Nemesi(Νέμεσις ). Una personificazione post-omerica dell’indignazione morale provata contro tutti gli squilibri dell’equilibrio naturale delle cose, causata sia dalla straordinaria fortuna o per via dell’arroganza che di solito ne consegue.
Secondo Esiodo ( Theog.223) è figlia della Notte (Nyx), e con Aidos, la dea della modestia, lasciò la terra all’avvento dell’età del ferro. Una leggenda, una volta unitasi con Zeus, la dice madre di Elena e dei Dioscuri.
Come dea di debita proporzione, odia ogni trasgressione dei limiti della moderazione e ripristina il giusto ordine e normale delle cose. Poiché, così facendo, punisce la vanagloria sfrenata, è una divinità del castigo e della vendetta.
Godeva di un onore speciale nel distretto attico di Rhamnus (dove si credeva fosse la figlia di Oceano), ed è spesso chiamata la dea Rhamnusiana o Rhamnusia. La sua statua (di cui sono stati trovati frammenti nel 1890) si dice che fosse stata scolpita da Fidia da un blocco di marmo pario, che i Persiani avevano portato con sé nella loro presuntuosa e prematura prefigurazione di una vittoria a Maratona, con l’intenzione di erigervi un trofeo di guerra.
Era anche chiamata Adrasteia o Adrastea (Ammiano Marcellino XIV 11,25), originariamente una dea frigia della montagna, probabilmente associata a Cibele o Rea. Il nome deriva da una parola greca con il significato di “colei a cui nessuno può sfuggire”.
Un esempio lampante del modo in cui questa divinità punisce gli orgogliosi e gli arroganti è contenuto nella storia di Niobe. Apollo e Artemide non furono infatti che gli strumenti per vendicare l’insulto diretto alla loro madre; ma fu Nemesi che ispirò quell’atto e ne presiedette l’esecuzione.
Omero, come abbiamo già accennato, non fa alcuna menzione di Nemesi; è quindi evidente che derivò da una concezione di tempi successivi, quando la nazione greca raggiunse una visione più elevata della moralità.
Nemesi è rappresentata come una bella donna dall’aspetto premuroso e benigno e dal portamento regale; un diadema incorona la sua fronte maestosa, e tiene in mano un timone, una briglia e un giogo, una bilancia e un metro o meglio, un cubito; – emblemi adatti del modo in cui guida, pesa e misura tutti gli eventi umani e presiede alla proporzione e al controllo. A volte è anche raffigurata con una ruota, per simboleggiare la rapidità con cui esegue la giustizia. Come vendicatrice del male appare alata, portando in mano un flagello o una spada, e seduta su un carro trainato da grifoni.
Era anche adorata a Roma, specialmente dai generali vittoriosi, celebrata in Campidoglio, ed era ritenuta anche una divinità che possedeva il potere di scongiurare le perniciose conseguenze dell’invidia.
La nemesi nel linguaggio di oggi
nèmeṡi s. f., letter. – Propr. nome proprio, Nemesi (gr. Νέμεσις, lat. Nemĕsis), personificazione nella mitologia greca e latina della giustizia distributiva, e perciò punitrice di quanto, eccedendo la giusta misura, turba l’ordine dell’universo.
Con uso fig., n. storica, espressione riferita ad avvenimenti storici che sembrano quasi riparare o vendicare sui discendenti antiche ingiustizie o colpe di uomini e nazioni; è una n., a proposito di un avvenimento considerato come un atto di giustizia compensativa. Talvolta anche col sign. generico di punizione o vendetta, con carattere di ineluttabile fatalità.
(Fonte: treccani.it)
La nemesi di qualcuno o di una cosa è una situazione, un evento o un personaggio che le causa un grave danno, specialmente in quanto punizione.
…la nemesi malvagia di Harry Potter, Voldemort.
(Fonte: collinsdictionary.com)
(Libera rielaborazione e adattamento da Harry Thurston Peck. Harpers Dictionary of Classical Antiquities,1898. da E. M. Berens. “The Myths and Legends of Ancient Greece and Rome”, 1880)