono, e la battaglia infuriò furiosamente intorno al cadavere di Patroclo.

Alla fine Menelao e un fratello guerriero sollevarono il corpo e lo portarono via verso la trincea. I Troiani li seguirono, ma i due Aiaci si voltarono e, di fronte agli inseguitori, combatterono con eroico coraggio per trattenerli.

(Libera riduzione e traduzione da Michael Clarke, The Story of Troy, 1897)

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Achille è pazzo di dolore quando viene a sapere della morte di Patroclo e giura di vendicarsi di Ettore; anche sua madre Teti è addolorata, sapendo che Achille è destinato a morire giovane se uccide Ettore. Achille è invitato ad aiutare a recuperare il corpo di Patroclo ma non ha l'armatura. Immerso in un brillante splendore da Atena, Achille si trova vicino alle mura achee e ruggisce di rabbia. I Troiani sono spaventati dal suo aspetto e gli Achei riescono a portare via il corpo di Patroclo. Polidama esorta nuovamente Ettore a ritirarsi in città; di nuovo Ettore rifiuta, e i Troiani si accampano nella pianura al calar della notte.

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